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Noi e il virus: quello che ho capito in un anno di pandemia (corriere.it)

di Ilaria Capua

È un punto di svolta, teniamo duro e spostiamoci 
il meno possibile. 

Non rinneghiamo regole e chiusure: ci hanno salvato dal collasso. Ora semplifichiamo le vaccinazioni. Se siamo bravi, tra due mesi andrà meglio

Proprio un anno fa l’Italia entrò nel suo primo lockdown e rivolgo lo sguardo a questo anno passato per cercare di capire alcune macro-dinamiche che ci hanno portati a essere qui oggi esausti e pronti a infiammarci e a esplodere per un niente. In questo momento di frustrazione che si avvita come un aereo in caduta, mi viene a volte sussurrato al telefono «se non si chiudeva nulla era meglio.

Qui si morirà più di fame che di Covid», un tentativo velato di avere la mia benedizione nel mollare mascherina, solitudine e vita stravolta. Invece, l’incompresa verità è che se non avessimo chiuso subito avremmo avuto in tutt’Italia quell’ondata di morte che ha colpito Bergamo. È difficile essere cosi cruda ma non posso esimermi, per rispetto di chi non c’è più e per rispetto di chi ha salvato migliaia di vite. Se noi non avessimo applicato misure di restrizione il sistema sanitario sarebbe collassato e avremmo avuto un numero di morti fisicamente e logisticamente ingestibile, dai servizi funebri e cimiteriali. Il che vuol dire morte in casa propria per più del tempo umanamente sopportabile.

Sono ugualmente convinta che adesso siamo a un momento critico che potrebbe essere il punto di svolta. Siamo ahimè di fronte ad un ceppo virale che ha messo il turbo e quindi ci sorprende per la sua forza contagiosa. E quindi devo dirlo con forza: dobbiamo spostarci il meno possibile. L’assoluto essenziale e basta. E quando ci dobbiamo proprio muovere doppie precauzioni. Per quanto? Se si è bravi e compatti un paio di mesi.

Nel contempo, vaccinare usando la maggiore efficienza possibile. Ed è proprio questo un altro fattore determinante per la svolta positiva — e su questo vorrei fare un salto ancora più indietro, al 30 gennaio 2020. In quella data l’Oms ha dichiarato l’emergenza pandemica. Delle molte cose che non si sapevano all’epoca, una si sapeva — ovvero che sarebbe servito vaccino in quantità di molto superiore alla capacità di produzione di allora.

E oggi ci rendiamo drammaticamente conto di cosa significhi per la ripresa della vita vera oltre che per l’economia non avere abbastanza vaccino … leggi tutto

Morti da vaccino anti-Covid? La propaganda no-vax e la totale assenza di prove (open.online)

di David Puente

Con l’arrivo dei vaccini anti Covid-19, i 
no-vax hanno iniziato la caccia ai vaccinati 
deceduti. 

Nel caso di Michela Foderini sono bastati due post Facebook per stabilire un nesso causale frutto di propaganda

Michela Foderini è morta improvvisamente a causa di un arresto cardiaco. Conosciuta come fotografa e appassionata di podismo, l’annuncio del decesso viene riportato su articoli come quello di Perugia24.net del 26 febbraio 2021, ma a renderla nota a un pubblico più vasto sono stati alcuni no-vax alla ricerca di decessi da vaccino anti Covid-19 per supportare le loro teorie di complotto. Michela, infatti, aveva ricevuto entrambe le dosi e questo è bastato per scatenare le fantasie degli antivaccinisti.

I no-vax, intenzionati a cercare più prove possibili a sostegno della loro narrativa, hanno trovato due post Facebook di Michela in cui annunciava la somministrazione di entrambe le dosi di vaccino anti Covid-19. Ma c’è un problema: la data delle iniezioni e quella del decesso sono molto lontane per ipotizzare una correlazione causale … leggi tutto

Le regioni che cercano di limitare l’accesso all’aborto (ilpost.it)

Negli ultimi mesi Piemonte, Abruzzo, Umbria e 
Marche, governate dalla destra, sono andate 
contro le nuove linee guida nazionali sulla RU486

Negli ultimi mesi, i movimenti e i gruppi che si oppongono all’aborto e ai diritti riproduttivi delle donne hanno intensificato la loro propaganda con varie (e contestatecampagne comparse in numerose città italiane.

Parallelamente, Lega e Fratelli d’Italia – che governano in diverse regioni e che con questi gruppi conservatori e cattolici hanno espliciti legami – ne hanno portato avanti in modo concreto il programma politico: per limitare l’accesso all’aborto farmacologico, andando contro le nuove linee di indirizzo del ministero della Salute, o per sostenere formalmente natalità e maternità attraverso delle precise proposte di legge, portando avanti però implicite finalità antiabortiste.

RU486
Lo scorso dicembre, una campagna antiabortista di ProVita e Famiglia paragonava l’aborto per via farmacologica (RU486) a un «veleno». La senatrice di Fratelli d’Italia Isabella Rauti, tra gli altri, aveva difeso il messaggio dicendo che «il vero scandalo» erano semmai «le decisioni prese dal ministro della Salute Roberto Speranza, nell’agosto scorso» quando, dopo mobilitazioni dal basso portate avanti negli anni da movimenti femministi, associazioni che lavorano per i diritti delle donne e dalle ginecologhe non obiettrici, erano state aggiornate le linee di indirizzo sulla RU486.

L’aborto farmacologico prevede l’assunzione di due farmaci a distanza di 48 ore uno dall’altro, il mifepristone in combinazione con il misoprostolo, ed è una pratica sicura, come dimostra la letteratura scientifica internazionale e come afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha incluso i due farmaci abortivi nella lista delle medicine essenziali.

In Italia la possibilità dell’aborto farmacologico era stata introdotta solo nel 2009 (in Francia nel 1988 e nel Regno Unito nel 1990), ma con una serie di ostacoli: con un limite di tempo ridotto (sette settimane) rispetto a quello indicato dal farmaco stesso e adottato dagli altri paesi d’Europa (nove settimane); e con una procedura “all’italiana” che prevedeva il ricovero ordinario in ospedale di tre giorni.

Lo scorso 8 agosto il ministero aveva aggiornato le proprie linee di indirizzo, ferme da dieci anni, annullando l’obbligo di ricovero in ospedale, estendendo a nove settimane di età gestazionale la somministrazione del farmaco, e prevedendone la somministrazione in consultorio o in ambulatorio. Il Consiglio Superiore di Sanità aveva poi espresso il proprio parere favorevole e l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) aveva emanato una determina per modificare le modalità di impiego di quel farmaco.

Le limitazioni esistenti fino a quel momento non avevano avuto l’effetto di ridurre il ricorso all’IVG, come auspicato da chi le aveva pensate e sostenute, bensì quello di rendere l’esperienza più invasiva, traumatica e, in tempi di pandemia, più pericolosa e difficile.

Alcune regioni, però, non hanno ancora recepito le linee di indirizzo lasciando la situazione immutata. E altre hanno preso una posizione contraria, in coordinamento con la campagna e propaganda dei movimenti anti-scelta come ProVita … leggi tutto

Vaccinazioni: siamo in una pandemia, non in un film western (corriere.it)

di  Beppe Severgnini

Non sarebbe il caso di indicare regole uguali 
per tutta Italia? 

E magari di convocarci individualmente per la vaccinazione, come accade per gli screening?

Volete sapere su cosa litigheremo in estate? Sul «lasciapassare sanitario»: chi potrà viaggiare e chi no. E in primavera? Sulla precedenza nelle vaccinazioni. Chi salta la coda, chi attende, chi non capisce e si offende.

Il Ministero della Salute ha stabilito le priorità iniziali: (a) Operatori sanitari e sociosanitari (stupefacente che alcuni abbiano rifiutato il vaccino e possano continuare a lavorare, ndr) (b) Personale e ospiti di residenze per anziani (c) Anziani over 80 (d) Persone estremamente vulnerabili, affette da patologie o disabilità che comportano un rischio elevato. A quel punto si scende con l’età, a partire da «insegnanti e personale scolastico, forze armate e di polizia, personale e detenuti delle carceri, luoghi di comunità e altri servizi essenziali».

Domanda: gli avvocati rientrano tra i servizi essenziali? In Toscana, Puglia e Sicilia pensano di sì; altrove ritengono di no. E i magistrati tributari? A differenza dei giudici ordinari e amministrativi, non sembrano poter ottenere una corsia preferenziale. Altalex informa che s’è levata la voce dei commercialisti («Non si può negare che la categoria abbia affrontato un “superlavoro” nell’ultimo anno, a causa delle misure economiche emergenziali, continue e cangianti, che li ha esposti e li espone di continuo al contatto coi clienti»).

In Sicilia i parlamentari regionali avranno la precedenza (consensi bipartisan alla proposta).

Anche cassieri e commessi di supermercati chiedono d’essere inseriti tra le categorie prioritarie. Estetisti e parrucchieri, addetti alla manifattura, commercianti? Letizia Moratti, in Lombardia, chiederà attenzione per loro. Gli informatori scientifici del farmaco? In Sardegna hanno la precedenza. Noi giornalisti?

Michele Verna, presidente dell’Ordine: «Si valuti la priorità per chi garantisce l’informazione in situazioni a rischio». E non si riferisce solo agli assembramenti sotto i palazzi romani della politica, testimoniati da ogni telegiornale … leggi tutto