In attesa (bombacarta.com)

di Valerio De Felice

Il giovanotto che, nel colmo dell’estate, 
parte da Amburgo alla volta di Davon-Platz, 
per una visita di tre settimane presso il 
Sanatorio Internazionale Berghof, non immagina 
certamente che il proprio soggiorno si protrarrà 
per sette anni. 

E tuttavia Hans Castorp era stato avvisato, al suo arrivo, dal cugino Joachim:

“Ho capito. Tu pensi già di ritornartene a casa” rispose Joachim. “Aspetta, aspetta; sei appena arrivato. Certo, per noi quassù tre settimane non sono niente, ma per te che sei venuto in visita e conti di restare soltanto tre settimane, per te sono un cumulo di tempo. (…)

Qui ti manipolano il tempo altrui come non puoi immaginare. Per loro tre settimane sono un giorno. Vedrai, tutte cose che avrai modo di imparare” disse, e aggiunse “Qui si mutano i propri concetti.” … leggi tutto

Old in translation (ilsole24ore.com)

di Marco Rossari

Le versioni in altre lingue dei grandi autori invecchiano, ma gli originali no. Per questo sto ritraducendo e rincorro uno scrittore-lepre che è nascosto alle mie spalle

Mi ritrovo in questi giorni a tradurre George Orwell. A ritradurre, come a volte viene specificato, perché in verità è già stato tradotto in italiano. C’è un palinsesto, per quanto minimo: due traduzioni di riferimento di 1984 (Stefano Manferlotti prima e Nicola Gardini poi) e due traduzioni di riferimento de La fattoria degli animali (Guido Bulla prima e Michele Mari poi), sempre per Mondadori.

Mi limito a questi due titoli perché sono quelli su cui sto lavorando e perché i libri minori (anche se naturalmente sarebbe difficile definire minore, che so, Omaggio alla Catalogna) hanno avuto una sola traduzione. Il palinsesto aumenterà per un motivo molto semplice: decorsi i settant’anni dalla morte, Orwell uscirà dai diritti, e sarà libero, free, ossia gratis. E quindi dal prossimo anno potrà entrare nel catalogo di ogni altro editore. È così, dunque, che una legione di traduttori sta mettendosi all’opera sugli stessi testi, non tanto per dare una spolverata alla prosa di uno dei più grandi scrittori britannici del Novecento, quanto per riabbeverarsi alla fonte pura di un linguaggio … leggi tutto

In attesa di tornare nei ristoranti divisi e con le mascherine, rileggiamo “I mangia a poco” di Bernhard, un libro necessario (pangea.news)

Siamo, trepidanti, in attesa di ritornare a 
sederci nei ristoranti, divisi dai tavoli e 
su i tavoli, da lastre di plexiglas, serviti 
e riveriti da camerieri con maschere a gas. 

Sederci per rimpiangere e ricordare i bei tempi in cui, seduti agli stessi tavoli, guardavamo il display dei nostri cellulari evitando sistematicamente di parlarci. Per esorcizzare, come si suol dire, quest’attesa, possiamo lasciarci ammaliare e divertire da quello che dovrebbe essere lo scopo, il vero scopo, lo scopo unico e vitale per affrontare una cena e quindi dei commensali: la fisiognomica.

Nessuno meglio di Thomas Bernhard, con il suo I mangia a poco (edito da Adelphi), può raccontarci tutto questo. Nessuno, meglio del protagonista di questo libro, ha dato un significato più sublime all’atto del pranzare assieme al ristorante … leggi tutto

L’Italia ai fornelli (in quarantena): la lingua di una cucina secolare (illibraio.it)

di Jolanda Di Virgilio

Durante questa quarantena forzata ci siamo 
ritrovati a trascorrere il nostro tempo a casa. 

E quindi, come impiegare le giornate se non provando a cimentarci nella preparazione di piatti prelibati? Del resto cucinare è un’arte antica, che si è sviluppata e raffinata nei secoli, e che ha una storia (linguistica) tutta particolare…

Se c’è una cosa che ci porteremo dietro da questa quarantena, è la riscoperta (o scoperta) della bellezza di cucinare. Abituati a provare ristoranti e pietanze sempre nuove, pronti a sperimentare le tradizioni culinarie di paesi lontani ed esotici, tra un all you can eat a pranzo e uno street food a cena, ci siamo ritrovati a trascorrere il nostro tempo a casa. E quindi, come impiegare le giornate se non provando a cimentarci nella preparazione di piatti prelibati?

Un po’ nostalgici, con in testa il ricordo delle nostre mamme (e in alcuni casi anche dei nostri papà), abbiamo fatto razzia di lievito al supermercato e ci siamo messi a sfornare dolci e focaccine. A volte ci siamo rivolti ai tutorial online, altre volte abbiamo chiamato direttamente la nonna, perché certe ricette, su internet, proprio non si trovano … leggi tutto

Parole sulla pandemia (iltascabile.com)

di

Una mappa critica del discorso di intellettuali e filosofi.

L’epidemia di COVID-19 ha mostrato un’impreparazione dei governi europei, che sono passati in tempi diversi dalla difesa dello stile di vita normale e del sistema produttivo a misure emergenziali simili a quelle adottate in Cina. Filosofi e intellettuali hanno mostrato un simile spiazzamento nel tentativo di elaborare quel che sta accadendo. In molti hanno visto e vedono nell’epidemia il momento della verità – una verità già scritta – prima ancora di capire le effettive caratteristiche e conseguenze della malattia, che tuttora risultano in parte oscure.

Esaminerò reazioni di puro allarme, come quella di Giorgio Agamben, e altre che colgono nell’epidemia anche un’occasione positiva, come quelle di Slavoj Žižek, Olga Tokarczuk, Arundhati Roy, Rebecca Solnit. Il compito di orientarsi in questa situazione è arduo, ma in tutte queste reazioni c’è qualcosa di spropositato: ci dicono più del nostro spaesamento precedente all’epidemia che del futuro che vorrebbero anticipare, anche se aiutano a individuare alcuni problemi con cui abbiamo a che fare … leggi tutto

Rileggere “Diario dell’anno della peste” al tempo del coronavirus (thevision.com)

di Giovanni Bitetto

José Saramago, Albert Camus, Alessandro Manzoni: 
alcuni autori hanno posto al centro delle proprie 
opere più famose il tema dell’epidemia, costruendo 
dei capolavori e riflettendo su come si pone l’uomo 
di fronte alla minaccia del contagio

Nessuno di questi autori, però, pur raggiungendo risultati letterari altissimi, ha vissuto la piaga del contagio sulla propria pelle. Daniel Defoe, il padre del romanzo moderno, al contrario, aveva cinque anni quando la peste del 1665 colpì Londra, un trauma che racconterà nel Diario dell’anno della peste.

Nel Seicento la peste imperversò a più riprese sul territorio europeo. Nel 1624 colpì duramente Palermo, nel 1628 fu la volta di Lione, mentre nel 1630 ci ricordiamo del morbo lombardo raccontato da Manzoni, secondo gli storici la peste napoletana del 1656 uccise metà della popolazione cittadina.

La cosiddetta Great Plague colpì l’Inghilterra dalla primavera del 1665 fino al settembre del 1666, quando un’altra tragedia – il grande incendio di Londra – distrusse metà della città … leggi tutto