Personalizza le preferenze di consenso

Utilizziamo i cookie per aiutarti a navigare in maniera efficiente e a svolgere determinate funzioni. Troverai informazioni dettagliate su tutti i cookie sotto ogni categoria di consensi sottostanti. I cookie categorizzatati come “Necessari” vengono memorizzati sul tuo browser in quanto essenziali per consentire le funzionalità di base del sito.... 

Sempre attivi

I cookie necessari sono fondamentali per le funzioni di base del sito Web e il sito Web non funzionerà nel modo previsto senza di essi. Questi cookie non memorizzano dati identificativi personali.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie funzionali aiutano a svolgere determinate funzionalità come la condivisione del contenuto del sito Web su piattaforme di social media, la raccolta di feedback e altre funzionalità di terze parti.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie analitici vengono utilizzati per comprendere come i visitatori interagiscono con il sito Web. Questi cookie aiutano a fornire informazioni sulle metriche di numero di visitatori, frequenza di rimbalzo, fonte di traffico, ecc.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie per le prestazioni vengono utilizzati per comprendere e analizzare gli indici di prestazione chiave del sito Web che aiutano a fornire ai visitatori un'esperienza utente migliore.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie pubblicitari vengono utilizzati per fornire ai visitatori annunci pubblicitari personalizzati in base alle pagine visitate in precedenza e per analizzare l'efficacia della campagna pubblicitaria.

Nessun cookie da visualizzare.

Le interviste impossibili – Giovanni Pascoli

Trasmesso il 27 agosto 1974
Lo scrittore Alberto Arbasino intervista 
il poeta Giovanni Pascoli (1855-1912), 
interpretato dall'attore Quinto Parmeggiani. 
La regia è di Mario Missiroli.

Le interviste impossibili è il titolo di un programma della seconda rete radiofonica Rai andato in onda dal 1973 al 1975 e curato da Lidia Motta, in cui uomini di cultura contemporanei reali fingono di trovarsi a intervistare 82 fantasmi redivivi di persone appartenenti a un’altra epoca, impossibili da incontrare nella realtà, da qui il titolo. Valentino Bompiani ne pubblicò una scelta in due volumi nel 1975. La RAI ne fece successivamente delle repliche.

Luciana Nissim e Primo Levi (doppiozero.com)

di Nara Cecchini

Siamo nel salotto di un appartamento di Milano, 
l’ambiente è inondato di luce e sembra 
faccia caldo. 

Nell’inquadratura una signora di una certa età siede sul suo divano nell’angolo in cui di solito “legge libri gialli”. Indossa un vestito al ginocchio, blu scuro e comodo, giacca turchese e classico filo di perle a incorniciare un viso disegnato dal tempo, incredibilmente espressivo. Gli occhi sono intelligenti, mobili e vivaci, spesso affettuosamente irridenti.

La voce dell’intervistatrice le chiede quale messaggio lascerebbe alle generazioni future e a suo figlio. La signora appare sorpresa per la domanda, in un primo momento ride: non è tipo da lasciare messaggi ai posteri. Poi si ferma e si fa di colpo pensierosa, lo sguardo si sposta di lato e sembra andare altrove. Lei è Luciana Nissim Momigliano, sopravvissuta ad Auschwitz che ha deciso di partecipare all’iniziativa della Shoah Foundation di Spielberg; è il 3 luglio del 1998 e in dicembre un tumore ne avrebbe spento la vita.

Dopo quel momento di impasse si ricompone, cambia posizione e risponde: “Il messaggio è questo: lavorare, darsi con devozione alle cose che si fanno, fare quello che si crede sia importante fare, non fare le cose solo per il successo, per farsi un monumento […] e poi credere nella vita anche quando le cose vanno peggio e tutto sembra sia distrutto”. Chiude ironizzando su ciò che ha appena detto, “Per carità di Dio, dare un messaggio alle generazioni future, ma scherziamo? Ma dai!”.

Questa risposta, e l’ironia che vi è sottesa, ci dice molto della sua straordinaria personalità. Luciana ha voluto credere che potesse ancora esserci vita anche quando tutto intorno a lei moriva; lei stessa è stata vita che resiste sotto il peso delle macerie della seconda guerra mondiale, dei Lager e dello sterminio.

Quando è poi riemersa dal cumulo di rovine ha deciso che avrebbe vissuto dandosi interamente a ciò che amava, al suo lavoro e alle persone che aveva vicino. Sembra una lezione semplice, quasi banale, ma non lo è. Appena tornata aveva raccontato la sua esperienza concentrazionaria in un breve scritto dal titolo Ricordi dalla casa dei morti, considerando così chiuso quel capitolo della sua vita. Assolto il dovere della testimonianza, del Lager non aveva più parlato fino agli anni ’90.

“Ora che siamo alla fine dell’intervista, perché non ha testimoniato per tutta la vita e ora invece sì? Cos’è cambiato?”, le chiede la sua intervistatrice. Questa volta nessun tentennamento precede la risposta: “Beh, perché credo che bisogna testimoniare. Per tanti anni non l’ho fatto, pensavo che lo faceva Primo Levi molto meglio di me, io facevo l’analista ed era importante far bene il lavoro che facevo.

Da quando è morto Primo mi sembrava più necessario parlare […] credo che essendo in tarda età sia importante lasciare una testimonianza, non so, non avrò mai nemmeno modo di vederla” … leggi tutto

Giorno della memoria 2021: significato e riflessioni sul 27 gennaio (studenti.it)

A cura di Edoardo Angione.

Giorno della memoria: che cos'è e cos'è 
successo il 27 gennaio 1945. 

Storia della giornata della memoria 2021, frasi ed eventi per ricordare le vittime della Shoah

BEATA BEATRIX: IL DANTE DI DANTE GABRIEL ROSSETTI (pangea.news)

Un anno su Dante Alighieri si sta srotolando 
come un tappeto di Samarcanda dinanzi a noi. 

Un tappeto variopinto, in alcuni punti ancora perfetto nel proprio ordito e nella sua trama, in altri corroso, divorato dalle tarme dell’approssimazione, della banalità e dell’arrogante, supponente ignoranza.

Dante degli Alighieri, misterioso ancora oggi, troppo sfuggente come argento vivo al calore del fuoco, per essere descritto, contenuto e limitato e da troppi dunque incompreso, a cominciare dai suoi contemporanei e dai suoi commentatori. E allora non mi resta che non parlare di Dante, del cavaliere e del poeta, men che meno del politico guelfo di parte bianca, ma di quell’uomo immaginato, sognato e dipinto, e forse proprio per questo più profondamente conosciuto, da parte di uno che portando il suo stesso nome in dote e in dono, lo racconta ancora oggi a noi, che lo guardiamo e cerchiamo di fare, con la fantasia, “ali al folle volo”.

Lasceremo quindi volutamente in disparte, le note mistagogiche di René Guénon, di Julius Evola, di Gabriele Rossetti, di Giovanni Papini e financo del meno noto, ma non meno dotto, Silvano Panunzio sul “ghibellin fuggiasco”, per dedicarci invece interamente, anche se non con tutta la necessaria estensione che merita, all’opera artistica di Dante Gabriel Rossetti, che ha come perno transumanante il poeta fiorentino.

Dante Gabriel Rossetti ci offre innanzitutto un’indicazione fondamentale per comprendere “il velame de li versi strani”, e cioè ci ricorda in ogni sua immagine dipinta che l’Alighieri è uomo del Medio Evo, di quell’età di mezzo nel momento più alto del proprio fulgore e che, come tale, è un mondo composto di simboli. Senza saper leggere, interpretare e comprendere il simbolo, non è possibile capire Dante … leggi tutto