Sorvegliati di tutto il mondo, unitevi! (doppiozero.com)

di Oliviero Ponte Di Pino

Secondo Comscore, su internet la 
visualizzazione di una pagina dura 
in media 26 secondi. Il 99,8 per cento 
delle visualizzazioni dura meno 
di dieci minuti. 

Leggere questo articolo fino in fondo sarebbe un comportamento marginale, residuale. Per gli algoritmi è irrilevante, anomalo, forse addirittura patologico.

La logica dei signori della rete è impeccabile, efficientissima. Ma questa logica ci sta fregando, o forse ci ha già fregato. Perché accanto alla rete in cui navighiamo inconsapevoli, sono state create altre reti. Non le vediamo e proprio per questo sono ancora più importanti.

I due internet secondo Matthew Hindman

Esistono due internet, secondo Matthew Hindman, autore di La trappola di internet (traduzione di Daniele A. Gewurz, Einaudi, Torino, 2019, 286 pagine, 22 €). La prima è “l’internet ‘di cui tutti sanno’, che sta democratizzando la comunicazione e la vita economica”. L’aveva profetizzata nel 1996 John Perry Barlow in A declaration of independence of cyberspace (1996): la rete sarà immune a qualsiasi regola e completamente separata dal “Mondo Industriale”, destinata a diventare “la nuova casa della Mente”, in cui “qualunque cosa la mente umana possa creare può essere riprodotta e distribuita all’infinito senza alcun costo. Il trasferimento globale del pensiero non richiede più le vostre fabbriche” … leggi tutto

Viviamo troppo nel futuro a spese del presente (internazionale.it)

di , The Guardian

La domanda implicita nelle riflessioni che molte 
persone fanno all’inizio di gennaio è: come intendo – 
o come dovremmo collettivamente – usare 
il prossimo anno? 

Potreste rispondere: per rimetterci in forma, trovare l’anima gemella o guadagnare un milione di dollari vendendo online agli idioti snack virtuali al cavolo riccio. Oppure potete pensare di dedicarvi all’attivismo, o semplicemente a tirare avanti rimanendo moderatamente sani di mente in questi tempi difficili.

Vale però la pena osservare che tutti questi diversi obiettivi partono dallo stesso presupposto, talmente basilare da sfuggirci: e cioè che il modo migliore di affrontare il tempo sia quello di considerarlo come qualcosa da usare.

Ma è davvero così? Il problema è che se affrontiamo il tempo solo come qualcosa da usare, finiamo per vivere permanentemente concentrati sul futuro … leggi tutto

Il fenomeno del ‘turismo residenziale’ cambia la vita di chi parte e di chi accoglie (che-fare.com)

di Antonio di Campli

All’interno dei discorsi sulla produzione di spazi 
transnazionali quello di «turismo residenziale» è 
un concetto utilizzato dalla fine degli anni settanta 
(Jurdao 1979) per analizzare più che altro i caratteri 
spaziali dei processi di urbanizzazione legati alla 
costruzione di seconde case per vacanze, soprattutto 
in contesti balneari.

Negli ultimi anni, tuttavia, questo concetto è stato riferito a un articolato insieme di processi, movimenti migratori volontari e riterritorializzazioni prodotti da una varietà di diversi soggetti (espatriati, nomadi globali, counter-culture dropouts, professionisti, turisti del fine settimana e pensionati), così come il tipo di esperienze immaginate e cercate: stili di vita bohémienne, idillio rurale, set esclusivi o più semplicemente ricerca di un tranquillo «posto al sole» … leggi tutto

L’automazione della società e i suoi limiti (doppiozero.com)

di Tiziano Bonini

Ultimamente sono usciti diversi libri che hanno 
come fuoco i processi di automazione messi in 
moto dalle tecnologie digitali: 

automazione del gusto (gli algoritmi di Spotify che ci dicono cosa ascoltare e formano il nostro gusto musicale), automazione del lavoro (non solo la sostituzione dell’uomo con le macchine, ma anche la direzione del lavoro umano attraverso le macchine, come succede ai lavoratori di Amazon o a quelli della gig economy, il cui boss è incarnato negli algoritmi delle app che utilizzano per trovare clienti), automazione del consumo (siamo sempre più indirizzati da algoritmi di raccomandazione verso l’acquisto di una merce), automazione della cultura e della società più in generale.

Solo quest’anno, in italiano, sono usciti due libri molto importanti: La società automatica (Meltemi ed.) di Bernard Stiegler e Il capitalismo della Sorveglianza (LUISS ed.) di Shoshana Zuboff.

In inglese soltanto è uscito invece Automated Media (Routledge) di Mark Andrejevic. Secondo Andrejevic, l’era industriale ha visto l’automazione del lavoro fisico, mentre l’attuale era dell’informazione è caratterizzata dall’automazione del lavoro cognitivo e comunicativo. Per Andrejevic, quando un algoritmo decide quale notizia, brano musicale o video farci vedere, siamo di fronte all’automazione della cultura … leggi tutto

Perché la filosofia non è morta (thevision.com)

di Daniele Fulvi

Immaginate di trovarvi a un convegno di medicina, 
nel quale interverranno i migliori medici e 
ricercatori del pianeta. 

Seduti al vostro posto, ascoltate l’intervento del primo relatore, il quale sostiene con convinzione che, dal momento che la medicina non è riuscita a debellare il cancro, ha irrimediabilmente fallito nel suo scopo principale. Di conseguenza, essa è ormai da considerarsi obsoleta, inutile e morta.

In tali circostanze, è prevedibile che il pubblico reagirebbe contestando con foga una tesi del genere, obiettando magari che è proprio perché il cancro non è ancora stato debellato che la medicina e la chimica farmaceutica sono più che mai necessarie, essendo le uniche cose potenzialmente in grado di liberare l’umanità da tale malattia. Sarebbe quindi ridicolo e irragionevole proclamare la morte della medicina in tali circostanze, specialmente se chi lo afferma facesse parte del mondo della medicina stessa.

Lo stesso ragionamento, partendo da un’ipotesi analoga, dovrebbe valere per qualsiasi altra disciplina. Eppure, se la situazione prospettata in apertura si svolgesse a un convegno di filosofia, è molto probabile che le cose andrebbero diversamente. Capita infatti molto spesso che filosofi e intellettuali oggi annuncino, con toni trionfali o rassegnati, la morte della filosofia a causa dell’avvento dell’epoca della “post-verità”.

La filosofia viene quindi ormai ritenuta un corpo morto, un fardello, tuttavia, così come la medicina è necessaria proprio perché il cancro non è ancora stato sconfitto, la filosofia è indispensabile in un contesto come il nostro, caratterizzata da crisi – economica, sociale, ambientale – instabilità ed estremismi politici … leggi tutto

Rodari e Ariosto (doppiozero.com)

di Stefano Jossa

“Un foglio di carta si vantava di essere bianco 
immacolato. E non sarebbe stato meglio per lui 
e per tutti se un Dante Alighieri lo avesse 
sporcato d’inchiostro, scrivendoci qualche 
bella terzina, o una bella ragazza scrivendo 
una lettera d’amore? 

La vita, un pochino, sporca, si sa.” 

(Gianni Rodari, Favole minime)

Finalmente Gianni Rodari, uno dei miei scrittori preferiti, verrà riconosciuto in tutta la sua grandezza, grazie alla iperannunciata celebrazione di cui godrà l’anno prossimo, in occasione del centenario della nascita (1920-2020), in una società in cui gli scrittori sembrano esistere più per costruire festeggiamenti episodici che per suscitare dibattito e invitare al confronto. Qualche anno fa era toccato a Ludovico Ariosto, del cui capolavoro, l’Orlando furioso, si è celebrato il cinquecentenario della prima edizione nel 2016.

Sono fortunato, io, in questo quinquennio: Rodari l’ho amato da bambino e riscoperto da insegnante, mentre Ariosto è diventato la mia passione e missione di studioso nel momento in cui ho scelto di dedicarmi alla ricerca accademica. Un incontro tra Rodari e Ariosto, lo confesso, è sempre stato il mio sogno.

Ora la vicinanza delle occasioni celebrative fornisce l’opportunità di metterli a confronto, come si fa spesso con i classici, di cui si vanno a cercare precursori e interlocutori. Perché no, del resto, visto che ad accomunarli c’è una parola chiave che è ancora tanto di moda nella critica e tra i lettori, fantasia, dal momento che Rodari è l’autore della Grammatica della fantasia (1973) e Ariosto il poeta della fantasia per eccellenza nella tradizione letteraria italiana? … leggi tutto

Ernst Jünger: “L’inverno segue la legge del regno dei cristalli e la vita è come incisa nel diamante”. Elogio del mese di dicembre (pangea.news)

L’ottobre ha tinto le foglie, il novembre le 
ha recise, il dicembre le ricopre con il 
suo lenzuolo di lino. 

Così si succedono il maturare, il morire e la morte. Il dicembre, “luna del rigore”, “luna da lupi” per gli antichi, rappresenta da sempre un rigido signore. Con lui incomincia l’inverno anche se, come tutte le stagioni, non arriva secondo il calendario. Arriva prima o dopo le date stabilite da Cesare, si allunga sull’arco di un anno, e anche oltre.

Dobbiamo cercarlo nello spazio più che nel tempo. Discende dalle nevi perenni delle alte montagne sulle quali, persino ai tropici, risiede; domina i deserti polari. Di là avanza, con luci che svaniscono, sulle terre dei lupi e degli orsi. Lo precedono in volo gli uccelli del Nord. Porta con sé, sotto il suo mantello, il gelo, la notte, la morte – anche qualcos’altro, però, qualcosa di più, per colui che sappia rovesciarne la stoffa.

Anzitutto la coltre: il sudario che il dicembre stende sulla Terra e che, nelle sue proporzioni, si adegua al grande e al piccolo ritmo di lei – all’avvicendarsi del giorno e della notte, dei venti gelati e dei venti del disgelo, delle epoche miti e di quelle glaciali. La parentela di gelo e morte diventa allora visibile anche nello spazio: nel modo in cui egli dorme nei luoghi impervi o contratti, e si dispiega quando la luce si affievolisce fino a svanire … leggi tutto