20 Ottobre2024
Intervento dei Presidenti Mattarella e Begaj al Teatro del Seminario di Piana degli Albanesi (Quirinale)
18 Ottobre 2024
La giustizia italiana annulla l’espulsione dei primi 12 migranti verso l’Albania centrale (elmundo.es)
di Manuel Tori
Un duro colpo alla politica migratoria di Giorgia Meloni che Ursula von der Layen
La giustizia italiana ha smantellato fin dall’inizio il piano migratorio di Giorgia Meloni in Albania. I magistrati della sezione dedicata alle migrazioni di Roma hanno annullato venerdì l’espulsione delle 12 persone – otto bengalesi e quattro egiziane – trasferite nel centro migrazioni di Gjader (Albania).
Nel giro di poche ore, a tutti loro è stata negata la domanda di asilo – cioè l’ottenimento della protezione internazionale – martedì, giorno in cui sono stati sbarcati sulle coste balcaniche dalla Marina italiana dal Mediterraneo centrale. Dopo la sentenza del tribunale, i 12 migranti sbarcheranno questo sabato a Bari (Italia).
L’asse centrale della decisione del Tribunale di Roma si basa sul concetto di paese sicuro. Secondo le autorità giudiziarie, stati come il Bangladesh, la Tunisia o l’Egitto non possono essere considerati paesi sicuri perché non tutti i loro cittadini possono essere considerati esenti da persecuzioni.
La giustizia transalpina non fa altro che rispettare la recente sentenza della Corte di giustizia dell’Ue, con sede a Lussemburgo, in cui all’inizio del mese ha avvertito il governo italiano che l’ampliamento della lista dei Paesi sicuri che Roma ha fatto lo scorso maggio osserva incompatibilità con il diritto dell’Ue.
La sentenza non comporta la sospensione dei centri per migranti in Albania. Ma, fin dall’inizio, sarebbero limitati alle persone di quelli considerati dall’UE paesi sicuri.
Attraverso la decisione del Tribunale di Roma si chiarisce la gravità di accelerare le procedure di espulsione di un richiedente asilo, che è ciò che il governo italiano sta promuovendo, perché impedirebbe un adeguato studio di un’eventuale protezione internazionale.
Questo sviluppo è un duro colpo legale al piano migratorio di Giorgia Meloni in Albania, che si concentra sull’imporre la definizione di nazioni come il Bangladesh, la Tunisia e l’Egitto come paesi sicuri, anche se non sono completamente sicuri per tutti i loro cittadini in tutto il loro territorio. Non è un caso che il governo transalpino li abbia inseriti nella lista, perché rappresentano il 40% dei flussi migratori dal Mediterraneo centrale.
Venerdì è stato politicamente intenso anche per il vicepresidente del Governo italiano, Matteo Salvini, leader della Lega; che ieri ha vissuto un nuovo capitolo del caso Open Arms, per il quale è accusato di abuso di potere e sequestro di persona per aver impedito, cinque anni fa, lo sbarco di 147 migranti – imbarcati sulla nave umanitaria spagnola Open Arms – nel porto dell’isola siciliana di Lampedusa.
La Procura di Palermo ha già chiesto sei anni di carcere per Matteo Salvini e ieri è stata la volta del suo avvocato, Giulia Bongiorno, che ha dato la sua arringa finale per difendere il leader leguista puntando il dito sull’ong spagnola – proprietaria dell’imbarcazione e procuratore privato nel processo – assicurando che voleva mettere a disagio il governo italiano e la sua politica dei porti chiusi quando Matteo Salvini era ministro dell’Interno. Per Bongiorno, la nave Open Arms ha trascorso otto giorni al largo di Lampedusa avendo la possibilità “in 48 ore” di sbarcare in qualsiasi porto spagnolo.
Per tutta la giornata, più di 90 politici italiani di Legue, tra cui ministri, presidenti di regione e parlamentari, si sono presentati a Palermo per sostenere Salvini in una piccola manifestazione, indossando magliette con il ritratto del vicepresidente e la parola “colpevole”.
La sentenza sarà emessa il 20 dicembre.
Il siero e gli sportivi che cascano come mosche (butac.it)
di
Un lettore ci ha inviato una segnalazione su un video che circola su alcuni social network.
Nel video si vedono diversi casi di sportivi che crollano a terra all’improvviso durante partite di calcio, basket, tennis; i casi sono numerosi. Il nostro lettore ci scrive:
“Buongiorno. Un novax di mia conoscenza ha condiviso questo video. Siete in grado di ricostruire a quali eventi e a quale periodo si riferiscono? Giusto per provare a smentire quanto affermato da certi individui.”
Onestamente, la prima cosa che ci siamo domandati è stata: ha senso cercare singolo caso per singolo caso?
Abbiamo deciso di percorrere un’altra strada, ovvero cercare casi di sportivi a cui fosse successa la stessa cosa, ma prima dell’avvento del vaccino anti-Covid. E subito le cose sono apparse per quel che erano, ovvero “normali”: capita da sempre che atleti, sottoposti a sforzi intensi, possano collassare sul campo.
La prima ricerca che ho fatto, da tifoso di basket, è stata “basketball player collapse during game” e il primo video che mi è saltato fuori è del 14 dicembre 2020, a collassare è Keyontae Johnson. La colpa non è il vaccino, che negli Stati Uniti ha cominciato a essere distribuito proprio in quei giorni. Ma ovviamente Keyonte non l’aveva ancora fatto.
Keyontae non è collassato nemmeno a causa del Covid e non è morto. Anzi, al momento gioca nel roster dei Charlotte Hornets in NBA, quindi direi stia bene.
Ma vediamo ancora: ho inserito nel motore di ricerca “player collapses during a match”, restringendo il periodo dal 2010 al 2019, e subito sono fioccati i risultati. Vi riportiamo qualche video, così, per documentare la cosa. Ad esempio, questo è Fabrice Muamba, collassato sul campo 12 anni fa.
Il povero Piermario Morosini, calciatore di Serie B, che morì sul campo durante una partita per un infarto. Bruno Boban, calciatore croato professionista di 25 anni, morì anche lui alla stessa maniera durante una partita nel 2018.
Rachel Daly, calciatrice professionista, collassò nel 2017.
Roy Williams, coach della squadra di basket North Carolina, collassò senza conseguenze nel 2016 durante una partita.
Potremmo andare avanti a lungo, ma non ha alcun senso. Sappiamo bene che non abbiamo fatto un vero fact-checking al video di partenza, come invece ci chiedeva il nostro lettore, ma la scelta di non farlo è intenzionale. Vorremmo che imparaste da soli a fare queste cose, a rispondere a tono a chi vi mostra cose che ritiene incredibili.
È inutile perdere ore a cercare ogni singolo frame del video per capire a quale episodio facciano riferimento, perché, come vi abbiamo appena dimostrato, di sportivi che collassano in campo durante le partite se ne vedono da sempre, senza che si possa attribuire il malore ai vaccini anti-Covid.
La vera storia del mezzo UNIFIL con la bandiera di Hezbollah (open.online)
di David Puente
Si tratta di un fotogramma tagliato ad arte di un video di aprile, con tutt'altra storia
Circola una foto raffigurante un mezzo UNIFIL con la bandiera di Hezbollah con una precisa domanda: «Tutte le agenzie ONU stanno aiutando i terroristi?».
L’immagine, in realtà, non dimostra un legame con i terroristi o un sostegno a loro favore.
Analisi
Ecco come viene condivisa l’immagine:
Ecco una foto di un camion UNIFIL con una bandiera di Hezbollah. Tutte le agenzie ONU stanno aiutando i terroristi?
Il testo usato per condividere l’immagine è la traduzione di quello che circola in inglese su Twitter/X:
Immagine tagliata da un video
Non si tratta di una foto, ma di un fotogramma tratto da un video. Risulta, inoltre, tagliato per non mostrare due elementi: una scritta in arabo e la ruota del mezzo “sgonfia”.
La vera storia della bandiera nel mezzo UNIFIL
Il video originale risulta pubblicato da un account Twiter/X israeliano il primo aprile 2024. Nel tweet leggiamo il seguente testo (tradotto dall’ebraico tramite Translate di Google):
Nel villaggio di Barishit, nel sud del Libano, i residenti hanno attaccato una pattuglia dell’UNIFIL che era entrata in uno dei quartieri residenziali. L’esercito libanese è intervenuto e ha allontanato le forze dal villaggio. Tra le altre cose, si può vedere che i pneumatici del veicolo erano forati e Su di esso era appesa la bandiera di Hezbollah
La vicenda venne riportata nel sito Israel-alma.org il 2 aprile 2024.
Conclusioni
L’immagine diffusa online non prova che la missione UNIFIL in Libano sostenga Hezbollah. Si tratta di un fotogramma di un video che mostrava il mezzo vandalizzato dai residenti del territorio libanese.
Dall’Urss a Putin. L’asse Kgb-criminali spiegato da Germani e Jensen (formiche.net)
di Luigi Sergio Germani e Donald N. Jensen
James Bond
La criminalità organizzata è diventata una componente importante delle operazioni ibride condotte dai servizi segreti di Mosca contro le democrazie occidentali. Ecco come rispondere. L’analisi di Luigi Sergio Germani, direttore dell’Istituto Gino Germani, e Donald N. Jensen, adjunct fellow della Foundation for Defense of Democracies
Secondo funzionari di diversi servizi d’intelligence europei, dall’inizio dell’anno la Russia ha intensificato una campagna di attentati con esplosivi, incendi dolosi e sabotaggi alle infrastrutture in tutta Europa. I servizi russi si avvalgono di gruppi criminali e delinquenti comuni come proxy per compiere questi attacchi.
Lo scopo di questa campagna di guerra ibrida, che potrebbe diventare più violenta e destabilizzante nei prossimi mesi, è costringere i decisori politici europei a cessare di assistere militarmente e finanziariamente l’Ucraina. Si tratta di una “escalation orizzontale” operata da Mosca, che evita di attuare una “escalation verticale”, ossia nucleare, spesso minacciata dal Cremlino per esercitare pressione psicologica sui governanti e le opinioni pubbliche in Occidente.
Un recente rapporto del Royal United Services Institute sostiene che, dopo l’invasione su vasta scala dell’Ucraina, le agenzie di intelligence russe utilizzano sempre di più la criminalità organizzata per condurre operazioni di spionaggio e guerra ibrida in Europa.
Dopo l’invasione, l’espulsione in massa in tutta Europa di funzionari dell’intelligence russa ha sconvolto le strutture di supporto di cui essa si avvaleva per eseguire molte operazioni nel Vecchio Continente. Per ricostruire tali strutture di supporto (personale operativo, società di copertura, case sicure, automobili) i servizi russi stanno ricorrendo a organizzazioni criminali russo-eurasiatiche e di altri Paesi.
I servizi segreti di molti regimi autoritari – e soprattutto le agenzie d’intelligence delle principali potenze revisioniste anti-occidentali ossia Russia, Cina, Iran e Corea del Nord – utilizzano costantemente la criminalità organizzata come proxy, fornitori di supporto per attività spionistica, fonti di risorse finanziarie, e assassini a pagamento.
I servizi di intelligence degli Stati democratici occasionalmente si avvalgono della collaborazione di organizzazioni criminali per condurre attività di spionaggio o operazioni occulte di natura politica o militare. Per esempio, durante la Seconda guerra mondiale, l’intelligence statunitense affidò alla mafia siciliana i compiti di raccogliere informazioni e fornire supporto operativo all’invasione alleata della Sicilia.
Le agenzie di intelligence occidentali, tuttavia, tendono a evitare di instaurare rapporti di collaborazione sistematica con il mondo malavitoso, soprattutto a causa dei rischi operativi che tale collaborazione comporta.
La stretta collaborazione tra servizi segreti russi e sodalizi mafiosi non è un fenomeno nuovo: essa ha radici profonde nell’epoca sovietica. Nell’era di Vladimir Putin, l’intreccio tra agenzie di intelligence e mafie post-sovietiche è diventato ancora più stretto e marcato. Di conseguenza, è sempre più difficile distinguere tra la criminalità organizzata russo-eurasiatica, operazioni di intelligence russe e operazioni dello Stato russo.
L’alleanza tra Kgb e criminalità organizzata durante l’epoca sovietica e la sua successiva evoluzione nel periodo post-sovietico è un argomento trascurato dagli analisti occidentali, ma è cruciale per comprendere il regime di Putin e le sue possibili evoluzioni future.
Nel sistema sovietico, il Kgb, un onnipotente “Stato nello Stato”, penetrava il mondo criminale dell’Urss e lo utilizzava sistematicamente come strumento del regime comunista per: reprimere il dissenso politico e ideologico; monitorare e sfruttare l’”economia parallela” sovietica; fornire beni di lusso alla nomenklatura comunista (la casta dominante dell’Unione Sovietica); compromettere e ricattare stranieri che si recavano nell’Urss per reclutarli come fonti informative e agenti d’influenza al servizio del regime sovietico.
Va evidenziato, inoltre, che negli anni Ottanta diversi ricercatori occidentali sostenevano che il Kgb fosse profondamente coinvolto nel traffico internazionale di stupefacenti da regioni di produzione della droga (Afghanistan e America Latina) verso i centri di consumo negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale, allo scopo di indebolire, demoralizzare e destabilizzare le società occidentali.
Secondo queste analisi (spesso ignorate o sottovalutate in Occidente), l’Unione Sovietica e i suoi alleati – tra cui Cuba, Bulgaria, Nicaragua e alcune organizzazioni terroristiche internazionali – utilizzavano il traffico internazionale di droga come uno dei tanti strumenti della loro strategia globale di “misure attive” contro l’Occidente.
Durante la perestrojka di Michail Gorbaciov, nella seconda metà degli anni Ottanta, il Kgb e la criminalità organizzata sovietica svilupparono crescenti sinergie tese a penetrare e ad acquisire posizioni dominanti nella nascente economia di mercato. Inoltre, a metà degli anni Ottanta, secondo autorevoli analisti e giornalisti investigativi, quando il sistema sovietico entrò in una fase di profonda crisi sistemica, i vertici del Partito comunista dell’Unione Sovietica (Pcus) incaricarono il Kgb di mettere a punto una strategia per trasferire gli enormi capitali del Pcus a società controllate dal Kgb nel settore privato sovietico e all’estero.
Lo scopo di questa operazione straordinaria era salvaguardare il potere economico e finanziario della nomenklatura comunista e dello stesso Kgb, anche nel caso dovesse crollare il regime.
Così, prima del collasso dell’Unione Sovietica nel dicembre 1991, ingenti risorse finanziarie furono sottratte illecitamente dal Kgb, a beneficio proprio e del Pcus, e riciclate all’estero, specialmente in Occidente, tramite appositi conti bancari e società di copertura.
Questa gigantesca operazione di riciclaggio di denaro – denominata “la saga dei miliardi del Kgb” dal compianto Fritz W. Ermarth, uno dei più brillanti analisti della Cia e profondo conoscitore della Russia – fu realizzata dal Kgb stesso in stretta collaborazione con la criminalità organizzata sovietica e altre organizzazioni criminali transnazionali.
All’inizio degli anni Novanta i servizi d’intelligence italiani segnalarono che anche l’Italia veniva utilizzata per riciclare e investire i capitali del Pcus. Secondo diverse fonti, nel 1992 Francesco Cossiga, allora presidente della Repubblica, chiese al magistrato antimafia Giovanni Falcone di avviare un’indagine congiunta con le autorità russe per scoprire dove fossero stati investiti in Italia i fondi del Pcus e se organizzazioni mafiose italiane fossero coinvolte nell’operazione. Falcone avrebbe iniziato a collaborare con il procuratore generale russo Valentin Stepankov in un’indagine comune sull’“Oro di Mosca”.
Tra la fine di maggio e gli inizi di giugno 1992 Falcone avrebbe dovuto recarsi a Mosca per proseguire l’indagine, ma il 23 maggio fu ucciso nella strage di Capaci, insieme a sua moglie Francesca e a tre agenti della sua scorta.
Dopo il fallimento del colpo di Stato dell’agosto 1991, il presidente russo Boris Eltsin decise di non attuare una riforma radicale del Kgb né di smantellarlo, come lo sollecitava a fare il movimento democratico russo. Eltsin, invece, puntò a indebolire la potentissima polizia segreta sovietica dividendola in diverse agenzie di sicurezza e intelligence, di cui stimolò una reciproca rivalità. Allo stesso tempo, chiese il supporto dei “nuovi” servizi segreti russi – gli eredi del “disciolto” Kgb – per rafforzare il proprio regime.
Anche se la polizia segreta sovietica fu formalmente sciolta da Eltsin, il “sistema Kgb” continuò a esistere, e la mancata riforma radicale di tale sistema creò i presupposti per la crescente penetrazione čekista nella politica e nell’economia della Russia post-comunista, e per la rinascita del potere della polizia segreta.
Putin era uno dei tanti esponenti del “sistema Kgb” che riuscirono a infiltrarsi efficacemente nella politica, negli apparati governativi e nel mondo degli affari della Russia degli anni Novanta. Secondo diversi studi approfonditi – come quelli di Karen Dawisha, Catherine Belton e del Free Russia Forum –Putin (che probabilmente si era già congedato dalla polizia segreta), che in quella fase rivestiva alti incarichi nel governo locale di San Pietroburgo, era strettamente collegato con esponenti di spicco dell’organizzazione criminale Tambovskaja-Malyševskaja, all’epoca il sodalizio mafioso più potente di San Pietroburgo.
Si consolidò allora a San Pietroburgo un’alleanza fra polizia segreta e criminalità organizzata tesa a dominare gran parte dell’economia della città a proprio vantaggio. Questo sistema di collaborazione tra čekisti e mondo criminale si espanse in tutta la Russia dopo che Putin salì al potere nel 2000.
Già nell’era Eltsin, esperti occidentali di controspionaggio avevano segnalato che i servizi segreti russi si avvalevano di organizzazioni mafiose russo-eurasiatiche per potenziare le loro operazioni spionistiche e di influenza/ingerenza contro Paesi dell’area euro-atlantica. Un rapporto analitico del Bnd (il Servizio di intelligence estera tedesco) del 1997 affermava che “le agenzie di intelligence russe e i sodalizi mafiosi hanno instaurato un rapporto simbiotico a beneficio di entrambi”.
Secondo quanto riferivano all’epoca gli analisti del Bnd e di altre agenzie di intelligence europee, importanti gruppi criminali russo-eurasiatici operanti in Europa svolgevano attività di ricerca informativa per conto dei servizi russi, fornivano risorse finanziarie per operazioni d’intelligence, e in vari Paesi europei esercitavano influenza economica e politica occulte per conto dello Stato russo.
In cambio, i servizi garantivano ai gruppi criminali protezione nei confronti di indagini delle forze di polizia russe e spesso facilitavano alcune loro attività delittuose, ad esempio consentendo l’uso di valigie diplomatiche per traffici illeciti (tra cui anche il trasporto di sostanze stupefacenti).
Nell’era Putin, i servizi segreti russi e il crimine organizzato (compresi i gruppi dediti al cyber-crime) sono diventati ancora più strettamente intrecciati. Il ruolo dell’Fsb (il servizio di sicurezza interna) nella protezione della sicurezza del regime di Putin, nel controllo della società e nella lotta alla corruzione politico-amministrativa si è ampliato costantemente, ma allo stesso tempo l’Fsb stesso è diventato sempre più corrotto e tendente alla degenerazione criminale.
Secondo informazioni reperibili su fonti aperte, ampi settori dell’Fsb e di altri servizi russi sono coinvolti in attività come: “protezione”-estorsione di imprese e banche, operazioni di corporate raiding (ossia l’uso di strumenti coercitivi per acquisire il controllo di imprese di interesse), riciclaggio di denaro, frodi e truffe finanziarie su vasta scala, cyber-crime a scopo di lucro e protezione di traffici internazionali di droga e armi.
Un rapporto del Dossier Center di Londra ha analizzato il coinvolgimento di vari dipartimenti-chiave del Fsb – tra cui il Dipartimento di sicurezza economica e il Dipartimento di sicurezza interna (preposto alla lotta anticorruzione all’interno dello stesso Fsb) – nelle già menzionate attività delittuose.
Un altro aspetto della degenerazione criminale dei servizi segreti russi è il coinvolgimento di compagnie militari private legate al Gru (l’intelligence militare), come il gruppo Wagner e i suoi successori, nel traffico internazionale di armi e nel commercio illecito di diamanti, oro e altre risorse critiche in Africa.
L’uso offensivo della cyber-criminalità russa rappresenta una componente fondamentale della strategia di guerra ibrida condotta dalla Russia di Putin in diverse regioni del mondo. Le principali agenzie di intelligence e sicurezza russe – Fsb, Gru e Svr (il servizio di intelligence esterna) – hanno stabilito stretti legami con il mondo della criminalità informatica russa e lo utilizzano per condurre operazioni di cyber-spionaggio, attacchi ransomware e attacchi informatici alle infrastrutture critiche nei confronti di Stati occidentali, dell’Ucraina e di altri Paesi del cosiddetto “estero vicino”.
Molti gruppi di cyber-criminali russi, che sono tra i più efficaci e agguerriti del mondo, sono stati reclutati dai servizi segreti. Per esempio, Sandworm, uno dei gruppi criminali più attivi e pericolosi nel cyberspazio, è strettamente legato al Gru.
Il gruppo ha condotto cyber-attacchi altamente distruttivi contro svariati Paesi, prendendo di mira infrastrutture critiche e causando miliardi di dollari di danni. Sandworm rappresenta una minaccia significativa per le popolazioni civili dei Paesi presi di mira.
I servizi d’intelligence di Mosca utilizzano, altresì, la criminalità organizzata tradizionale come proxy nelle operazioni di guerra ibrida. Mosca ha fatto ampio uso di organizzazioni mafiose locali per fomentare il separatismo violento in diversi Paesi dell’ex Unione Sovietica, creando il caos in Transnistria, Abkhazia, Ossezia del Sud, Crimea e Donbass.
Nel febbraio-marzo 2014, il Gru e l’Fsb si servirono delle mafie locali, oltre che degli spetsnaz (forze speciali), per compiere l’annessione della Crimea, e vari capi mafia divennero i leader politici del nuovo regime insediato da Mosca nella penisola. Nell’Ucraina orientale, i sodalizi mafiosi, controllati dai servizi russi, furono impiegati per sostenere insurrezioni armate antigovernative e per eseguire atti di destabilizzazione violenta, tra cui sabotaggi e attacchi terroristici.
I leader del mondo criminale entrarono poi a far parte dei nuovi regimi: le autoproclamate “repubbliche popolari” di Donetsk e Luhansk, sostenute dalla Russia.
Negli ultimi anni, secondo le valutazioni di agenzie d’intelligence europee, la criminalità organizzata sarebbe diventata una componente importante delle operazioni ibride condotte dai servizi segreti di Mosca contro le democrazie occidentali. Tali operazioni includono la corruzione strategica di personalità politiche occidentali, l’incitamento a proteste e disordini, il sostegno a movimenti politici estremisti e l’assassinio di defezionisti e oppositori del regime putiniano.
Gli analisti occidentali dovrebbero, pertanto, dedicare maggiore attenzione alle sinergie tra servizi segreti russi e criminalità organizzata, e a come esse impattano sull’evoluzione interna del regime di Putin e sulle attività sovversive della Russia all’estero. L’utilizzo della criminalità organizzata e della delinquenza comune, oltre che del terrorismo, come strumenti di guerra ibrida dovrebbe essere maggiormente attenzionato dalle agenzie di intelligence e dalle forze di polizia dei Paesi europei, inclusa l’Italia.
In questo quadro di minacce non vanno trascurati possibili collegamenti tra crimine organizzato e terrorismo. Per esempio, indagini condotte dalla polizia italiana e dai carabinieri hanno scoperto sinergie tra Hezbollah e ’Ndrangheta calabrese nel traffico di sostanze stupefacenti e nel riciclaggio di denaro.
I governi europei dovrebbero, inoltre, promuovere una sempre maggiore collaborazione e condivisione delle informazioni tra le loro agenzie di intelligence e gli apparati info-investigativi delle forze di polizia nel monitoraggio e contrasto di organizzazioni criminali collegate con servizi di intelligence stranieri.
Il governo italiano, dal canto suo, dovrebbe promuovere una maggiore consapevolezza e comprensione, in tutte le istituzioni dello Stato, delle minacce ibride in generale, che includono molteplici azioni destabilizzanti promosse da potenze straniere: la disinformazione; l’incitamento all’estremismo politico, alla violenza, all’odio razziale e all’antisemitismo; l’utilizzo di flussi immigratori clandestini; il reclutamento di esponenti politici e giornalisti come agenti di influenza.
Il contrasto alle minacce ibride, infine, non dovrebbe essere assegnato esclusivamente al comparto intelligence (Aisi, Aise e Dis) ma dovrebbe coinvolgere l’intero sistema di sicurezza nazionale e ordine pubblico, con la creazione di centri specializzati presso la presidenza del Consiglio dei ministri, il ministero della Difesa, il ministero dell’Interno, il ministero dell’Economia e delle finanze e il ministero degli Affari esteri.
Per approfondire il tema delle collusioni fra servizi segreti russi e criminalità organizzata” vedi il video del webinar a titolo gratuito “The Chekist-Gangster Nexus: the Weaponization of Organized Crime by Russian Secret Services in Russia and Abroad” (in lingua inglese). Per un più completo aggiornamento sulle tecniche di intelligence per la sicurezza nazionale l’Istituto Germani promuove il corso di alta formazione “Tecniche avanzate di Human Intelligence – Corso operativo per l’Intelligence istituzionale e privata”, che si terrà a novembre. Qui maggiori informazioni.
Guardie, recinzioni e sbarre: viaggio nel centro per migranti in Albania (lastampa.it)
Il servizio di Niccolò Zancan
Mattarella alla Fondazione Culturale Ambrosianeum (Quirinale)
14 Ottobre 2024