In alcuni saggi di Furio Jesi dedicati alla costellazione di scrittori mitteleuropei di lingua tedesca del primo Novecento, accanto a Elias Canetti viene citato ripetutamente Karl Kraus (entrambi sono stati da Jesi tradotti in italiano):
nel laboratorio jesiano la sua figura è avvicinata a quella di Rainer M. Rilke – oggetto di amore e di decostruzione – per via di una simile abilità linguistica di «dismisura di scrittura, ambiguità semantiche e audacie di metaforesi» ma portata avanti con «lucidità ironica»; lo scrittore austriaco, a differenza del poeta anacoreta dalla sensibilità e dalla ricettività divina, mostra una «voce umana, scrive, legge in pubblico, parla» con la sua «satira istrionica e affilata come una lama» e dà vita a una scrittura eminentemente politica.
Canetti, la cui riflessione insiste sul rapporto tra potere, massa e violenza, avrebbe appreso proprio da Kraus l’allegoria come strumento per «smascherare» le forme profonde del potere, il che fa di lui un precedente per l’indagine linguistica di critica dell’ideologia.
Anche per Herbert Marcuse (e Umberto Eco) Kraus è tra i pionieri di un’analisi del linguaggio «rivelatrice di un sistema morale e politico» … leggi tutto