Quando gli Oscar Mondadori hanno reso i libri e la lettura in Italia un fenomeno di massa (thevision.com)

di Fabrizio Moscato

Il 27 aprile del 1965, con la pubblicazione di Addio 
alle armi di Ernest Hemingway, esordì una delle 
collane di maggior successo della storia 
dell’editoria italiana, gli Oscar Mondadori. 

Si trattava del progetto editoriale più ambizioso e innovativo che l’Italia avesse conosciuto fino a quel momento e fu premiato da uno straordinario riscontro in termini di vendite: 210mila copie durante la prima settimana, per poi arrivare a quasi 400mila nei due mesi successivi.

L’idea alla base della collana era rendere il libro un prodotto alla portata di tutti, ma per riuscirci l’editore Alberto Mondadori, figlio del fondatore Arnoldo, coadiuvato dal poeta Vittorio Sereni, responsabile della direzione letteraria, intuì che limitarsi a intervenire sul prezzo, come già facevano le edizioni economiche di Feltrinelli, BUR o della stessa Mondadori con la collana BMM (Biblioteca Moderna Mondadori), non era sufficiente.

La necessità di creare nuovi spazi di mercato induceva la casa editrice di Segrate a trasformare il libro in un prodotto di largo consumo: economico sì, ma anche facilmente reperibile, accattivante nella grafica e assimilabile ad altri prodotti di successo, come le riviste … leggi tutto

Giuseppe Ungaretti a cinquant’anni dalla morte (doppiozero.com)

di Alessandro Banda 

Giusto cinquant’anni fa, la notte fra il primo e 
il due giugno 1970, moriva a Milano Giuseppe 
Ungaretti, all’età di ottantadue anni.

Quando, il quattro giugno, si svolsero i funerali, nella Chiesa di San Lorenzo fuori le Mura a Roma, il poeta fu accompagnato da familiari, da amici scrittori, da artisti ed allievi, ma da nessun esponente dell’Italia ufficiale. Carlo Bo, suo antico sodale, pronunciò, secondo l’amico e biografo Leone Piccioni che le riporta, parole di questo tenore: “Giovani della mia generazione, in anni oscuri di totale delusione politica e sociale, sarebbero stati pronti a dare la vita per Ungaretti, cioè per la poesia”.

Vittorio Sereni, appresa la notizia della morte, così commentò: “Muore per la seconda volta mio padre”.

Ungaretti non esercitò soltanto un’influenza a dir poco enorme sui poeti più giovani, al punto che Alfonso Gatto in un’intervista dichiarò che tutti si erano abbeverati a quella fonte (L’Allegria), anche se la sete era loro; quanto a Pasolini, da giovane era talmente infatuato del nostro poeta che parenti e ragazzi di Casarsa avevano preso l’abitudine di chiamarlo senza meno “Ungaretti”.

Egli era un poeta realmente popolare. Cosa che oggi riesce difficile anche a pensarsi. In effetti ci sono in circolazione molti bravi poeti, anche bravissimi, ma nessuno che possa paragonarsi a Ungaretti, per la sua fama e, oserei dire, rilevanza sociale.

Quelli che, come me, hanno una certa età ricordano ancora le sue letture dall’Odissea, con quella voce dal fascino ipnotico, cadenzata da lunghe pause, trasmesse dal piccolo schermo prima di ogni puntata dell’omonimo sceneggiato … leggi tutto

Felix Guattari: militante rivoluzionario (doppiozero.com)

di Rocco Ronchi

Felix Guattari, per molti è stato soprattutto la 
metà di una coppia. 

E di una coppia che amava presentarsi come la riedizione in formato “filosofico” di una celebre coppia cinematografica. Si dice Stanlio e subito viene in mente Olio; allo stesso modo, il nome Guattari evoca immediatamente, quasi per una sorta di automatismo, quello di Gilles Deleuze, il grande filosofo francese, con il quale Guattari stringe un sodalizio duraturo e fecondo che solo la improvvisa morte di Felix, la notte tra il 28 e il 29 Agosto 1992, interrompe.

Dal 1969, anno del loro primo incontro, al 1991, anno di pubblicazione di Che cos’è la filosofia, loro ultimo libro comune, la “strana coppia” Deleuze-Guattari è stata una protagonista indiscussa della scena culturale. E non solo di quella francese. La cosiddetta “schizoanalisi” ha immediatamente avuto una ribalta internazionale. Il suo impatto va ben oltre i confini disciplinari delle scienze umane.

Essere la metà di una coppia, ha però anche delle conseguenze negative, soprattutto se l’altra metà è costituita da una figura così rilevante e, direi, anche ingombrante come quella di Gilles Deleuze. La coppia era e resta insomma una coppia sbilanciata.

Ancora oggi, se si sfoglia l’immensa letteratura critica sull’argomento, non è raro vedere ascritte al solo Gilles Deleuze le tesi di Capitalismo e schizofrenia, quando invece fu determinante il contributo teorico di Guattari, come Deleuze stesso ha tante volte onestamente riconosciuto … leggi tutto

Paola e Silvia Scola – Chiamiamo il babbo (lindiceonline.com)

di Bianca Maria Paladino

«C’è un ordine segreto. I libri non puoi metterli 
a caso sugli scaffali. L’altro giorno ho riposto 
Cervantes accanto a Tolstoj e ho pensato: se vicino 
ad Anna Karenina c’è Don Chisciotte, di sicuro lui 
farà di tutto per salvarla».

Con questo ex-ergo di Ettore Scola prende avvio un libro di grande allegria, ricco di aneddoti, dettagli, riferimenti a personaggi, svelamenti di tecniche e fatti cinematografici, riflessioni private che ci introducono in casa Scola su invito di Paola e Silvia, figlie e collaboratrici di uno dei più grandi registi del Novecento. Il Titolo è: Chiamiamo il babbo, frase assunta a frammento di lessico familiare da una battuta di un film di Totò (va dal dentista per un ascesso, ma trova il figlio di quello, neolaureato ed incapace e preso dal panico bofonchia: “chiamiamo il babbo…chiamiamo il babbo!”).

E sì, perché nella famiglia Scola esisteva un lessico di battute memorabili non solo tratte da film, ma da situazioni, spesso paradossali, che riguardavano momenti di lavorazione a copioni, confronti con collaboratori o fatti familiari, talvolta ripresi come battute nei film del regista. Il flusso di vita e cinema, le risate e le riflessioni critiche hanno caratterizzato la storia di tutta la famiglia, accogliente non solo degli amici dei suoi componenti, ma persino degli amici dei collaboratori (gli Open hause del giovedì sera) … leggi tutto

Le donne di Jean Rhys (succedeoggi.it)

di Pier Mario Fasanotti

“Viaggio nel buio“ e “Buongiorno, mezzanotte” 
rilanciano la scrittrice inglese Jean Rhys: una 
raffinata autrice di ritratti femminili pieni di 
solitaria malinconia. 

Donne insoddisfatte della libertà illusoria del Novecento

Vale proprio la pena di occuparci di un’eccellente scrittrice: Jean Rhys. L’editore Adelphi ha mandato in libreria due suoi libri: Viaggio nel buio (177 pg., 18 euro) e Buongiorno, mezzanotte (169 pg., 17 euro). Se per assurdo dovessimo “fondere” i due testi, potremmo dare loro il titolo “Le sbandate”.

È un azzardo, lo so, ma giustificato dalla descrizione puntualissima di due donne sole al mondo, in perpetuo disagio. Una è ventenne, l’altra ha 37 anni. Si spostano a Londra e a Parigi … leggi tutto

Memoria imperfetta (doppiozero.com)

di Alberto Saibene

La memoria imperfetta (Einaudi) è quella di 
Antonella Tarpino, nata e cresciuta nell’Ivrea 
di Adriano Olivetti, 

un’epoca prima mitizzata, poi dimenticata e da un decennio circa studiata e rivalutata, col traguardo di aver reso, dal 2019, la cittadina eporediense un sito UNESCO patrimonio mondiale dell’umanità. Definizione altisonante ma un po’ vuota perché oggi, quando si raggiunge Ivrea, si è generalmente delusi. Non esiste nemmeno un punto di accoglienza per essere indirizzati verso le famose architetture olivettiane.

Tra gli autori di quelle architetture c’è stato il padre di Antonella, Emilio Aventino Tarpino, che fu un architetto al servizio della Olivetti, impegnato nella progettazione delle abitazioni per i dipendenti. Gli amici del padre sono giovani intellettuali e artisti, buffi personaggi nei ricordi di una bambina, e tutti lavorano per la Olivetti … leggi tutto

Maturità: persino Franz Kafka barò all’esame (doppiozero.com)

di Alessandro Banda

Prima di tutto una breve precisazione 
terminologica: la dizione “maturità”, 
nel suo senso scolastico, è stata sostituita, 
e da ben vent’anni, con quella, ufficiale, di 
“esame di stato”. 

O meglio, per essere precisi, “esame di stato conclusivo del corso di studio di istruzione secondaria superiore”.

Il fatto che tutti noi – insegnanti, studenti, collaboratori scolastici, dirigenti, ispettori nonché cittadine e cittadini in genere – continuiamo imperterriti a chiamarla “maturità” è significativo. E di che è significativa questa inveterata fedeltà a un vecchio nome? Ma del fatto che il mutamento, come molti altri mutamenti in molti altri ambiti della vita italiana, è solo nominale. La sostanza rimane sempre quella, come, del resto, nella scuola in generale. Non cambia mai niente. Le acque profonde sono ferme, stagnanti benché le superfici conoscano increspamenti continui.

Infatti dal 1999 a oggi la “maturità”-“esame di stato” ha subito un numero consistente di variazioni. Nelle modalità di svolgimento, nelle attribuzioni del punteggio, nella composizione delle commissioni.

Una delle poche cose buone, per esempio, risultava la cosiddetta “tesina” … leggi tutto