Non ci sono più leader a controllare il disastro climatico di Trump (politico.eu)

di Karl Mathiesen

Energia e Clima

Niente come il 2016.

Quelli che Trump, una ballata del pane salato (ilmanifesto.it)

di Enrico Caria

Il colonnino infame 

Canzonetta per ricapitolare, ma anche per non capitolare, in attesa del nuovo assetto a Capitol Hill

Quelli che adesso la Harris ha smesso di ridere,
quelli che gli Stati in bilico ah ah ah,
quelli che io mai avuto dubbi, oh yeah.
Quelli che NY, LA… grandi ZTL,
quelli che lui fascista, razzista, molestatore, bugiardo… ma lei peggio perché ipocrita,
quelli che il popolo diceva pane e Kamala capiva brioche, oh yeah.
Quelli che quel rimbambito di Biden,
quelli che se si presentava Michelle,
quelli che l’America profonda,
quelli che l’America superficiale,
quelli che Biden ha dato un sacco di armi a Israele e fin qui lui niente,
quelli che fin qui, oh yeah.
Quelli che lui mai iniziato una guerra,
quelli che la Nato è finita la pacchia,
quelli che finalmente gli europei si fanno un esercito tutto suo, oh yeah.
Quelli che con Putin ora ci parla lui e PUFF la guerra finisce,
quelli che con Netanyahu ora ci parla lui e BOOM la guerra non finisce più,
quelli che mò Putin ti invade la Polonia, oh yeah.
Quelli che adesso gli immigrati haitiani la pianteranno di mangiare cani e gatti dei residenti,
quelli che le donne che non hanno tradito i mariti nelle urne continueranno a farlo in automobile,
quelli che la gente vuole l’omo forte e ‘a fimmina bottana, oh yeah.
Quelli che mò i cinesi dazzi loro,
quelli che ora l’Ungheria si allarga a macchia d’olio di ricino,
quelli che ora Putin ti invade pure i Paesi baltici, oh yeah.
Quelli che per l’Europa una grande occasione,
quelli che l’Europa in ordine sparso,
quelli che Von der Leyen, Macron, Scholz tutti insieme… a Mar-a-Lago col cappello in mano, oh yeah.
Quelli che il suo modello sempre stato Berlusconi ma di Berlusconi ce n’è uno solo,
quelli che Tajani chi?
quelli che Italy First, oh yeah.
Quelli che Salvini Great Again,
quelli che a me mi chiamava Giuseppi,
quelli che ora la Meloni getta la maschera, oh yeah.
Quelli che Franza o Spagna purché se magna,
quelli che maccherone mi hai provocato e io te distruggo adesso me te magno,
quelli che ve lo meritate Donal Trump, oh yeah.

Quelli che Trump, una ballata del pane salato

No-vax imbrattano le scuole Saltini di Carpi: i bambini coprono le scritte con i disegni (gazzettadimodena.it)

di Manuel Marinelli

La condanna del sindaco Righi: «Un vile atto 
vandalico, ma questa dei piccoli studenti è la 
risposta migliore»

No-vax imbrattano le scuole Saltini di Carpi: i bambini coprono le scritte con i disegni

I “no-vax” colpiscono ancora.

Questa volta nel mirino del gruppo “Vivi” sono finiti i muri della scuola elementare Saltini di via Magazzeno a Carpi, imbrattati nella notte tra giovedì e ieri. “Vax e 5G=morte”, “Agenda 2030=frode”, “Solo bugie su vax, Co2 e pandemie”. Questo è quello che si sono trovati davanti i bambini all’inizio delle lezioni ieri mattina: scritte a caratteri cubitali realizzate con vernice rossa che inneggiano esplicitamente al complotto.

Le folli scritte rosse
C’è anche l’immancabile sigla, quella doppia V che identifica il gruppo ViVi, già tristemente noto per gli innumerevoli precedenti a Modena aumentati esponenzialmente durante e dopo la pandemia. Recentemente era stato preso di mira anche l’ex presidente della Regione Stefano Bonaccini, sui suoi manifesti elettorali era apparsa la scritta “Bonaccini nazista”.

Anche a Carpi l’episodio fa seguito a una lunga serie di imbrattamenti avvenuti negli ultimi tempi su luoghi pubblici. Sempre il 7 novembre, ma di due anni fa, i muri del liceo Fanti erano stati cosparsi di scritte analoghe a quelle apparse ieri notte alle elementari Saltini e quindi sempre a sfondo no-vax.

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A dicembre dell’anno scorso era invece stato vandalizzato l’ospedale carpigiano, con un chiaro messaggio minatorio nei confronti dei medici, definiti “provax assassini”. Più recentemente erano invece finite nel mirino le sedi elettorali dei candidati sindaco in occasione delle scorse elezioni.

Il gesto dei bimbi
I muri sono ora tornati allo stato originario, ma prima degli operai dell’azienda incaricata dal Comune sono intervenuti gli stessi bambini, che con un gesto simbolico ma dal grande significato emotivo hanno riempito le facciate con numerosi disegni.

E così, fogli e pennarelli alla mano, i giovani studenti si sono adoperati per coprire le indecorose scritte e ridare decoro alla loro scuola. “Non disegnare sul muro”, “Il Covid fa morire” si legge su alcuni di essi.

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Il sindaco
«Un vile atto vandalico, ancora una volta a danno di studentesse e studenti, piccoli e grandi, docenti nei loro luoghi di studio e formazione», ha commentato il sindaco di Carpi Riccardo Righi, che poi ha aggiunto: «Quali parole trovare per commentare l’imbrattamento di una scuola? Un gesto privo di senso che non merita certamente visibilità, ma questa delle bambine e dei bambini è la risposta migliore. Grazie. Questa mattina, ci siamo attivati per denunciare l’accaduto e le mura saranno prontamente ripulite. La ditta incaricata è già in loco e sta procedendo con i lavori».

Il grande equivoco delle materie non-Lep (lavoce.info)

di  e 

Quattro regioni hanno chiesto maggiore autonomia 
su materie non-Lep, quelle che secondo la legge 
non dovrebbero ledere l’eguaglianza dei diritti 
civili e sociali. 

Pur nella totale mancanza di trasparenza del processo, alcuni esempi mostrano il contrario.

La trasparenza che manca sulle richieste di autonomia

Il processo di attuazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, innescato dalla legge 86/2024, la cosiddetta “autonomia differenziata”, avanza nell’opacità più assoluta. Persino alcuni ministri della Repubblica appaiono stupiti quando scoprono che materie di loro competenza, ad esempio la protezione civile o il commercio con l’estero, vengono ora richieste da alcune regioni.

Eppure, era ben noto che con l’entrata in vigore il 13 luglio scorso della legge 86/2024, le regioni avrebbero avuto la possibilità di iniziare immediatamente il negoziato con il governo per arrivare a una intesa sulle nove materie non-Lep, quelle cioè per le quali non è prevista la definizione di un livello essenziale delle prestazioni (Lep) che – come vuole la Costituzione – lo stato deve garantire in tutti i territori. Sappiamo, perché lo ha dichiarato lo stesso ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, al Consiglio dei ministri, che già il 25 luglio quattro regioni – Lombardia, Veneto, Liguria e Piemonte – hanno presentato richieste di maggior autonomia in queste materie.

Non c’è traccia però dei documenti relativi né sui siti istituzionali delle regioni né tantomeno sul sito del ministero per gli Affari regionali e le autonomie. Solo nel caso del Veneto, e solo perché il presidente ha dovuto riferirne al suo Consiglio regionale il 15 ottobre, qualche riferimento più preciso a un documento con le richieste della regione è stato fatto.

Si viene così a sapere che, per esempio, il Veneto ha chiesto funzioni su tutte le materie non Lep, la Lombardia su otto, Liguria e Piemonte su sei. Continuiamo però a non sapere con esattezza quali funzioni all’interno di quali materie sono state richieste da quali regioni.

In attesa fiduciosa che, per una banale ragione di trasparenza democratica, le regioni o il ministro si decidano a pubblicare i documenti relativi, quello che si sa sul processo di devoluzione in corso è comunque sufficiente a sollecitare qualche riflessione su un aspetto finora poco discusso, ma cruciale nel dibattito sull’autonomia differenziata. Si tratta del rapporto tra materie Lep e non Lep e dall’assoluta indipendenza tra i due gruppi di materie ipotizzata nella legge 86/2024. Proviamo a spiegare perché si tratta di un punto importante.

Lep e non-Lep

L’intera architettura della legge 86/2024 si regge sulla suddivisione delle 23 materie enumerate nel comma 3 dell’articolo 117 della Costituzione (e che coprono quasi tutto lo spettro dell’intervento pubblico) in materie Lep e materie non-Lep. Su queste ultime, con l’entrata in vigore della legge, le regioni possono chiedere subito maggiore autonomia (come hanno fatto appunto le quattro regioni). Sulle altre, invece, la richiesta non può essere avanzata finché i Lep relativi non siano stati definiti e quantificati in termini finanziari.

Dietro la dicotomia c’è l’idea che i Lep devono proteggere i diritti essenziali dei cittadini. Le regioni non possono richiedere funzioni nelle materie Lep finché non si sa quali siano i livelli essenziali delle prestazioni e come debbano essere finanziati, perché altrimenti la devoluzione potrebbe minare l’eguaglianza che deve essere garantita in tutti i territori in tema di diritti civili e sociali. Un rischio che il legislatore ha escluso a priori per le materie non-Lep.

La classificazione tra materie Lep e non-Lep è stata svolta da un Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Clep), presieduto da Sabino Cassese.

La logica adottata dal Clep per distinguere i due gruppi si fonda sull’idea che vi siano materie per le quali vi è un legame diretto con la tutela di un diritto civile e sociale e quelle per le quali il legame non è immediato. Ipotizzando che la classificazione conseguente sia stata correttamente effettuata, è chiaro che la distinzione regge sul piano concettuale solo se si può introdurre una cesura netta tra i due gruppi di materie, per cui assegnare una funzione a una regione in una materia non-Lep non influenza il godimento dei diritti sociali dei cittadini in una materia Lep.

Altrimenti, la distinzione è spuria e prima di devolvere a una regione una funzione in una materia non-Lep si dovrebbe tener conto dei possibili effetti che la devoluzione ha sulle materie Lep. Come stanno allora le cose? Un paio di esempi aiutano a chiarire la questione.

Due esempi

Una cosa che sappiamo con sicurezza (perché lo ha annunciato lo stesso ministro Roberto Calderoli è che Veneto, Lombardia, Liguria e Piemonte hanno richiesto la materia “protezione civile”, cioè personale, funzioni, materiali, risorse ma anche autonomia nella regolamentazione e negli standard di servizio. Tuttavia, la protezione civile può essere funzionale a garantire materie Lep e se la devoluzione interferisce con questo processo si crea potenzialmente un problema molto serio.

Ad esempio, durante la pandemia da Covid-19, la protezione civile ha svolto un ruolo fondamentale nell’organizzazione dei servizi in funzione anti-pandemica, con in cima alla catena di comando lo stesso presidente del Consiglio dei ministri. Sarebbe stato possibile ottenere lo stesso servizio da un insieme di protezioni civili regionali, ciascuna delle quali risponde a un diverso organo politico, quale la regione? Sarà possibile farlo in futuro, con una nuova (possibile) pandemia?

Il punto importante da sottolineare qui è che, anche se si accetta che la protezione civile sia una materia non-Lep, dunque devolvibile alle regioni, la sua regionalizzazione potrebbe influenzare la capacità di offrire in modo uniforme sul territorio nazionale i servizi relativi alla “tutela della salute”, una materia invece chiaramente Lep. Allo stesso modo, potrebbe influire sulla tutela del territorio, anch’essa una materia Lep.

Leggi anche:  Quali sono i pericoli dell’autonomia differenziata

Più in generale, se la struttura organizzativa e di incentivi della protezione civile differisce da una regione all’altra, senza che siano introdotti e rispettati standard nazionali, nel caso di una emergenza, alcune regioni potrebbero non essere in grado di garantire l’organizzazione dei soccorsi, con ovvi effetti anche sul piano sanitario o di altre materie coperte dai Lep.

Che non si tratti solo di fisime teoriche, lo dimostra l’alluvione nell’area di Valencia, dove la protezione civile è regionalizzata, e dove si sono verificati ritardi nell’organizzazione dei soccorsi e rimpalli di responsabilità tra il governo centrale e quello regionale.

Il secondo esempio fa riferimento alla materia“Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”, definita non-Lep dal Comitato Cassese. Pare certo che in questa materia almeno una regione si prepari a chiedere autonomia legislativa e amministrativa sul tributo speciale in materia di rifiuti, con la facoltà di definire i soggetti passivi, l’importo del tributo, le eventuali detrazioni o deduzioni e così via.

Il diavolo sta nei dettagli ma, di nuovo, pare evidente che decisioni autonome di una regione in questo contesto potrebbero essere in contrasto con la legislazione nazionale o europea sulla materia “Valorizzazione dei beni culturali e ambientali”, cioè la protezione dell’ambiente, che è invece secondo il Clep una materia Lep.

La decisione sugli importi da pagare nel caso in cui si utilizzino discariche o impianti di incenerimento obsoleti, ovviamente, influenza il livello di inquinamento del territorio, su cui il Clep ha invece richiesto che ci siano standard, uniformi a livello nazionale, da rispettare.

I due esempi (se ne potrebbero fare anche molti altri) suggeriscono che la distinzione tra materie Lep e non-Lep, su cui si regge tutto il percorso di devoluzione immaginato dalla legge 86/2024, sia nei fatti molto fragile e non regga alla prova dei fatti. Esistono ovvie complementarità tra materie definite Lep e non-Lep.

Ma se le materie non-Lep influenzano il rispetto dei Lep in altri campi, come si può separare l’attribuzione delle prime dalle seconde? Il rischio del pasticcio istituzionale, del rimpallo di responsabilità e della montagna dei ricorsi alla Corte costituzionale è dietro l’angolo.

Forse conviene ripensarci, finché si è in tempo.

Per chi suona la campana dell’alluvione in Spagna? Il negazionismo climatico uccide (greenreport.it)

di Luca Aterini

Crisi climatica e adattamento

Mancata allerta e soppressione dell’Unità valenciana d’emergenza sono un’eredità dell’ultradestra di Partito popolare e Vox, appoggiato in campagna elettorale dalla presidente Meloni

La tragica conta dei morti per l’alluvione alimentata da Dana (Depresión Aislada en Niveles Altos) che il 29 e 30 ottobre scorsi ha colpito la Spagna, e in particolare la regione di Valencia, sta continuando giorno dopo giorno: al momento si ferma a 217 vittime ma è destinata a salire, nonostante barlumi di speranza come quello arrivato oggi dal parcheggio sotterraneo nel centro commerciale Bonaire di Aldaia, dove si temeva un’ecatombe – sono 5.700 i posti auto finiti sott’acqua – al momento non si registrano vittime.

La legittima disperazione dei cittadini ancora immersi nel fango si è scagliata ieri contro il re Felipe e il premier Sanchez, che durante un sopralluogo sono stati sottoposti al lancio di fango e bastoni.

Ma il bersaglio politico è quello sbagliato: a governare la regione di Valencia è la destra negazionista di Carlos Mazón, del Partito popolare, che è stato eletto grazie all’appoggio della destra neofascista di Vox – la stessa che la premier Meloni lo scorso anno ha appoggiato in campagna elettorale, attaccando il cosiddetto «fanatismo ultraecologista» –, oggi fuori dalla Giunta per contrasti sulle politiche migratorie.

«Si apprende a mezzo stampa che il presidente della Regione Valenciana Carlos Mazón possa aver sottovalutato e rimandato in maniera significativa l’allarme – ricapitola nel merito l’europarlamentare Annalisa Corrado, responsabile Conversione ecologica del Pd nazionale – A causa di ciò, per 11 ore i cittadini sarebbero rimasti ignari e quindi indifesi rispetto agli eventi catastrofici cui stavano andando incontro.

Un fatto che, se confermato, sarebbe aggravato dalla soppressione dell’Unità valenciana di emergenza, voluta e istituita dall’ex presidente Puig (Psoe) proprio per fare fronte a emergenze di questo tipo. Una soppressione che all’epoca era stata rivendicata e che si era concretizzata su iniziativa di Vox, uno dei partiti di estrema destra negazionista della crisi climatica».

Lo stesso 29 ottobre, poche ore prima del disastro, è emerso come Mazón continuasse a minimizzare la portata dell’incombente alluvione. È la dimostrazione plastica di come il negazionismo e l’inazionismo climatico non siano solo una strategia per orientare politicamente l’opinione dell’elettorato, ma rappresentino ormai un pericolo enorme per la vita stessa delle persone.

Come sottolinea adesso l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo), è la crisi climatica in corso col relativo surriscaldamento di mari e atmosfera, a rendere più intensi e più probabili eventi meteo estremi come l’alluvione di Valencia, che in 8 ore ha scaricato a terra la pioggia attesa in un anno.

«L’inondazione che stiamo vedendo in Spagna è solo uno dei tanti, tanti, tantissimi disastri estremi legati al meteo e all’acqua che si sono verificati in tutto il mondo quest’anno. Quasi ogni settimana vediamo immagini così scioccanti», commenta la portavoce Onu Clare Nullis.

Per affrontare una simile situazione tutti i Paesi del mondo sono chiamati a muoversi su un doppio binario: affrontare la causa della crisi climatica, ovvero tagliare le emissioni di gas serra dovute all’impiego di combustibili fossili investendo in efficienza energetica e rinnovabili, e al contempo investire nell’adattamento dei territori alla quota parte di cambiamento climatico già avvenuta, e con la quale non possiamo fare altro che convivere.

L’estrema destra rifiuta però questa soluzione, negando la crisi climatica o limitando l’azione a contrasto. È accaduto nella regione di Valencia, potrebbe accadere negli Stati Uniti se domani Trump uscisse vincitore dalle elezioni che lo vedono confrontarsi con Kamala Harris, e sta succedendo anche in Italia: nella legge di Bilancio predisposta dal Governo Meloni le risorse per l’adattamento climatico sono quasi inesistenti, nonostante le alluvioni siano cresciute del 400% rispetto al 2018, mentre il Green deal continua ad essere additato – dall’efficientamento energetico delle case all’auto elettrica, passando dagli impianti rinnovabili – come nemico del popolo anziché strumento di sviluppo sostenibile.

Una retorica che fa danni al Paese, e può arrivare a uccidere come mostra il caso spagnolo.