di Julian GOMEZ
Strumenti di propaganda politica per alcuni, luoghi di memoria storica per altri.
In Lettonia i monumenti dell’epoca sovietica continuano ad alimentare un dibattito acceso, nonostante una recente legge che, da qualche mese, consente lo smantellamento sistematico di molti di essi.
Il testo obbliga i comuni a smantellare i monumenti che celebrano il regime sovietico. Quelli eretti in cimiteri, con resti umani o considerati culturalmente significativi, rimangono protetti. Ma vicino al confine con la Bielorussia e la Russia, le cose non sono così semplici.
Il dibattito nelle zone di confine
La città di Daugavpils ha tre importanti monumenti sovietici e una grande maggioranza etnica russa. Considerato propagandistico dagli esperti governativi, uno dei monumenti dedicati ai soldati sovietici della II guerra mondiale sarà demolito. Tuttavia, tutti i russofoni con cui abbiamo parlato sono contrari. “I monumenti non dovrebbero essere abbattuti – ci dice uno di loro -. Sono i nostri ricordi. Dovrebbero restare dove sono. Non ci danno fastidio”.
“Qui, prima, non c’erano né fiori né candele – dice una donna russofona -. Ma da quando si è iniziato a parlare di smantellamento hanno iniziato a comparire”. Un consigliere comunale, membro della maggioranza etnica russa, ci confida il suo sgomento. “Un soldato è un soldato. Quello che è successo, è successo. Il monumento è stato eretto come forma di ringraziamento – dice il consigliere -. A mio parere abbattendo i monumenti cancelliamo la storia”.
Il più grande monumento sovietico della città è invece al sicuro, poiché ospita resti umani. Ma anche in questo caso le persone del posto hanno opinioni differenti. “Distruggere i monumenti è una brutta usanza – dice un’ex insegnante -. I monumenti fanno parte della nostra storia, che sia buona o cattiva. Con questi monumenti possiamo insegnare ai nostri studenti sia le cose buone del nostro passato che quelle cattive”.
“Il monumento in sé non crea alcuna divisione nella cittadinanza – dice Henrihs Soms, professore di Storia all’università di Daugavpils -. Ciò che divide è il modo in cui viene sfruttato da diversi gruppi e organizzazioni politiche”.
Parlando con la gente del posto per qualche ora, l’inviato di Euronews Julen Lopez si è reso conto che qui quasi nessuno vuole smantellare i monumenti. Aivars Broks, direttore della scuola di musica locale, è tra le poche voci favorevoli alla distruzione dei monumenti: “Prima li rimuoviamo, meglio è – dice Broks -. È grottesco valutare quali di questi monumenti glorificano l’occupazione sovietica e quali meno”.
A Riga la maggioranza è favorevole all’abbattimento
A Riga, capitale del Paese, la situazione è molto diversa. Negli ultimi mesi le autorità locali non hanno esitato a sbarazzarsi senza troppi complimenti degli ultimi monumenti sovietici. Stando alle autorità il monumento della II guerra mondiale più grande del Paese era diventato un luogo di ritrovo per i nostalgici della Lettonia sovietica e per i nazionalisti filorussi.
Martins Stakis, sindaco di Riga, ha detto a Euronews che la città non vuole altri simboli del totalitarismo, soprattutto dopo l’invasione russa dell’Ucraina. “La prima idea è stata di rinominare il monumento o di dargli un’interpretazione diversa – dice Stakis -. Ma quando ha saputo di questa idea, la gente ha iniziato a donare denaro per abbatterlo. Le donazioni hanno finito per coprire tutti i costi della demolizione”.
Alcuni dei monumenti considerati culturali o storici potrebbero finire nel Museo dell’occupazione della Lettonia, che documenta la dominazione nazista e sovietica del Paese.
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