La Russia dichiara guerra all’aborto: patto tra Putin e la Chiesa ortodossa (quotidiano.net)

di Marta Ottaviani

Il deficit demografico spinge lo zar a promuovere 
la maternità, ma gli incentivi non funzionano. 

La Duma approva in prima lettura una legge che punisce chi si dichiara a favore della scelta di non avere figli

Niente Halloween, niente aborto e guai a chi si vanta di non avere figli. Nella Russia di Vladimir Putin, la Chiesa Ortodossa va sempre più a braccetto con il Cremlino e se nell’età imperiale era una questione di cogestione del potere, adesso di mezzo c’è la costruzione di una identità nazionale sempre più conforme alle tradizioni russe.

Tutto quello che viene dall’Occidente viene più o meno paragonato a una tentazione dell’Anticristo. Non senza esagerazioni. Quest’anno in molte regioni del Paese Halloween è stato bandito dalle scuole. La motivazione è che potrebbe incoraggiare l‘estremismo.

Vladimir Putin con il patriarca di Mosca

(Vladimir Putin con il patriarca di Mosca)

I governatori delle regioni interessate, soprattutto in Siberia e nel cosiddetto Estremo Oriente russo, hanno spiegato che la festività, tanto in voga nei Paesi anglossassoni e ormai anche in Europa è “estranea ai valori e alle tradizioni su cui si basa la cultura russa”. Tradotto: non solo non va bene, potrebbe anche instillare moventi estremisti in adulti e bambini.

Ad aggiungere un po’ di terrore, perfettamente in tema con la festa, ci si è messa la Chiesa Ortodossa, secondo la quale Halloween si presenta come uno scherzo, ma è proprio attraverso questo che si appalesano le forze del Male. Dolcetto o scherzetto aboliti, dunque.

Ma c’è un divieto ben più serio che preoccupa migliaia di donne. Da quando è stato rieletto presidente della Federazione Russa, lo scorso marzo, il presidente Vladimir Putin ha dichiarato una sua guerra personale all’aborto. Il numero uno del Cremlino è noto per i suoi appelli alle donne perché abbiano almeno tre figli.

Va detto, a onor del vero, che l’interruzione di gravidanza è sempre stata praticata con grande leggerezza in Russia, soprattutto negli anni del comunismo e subito dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, con effetti molto negativi sulla salute di decine di migliaia di donne. Ma adesso si sta passando da un’estremità all’altra e certo non per tutelare la condizione fisica della popolazione femminile. Quello che affligge Putin è il deficit demografico della Russia. La popolazione nazionale perde 700mila unità l’anno.

I tentativi del governo di promuovere la maternità tramite il ricorso massiccio alla fecondazione assistita e incentivi statali non hanno avuto riscontri positivi. Non resta che far cambiare idea alle donne in dolce attesa che non vogliono portare avanti la gravidanza. Anche per questo, la Chiesa Ortodossa si è rivelata un’alleata fondamentale, non solo con dichiarazioni che promettono la dannazione eterna per chi interrompe la gestazione.

Sui social spopolano profili di mogli di religiosi, divenute vere e proprie influencer, che intrattengono chi le segue raccontando loro le gioie della maternità, e, già che ci siamo, rinfrescando la memoria sulle principali tradizioni ortodosse, come le festività, i piatti che si preparano in queste ricorrenze, come si addobba la casa e così via.

La Duma di Stato, poi, si sta portando avanti e ha all’esame una legge che punisce la childless propaganda, ossia l’opinione secondo cui non avere figli non sia un problema. La prima lettura del provvedimento è stata approvata quasi all’unanimità dalla Duma, la camera bassa del parlamento russo.

Il suo speaker, Vyacheslav Volodin, ha detto che la norma è stata pensata per proteggere il futuro dei bambini, delle famiglie e delle tradizioni russe. La Chiesa Ortodossa applaude.

Cari provita, dite pure che l’aborto è “cattivo”. Ma non che “fa male” (ildubbio.news)

di Chiara Lalli

Lo scontro

Il rapporto sui costi e gli effetti dell’interruzione di gravidanza sulla salute? Falso è antiscientifico: l’IGV è sicuro

Embrioni alti come Napoleone, la contraccezione che è abortiva, i numeri dati a caso, il dolore inestinguibile di ogni aborto perché sei donna e quindi madre anche se non lo sei (ancora) e abortire è contro natura.

Sono un po’ sempre gli stessi i protagonisti della letteratura e della iconografia dei conservatori che sono così furbi che si sono fregati la parola “vita” (sono pro vita, appunto) costringendoci a spiegare che non siamo d’accordo ma no, non siamo contro la vita (cosa significa, poi, essere contro la vita?).

Ieri una costola pro vita ha presentato “Il terzo rapporto sui costi dell’aborto indotto e i suoi effetti sulla salute delle donne”. Si chiamano – anche loro un po’ napoleonicamente – Osservatorio permanente sull’aborto e di permanente mi pare abbiano solo l’ostinazione di non dirne una giusta.

Il rapporto ha però qualche guizzo geniale come il dominio dei criptoaborti, in cui vanno inclusi i contraccettivi d’emergenza che secondo loro sono abortivi e mi chiedo perché non la castità, l’asessualità e tutto il cucuzzaro.

Tra i fondatori dell’Opa ci sono quattro ginecologi tra cui Giuseppe Noia, che si avvicina al capolavoro chiedendoci ma lo sapete quanto avremmo risparmiato senza la legge 194? E io penso: e non sai quanto senza il cancro! E lo so che il paragone è impreciso e se volete faccio un elenco più serio.

Io penso anche che a certe persone non si dovrebbe rispondere: ai novax complottisti, a quelli che salgono sulla cassetta di frutta e cominciano a blaterare o a chi usa l’oroscopo per decidere se uscire oppure no. Però Noia sta al Gemelli e insegna e quello che dice non fa abbastanza ridere.

Nelle conclusioni di quel rapporto scrive che “tutti dicono l’aborto è un grande dramma” e non lo scegli mai davvero, che “l’embrione è medico della madre” e che tra loro due c’è un “dialogo nascosto, il cross-talk” (che pare una cosa BDSM ma comunque). Le cose più gravi non sono i tortuosi giudizi morali ma le pretese di scientificità.

«Rispetto all’aborto chirurgico quello farmacologico è 4 volte più rischioso e 10 volte più mortale e aggiunge solitudine a solitudine, accompagnata da eventi imprevisti e cifre importanti di complicazioni a breve e lungo termine». È falso. Insiste sui soldi che spendiamo per garantire un servizio medico – lo dimentichiamo spesso che l’aborto è un servizio medico e che più o meno tutti i servizi medici sono economicamente svantaggiosi. Quanto risparmieremmo se stessimo tutti sempre bene? O se smettessimo di curare le persone? Tantissimi soldi. Vogliamo provare?

Continuo a pensarlo che a certe persone non si dovrebbe rispondere. Ma mi piacerebbe che il Ministero della salute rispondesse almeno a un paio di questioni: la sicurezza dell’aborto, sia chirurgico sia farmacologico, e l’effetto contraccettivo e non abortivo della contraccezione (appunto) d’emergenza. Mi piacerebbe perché va bene condannare moralmente l’aborto ma barare un po’ meno.

Si può dire che l’aborto è brutto e cattivo perché equivale a un omicidio (secondo voi un po’ ossessionati) ma non si dovrebbe dire che ci fa venire il cancro, ci fa diventare sterili e pazze. Mi piacerebbe perché il Ministero non è Paolo Fox (lo so, quanto ottimismo oggi) e quindi sarebbe il caso che decidesse di credere all’Organizzazione mondiale della sanità e non a Noia o al primo che passa. L’aborto è sicuro, sicurissimo. Ostacolarlo no e dire bugie nemmeno.

Altre cose da ricordare: la relazione ministeriale di attuazione della legge 194 che dovrebbe essere pubblicata ogni anno chissà dov’è (l’ultima è del 2023 con i dati del 2021, chiusi in un pdf e aggregati per media regionale, utilissimi); i consultori che sono sempre meno e meno finanziati; l’aborto farmacologico che non è sempre davvero garantito e mille altri acciacchi.

Per ricordare tutte queste cose la deputata del M5S Gilda Sportiello ha ospitato una conferenza stampa, “L’aborto è un diritto, non un’opinione”, alla Camera dei deputati sempre due giorni fa. Non tanto o non solo come risposta al fantasioso rapporto dell’Opa ma nel lodevole sforzo di informare e per «rivendicare tutto quello che ci spetta». Eravamo in tanti (a parlare Angela Spinelli, Bianca Monteleone, Marte Manca, Leone Orvieto, Mirella Parachini, Marina Toschi, Gabriella Marando, Vaga Bee, Elisa Visconti, Tullia Todros), c’ero anche io.

Ricordo anche che Sportiello alcuni mesi fa ha fatto una cosa lunare: ha detto in aula di aver abortito, di aver scelto di abortire. Non ha abbassato la voce, non si è scusata. Ha detto di aver abortito e ha spiegato: lo dico qui perché vorrei che nessuna donna si sentisse attaccata. E poi una proposta per delle magliette: “Non concessioni ma diritti”.

Incremento Fondo sanitario. Meloni a Porta a Porta: “Sto a sbaglià tutti i conti”. Ecco perché il presidente del Consiglio ha ragione (quotidianosanita.it)

di Giovanni Rodriquez

Con uno stanziamento di 136,5 miliardi, nel 2025 
la spesa sanitaria sul Pil si dovrebbe intorno 
al 6,3%, al di sotto della media Ocse 
del 2022 (7%). 

Al netto del simpatico siparietto del presidente del Consiglio, calcolatrice alla mano e calcoli sbagliati, il dato fornito parla di un incremento di 391 euro di spesa pro capite tra il 2019 e il 2025.

Manca però il confronto col resto d’Europa. Anche non considerando gli incrementi degli altri Paesi, la spesa pro capite italiana si collocherebbe comunque sotto la media europea visto il gap di 873 dollari registrato dall’Ocse nel 2022

Per il 2025, grazie alla legge di Bilancio, ci saranno in tutto 136,5 miliardi per la sanità. A confermarlo nuovamente è il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ieri sera ospite di Porta a Porta su Rai Uno. Rispetto all’anno precedente, ricorda correttamente Meloni, ci sarà dunque un incremento del Fondo sanitario nazionale di circa 2,5 miliardi.

A questa cifra, ricordiamolo, si arriva sommando agli 1,3 miliardi stanziati dall’articolo 47 della manovra varata nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri, l’importo già previsto dalla precedente manovra. La spesa sanitaria sul Pil si dovrebbe così come confermare, come annunciato dallo stesso governo, intorno al 6,3%.

Se, come spiega Meloni calcolatrice alla mano, rispetto al 2019 ci sono oggi 22 miliardi in più sul Fondo sanitario nazionale rispetto ai 114,7 miliardi del 2019, resta invece pressoché invariata la spesa sanitaria sul Pil che, sempre nel 2019, si attestava al 6,4%.

Considerando l’incidenza sul Pil, in base ai dati Ocse, la spesa sanitaria pubblica italiana è stata nel 2022 (ultimo anno di rilevamento) pari al 6,8%, superiore a quella del Portogallo (6,7%) e della Grecia (5,1%), ma inferiore di ben 4,1 punti percentuali rispetto a quella tedesca (10,9%), di 3,5 punti rispetto a quella francese (10,3%), di 2,5 punti rispetto al Regno Unito (9,3%), e inferiore di mezzo punto anche rispetto a quella spagnola (7,3%). L’Italia si collocava dunque al di sotto della media Ocse (7%).

Anche l’investimento relativo al 2025 di certo non è quindi l’importante investimento di rilancio del Ssn che si vuole far intendere. Il “record” di stanziamenti sbandierato dal Governo in questi giorni lascia il tempo che trova visto che negli ultimi quindici anni, tranne in due casi, tutti gli anni il Fondo sanitario è cresciuto segnando un nuovo “record” di stanziamenti rispetto all’anno precedente.

Il confronto di spesa 2019-2025 fatto da Meloni dovrebbe poi tenere conto di alcuni elementi chiave quali le spese sostenute per far fronte ad una pandemia globale, l’invecchiamento progressivo della popolazione con l’incremento della domanda di salute, gli accantonamenti per i rinnovi dei contratti del settore e, soprattutto, la crescita dell’inflazione che ha ridotto pesantemente il potere d’acquisto.

Passiamo poi al dato riguardante la spesa pubblica pro capite. Qui Meloni, sempre calcolatrice alla mano, ha provato a fare un calcolo confondendo i dati dei diversi anni: “Sto a sbaglià tutti i calcoli, dai. Ho fatto un casino!”. Al netto del simpatico siparietto, il dato fornito dal presidente del Consiglio parla di un incremento di 391 euro pro capite. Manca però il confronto col resto d’Europa. Facciamolo noi con i dati Ocse per contestualizzare questi dati.

La spesa sanitaria pubblica pro capite, a parità di potere d’acquisto, espressa in dollari statunitensi, l’unità di misura adottata dall’Ocse, in Italia nel 2019 era di 2629,24. Un dato ben inferiore rispetto ai 3479,87 del Regno Unito, ai 4314,28 della Francia e ai 5.389,89 della Germania.

Al 2022, ultimo rilevamento Ocse, la spesa sanitaria pro capite, a parità di potere d’acquisto, in Italia è stata di 3.255 dollari inferiore del 53% a quella della Germania (6.930), del 42% rispetto a quella della Francia (5.622) e del 27,3% rispetto al Regno Unito. Il gap della spesa sanitaria pubblica pro capite italiana, a parità di potere d’acquisto, era di 873 dollari nel 2022 rispetto alla media europea.

Pur tenendo conto degli incrementi di spesa attuati dal governo italiano, ed anche senza considerare quelli che riguardano gli altri Paesi europei, l’Italia continuerebbe comunque a confermasi ad un livello di spesa pro capite a parità di potere d’acquisto inferiore rispetto alla media europea.