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Morbillo, i casi negli Stati Uniti crescono del 35% in una sola settimana. E anche in Europa i numeri sono da record (corriere.it)

di Cristina Marrone

In Europa oltre 32 mila contagi in un anno. 

L’Italia con 1.097 contagi in un anno seconda solo alla Romania che ne conta oltre 27 mila con 18 morti. Calano le coperture vaccinali

Secondo i dati del Centers for Disease Control and Prevention, i casi di morbillo negli Stati Uniti sono aumentati di un terzo nell’ultima settimana, un segnale preoccupante per un’epidemia che ha già causato due decessi (un bambino di sei anni in Texas e un adulto in New Mexico, quest’ultimo non ancora confermato ufficialmente): sono le prime vittime causate dal morbillo da decenni negli Usa.

Dall’inizio dell’anno sono stati segnalati 222 casi di morbillo in 12 diversi stati: il 79% in bambini e ragazzi con meno di 19 anni; il 94% di loro era non vaccinato, il 4% vaccinato con una sola dose. Per 38 di questi casi è stato necessario il ricovero in ospedale. Solo in Texas, epicentro dell’epidemia, sono stati segnalati 198 casi venerdì scorso, 39 in più rispetto  all’ultimo aggiornamento del 4 marzo.

Ad allarmare le autorità sanitarie anche la vicenda di un passeggero atterrato mercoledì 5 marzo all’aeroporto di  Washington Dulles, in Usa risultato positivo al morbillo. La malattia è altamente contagiosa e si teme per le persone che erano a bordo del velivolo così come altri passeggeri in transito all’aeroporto.

Il morbillo in Europa: Italia seconda per numero di contagi

Ma se il morbillo (e il calo delle vaccinazioni) spaventano gli Stati Uniti, non vanno molto meglio le cose in Europa. I dati dell’ultimo aggiornamento mensile del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie mostrano un forte aumento della diffusione del morbillo nel 2024 rispetto al 2023, con oltre 32 mila casi segnalati in un anno (dati tra il primo febbraio 2024 e il 31 gennaio 2025).

L’Italia con 1.097 casi nel periodo considerato è fra i Paesi con più contagi notificati dopo il dato record della Romania (27.568). Al terzo posto la Germania (637), seguita da Belgio (551) e Austria (542). E non sono purtroppo mancati anche i decessi: la Romania ne ha registrati 18 attribuiti al morbillo, e l’Irlanda uno.

Previsto un picco nella primavera 2025

La trasmissione in corso, osserva lEcdc, «evidenzia gap nella copertura vaccinale contro questa malattia prevenibile, sia tra bambini e adolescenti che fra adulti». Il morbillo è altamente contagioso, ricordano gli esperti, si trasmette facilmente da persona a persona attraverso l’aria e si diffonde rapidamente nelle comunità tra persone che non sono state vaccinate o non sono completamente immunizzate.

Nel 2024, il picco di casi segnalati nell’Unione Europea  è stato osservato nei primi 6 mesi dell’anno. E «in linea con l’andamento stagionale della malattia, si prevede dunque un ulteriore aumento del numero di casi durante la primavera del 2025».

La copertura vaccinale

Per la prevenzione delle epidemie di morbillo e la protezione delle popolazioni vulnerabili, almeno il 95% della popolazione idonea alla vaccinazione dovrebbe ricevere due dosi del vaccino Mpr (anti morbillo, parotite, rosolia). «Tuttavia – informa l’Ecdc – i livelli di vaccinazione in Europa  sono ancora al di sotto di questo obiettivo.  Solo 4 Paesi (Ungheria, Malta, Portogallo e Slovacchia) hanno segnalato questo livello di copertura per entrambe le dosi.

Ciò rende molte comunità vulnerabili al morbillo, compresi i bambini che sono troppo piccoli per essere vaccinati o quelli che non possono essere vaccinati per motivi medici e che quindi dipendono da un’elevata copertura vaccinale nella popolazione complessiva». In Italia è segnalato un lieve calo delle coperture vaccinali tra bambini e ragazzi under 18 anni soprattutto nelle regioni meridionali, anche se la maglia nera va alla Provincia autonoma di Bolzano (solo l’83,81%).

Quanto è contagioso il morbillo

Il morbillo è una delle infezioni più contagiose note. In una ipotetica  comunità in cui nessuno è  immune al virus, ogni persona infetta ne contagerebbe altre 18 e un piccolo focolaio diventerebbe rapidamente incontrollabileOgni persona vaccinata può contribuire a rallentare il virus e a limitare l’epidemia.

Per far sì che un’epidemia finisca rapidamente, lo abbiamo imparato con la pandemia da Covid, una persona infetta dovrebbe contagiare in media meno di una persona, risultato che si può ottenere se più del 94% della comunità è vaccinata.

Le complicanze

Contrarre il morbillo, in particolare in età adulta, non è una passeggiata. I sintomi si risolvono in modo benigno di solito nel giro di alcune settimane (non è una malattia breve), ma in rari casi il virus può diventare davvero molto pericoloso causando polmoniti o, ancor più gravi, encefaliti che possono portare a danni permanenti come cecità, sordità, disabilità intellettive.

Ogni mille bambini che contraggono il morbillo, uno o due moriranno. Il virus provoca anche quella che viene definita «amnesia immunitaria», rendendo l’organismo incapace di difendersi dalle malattie a cui è già stato esposto. I pazienti risultano così più suscettibili a future infezioni di ogni genere.

Una volta contratto il virus del morbillo non è possibile controllare la gravità dell’infezione perché non esiste un antivirale specifico per questa malattia che ne impedisca la diffusione nel corpo, ma solo cure di supporto per gestire i sintomi. Per questo è raccomandato il vaccino MPR in due dosi, efficace al 97% per prevenire l’infezione.

Leggi anche: L’epidemia di morbillo in Texas fa cambiare idea a Robert F. Kennedy jr

La Casa Bianca difende la bufala di Donald Trump sui «topi transgender», ma finisce per smentirlo (open.online)

di David Puente

Le ricerche contestate potrebbero persino 
dissuadere i giovani dall'intraprendere la 
transizione di genere
Durante il discorso al Congresso americano, Donald Trump ha affermato che l’amministrazione Biden avrebbe sprecato 8 milioni di dollari per la transizione di genere dei topi («8 milioni di dollari per rendere i topi transgender»).
Un’accusa surreale, che ha scatenato non solo le smentite dei media, ma anche le reazioni ironiche della comunità social. Il Presidente degli Stati Uniti, infatti, è stato accusato di aver confuso il termine utilizzato per definire i topi impiegati nella ricerca scientifica: non transgender, ma transgenici.
La Casa Bianca, invece di correggere l’errore, ha difeso con fermezza le parole di Trump, pubblicando un comunicato con un “fact-check di governo”, in cui definisce i giornalisti della CNN «perdenti». Le prove a sostegno del presidente? Progetti e studi scientifici che smentiscono la sua stessa affermazione, e non solo.
Cosa sono i topi transgenici
I topi transgenici sono roditori geneticamente modificati ai fini della ricerca biomedica, così che possano riflettere al meglio il modo in cui potrebbe reagire il tessuto umano.

Cosa dicono gli studi e perché dovreste saperlo

Nessuno dei progetti e degli studi citati dalla Casa Bianca ha come obiettivo «rendere i topi transgender». Leggendoli attentamente, andando oltre il semplice elenco fornito dall’amministrazione Trump, propongono di valutare eventuali situazioni rischiose per la salute a seguito delle terapie ormonali per coloro che desiderano effettuare la transizione di genere o che riscontrano, ad esempio, condizioni di iperandrogenemia.

Lo studio sul vaccino contro l’HIV

La Casa Bianca ha condiviso il primo progetto che, secondo loro, sosterrebbe le parole pronunciate dal presidente davanti al Congresso americano. Intitolato “A Mouse Model to Test the Effects of Gender-affirming Hormone Therapy on HIV Vaccine-induced Immune Responses”, il progetto propone di valutare l’efficacia della vaccinazione contro l’HIV e le eventuali interazioni con le terapie ormonali a base di estrogeni e anti-androgeni.

L’obiettivo finale, dunque, riguarda l’eventuale impatto della vaccinazione sugli esseri umani. I risultati della ricerche finanziate per questo progetto (iniziato nel 2023 e che dovrebbe concludersi nel 2025) non si limitano ai cittadini americani transgender, ma riguardano chiunque sia sottoposto a una terapia anti-androgenica.

Conseguenze sull’apparato riproduttivo

Il secondo progetto citato dalla Casa Bianca ha come obiettivo lo studio degli effetti a lungo termine della terapia ormonale sul sistema riproduttivo degli uomini transgender, ossia coloro che hanno effettuato la transizione di genere da femmina a maschio.

Di fatto, le ricerche di questo tipo potrebbero offrire informazioni utili a chi desidera effettuare la transazione e che vorrebbero avere figli in futuro, aiutando i medici a sviluppare linee guida più chiare sulla conservazione della fertilità prima di iniziare la terapia ormonale. Come il precedente progetto, anche questo dovrebbe concludersi nel 2025, mentre risulta avviato nel 2019 durante la precedente amministrazione Trump.

Testosterone e il cancro al seno

Nel terzo progetto citato nel comunicato si parla di tumore al seno. L’obiettivo è quello di studiare e colmare le lacune sulle attuali conoscenze degli effetti della terapia con testosterone sul rischio e sul trattamento del cancro al seno negli uomini transgender.

Di fatto, il progetto potrebbe determinare se e in che misura la terapia possa influire lo sviluppo di tumori. Le ricerche risultano utili anche per la comprensione del cancro al seno nei cisgender, ossia uomini e donne, con possibili nuove prospettive terapeutiche.

Le terapie, lo sviluppo scheletrico e il microbioma intestinale

Il quarto progetto, intitolato “Microbiome mediated effects of gender affirming hormone therapy in mice”, propone di valutare gli effetti delle terapie ormonali gender affirming (terapie a base di ormoni o medicinali in grado di determinare cambiamenti fisici) sul microbioma intestinale e sulla maturazione scheletrica. I risultati di questo progetto potrebbero fornire informazioni utili nella gestione clinica della salute ossea nelle persone transgender sottoposte a terapia ormonale.

Androgeni, iperandrogenemia e ormoni riproduttivi

Anche questo progetto, il quinto elencato dalla Casa Bianca, riguarda la fertilità. Infatti, l’obiettivo è quello di comprendere i meccanismi attraverso cui gli androgeni (come il testosterone) inibiscono la secrezione di ormoni riproduttivi.

Oltre a risultare utile agli uomini transgender, questi studi potrebbero contribuire ad aiutare persone non transgender in condizioni di iperandrogenemia, con implicazioni per condizioni cliniche come la sindrome dell’ovaio policistico. Il progetto, inoltre, cita specificatamente «transgenic mice», ossia topi transgenici, non transgender.

Ormoni gonadici e l’asma

L’ultimo e sesto progetto propone di investigare come gli ormoni gonadici possano influenzare l’infiammazione polmonare e la risposta asmatica nelle donne transgender, ossia coloro che hanno effettuato la transizione di genere da maschio a femmina.

Conclusioni

Il comunicato della Casa Bianca disinforma ulteriormente i cittadini americani. Nel tentativo di confermare la falsa affermazione di Donald Trump sugli «8 milioni di dollari per rendere i topi transgender», pronunciata durante il suo discorso al Congresso, i responsabili della comunicazione del presidente americano hanno permesso di smentirlo ulteriormente.

Infatti, un’analisi reale dei progetti e degli studi citati nel comunicato evidenziano l’evidente opera di disinformazione. Queste ricerche finanziate dalle istituzioni americane hanno l’obiettivo di garantire la salute dei cittadini, indipendentemente dal loro genere.

Di fatto, questi studi potrebbero fornire informazioni utili a chi volesse intraprendere una transizione di genere e, qualora emergessero rischi per la salute o la fertilità, potrebbero persino dissuadere i giovani dall’intraprendere questo percorso.

L’agricoltura senza chimica e la disinformazione alla TV pubblica (butac.it)

di 

Grani antichi, agricoltura biodinamica, chemofobia, 
presentati in una trasmissione della TV pubblica 
come storie di coraggio e speranza

Oggi parliamo di una puntata della trasmissione di Rai 3 Indovina chi viene a cena. Trasmissione guardata con rispetto da quasi 800mila spettatori, e che va in onda su un canale della televisione pubblica italiana.

Questo il testo con cui viene pubblicizzata la puntata a cui facciamo riferimento:

Una puntata di coraggio e di speranza.
C’è ancora chi crede nell’agricoltura senza chimica, nella protezione delle creature marine, nella salute di tutti e per tutti.
Sono giovani lontani dai social. Esempi per tutti noi, perché denunciano le inerzie dei decisori, e lo fanno lavorando.
Appuntamento questa sera, sabato 8 marzo, ore 21.20 su Rai3, con #indovinachiChiVieneACena.
Ospite in studio, come sempre, il Dott. Franco Berrino.

Noi di BUTAC dal 2022 collaboriamo con Agriscienza, per il quale blog abbiamo firmato sei articoli che, insieme a uno scritto per Federchimica nel 2020, smentiscono più o meno tutto quanto detto nella puntata dell’8 marzo 2025 di Indovina chi viene a Cena.

La puntata dura un’ora e 45 minuti e chi appare in video è pagato per il suo tempo, noi no, pertanto non staremo a fare un’analisi integrale di quanto si sente in trasmissione; ci limiteremo a un breve riassunto del perché, fin dal post di partenza, si sta facendo disinformazione.

La chemofobia

Non esiste un’agricoltura “senza chimica” perché tutto è chimica. L’acqua, il suolo, le piante, i fertilizzanti naturali e artificiali, persino il compost, sono costituiti da composti chimiciGli autori della trasmissione probabilmente intendono fare riferimento alla chimica di sintesi, contrapponendola alla chimica che è possibile trovare in natura, ma anche questa è un’affermazione problematica perché – anche se chi la applica e promuove non ama spiegarlo – anche l’agricoltura biologica usa sostanze chimiche che possono avere un impatto ambientale non trascurabile: un esempio emblematico è il rame usato come funghicida.

Demonizzare la chimica è sbagliato per tante ragioni, una su tutte il fatto che proprio la chimica e l’evoluzione in campo agricolo hanno permesso di aumentare la resa delle coltivazioni e sfamare così molte più persone di prima, con costi più contenuti.

Ma è proprio grazie a trasmissioni come Indovina chi viene a cena (e il fratello maggiore Report) che la parola chimica è diventata sinonimo di pericoloso, di sintetizzato dall’uomo, di artificiale. E a proposito di “non chimico”, credo sia giunto il momento di parlare dei…

Grani antichi

Il romanticismo evocato dalla definizione di “grani antichi” piace moltissimo in questo genere di trasmissioni, peccato che il termine sia un’invenzione moderna, che serve a spingere l’idea che i grani cosiddetti antichi siano migliori di quelli moderni. Ma è una bugia, smentita da tempo, o meglio: si tratta di puro marketing che non trova supporto nelle evidenze scientifiche.

Quindi la trasmissione, raccontando dei giovani che lasciano il lavoro per andare a coltivare i “grani antichi” come esempio di “coraggio e speranza”, si sta prestando a disinformazione.

I grani cosiddetti antichi, a paragone con i grani moderni, sono meno produttivi, più vulnerabili alle malattie e hanno una resa agricola inferiore, senza che sia provato che siano più salutari. Insistere su queste narrazioni senza spiegare il lato scientificamente documentato fa quasi venire il dubbio ci siano motivazioni commerciali dietro ai servizi.

Molte delle affermazioni che vengono portate a favore dei grani antichi non reggono a un’analisi scientifica rigorosa.

I grani antichi sono più digeribili e hanno meno glutine

È vero che alcuni studi hanno mostrato differenze nel contenuto di glutine tra grani antichi e moderni. I livelli di glutine possono oscillare molto anche all’interno della stessa varietà a seconda delle condizioni di coltivazione, e le variazioni riscontrate tra i grani cosiddetti antichi e quelli moderni sono minime.

Inoltre la celiachia e la sensibilità al glutine non celiaca non dipendono dalla varietà del grano, ma dalla presenza di specifiche proteine. Nessun studio finora ha dimostrato che i grani antichi siano significativamente migliori per i celiaci o per chi soffre di sensibilità al glutine.

I grani antichi sono più sani e nutrienti

È vero che alcune varietà dei cosiddetti grani antichi hanno un profilo nutrizionale diverso, con più minerali come ferro e zinco, ma la differenza rispetto ai grani “moderni” è marginale e non sufficiente a determinare un impatto significativo sulla salute. I grani moderni sono stati selezionati per produrre più amido e proteine, garantendo un maggiore apporto calorico ed evitando carenze nutrizionali.

I grani antichi non hanno subito modifiche genetiche

In realtà anche i cosiddetti grani antichi sono il risultato di selezioni genetiche fatte nei secoli dagli agricoltori. Le varietà moderne non sono transgeniche (OGM), ma sono state migliorate con metodi di selezione per aumentare la resa e la resistenza alle malattie.

Berrino è uno scienziato, dovrebbe sapere che per sostenere queste teorie non si va a parlarne in TV, bensì si pubblicano ricerche scientifiche che vengono sottoposte alla revisione dei pari.

L’acqua informata

Sempre nella puntata dell’8 marzo viene raccontato che:

…l’agricoltura con acqua informata rappresenta una soluzione all’avanguardia, capace di migliorare la salute delle piante, la qualità del suolo e la sostenibilità delle coltivazioni.
Questa tecnica si basa sull’utilizzo di acqua trattata con frequenze specifiche, che stimolano i processi biologici delle colture e degli ecosistemi agricoli…

Ma anche qui siamo nel campo della pseudoscienza. L’idea che esista un’acqua che, grazie a vibrazioni e frequenze energetiche, assuma proprietà benefiche per le piante e l’ambiente è pari al credere che J.K.Rowling abbia scritto libri storici e non avventure sui maghi.

Non esiste un singolo studio scientifico solido che abbia mai dimostrato che l’acqua possa trattenere o trasmettere informazioni in questo modo, darlo a intendere in TV è un altro assist a uno specifico marketing, quello legato all’agricoltura biodinamica®, altro grande cavallo di battaglia di queste trasmissioni.

L’acqua è una molecola semplice (H₂O), e la sua struttura chimica non cambia in modo permanente se viene sottoposta a vibrazioni o campi elettromagnetici. La teoria secondo cui l’acqua abbia una “memoria” è stata smentita da anni e non ha basi nella chimica o nella fisica.

Le piante crescono grazie a fattori concreti e misurabili, come la composizione del suolo, l’apporto di nutrienti e la qualità dell’acqua in termini di minerali e pH. L’idea di acqua informata è strumentale a chi poi vende dispositivi per energizzarla o filtri che dovrebbero migliorarne la struttura.

Perché sarebbe meglio evitare?

Presentare teorie come l’”acqua informata” al pubblico televisivo, come se si trattasse di una seria tecnologia scientifica, induce gli spettatori a credere a quella che non è altro che pura disinformazione pseudoscientifica. Agricoltori che credono a quanto visto in TV potrebbero spendere soldi inutilmente, per dispositivi o trattamenti inefficaci, trascurando invece soluzioni agricole reali e basate sulla scienza. Si tratta di marketing new age per vendere prodotti che non hanno in realtà alcun effetto misurabile.

Indossare i panni dei nobili giornalisti investigativi che vi dicono quello che gli altri nascondono è una strategia ormai collaudata per veicolare disinformazione. Funziona perché parte da un presupposto condivisibile: il pubblico vuole verità, vuole sapere cosa si cela dietro le grandi narrazioni del potere, della scienza ufficiale, dell’industria alimentare.

Il giornalismo investigativo, quando ben fatto, è un pilastro della democrazia, uno strumento fondamentale per smascherare inganni e manipolazioni. Peccato che in certi casi venga usato come strumento utile a dare una patina di credibilità a idee pseudoscientifiche.

Il meccanismo

Si tratta di un sistema molto semplice e collaudato: si parte da denunce condivisibili (ad esempio l’inquinamento, le distorsioni dell’industria alimentare, l’abuso di pesticidi), si costruiscono narrazioni che mescolano verità a mezze verità, per finire con il messaggio pseudoscientifico.

Così facendo, almeno due generazioni di spettatori si sono convinte che esista l’acqua informata, che l’agricoltura biologica sia sanissima e “priva di chimica”, che la biodinamica sia una pratica autorevole e altre amenità simili.

Questo modo di fare funziona grazie agli stessi esatti meccanismi di alcune teorie del complotto: il pubblico a casa si sente parte di una ristretta cerchia di “illuminati” che scoprono, con la conduttrice, verità che agli altri restano nascoste. Verità che rafforzano i pregiudizi verso la scienza ufficiale, quella in cui crede la massa. In questo modo, purtroppo, trasmissioni che dovrebbero informare finiscono per contribuire alla diffusione di false credenze, arrivando a divenire parte di un preciso schema di marketing pseudoscientifico.

Il danno più grande è che chi segue queste trasmissioni non ha gli strumenti per distinguere tra vera indagine giornalistica e propaganda pseudoscientifica.

La televisione pubblica, da queste redazioni, dovrebbe pretendere verifiche, rigore e trasparenza, oltre che un costante confronto con il metodo scientifico.

Lo storytelling che viene invece preferito è quello emozionale, che serve a dare credibilità a narrazioni che altrimenti non ne avrebbero, e che purtroppo ci riesce benissimo.

Non credo sia necessario aggiungere altro.