Diciotto infermieri, un medico e 24 mila euro al giorno di cure: l’impatto di tre no vax in Ecmo (corrieredibologna.corriere.it)
di Marina Amaduzzi
La dg del Sant’Orsola Gibertoni:
«Dispiace vedere queste risorse impiegate così, forse dovremmo iniziare a chiedere un conto virtuale…»
Fra i pazienti non vaccinati ricoverati in terapia intensiva per Covid al Sant’Orsola ce ne sono tre per i quali anche essere intubati non è stato sufficiente. Per loro è stato necessario il collegamento ai macchinari Ecmo, una sorta di dialisi polmonare, per ossigenare il sangue all’esterno del corpo dal momento che i loro polmoni non sono più in grado di farlo a causa delle complicanze causate dal virus.
L’identikit dei pazienti
«Si tratta di tre persone tra i 50 e i 60 anni, non vaccinati, colpite da una forma molto severa di polmonite causata dal Covid — spiega la direttrice generale del policlinico Chiara Gibertoni —. Per effetto dell’infezione, i polmoni non riescono più scambiare l’ossigeno con l’anidride carbonica nel sangue, perchè gli alveoli sono intasati e si sono di fatto vetrificati».
I tre pazienti sono collegati da 10 giorni alle macchine e «uno di loro, nel frattempo, si è anche negativizzato», sottolinea la direttrice. Questa terapia nata ai tempi dell’influenza suina H1N1, per la quale il Sant’Orsola era uno dei centri di riferimento, «può durare anche uno o due mesi, dopodiché se i pazienti non guariscono può essere necessario un trapianto di polmone, che per Covid non è ancora stato eseguito al Sant’Orsola, oppure nel caso peggiore si arriva alla morte».
La malattia, non trovando alcun ostacolo dal vaccino, ha seguito la solita evoluzione: una polmonite diventata sempre più severa, al punto da portare i medici a trasferire i tre pazienti dalla terapia intensiva Covid del padiglione 25 a quella del padiglione Cardio-toraco vascolare per il collegamento con i macchinari Ecmo. Con tutto ciò che comporta, anche in termini di spesa.
La procedura di Ecmo
Un paziente in Ecmo richiede infatti la presenza costante sulle 24 ore di un infermiere, quindi si alternano sei operatori in base ai turni su ognuno dei tre pazienti, a cui si aggiunge un cardio-anestesista per controllare la situazione. In precedenza al Sant’Orsola c’erano già stati quattro pazienti collegati ai macchinari Ecmo, spiega Gibertoni, «nel picco della pandemia a marzo quando c’erano ben più ricoverati di adesso».
«Dispiace vedere usare queste risorse in un Paese che garantisce la vaccinazione gratis a tutti — sottolinea ancora la direttrice generale —, un paziente Covid in terapia intensiva costa al servizio sanitario oltre 3mila euro al giorno, con la Ecmo si può arrivare anche a 8mila euro al giorno» … leggi tutto
Minacce no vax a Draghi, l’appello su Telegram: “Tutti davanti a casa sua” (quotidiano.net)
L'appello in una chat che diffonde l'indirizzo e un'immagine del premier ammanettato
Mario Draghi nel mirino dei no vax. Nella chat di Telegram ‘Basta Dittatura’ si dà appuntamento “ogni sera, ore 21, tutti davanti all’appartamento del draghino malefico”. All’appello si accompagna l’indirizzo e la foto dell’abitazione del premier e una sua immagine caricaturale con manette e baffetti da Hitler.
Il ‘nemico’ Draghi è apostrofato come delinquente: “Condividete qui i numeri di telefono e gli indirizzi dei criminali”, si scrive nella chat. E l’intenzione sembra essere quella di creare una black-list di chi favorisce “la dittatura sanitaria”.
Si dischiara infatti di voler “preparare una lista di indirizzi e numeri di telefono delle m…. criminali fasciste dittatoriali”.
Del caso si sta occupando la Polizia postale. Non è il primo peraltro che vede Draghi oggetto di minacce.
Sarebbero diversi infatti i fascicoli aperti in più procure italiane per le intimidazioni rivolte al presidente e ad altri politici, come il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca … leggi tutto
Nuovi dati della Mappa dell’Intolleranza: in 4 mesi cresce l’antisemitismo (voxdiritti.it)
di SILVIA BRENA
L’ultima rilevazione della Mappa dell’Intolleranza datata novembre- dicembre 2019,
riporta allarmanti: l’antisemitismo cresce rispetto alla precedente rilevazione effettuata tra marzo e maggio dello scorso anno. Il totale dei tweet, riguardanti gli ebrei, è stato di 63.724, contro i circa 19.000 dei mesi precedenti; tra questi, i tweet con polarità negativa sono stati 44.448, contro i circa 15.000 del periodo marzo- maggio. In percentuale, sul totale dei tweet negativi, siamo al 24, 81% rispetto al 10,01% dei mesi precedenti.
Si tratta di un trend, che ha visto un cammino esponenziale, registrato da Vox- Osservatorio italiano sui diritti attraverso il progetto Mappa dell’Intolleranza, che dal 2015 mappa i discorsi d’odio sul social.
Così, l’antisemitismo su Twitter è passato dallo 0,5% registrato nel 2015, al 2,2% nel 2016, al 3,8% nel 2018, fino agli ultimi dati.
Il picco dell’intolleranza si è raggiunto nel periodo delle minacce ricevute dalla senatrice Liliana Segre e dell’istituzione della sua scorta.
Occorre sottolineare come il caso Segre sia stato il catalizzatore di offese e insulti, evidenziando dunque come la rilevazione di novembre e dicembre possa risultare sovradimensionata rispetto al reale andamento delle offese contro gli ebrei nel corso dell’anno.
Altro dato su cui riflettere è la diffusione geografica dell’antisemitismo su Twitter. Mentre infatti nelle rilevazioni precedenti si registrava una decisa localizzazione di tweet intolleranti nella zona di Roma e dell’alto Lazio, la forte esposizione mediatica, conseguenza del caso Segre, ha fatto sì che offese e insulti arrivassero un po’ da tutta Italia, soprattutto da Lombardia, Liguria, Piemonte.
Cresce non solo il numero, ma anche il livello di aggressività delle offese contro gli ebrei, dato questo purtroppo in linea con l’andamento generale dello hate speech su Twitter.
Vista la progressione di offese e intolleranza di stampo antisemita, VoxDiritti ritiene di dover raddoppiare i propri sforzi per continuare a certificare la diffusione dello hate speech, ma anche per produrre strategie di contro- narrazione e narrazione alternativa efficaci, soprattutto attraverso un lavoro capillare nelle scuole, per eradicare stereotipi e pregiudizi negativi … leggi tutto
Carlo Ginzburg: scrivere di storia significa “Tartufi per tutti” (doppiozero.com)
di Pan Wenije
Microstoria
Lei ha scritto di essersi imbattuto nei documenti poi utilizzati nel libro Il formaggio e i vermi mentre stava lavorando a I benandanti, e di non aver pensato a quei documenti per alcuni anni prima di cominciare a scrivere il libro. Perché si è interessato alle vicende di un personaggio minore come quello?
All’inizio della ricerca che poi confluì nel libro I benandanti trovai un documento scritto da un inquisitore al principio del ‘700: un elenco “dei primi mille processi celebrati dall’Inquisizione in Friuli”, una regione situata al confine nord-orientale dell’Italia. Ogni processo menzionato nell’elenco era accompagnato da un riassunto di poche righe.
Cominciai a ispezionare l’elenco, che comprendeva processi contro eretici, streghe e così via, cercando benandanti (i protagonisti di quello che sarebbe diventato il mio libro) – e tutt’a un tratto m’imbattei nel riassunto di due processi contro un contadino [si chiamava Domenico Scandella] che sosteneva che il mondo era nato dalla materia putrefatta.
In altre parole, mi trovai di fronte a un riassunto di poche righe, non alla documentazione che analizzai successivamente: un particolare minimo, che però getta qualche luce sulla traiettoria di ricerca che mi portò a scrivere Il formaggio e i vermi. A questo punto sorge inevitabilmente una domanda: perché, tra mille riassunti di processi, la mia attenzione venne attratta proprio da quelle poche righe, che trascrissi immediatamente su un foglietto di carta?
Retrospettivamente, penso che fui colpito da tre elementi: a) la tesi anomala formulata dal contadino; b) il possible nesso tra quella tesi e uno strato sconosciuto di materialismo contadino; c) un’associazione fulminea (e gratuita) che mi attraversò la mente, tra la tesi di quel contadino sull’origine del mondo e un pannello del famoso polittico (oggi a Colmar) eseguito all’inizio del ‘500 da Matthias Grünewald … leggi tutto
Perché gli ebook non ci hanno mai convinto troppo (ilpost.it)
A usarli e apprezzarli è una minoranza dei lettori:
è che i libri semplicemente funzionano meglio, scrive l’Atlantic
Nel 2020, secondo un rapporto annuale dell’Associazione Italiana Editori (AIE), il mercato degli ebook in Italia è cresciuto del 27 per cento rispetto all’anno precedente. A favorire la crescita – come anche quella relativa agli acquisti di libri online – è stata la chiusura temporanea delle librerie dovuta alla pandemia, e si ritiene che questa situazione possa aver in parte modificato le abitudini di alcuni lettori, avvicinandoli a un formato precedentemente meno considerato.
Ciononostante quello degli ebook è considerato un mercato minoritario sia in Italia, dove i lettori “digitali” (di ebook e audiolibri) rappresentano circa il 7,4 per cento del totale, che in altri paesi europei. Il mercato dei libri in digitale rappresenta il 5,9 per cento del totale in Germania, il 6 per cento in Spagna, il 3,5 per cento in Austria e meno dell’1 per cento in Portogallo, Lettonia e altri paesi.
In un articolo sull’Atlantic, l’informatico statunitense Ian Bogost – è un noto sviluppatore di videogiochi e autore di libri e articoli, docente alla Washington University di St. Louis, che si definisce un «hater» degli ebook – ha provato a definire una serie di limiti intrinseci del formato ebook rispetto al cartaceo, aggiungendo alcuni spunti di riflessione a un dibattito da tempo cristallizzato in dualismi e opposizioni molto stereotipate (la maggiore comodità degli ebook contro il valore “insostituibile” della carta, per esempio).
Uno dei punti centrali e più originali nella riflessione portata avanti dall’Atlantic è, in sostanza, il tentativo di tenere i libri e gli ebook in due campionati diversi, legando la superiorità dell’uno o dell’altro formato non tanto a una questione di gusti personali quanto a una migliore o a una peggiore qualità rispetto a specifici aspetti del prodotto, considerati di volta in volta e a seconda dei casi.
Per certi aspetti, nonostante i progressi della tecnologia, «i libri funzionano» e «resistono per ottime ragioni», scrive l’Atlantic, cercando prima di tutto di definire i termini della questione, a cominciare dal concetto stesso di lettura e di cosa la renda piacevole o meno piacevole … leggi tutto
Onu e Amnesty mostrano i dati sui migranti: basta sostenere la Guardia costiera libica (dire.it)
di Brando Ricci
Secondo il report dell'Organizzazione mondiale delle migrazioni,
nei primi 6 mesi del 2021 sono morti 1.146 migranti nel tentativo di raggiungere, l’Europa, 741 solo da Tunisia e Libia
Nel giorno in cui il parlamento italiano torna a votare sul rifinanziamento alla Guardia costiera libica nell’ambito del memorandum d’intesa bilaterale del 2017, l’ong Amnesty International e l’Organizzazione mondiale delle migrazioni (Oim) hanno pubblicato due rapporti che, tra le altre cose, puntano il dito sulle conseguenze del sostegno italiano ed europeo alle autorità di Tripoli in materia di contenimento della migrazione.
Stando ai dati pubblicati oggi dall’Oim, il numero dei migranti deceduto nel tentativo di raggiungere l’Europa nei primi sei mesi del 2021 è di 1.146, il doppio di quelli che hanno perso la vita nello stesso periodo dell’anno scorso, 513. Secondo l’ente delle Nazioni Unite, la rotta più pericolosa è appunto quella del Mediteraneo centrale, che parte da Tunisia e Libia per arrivare principalmente in Italia. Lungo questo percorso, nella prima metà dell’anno in corso, sono morte 741 persone, quasi il 70% del totale.
Il rapporto dell’Oim ha messo inoltre in evidenza che ad aumentare, di circa tre volte, è stato anche il numero di rimpatri in Libia a opera della Guardia costiera locale. Le persone rimandate in Libia nel primo semestre del 2021 sono state 15.300, contro le 5.476 del 2020. L’ente Onu ha definito questa situazione “preoccupante”, visto che “i migranti che vengono rimpatriati in Libia sono sottoposti a detenzioni arbitrarie, estorsioni, sparizioni e atti di tortura”.
Dello stesso avviso anche Amnesty, che nel documento pubblicato oggi dal titolo ‘Nessuno verrà a cercarti: i ritorni forzati dal mare ai centri di detenzione della Libia’ ha denunciato che “le violazioni dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati, in corso da un decennio, sono proseguite incontrastate nel primo semestre del 2021″.
L’ong, che si è basata su testimonianze di 53 migranti e rifugiati detenuti in Libia, ha inoltre denunciato che, a già a partire dalla fine del 2020, “la Direzione per il contrasto all’immigrazione illegale (Dcim), un dipartimento del ministero dell’Interno della Libia, ha legittimato le violazioni dei diritti umani, integrando tra le strutture ufficiali due nuovi centri di detenzione dove negli anni scorsi le milizie avevano sottoposto a sparizione forzata centinaia di migranti e rifugiati” … leggi tutto