LE EROICHE CATASTROFI DI EDGARDO FRANZOSINI (minimaetmoralia.it)

di Gabriele Di Fronzo

Un’antica leggenda, diffusa in un piccolo 
villaggio giapponese, 

narra di un patto fra un sacerdote scintoista e una sirena, un patto stretto in un lontano passato secondo cui spetterebbe a lui prendersi cura dell’uovo della creatura marina: lo custodisce nella sua casa, sotto una teca di vetro, e lo restituisce alla sirena soltanto quando quella ne avrà un altro da dargli.

Edgardo Franzosini, come quel venerabile uomo della leggenda, ogni qualche anno riceve in dono una nuova creatura misteriosa – forse la riceve dal mare o forse la riceve da un pianeta distante – e, dopo averla segretamente ospitata nel suo appartamento a qualche minuto in macchina da Milano, la consegna ai lettori nelle sembianze di un suo nuovo libro.

L’ultimo uovo della sirena è un romanzo, ripubblicato recentemente da Il Saggiatore, che si intitola Sul Monte Verità. E stavolta dietro al guscio si nasconde la storia di Alceste Paleari, un asceta nonché fondatore di un culto di cui fu l’unico seguace, il cui cadavere il 15 giugno del 1933 fu trovato ai piedi di una palma su una collina sopra Ascona, nel Canton Ticino.

Tutte le volte è una gioia assistere al raffinato gioco tra il fervore stralunato delle sue storie e l’eleganza meticolosa di Franzosini che non si scompone davanti a nulla. E dire che le anime in pena d’una genialità storta che vivono nei suoi libri sbiadirebbero l’aplomb di molti. Qualcuno, tra questi personaggi? Il primo che viene da citare è quell’attore ungherese che spirando, dopo aver vestito per anni gli abiti cinematografici del funereo dentone, pronunciò quest’ultima frase: “Io sono il conte Dracula, io sono il re dei vampiri, io sono immortale”, e che ora riposa all’Holy Cross Cemetery di Los Angeles avvoltolato nel suo mantello nero foderato di rosso (Bela Lugosi per Adelphi).

OJohan Ernst Biren, figlio di orefice che divenne sovrano nonostante una certa apatia e soprattutto a dispetto di quel suo vizio tanto singolare di mangiare la carta, degustandola e assaporandone da buon gourmand la grammatura e l’inchiostro(Il mangiatore di carta per Sellerio).

E che dire della manciata di settimane che Arthur Rimbaud, appena dopo aver smesso di scrivere ed essersi rapato a zero dacché si era convinto che i capelli gli provocassero l’emicrania, che dire delle settimane che Rimbaud, dopo aver attraversato la Svizzera a piedi, trascorse a Milano? Dopo sì Rimbaud avrebbe combattuto come soldato mercenario, e avrebbe fatto il guardiano di una cava e il commerciante di avorio – chi lo conobbe quando vendeva caffè sostiene che uccidesse con la stricnina i cani che orinavano sui suoi sacchi – ma prima di tutto questo ci fu quel misterioso soggiorno milanese. (Rimbaud e la vedova per Skira).

E poi nella fantasticaggine di Franzosini c’è stato Rembrandt Bugatti, il fratello del fondatore della casa automobilistica: scultore di bronzi di animali, entrava volentieri nelle voliere del Jardindes Plantes a Parigi o nelle gabbie dello zoo di Anversa per cogliere da vicino le movenze delle bestie che poi avrebbe scolpito (Questa vita tuttavia mi pesa molto, ancora per Adelphi) … leggi tutto

Il tempo di Pluriverso (dinamopress.it)

di Alice Dal GobboEmanuele LeonardiMaura BenegiamoSalvo Torre

Esce per Orthotes Edizioni la traduzione in 
italiano di “Pluriverso – Dizionario del post 
sviluppo”. 

Pubblichiamo la prefazione all’edizione italiana del libro, un progetto teorico, politico e culturale di grande importanza nella crisi che viviamo

Esce per Orthotes Edizioni la traduzione in italiano di “Pluriverso – Dizionario del post sviluppo” (500 pagine, 22 euro) curato da Ashish Kothari, ambientalista indiano, Ariel Salleh, sociologa australiana, Arturo Escobar, antropologo colombiano, Federico De Maria, ricercatore italiano in ecologia politica ed economia ecologica e Alberto Acosta, economista, giudice del Tribunale Internazionale per i Diritti della Natura, ex ministro e presidente dell’Assemblea Costituente ecuadoriana.

Pubblichiamo qui la prefazione all’edizione italiana e le seguenti due voci tratte dal libro, su gentile concessione degli autori e delle autrici:

ECONOMIE COMUNITARIE DI DI J.K. GIBSON-GRAHAM

PLURIVERSO #3 TRANSIZIONI DI CIVILTÀ DI ARTURO ESCOBAR

IL TEMPO DI PLURIVERSO

L’idea di un universo plurale di alternative al capitalismo è qualcosa di relativamente recente, la cui presenza resta ancora marginale nel dibattito politico, nonostante sia il risultato naturale dell’affermazione dei recenti movimenti antisistemici, delle lotte per il superamento dell’eredità coloniale e del patriarcato, della rielaborazione del pensiero marxista, di quello socialista e di quello libertario.

Negli ultimi decenni, in particolare, la critica allo sviluppo si è rivelata l’ambito principale in cui si è potuto pensare un’alternativa ai grandi progetti sociali della modernità, incluse le grandi esperienze di gestione collettivista dell’economia. Ciò ha comportato anche una diversa lettura della storia più recente e il ripensamento delle principali utopie sulle società liberate.

In questo quadro l’irruzione delle visioni non-coloniali nella costruzione delle alternative sociali ha giocato un ruolo centrale, sebbene essa non abbia ancora pienamente dimostrato tutta la sua capacità di trasformare le categorie rivoluzionarie e la visione del nostro futuro. La critica decoloniale si è imposta soprattutto come lotta per il superamento dell’idea di un progetto civilizzatore portato avanti dall’Occidente.

Decolonizzare le categorie significa tuttavia anche poter definire i processi di mutamento in modo differente, situando l’analisi al di fuori del determinismo storico della civiltà occidentale, al di là delle gerarchie che l’hanno sostenuta e che ancora sostengono l’architettura della società globale … leggi tutto

La beffa di Perec (doppiozero.com)

di Pino Donghi

La beffa di Perec. 

Ben cinque anni prima di quella congegnata da Alan Sokal, nel 1991 Georges Perec dava alle stampe un geniale libretto dal titolo “Cantatrix Sopranica L. et autres écrites scientifiques”, un esperimento linguistico ad anticipare quello sociologico del fisico della New York University che tanto scalpore destò quindici anni fa, denunciando lo sciocchezzaio postmodernista riguardo alla fisica e alla matematica.

Con la sublime intelligenza che caratterizza tutti i suoi scritti, Perec si era portato avanti con i compiti rivelando la costruttività del discorso scientifico e segnatamente di quello che si legge aprendo una qualsiasi rivista scientifica “peer reviewed”, parodiato in maniera fenomenale dal primo “scritto” di questa collezione, la Cantatrix sopranica L. che dà il titolo al volume, meritoriamente appena ripubblicato in italiano da Quodlibet con la straordinaria traduzione di Roberta Delbono che accompagnava già l’edizione Boringhieri del 1996.

Si fa torto al lettore ma è impossibile non anticipare qualche passaggio – privandolo della sorpresa, ciò di cui mi scuso – così da argomentare intorno al genere della parodia e al significato che essa può assumere quando è utilizzata per far emergere i modelli argomentativi della ricerca scientifica, e non solo. A parziale giustificazione porterei l’esperienza personale, ché solo in pochi altri casi – Bar Sport di Stefano Benni su tutti – riesco a ridere a crepapelle ogni volta che rileggo Il grande Pozzi o Viva Piva, come fosse la prima volta, come mi capita all’attacco della Cantatrix Sopranica L: “As observed at the turn of the century by Marks & Spencer (1899), who first named the “yelling reaction” (YR), the striking effects of tomato throwing on Sopranoes have been extensively described…”.

Testo giustamente mantenuto anche in inglese – che è la lingua delle pubblicazioni scientifiche, e infatti era anche nell’originale Editions du Seuil – e poi tradotto in italiano passando per le tipiche sezioni dei paper: Materiali e metodi, articolati in Stimolazione, Registrazione, Istologia, Risultati, Discussione, fino alle immancabili References.

Un’anticipazione-assaggio anche in italiano, tradotto dalla sezione Stimolazioni: “I pomodori (Tomato rungisia vulgaris) venivano scagliati da un lanciapomodori automatico (Wait & See, 1972) monitorato da un computer polivalente di laboratorio (DID/92/85/P/331) utilizzato on-line. Il lancio ripetuto permetteva fino a 9 proiezioni al secondo, riproducendo così le condizioni fisiologiche incontrate dal soprano e altri cantanti sul palcoscenico (Tebaldi, 1953). Sono state prese precauzioni per evitare che tiri sbagliati raggiungessero gli arti superiori e/o inferiori, il torace e i glutei.

Soltanto i pomodori che colpivano la faccia e il collo sono stati presi in considerazione. Esperimenti di controllo sono stati effettuati con altri proiettili, quali torsoli di mela, cavoli, cappelli, rose, zucche, pallottole e ketchup (Heinz, 1952)” … leggi tutto

Il razzismo in fotografia (iltascabile.com)

di

Il mito del fotoreporter, gli automatismi, 
identity politics e decolonizzazione dello 
sguardo: una conversazione.

Quindici anni fa per un reportage di viaggio commissionato da una rivista mainstream, mi ritrovai insieme a un amico a Tijuana. La tappa precedente era stata San Diego. Arrivare a Tijuana da San Diego esaudiva esattamente le nostre aspettative in fatto di “vita vera”, “decadenza” e “pericolo”.

A Tijuana tirai fuori la macchina fotografica per ritrarre delle prostitute giovanissime, palesemente minorenni, ragazzine, che adescavano clienti in strada sotto lo sguardo connivente della polizia, nonché il nostro, ossia quello dei turisti. Nel mio ruolo improvvisato di fotoreporter mi sentivo particolarmente audace perché avremmo potuto consegnare alla rivista non solo le immagini dell’on the road per gli Stati Uniti, ma anche quello spaccato di neorealismo messicano.

Le cose andarono diversamente. Nel giro di qualche minuto, fui avvicinata da un poliziotto che mi sequestrò la macchina fotografica. A dirla tutta, cominciò anche a insinuare che avessimo dietro della droga (non avevamo niente), poi l’insinuazione divenne un’accusa e il messaggio esplicito. Finimmo per dargli dei soldi (mi sembra cento dollari), e ci lasciò stare, ma mi costrinse a cancellare le foto che avevo fatto alle prostitute.

Fu uno strano momento quello in cui io e un uomo in divisa guardavamo insieme sullo schermo di una macchina digitale i corpi fotografati di quelle ragazzine seminude per poi eliminarne l’esistenza.

Benché fosse un palese atto di corruzione da parte della polizia messicana, oggi devo dire che sono felice di aver cancellato le foto. Che stavo cercando di fare? Ritrarre quelle ragazze non faceva parte di alcun lavoro di denuncia o inchiesta (e anche in quel caso: sarei stata legittimata a farlo?), corrispondeva piuttosto al desiderio narcisista di avere delle immagini “forti”, e in un certo senso “più esotiche” da consegnare a un giornale.

Non mi ero minimamente posta né il problema di avere il consenso da parte dei soggetti fotografati, né mi ero fatta domande su quale fosse in quel momento il mio “sguardo” su quei corpi. In effetti non mi ero proprio fatta domande in generale.

Nel suo celebre saggio Davanti al dolore degli altri, Susan Sontag scrive:

Attraverso la voce della Magnum, la fotografia si dichiarava un’impresa a carattere globale. La nazionalità del fotografo e quella della testata a cui era affiliato erano, in linea di principio, irrilevanti. Il fotografo poteva avere qualunque origine. E la zona di sua competenza era il “mondo” leggi tutto

(Annie Spratt)

Pericoli, bifolchi e nemici: su «La rivolta dello stile» e «Neofascismo in grigio» (labalenabianca.com)

di Achille Resena

Negli ultimi anni è sotto gli occhi di tutti: 
movimenti e mobilitazioni ascrivibili a una 
non meglio definita destra reazionaria godono 
di un successo crescente. 

Ed è sempre più difficile per le scienze sociali interpretare una tale avanzata.

Gran parte degli sforzi analitici sono stati infatti rivolti alla decifrazione degli sviluppi partitici di tali movimenti. Una dimensione tuttavia spesso evitata, se non direttamente osteggiata. In effetti, si tratta quasi sempre di fenomeni strutturalmente differenti, connotati da composizioni e interessi spesso fortemente contrastanti; eppure, vi è tra questi una certa simpatia, un’aria di famiglia.

Davanti all’urgenza della situazione, le categorie disponibili sembrano insufficienti. Da un lato, sono ancora relativamente poche le ricerche di stampo accademico sui movimenti di destra; dall’altro, abbonda una vasta pubblicistica “d’opinione”, più o meno rivolta a un pubblico generalista, ma che non sembra allontanarsi dalla cosiddetta breakdown theory. Si tratta di un paradigma sociologico (o meglio, un suo luogo comune) caduto in disgrazia nel mondo scientifico dagli anni Settanta in poi, ma tuttora più che diffuso altrove. L’estensione delle destre e della violenza reazionaria, secondo la teoria, risponderebbe a una crisi dell’unità sociale e all’atomizzazione interna.

Occorre quindi ricominciare quasi daccapo, muoversi oltre alle banalità di una certa letteratura e cercare spunti più fertili, se non si vuole cadere nelle solite pastoie in cui si sprofonda non appena si pensa che “senza uno spirito cittadino vincono i populisti” o che le destre “rispondono a un bisogno di entusiasmo e di meraviglioso”.

A distanza di pochi mesi sono usciti due testi curiosamente in risonanza l’uno con l’altro, pur nelle marcate differenze. Si tratta di Neofascismo in grigio: La destra radicale tra l’Italia e l’Europa (Einaudi, 2021) di Claudio Vercelli e La rivolta dello stile: Tendenze e segnali dalle subculture giovanili del pianeta Terra (DeriveApprodi, 2021), a cura di Stefano Crisante, Angelo Di Cerbo e Giulio Spinucci.

Il primo propone lo studio di un fenomeno contemporaneo e ancora di pressante attualità, come la crescente fortuna di mobilitazioni autodefinite “apolitiche”, ma marcatamente reazionarie nei tratti, quali le manifestazioni per le riaperture commerciali durante la fase pandemica. Il secondo è la riedizione ampliata di un’antologia del 1983 sulle cosiddette bande spettacolari (mods, skinheads e punk) in Italia e all’estero.

Un fenomeno all’epoca particolarmente discusso, e ora in larga misura tramontato … leggi tutto

(Heather M. Edwards)