Ripensare Thoreau (iltascabile.com)

di Paolo Pecere

Oltre il mito del filosofo naturale ribelle, 
l'autore di Walden è stato anche un pensatore 
controverso e contraddittorio.

Ho sentito nominare per la prima volta Henry David Thoreau nel film di Peter Weir L’attimo fuggente (Dead Poets Society, 1989), quello in cui l’anticonformista professore di letteratura John Keating (interpretato da Robin Williams) arriva in un collegio d’élite in Vermont e sollecita gli studenti a emanciparsi dalla mentalità conservatrice strappando pagine del manuale e leggendo passi di scrittori come Thoreau. Ispirati dal professore, alcuni studenti fondano la “Setta dei poeti estinti”, le cui riunioni in una grotta si aprono con la lettura di un passo di Thoreau:

Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza e profondità, e succhiare il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto … leggi tutto

Guccini: “Una memoria ritrovata ci aiuterà a superare la crisi” (agi.it)

di

L'Italia che si lecca le ferite e cerca di 
uscire dal tempo sospeso della pandemia, 
passando per quello assai incerto della crisi 
economica, si salverà se troverà nelle proprie 
radici la forza. 

Si riparte non dalle spiagge greche, ma dai piccoli paesi della provincia nostrana. Ne è convinto Francesco Guccini, che a uno di questi luoghi lontani dal mondo, la sua Pavana, ha dedicato per ultimo il libro Tralummescuro. Ballata per un paese al tramonto (Giunti Editore), selezionato oggi nella cinquina del Premio Campiello 2020.

“E’ il mio viaggio tra malinconia ed ironia. Sono molto affezionato a questo mio libro. È una ballata di ricordi, di persone e di cose del tempo perduto, un viaggio tra passato e presente”, dice Guccini all’AGI. “Il tema centrale – spiega – rimane sempre la memoria, un bene prezioso per orientare i nostri passi anche in tempi difficili come quelli che viviamo”.

Cosa danno in più in momenti come questo i libri, che sembrano assai lontani dalle urgenze pratiche di cui si vede il netto profilo all’uscita del lockdown? “La letteratura, per me, è sempre stata il luogo della scoperta e della riscoperta, lo spazio straordinario in cui le parole sprigionano il loro potere e salvano la memoria dall’oblio che il tempo porta con sé”, aggiunge Guccini: soprattutto in un momento come questo … leggi tutto

Patrizia Cavalli davanti a 4 uomini nella cinquina del Campiello (corriere.it)

di MARISA FUMAGALLI

Sandro Frizziero, Francesco Guccini, Ade Zeno e 
Remo Rapino gli altri finalisti. La giuria 
presieduta da Paolo Mieli ha scelto l’esordiente 
Veronica Galletta per l’«Opera Prima»

Abituati a seguire dal vivo la «disputa» per la scelta della cinquina finalista del Premio Campiello, che di solito si svolge in seduta pubblica nell’Aula Magna del Bo (Università di Padova), fa un certo effetto guardare lo schermo tv e ascoltare la comunicazione di titoli e autori dei romanzi, in gara per aggiudicarsi il SuperCampiello.

È tempo di pandemia, sia pure in via di risoluzione. Mancano le argomentazioni dei giurati, gli sguardi e i numeri sul tabellone luminoso fino a comporre la classifica dei magnifici cinque … leggi tutto

Quando gli Oscar Mondadori hanno reso i libri e la lettura in Italia un fenomeno di massa (thevision.com)

di Fabrizio Moscato

Il 27 aprile del 1965, con la pubblicazione di Addio 
alle armi di Ernest Hemingway, esordì una delle 
collane di maggior successo della storia 
dell’editoria italiana, gli Oscar Mondadori. 

Si trattava del progetto editoriale più ambizioso e innovativo che l’Italia avesse conosciuto fino a quel momento e fu premiato da uno straordinario riscontro in termini di vendite: 210mila copie durante la prima settimana, per poi arrivare a quasi 400mila nei due mesi successivi.

L’idea alla base della collana era rendere il libro un prodotto alla portata di tutti, ma per riuscirci l’editore Alberto Mondadori, figlio del fondatore Arnoldo, coadiuvato dal poeta Vittorio Sereni, responsabile della direzione letteraria, intuì che limitarsi a intervenire sul prezzo, come già facevano le edizioni economiche di Feltrinelli, BUR o della stessa Mondadori con la collana BMM (Biblioteca Moderna Mondadori), non era sufficiente.

La necessità di creare nuovi spazi di mercato induceva la casa editrice di Segrate a trasformare il libro in un prodotto di largo consumo: economico sì, ma anche facilmente reperibile, accattivante nella grafica e assimilabile ad altri prodotti di successo, come le riviste … leggi tutto

Giuseppe Ungaretti a cinquant’anni dalla morte (doppiozero.com)

di Alessandro Banda 

Giusto cinquant’anni fa, la notte fra il primo e 
il due giugno 1970, moriva a Milano Giuseppe 
Ungaretti, all’età di ottantadue anni.

Quando, il quattro giugno, si svolsero i funerali, nella Chiesa di San Lorenzo fuori le Mura a Roma, il poeta fu accompagnato da familiari, da amici scrittori, da artisti ed allievi, ma da nessun esponente dell’Italia ufficiale. Carlo Bo, suo antico sodale, pronunciò, secondo l’amico e biografo Leone Piccioni che le riporta, parole di questo tenore: “Giovani della mia generazione, in anni oscuri di totale delusione politica e sociale, sarebbero stati pronti a dare la vita per Ungaretti, cioè per la poesia”.

Vittorio Sereni, appresa la notizia della morte, così commentò: “Muore per la seconda volta mio padre”.

Ungaretti non esercitò soltanto un’influenza a dir poco enorme sui poeti più giovani, al punto che Alfonso Gatto in un’intervista dichiarò che tutti si erano abbeverati a quella fonte (L’Allegria), anche se la sete era loro; quanto a Pasolini, da giovane era talmente infatuato del nostro poeta che parenti e ragazzi di Casarsa avevano preso l’abitudine di chiamarlo senza meno “Ungaretti”.

Egli era un poeta realmente popolare. Cosa che oggi riesce difficile anche a pensarsi. In effetti ci sono in circolazione molti bravi poeti, anche bravissimi, ma nessuno che possa paragonarsi a Ungaretti, per la sua fama e, oserei dire, rilevanza sociale.

Quelli che, come me, hanno una certa età ricordano ancora le sue letture dall’Odissea, con quella voce dal fascino ipnotico, cadenzata da lunghe pause, trasmesse dal piccolo schermo prima di ogni puntata dell’omonimo sceneggiato … leggi tutto

Felix Guattari: militante rivoluzionario (doppiozero.com)

di Rocco Ronchi

Felix Guattari, per molti è stato soprattutto la 
metà di una coppia. 

E di una coppia che amava presentarsi come la riedizione in formato “filosofico” di una celebre coppia cinematografica. Si dice Stanlio e subito viene in mente Olio; allo stesso modo, il nome Guattari evoca immediatamente, quasi per una sorta di automatismo, quello di Gilles Deleuze, il grande filosofo francese, con il quale Guattari stringe un sodalizio duraturo e fecondo che solo la improvvisa morte di Felix, la notte tra il 28 e il 29 Agosto 1992, interrompe.

Dal 1969, anno del loro primo incontro, al 1991, anno di pubblicazione di Che cos’è la filosofia, loro ultimo libro comune, la “strana coppia” Deleuze-Guattari è stata una protagonista indiscussa della scena culturale. E non solo di quella francese. La cosiddetta “schizoanalisi” ha immediatamente avuto una ribalta internazionale. Il suo impatto va ben oltre i confini disciplinari delle scienze umane.

Essere la metà di una coppia, ha però anche delle conseguenze negative, soprattutto se l’altra metà è costituita da una figura così rilevante e, direi, anche ingombrante come quella di Gilles Deleuze. La coppia era e resta insomma una coppia sbilanciata.

Ancora oggi, se si sfoglia l’immensa letteratura critica sull’argomento, non è raro vedere ascritte al solo Gilles Deleuze le tesi di Capitalismo e schizofrenia, quando invece fu determinante il contributo teorico di Guattari, come Deleuze stesso ha tante volte onestamente riconosciuto … leggi tutto