L’angolo fascista
Non leggete “il Fango Quotidiano”
Un Paese civile non ha bisogno di forcaioli e bugiardi.
Tutte le condanne di Marco Travaglio
Maurizio Belpietro, La Verità e le condanne – Diario
Procedimenti giudiziari per Pietro Senaldi
Non leggete “il Fango Quotidiano”
Un Paese civile non ha bisogno di forcaioli e bugiardi.
Tutte le condanne di Marco Travaglio
Maurizio Belpietro, La Verità e le condanne – Diario
Procedimenti giudiziari per Pietro Senaldi
di Davide Varì
La presidente della Commissione antimafia ha osato chiedere un passo di lato a De Raho e Scarpinato e ora Il Fatto di Travaglio tira fuori i “dossier” sullo zio
Aveva previsto tutto, Chiara Colosimo: aveva messo in conto il fango dei giornali allineati con un pezzo di magistratura italiana, e l’attacco politico di chi, in Parlamento, difende le rendite di posizioni di quel grumo di potere giudiziario.
Nulla di nuovo: è il prezzo che paga chiunque provi a ficcare il naso in “cose che non lo riguardano”.
Parliamo del romanzo delle stragi mafiose, naturalmente. Di un racconto nato sulla scia della presunta “trattativa Stato-mafia” che – smontato capitolo dopo capitolo dalle sentenze di questi ultimi anni – inizia a far acqua da tutte le parti.
E ora, chi prova a riscrivere quel racconto, rischia grosso.
Anche se lo fa coi documenti di chi morì sotto il fuoco mafioso. E parliamo di quel Paolo Borsellino che, nei file desecretati da Colosimo dopo 32 anni di buio pesto, indica in modo inequivocabile il dossier Mafia-Appalti come l’origine della morte di Falcone e – drammatico ma lucidissimo premonitore – la causa della sua stessa fine.
Dunque Chiara Colosimo ha osato rimuovere la polvere – meglio, la sabbia – che in questi anni si è posata sul dossier Mafia-appalti, e subito è scattato l’attacco. Il Fatto Quotidiano ha colpito con le solite “scottanti rivelazioni” che sanno di muffa, rispolverando vecchie storie già viste, già consumate. Come la famosa foto con l’ex militante dei Nar Ciavardini, tirata fuori per l’ennesima volta come se fosse la prova di chissà quali legami indicibili.
E poi, come da copione, arriva l’affondo, lo “scoop” che “nessuno si aspetta” uscito da chissà quale cassetto: il vecchio zio di Colosimo dimenticato da anni. E sì perché quando non c’è più nulla da scavare, allora si passa al famigerato “reato di parentela”. Ed ecco spuntare dal passato uno zio e i suoi presunti rapporti con la ‘ndrangheta.
L’attacco ha un tempismo quantomeno sospetto, solo poche settimane fa la presidente della Commissione Antimafia ha osato chiedere “chiarimenti” sul ruolo di due figure particolarmente rilevanti: gli ex procuratori Federico Cafiero De Raho e Roberto Scarpinato. I due hanno lavorato per anni su inchieste e dossier che la Commissione ora intende riesaminare e scandagliare. Naturalmente chi ha condotto indagini in prima persona si trova ora in una posizione di chiarissimo conflitto di interesse che Colosimo ha osato sottolineare. Una lesa maestà intollerabile.
E allora, come spesso accade in Italia, alla prima mossa di chi mette in discussione il potere dell’Antimafia “ufficiale”, si risponde con la macchina del fango. Il messaggio è chiaro: chi tocca i fili è “fuori”.
Il punto è che la presidente Colosimo sta provando a restituire alla Commissione Antimafia il ruolo di organismo politico e di controllo che dovrebbe avere. Ha l’ambizione di renderla autonoma e libera dal ruolo di “ancella” delle procure. Tutto questo per scrivere una nuova storia della mafia e dell’antimafia.
Già, proprio così: Chiara Colosimo è accusata di voler riscrivere la storia dei rapporti tra Cosa Nostra e pezzi delle istituzioni. Tutte le istituzioni, procure comprese (vedi la recente, pesantissima indagine che ha colpito gli ex magistrati Pignatone e Natoli). E Colosimo vuol riscrivere quel romanzo perché le sentenze hanno dimostrato che la ricostruzione offerta dalla cosiddetta “trattativa Stato-mafia” era del tutto inadeguata a spiegare le stragi del ’92-’93. E qui torniamo al dossier “Mafia-appalti” che molti vorrebbero archiviare per sempre.
Ora ci chiediamo: chi ha paura di quel dossier? E perché c’è una parte della magistratura che resiste? Non abbiamo risposte, non ancora almeno.
Ma nessuno si illuda: alle domande, noi, non rinunceremo mai.
di Edoardo Sirignano
«Ai parenti delle vittime di mafia interessa soltanto che l’Antimafia possa svolgere il proprio lavoro in modo sereno e trasparente, senza alcuna interferenza esterna, tanto meno l’ingerenza di colorazioni partitiche».
A dirlo Pippo Di Vita, presidente del Comitato Europeo e Memoria.
Quest’ultimo, prima attraverso una missiva inviata al ministro Nordio e poi ai nostri taccuini, spiega come l’unica priorità per i familiari di chi ha perso la vita per la legalità sia soltanto capire cosa sia successo durante quegli anni bui delle stragi e non prendere posizioni contro questo o quel partito.
L’esponente del mondo dell’associazionismo evidenzia, quindi, come la protesta, inscenata l’altro ieri a Palazzo Madama, rappresenti solo la piccola parte di un universo molto più ampio e variegato, a cui non interessa guadagnare consensi verso una particolare direzione, ma solo che sia fatta luce rispetto a pezzi di storia opachi e su cui serve fare quanto prima chiarezza.
«Penso sia doveroso precisare – scrivono nella nota inviata al Guardasigilli e alla presidente della Commissione che si occupa della lotta alla criminalità organizzata – che l’elenco dei familiari che aderiscono a tale iniziativa sia risicato e non rappresentativo, rispetto alle centinaia di familiari che, nel silenzio, ricercano quella giustizia che da decenni di depistaggi, insabbiamenti ed aggiustamenti dei processi, è stata, purtroppo, calpestata».
Un riferimento, dunque, al divieto imposto dalla presidente della Commissione Colosimo all’ex pm Scarpinato di accedere a quelle intercettazioni che potessero interferire con le indagini riguardanti fatti inerenti la sua precedente professione. «In questo momento il senatore – sottolineano i parenti delle vittime – è sotto i riflettori di un’inchiesta che lo coinvolge indirettamente, ma di cui non vi è alcun interesse, da parte mia, a fare riferimento».
Non si ritrovano, pertanto, con la polemica delle opposizioni contro la proposta della maggioranza di tenere fuori i membri dell’organo quando vengono trattate questioni, che in un modo o nell’altro, hanno un legame con la professione svolta prima di diventare onorevoli dai commissari, come appunto nei casi De Raho e Scarpinato.
Di Vita precisa come la presa di posizione dell’associazione non vuole essere un attacco al M5S, ma piuttosto un invito a fare in modo che quando vengano trattate determinate tematiche siano superati i colori, gli schieramenti e soprattutto una polemica sterile, che non porta risultati.
«Le vittime di mafia – sostiene ai nostri taccuini – non devono avere una collocazione partitica. Ognuno di noi può avere una idea, militare in una forza, ma davanti a certe questioni o meglio comportamenti, riguardanti il futuro dei nostri figli, dovremmo superare le limitazioni e restare uniti. Il vero errore degli organizzatori del convegno di ieri è stato non sottolineare che solo una parte la pensasse in un determinato modo.
Si è, invece, preferito generalizzare. Questo è un errore grave. Ecco perché abbiamo ritenuto chiarire con chi di dovere. Non vogliamo attaccare nessuno, né abbiamo interesse a schierarci dall’una o dall’altra parte. Ci saremmo comportati allo stesso modo con chiunque». Per Di Vita bisogna evitare, a ogni costo, inutili e pericolose strumentalizzazioni.
«Altrimenti chi dovrebbe combattere la mafia, pur inconsapevolmente, lo diventerebbe. Dobbiamo essere attenti affinché non ci siano delle rischiose promiscuità. Il vero problema è che qualcuno voglia far passare l’Antimafia come una gamba in più di un partito. Sarebbe uno sbaglio, anzi un assist alla criminalità».
Piccola posta
Una conclusione che tira le somme, letteralmente: “Dei sei candidati alla successione di Lenin secondo il suo Testamento, cinque sono scomparsi pochi anni dopo, sterminati dal sesto”
Ieri Repubblica ha pubblicato la nona e ultima puntata di “Lenin. Un romanzo russo”, la storia che Ezio Mauro ha dedicato al centenario della morte del capo della rivoluzione d’ottobre.
Una conclusione che tira le somme, letteralmente: “Dei sei candidati alla successione di Lenin secondo il suo Testamento, cinque sono scomparsi pochi anni dopo, sterminati dal sesto”.
Mauro ha però riservato l’ultimo racconto all’anatomopatologia del sacrario bolscevico. Lenin era morto nella puntata precedente, adesso si tratta di renderlo immortale, imbalsamato, surgelato, immerso in formalina, glicerina, acetato di potassio, devozione e terrore.
Il corpo sta disfacendosi nell’imperizia quando si trova il riluttante taumaturgo. Il mondo è piccolo, lui “ha 48 anni, viene da Odessa, insegna anatomia all’Università di Kharkiv e sta osservando da lontano, dietro gli occhiali pince-nez rotondi, la scena del gran ballo moscovita attorno al cadavere del Capo dell’Urss che sembra scritta da Bulgakov: stanno sbagliando tutto, ancora pochi giorni affidati al ghiaccio e quel corpo non potrà più essere recuperato.
Il professor Volodimir Petrovic Vorobyov sa cosa bisogna fare ma non vuole dirlo, il rischio è troppo grande, comanda la politica e non la scienza: meglio restare silenzioso lontano da Mosca, nel vecchio obitorio. Vorobyov non ha paura degli spettri. Nel 1919 ha fatto parte della commissione per i crimini dei bolscevichi a Kharkiv nella guerra civile.
Ha visto e certificato l’orrore che riemergeva dagli scavi nei campi di Kharkiv, fin dai 18 cadaveri riaffiorati nel primo giorno d’inchiesta, per arrivare al comunicato numero 19 che denuncia “mille persone uccise in città”, al rinvenimento di 97 cadaveri torturati nella prigione del lavoro forzato, al calcolo ufficiale più prudente di 286 vittime… Vorobyov aveva conservato molti organi anatomici, ma non aveva mai provato a imbalsamare un intero corpo umano: e doveva incominciare proprio con Lenin?”.
E’ impressionante come la storia giri attorno a se stessa. Attorno agli stessi luoghi, specialmente, città memorabili e dimenticate fosse comuni. Kharkiv bombardata è cronaca di oggi.
Allora, solo alcuni anni dopo, “davanti alle voci dissacranti, un collega curatore, il professor Boris Zbarskij, invitò nella cripta moscovita un gruppo di testimoni stranieri tra cui il giornalista americano Louis Fischer, che lo vide aprire la bara di vetro, prendere la salma di Lenin per il naso e scuotere la testa a destra e sinistra, assicurando: “Durerà un secolo””. Il secolo è suonato, la mummia andata a rotoli.
Grazie a Mauro per l’ennesimo reportage dal passato, che, se ne avessi il potere, leggerei ad alta voce, nell’unico podcast della mia vita, a due ascoltatori, possibilmente ammanettati, l’uno all’altro magari: Vladimir Putin, ed Elon Musk.
di Edoardo Sirignano
Bisogna agire subito e fare in modo che gli ex togati, come nel caso del senatore M5S Scarpinato, non possano accedere a informazioni che riguardino il loro precedente lavoro,
in barba a qualsiasi considerazione su un possibile conflitto d’interesse. Posizione netta in tal senso è quella della Lega, il partito più dossierato.
«Il limite – dichiara il senatore del Carroccio Marco Dreosto – ormai è superato. Ex pm, ora politici, che chiedono di leggere atti che li riguardano? Se non fosse una cosa seria sembrerebbe uno scherzo. La questione non può passare inosservata ed è necessario fare chiarezza».
A tal proposito, i verdi insistono su una commissione ad hoc, in grado di andare oltre le competenze dell’Antimafia. «Non arretreremo – continua – nemmeno di un centimetro. Non è possibile vedere attori ostili di vario tipo, che lavorano per sovvertire la volontà popolare, contro gli interessi nazionali».
Giampiero Zinzi, deputato della Lega e membro dell’Antimafia, intanto, sulla vicenda Scarpinato, spiega come il movimento di cui fa parte «oltre a trattare la questione formalmente, avendo presentato una proposta di legge per evitare scandali di incompatibilità, chiede al pentastellato urgenti spiegazioni sulla sua particolare vicenda. Si tratta di un comportamento inopportuno.
Parliamo di fatti che lo riguardano direttamente e in cui non dovrebbe entrare nel merito, ma osservare da soggetto terzo. Fino a quando il testo, che abbiamo già depositato in entrambi i rami del Parlamento, non entrerà in vigore, non possiamo fare nulla. Bene il presidente Colosimo che gli ha negato di accedere alle intercettazioni che lo riguardavano». Sulle medesime posizioni della maggioranza, pur non avendo firmato il documento presentato da Lega, Fdi e Fi, pure i renziani.
«È paradossale – afferma la coordinatrice nazionale di Italia Viva Raffaella Paita – che Scarpinato, dopo aver chiesto la distruzione delle sue intercettazioni, ora provi a chiedere di avervi accesso. Abbiamo la conferma del doppiopesismo e del conflitto di interessi. Ho più volte chiesto che Scarpinato, ma lo stesso vale per Cafiero de Raho sulla vicenda Striano, chiarisca la sua posizione in Antimafia. La mia domanda è ancora senza risposta». Il senatore Roberto Scarpinato, nel frattempo, continua a insistere per leggere gli atti su se stesso e scrive addirittura al presidente dell’Antimafia Colosimo: «Nell’esprimere il mio stupore per avere dovuto apprendere dalla stampa un provvedimento che mi riguarda, chiedo la formale comunicazione di tale provvedimento che lede gravemente le mie prerogative di parlamentare e pregiudica la mia partecipazione ai lavori della commissione antimafia, ai fini di adire le vie istituzionali a difesa dei miei diritti».
di Luca Pons
Nel giorno dell’anniversario della marcia su Roma, la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti ha ricordato sui social un evento calcistico.
Ma nei commenti molti hanno sottolineato la ricorrenza fascista, e Frassinetti ha risposto citando uno scrittore francese collaborazionista: “Fascismo immenso e rosso”.
“Fascismo immenso e rosso”, ha scritto sul proprio profilo Facebook la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti. Si tratta di una citazione di Robert Brasillach, scrittore francese di estrema destra che collaborò durante l’occupazione nazista. Il commento di Frassinetti è arrivato ieri, 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma.
Il post della sottosegretaria riguardava un anniversario calcistico, ma quando altre persone nei commenti hanno sottolineato anche la ricorrenza fascista, Frassinetti ha risposto con queste parole. Ne è nata una polemica alla quale la stessa sottosegretaria ha risposto scusandosi, ma parlando di “tempesta in un bicchier d’acqua”.
Cosa ha scritto la sottosegretaria Frassinetti sui social
Brasillach era uno scrittore e giornalista di estrema destra che durante il regime di Vichy, in Francia, collaborò con le autorità naziste. Alla fine della guerra, venne fucilato. Tra le accuse c’era quella di aver accettato che la sua rivista riportasse gli indirizzi di persone ebree e partigiane che erano ricercate dalla Gestapo.
La citazione di Frassinati viene da un passaggio in cui Brasillach scriveva: “I bimbi che un giorno saranno ragazzi di 20 anni apprenderanno con oscura meraviglia dell’esistenza di questa esaltazione di milioni di uomini, i campeggi della gioventù, la gloria del passato, le sfilate, le cattedrali di luce, gli eroi caduti in combattimento, l’amicizia tra i giovani di tutte le nazioni rinate […] Il fascismo immenso e rosso”.
Ma sul suo settimanale scrisse anche interventi duramente antisemiti come: “Bisogna risolvere il problema ebraico, perché l’ebreo è lo straniero, è il nemico che ci ha spinti alla guerra ed è quindi giusto che paghi. Sì, noi vogliamo salvaguardare la razza francese, proteggerla dai nocivi fermenti che la ingombrano ed avviliscono, noi vogliamo che in Francia vi siano dei francesi”.
Come detto, Frassinetti ha postato ricordato un anniversario calcistici legato al Milan. Tra i commenti, però, molti hanno sottolineato anche che il 28 ottobre era l’anniversario della marcia su Roma.
Il post originale di Frassinetti
A questi commenti, la sottosegretaria all’Istruzione – storica militante di estrema destra – ha risposto in modo più che ambiguo. Prima Frassinetti ha suggerito che non poteva commemorare la marcia fascista perché i suoi social vengono osservati in quanto figura pubblica: “C’è chi di lavoro mi spia fb con la lente di ingrandimento…”.
Poi, quando qualcuno ha scritto che “il 28 ottobre è un’altra roba” e ha messo un cuore nero “senza il rosso” (in riferimento al Milan), Frassinetti ha risposto con la citazione di Brasillach.
I commenti di Frassinetti
Pd e Avs chiedono le dimissioni
Le sue parole hanno portato a una dura reazione politica. La responsabile Scuola del Pd, Irene Manzi ha affermato che “citare le parole di Brasillach, collaborazionista dei nazisti e antisemita, sul ‘fascismo immenso e rosso’ non è accettabile. Le parole sono importanti, a maggior ragione, quando si riveste un importante incarico che ha a che fare con l’educazione”.
Il senatore dem Dario Parrini ha chiesto che la sottosegretaria dia le dimissioni. Insieme a lui anche Alleanza Verdi-Sinistra, il cui capogruppo al Senato Peppe De Cristofaro ha detto che i “riferimenti nostalgici” sono “indegni di una rappresentante delle istituzioni”, in particolare perché “non è la prima volta che fa riferimenti che richiamano il fascismo, il periodo più buio della storia, senza mai prenderne le distanze”.
La replica di Frassinetti: “Solo una battuta infelice, non apologia di fascismo”
“Penso che sia un po’ una tempesta in un bicchier d’acqua”, ha detto la stessa Frassinetti a Lapresse in risposta alla polemica. “Si parlava di calcio, come sempre ci sono gli sfottò, ho citato questa frase ‘immenso e rosso’, perché uno diceva che c’è solo il nero e io dico che c’è anche il rosso. E basta. Ma sempre parlando di calcio”.
Frassinetti ha affermato di non aver festeggiato la marcia su Roma, “perché non c’è nessuna mia frase apologetica di nessun tipo”, e di non aver nemmeno “esaltato questo autore”. Poi ha insistito: “Io sono anche avvocato. Apologia vuol dire esaltare il fascismo, ma non c’è nessuna frase”.
Ad Adnkronos, la stessa Frassinetti ha detto che il riferimento era “una battuta, probabilmente infelice”. E ha dichiarato: “Le intenzioni vanno guardate bene. Chiedo scusa se ho urtato la sensibilità di qualcuno, ma non volevo. Sicuramente ammetto che l’autore è controverso, non è che lo esalto. Il mio commento era semplicemente descrittivo”.