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L’età del capitalismo della sorveglianza (iltascabile.comI

di

Tra tecnologia, scienze cognitive e utopia 
negativa: presente e futuro secondo 
Shoshana Zuboff.

L’espressione “capitalismo della sorveglianza”, coniata da Shoshana Zuboff, condensa efficacemente due concetti: quello di un nuovo capitalismo, alternativo a quello industriale dei secoli scorsi, e quello di un nuovo sistema di potere fondato sul controllo del comportamento individuale. Il sottotitolo del libro di Zuboff insiste su questo epocale significato politico: il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri.

Il capitalismo della sorveglianza, portato in Italia da LUISS University Press, con la traduzione di Paolo Bassotti, è un libro importante e ampio (oltre 600 pagine) che descrive una realtà con cui miliardi di persone hanno a che fare, spesso inconsapevolmente, e introduce conoscenze che dovrebbero far parte dell’istruzione di qualsiasi cittadino. Un’opera in cui è utile, per un primo orientamento, distinguere due aspetti: primo, l’analisi storica, giuridica e economica del nuovo capitalismo sorto all’inizio del millennio e fondato sulle nuove tecnologie digitali; secondo, la descrizione di una nuova forma di potere antidemocratico, basata sul sistematico e occulto condizionamento delle scelte individuali, su cui l’autrice vuole provocare “indignazione”, invocando l’azione politica.

La seconda parte del libro è meno ancorata ai fatti: guardando al futuro delinea un’utopia negativa, una previsione plumbea fondata su alcune assunzioni filosofiche e politiche che si ritrovano anche in altri tentativi recenti di futurologia, come quelli di Yuval Harari. Ma, come cercherò di spiegare più avanti, Zuboff e Harari, pur avendo l’ambizione di “leggere” il futuro nelle tecnologie del presente, trascurano il contributo dell’epistemologia, della filologia, della filosofia, e in genere delle discipline che insegnano a comprendere criticamente i discorsi scientifici e i testi.

Le radici del capitalismo digitale
Cominciamo dall’inizio, cioè dai primi anni 2000. Google è l’azienda che scopre il principio del nuovo capitalismo. L’idea di fondo è “appropriarsi dell’esperienza umana usandola come materia prima da trasformare in dati sui comportamenti”, che diventano merce.

Di che si tratta? Inizialmente, Google si limita a analizzare i dati sui movimenti dell’utente sulla propria piattaforma per produrre delle ricerche mirate rispetto ai suoi interessi: t’interessa una cosa, e faccio in modo che compaia in testa alle tue ricerche. Gli amministratori di Google si rendono conto che tracciare le ricerche – le “briciole digitali” – permette di comprendere gli interessi dell’utente e quindi, in certa misura, di prevederne il comportamento futuro … leggi tutto

Giovinette-le calciatrici che sfidarono il duce (articolo21.org)

di IVANO MAIORELLA

Un gruppo di ragazze e i loro sogni, in un’epoca 
in cui era difficile sognare ed essere donne 
libere. 

Un’impresa sportiva e due simulacri da violare, il fascismo e il calcio. Siamo nel 1933, uno degli anni più bui della nostra storia recente e “Giovinette-le ragazze che sfidarono il duce” della giornalista Federica Seneghini (ed. Solferino, 2020) racconta in forma romanzata l’avventura di alcune ragazze milanesi che decisero di formare una squadra di calcio femminile e andare controcorrente per una scelta di libertá.

Il libro é molto piacevole da leggere e le sfide dell’autrice sono molte, per diversi motivi. Il primo: sceglie lo sport, un genere narrativo non fortunato, almeno in Italia, capace però di imprevedibili chiaroscuri sociali. E la Seneghini ce lo dimostra. Secondo: le sue eroine sono invisibili: per il regime, per lo sport, per la società del tempo e per la Chiesa. Terzo: non c’è il lieto fine.

Rosetta che si svegliava sempre presto alla mattina, la Lucchi che era ritardataria cronica e la Zanetti che aveva scritto una lettera alla “Domenica Sportiva”: perché in Italia non deve esistere una squadra femminile di calcio? Il loro mondo era l’Istituto magistrale milanese, Rosa Molteni Mussolini. Le prime comunicazioni sul calcio femminile italiano nacquerò lì, nell’atrio della scuola, con l’affissione di un manifestino.

Tutti i mercoledi alle 18 il nucleo fondante del Gruppo Femminile Calciatrici si riuniva a casa di una di loro per parlare. Scrissero nel febbraio 1933  al Guerin Sportivo: chi vuole praticare “lo sport del calcio come esercizio fisico” si unisca a noi. Di lì a qualche giorno iniziarono gli allenamenti, l’interesse della Cinzano come sponsor, il tifo per l’Ambrosiana Inter maschile e per Ondina Valla, prima donna a vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi, negli 80 ad ostacoli a Berlino … leggi tutto

RUDOLF KASSNER: CHI È COSTUI? IL MAESTRO SCONOSCIUTO DEL SECOLO (pangea.news)

Figura pressoché ubiqua, inafferrabile, mi 
fu rivelata, per così dire, da 
Rainer Maria Rilke, 

che nel 1910 ne scrive così a Magda von Hattingberg, una delle tante ammiratrici che gli ‘servivano’ per attingere alla propria interiorità, per specificare il proprio ragionamento. “Fu un’epoca difficile, aprii stanco il libro e lessi, fra gli aforismi di Rudolf Kassner questo: La via del fervore alla grandezza passa attraverso il sacrificio. Mi trapassò l’anima.

Come un pugnale che venga affilato contro di te, e che poi l’assassino porti per un anno sotto il mantello, sempre stretto nella mano in agguato: come poi questo pugnale si levi infine e si tenda e entri nel petto vero: così colpì dentro di me”. Rilke aveva il libro di Kassner con sé in Egitto: alla calura faraonica, ancestrale, forse, è imputabile l’estasi dei toni.

Più che l’aforisma mi colpì la figura, ignota. Rudolf Kassner. Doveva essere un uomo straordinario – fantomaticoleggi tutto

«Un certo mestieraccio» (treccani.it)

di Demetrio Marra

La seconda pelle di Landolfi, il genere letterario

Scrittore di racconti, romanzi, saggi, traduttore soprattutto dal russo e poeta, Tommaso Landolfi nasce a Pico Farnese, nell’allora provincia di Terra del Lavoro con capoluogo Caserta, nel 1908, da famiglia aristocratica di proprietari terrieri – con una certa ironia, non a caso, Eugenio Montale in una piccola poesia inviata a Bobi Bazlen, Notizie e consigli, lo chiama «Thomas di Pico», come a doverlo borbonizzare.

Aristocratico, dunque, e così per sempre: l’heritage si somma alla fama, che lui stesso autoalimentava, di attore mancato (per cui l’allocutività dei suoi testi sarebbe una sorta di trasduzione), di odiatore delle immagini fotografiche (pochissime le foto che lo ritraggono, di cui una celebre in cui interpone una mano tra sé e l’obbiettivo), di giocatore d’azzardo, e via discorrendo.

Da apparente ousider “sociale” a outsider nelle Lettere passa poco: incompreso soprattutto all’inizio dalla critica, fu svalutato in particolare da Gianfranco Contini, che pur centrando in pieno, nel 1946, per la mancata “evoluzione” della sua narrativa nella stagione post-Cancroregina, lo definiva «ottocentista eccentrico in ritardo».

Questo quadro, sommato alla ormai proverbiale difficoltà della sua lingua – e non del suo stile (come preciserebbe lui) – lo ha a lungo allontanato dagli scaffali. Non più vero: vista l’opera di ripubblicazione completa da parte di Adelphi, adesso l’opera omnia di Landolfi è disponibile a tutti, a prezzi economici e in vari formati – recentissima l’uscita del volume di elzeviri Del meno … leggi tutto

L’indifferenza può aiutare la tolleranza (indiscreto.org)

di Giulio Giorello

Essere di nessuna chiesa significa tollerare 
ogni chiesa, riconoscendone il diritto 
all’espressione anche nel libero atto di 
prenderne le distanze. 

In questo senso, l’indifferenza è la migliore garanzia di una piena fioritura umana.

“I legittimi poteri di governo si estendono solo a quegli atti che recano offesa agli altri. Ma non ci reca offesa che il nostro vicino sostenga che ci sono venti dei o che non ce ne è nessuno.” La tesi (1781) di Thomas Jefferson, aristocratico della Virginia e poi terzo presidente usa, suonava già piuttosto anticonformista alle orecchie di alcuni tra i padri fondatori degli Stati Uniti d’America. Oggi, in piena normalizzazione, rivela un carattere ancor più dirompente.

Le libertà che cediamo all’autorità politica nel patto tra Stato e cittadini non possono mai per Jefferson includere i “diritti della coscienza”; né i “legittimi poteri del governo” possono punire le scelte religiose come se fossero delle “offese ad altri” (purché, ovviamente, l’eretico “non mi azzoppi o derubi”).

Ritroviamo qui quella concezione dell’indifferenza che nella contrapposizione tra Riforma e Controriforma aveva portato spiriti religiosi, prima ancora che liberi pensatori, a non discriminare entro i cristiani (e talvolta tra cristiani e altri) su questioni di dottrina, aspetti del culto e problemi di organizzazione ecclesiale. “Differenze” di cui non era facile la valutazione sotto il profilo teologico non dovevano tramutarsi in elementi di divisione politica. Per Jefferson, infine, solo la libera disamina di tali differenze, o più laicamente l’esplorazione dei diversi stili di vita, consentiva di godere appieno la stessa esperienza religiosa.

Ciò vale anche in filosofia, e persino in scienza: “Galileo fu sottoposto all’Inquisizione per aver sostenuto che la Terra era una sfera: l’autorità politica del suo tempo aveva dichiarato che essa doveva essere piatta come un tagliere, e Galileo fu costretto all’abiura. Il suo errore alla fine però prevalse, e la Terra divenne un globo … leggi tutto