Russia, l’icona della musica pop Alla Pugacheva contro Putin (euronews.com)

La cantante russa Alla Pugacheva, 

superstar del varietà da decenni, ha denunciato domenica il conflitto in Ucraina, parlando della morte dei soldati “per obiettivi illusori”.

La voce di dissenso, e non una voce qualsiasi arriva in un momento in cui il Cremlino sta reprimendo ogni critica.

Sul suo account Instagram, seguito da quasi 3,5 milioni di persone, Alla Pugacheva, 73 anni, ha reagito così  all’annuncio – venerdì – dell’inserimento di suo marito, il comico Maxime Galkine, nella famigerata lista di “agenti stranieri” in Russia.

“Vi chiedo di classificarmi tra le spie straniere del mio caro Paese”, ha scritto Alla Pugacheva, in un messaggio destinato al ministero della Giustizia russo.

“Perché sono solidale con mio marito, una persona onesta, onesta e sincera, un vero patriota russo, incorruttibile, che desidera che la sua patria prosperi e viva in pace”, ha aggiunto precisando che il marito augura in Russia “libertà di espressione e la fine della morte dei nostri ragazzi per obiettivi illusori che fanno del nostro Paese un paria” … leggi tutto

I costi sociali del Jova Beach Party (essenziale.it)

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La seconda edizione del Jova Beach Party, 

il tour estivo che Jovanotti sta portando in dodici località italiane, di cui nove sono spiagge, è al centro di numerose critiche per il suo impatto ambientale. I concerti distruggono i delicati ecosistemi costieri con lo spianamento delle dune, l’abbattimento di piante, il calpestio di migliaia di persone, fanno notare molte associazioni ambientaliste tra cui Legambiente, la Lipu e l’Ente nazionale protezione animali, che hanno lanciato una petizione per vietare i grandi eventi su spiagge e siti naturali.

A Marina di Ravenna i concerti sono stati organizzati nei pressi di una riserva naturale. A Vasto e a Roccella Jonica le aree scelte per l’evento sono destinate a tutela ambientale e rinaturalizzazione per la presenza di vegetazione dunale. La spiaggia di Casabianca che ha ospitato la tappa di Fermo – e che è stata spianata di nuovo dopo che era già stato fatto tre anni fa per ospitare la prima edizione del tour – è un’area di tutela del fratino, un piccolo uccello a rischio estinzione.

Ma c’è un aspetto di questa vicenda che finora è rimasto in secondo piano: se è normale che i soggetti privati promotori di eventi a scopo di lucro mirino al massimo profitto con il minimo dispendio, c’è da chiedersi chi lo rende possibile, perché e a quali condizioni.

I concerti di Jovanotti si svolgono su suolo pubblico. Le spiagge scelte dagli organizzatori sono parte del demanio marittimo statale su cui hanno competenza i comuni, che possono rilasciare concessioni come quelle balneari. Quelle concesse per il Jova Beach Party sono temporanee, e costano pochissimo: per la prima tappa del tour a Lignano Sabbiadoro la Fvg Live srl, che l’ha organizzata, ha pagato al comune 3.260 euro. A Barletta la Trident ha pagato 2.698 euro. Sono cifre molto inferiori a quelle richieste per l’affitto degli stadi che normalmente ospitano i grandi eventi. Affittare lo stadio Diego Armando Maradona di Napoli per un concerto nel 2019 (all’epoca si chiamava stadio San Paolo) costava il 10 per cento dell’incasso, “con un minimo garantito di 50mila euro”.

I costi per la pulizia delle spiagge sono a carico dell’organizzazione del Jova Beach Party, ma sono una cifra molto piccola rispetto alle spese necessarie per allestire le aree, che invece sono tutte a carico delle amministrazioni comunali e regionali. Per lo sbancamento delle dune e la copertura di fossi, e poi per il loro ripristino, il comune di Fermo ha stanziato 5mila euro, e poi 1.500 euro per barriere in cemento, 4mila euro per lavori in aree parcheggio, 2.690 euro per lo smontaggio e il rimontaggio di un’area giochi. Inoltre il sindaco ha dichiarato di aver stanziato 20mila euro per coprire gli straordinari del personale.

Il comune di Roccella Jonica ha stanziato 25mila euro. Per coprire un corso d’acqua sulla spiaggia di Vasto, una delle tappe del concerto, la regione Abruzzo ha speso 80mila euro, a cui si aggiungono altri 40mila euro per i trasporti. La cifra più alta, però, l’ha stanziata il comune di Viareggio: 250mila euro più iva per “costi tecnico-organizzativi connessi alla realizzazione dell’evento”, si legge nella determinazione dirigenziale numero 1476 del 10 agosto, assegnati direttamente, senza bando, a un’azienda di organizzazione eventi, la Prg srl.

L’organizzazione dei concerti di Jovanotti richiede un lavoro straordinario da parte delle amministrazioni comunali, dei loro uffici e di appositi tavoli tecnici, e poi la mobilitazione di prefetture, polizia locale e protezione civile, associazioni di volontariato, la croce verde, spesso con l’impiego di personale prestato da altri comuni.

A Chieti l’azienda sanitaria locale ha chiesto il rafforzamento del personale ospedaliero e la disponibilità delle sale operatorie, allestendo perfino un treno-infermeria, “un convoglio che, all’occorrenza, collegherà Vasto con Pescara, con tappa a Ortona, in 25 minuti, con priorità rispetto a tutti gli altri treni in transito”.

Ma molti dei costi non sono tracciati ed è difficile conoscerli. Nel 2019 Augusto De Sanctis, della Stazione ornitologica abruzzese, ha chiesto un accesso agli atti per conoscere le spese sostenute dal comune di Roccella Jonica per la tappa del Jova Beach Party. Con questa procedura le pubbliche amministrazioni sono obbligate a fornire i documenti entro trenta giorni di tempo, ma i documenti sono arrivati dopo cinque mesi. Tra le carte, c’era una lettera con cui la Trident chiedeva al comune lo sbancamento delle dune, cosa puntualmente avvenuta.

Sono saltate le regole

Il problema però non sono solo le spese: stando alle denunce delle associazioni ambientaliste, sono saltate le norme ambientali. La tappa a Marina di Ravenna si è svolta nei pressi di una riserva naturale, la pineta di Ravenna, e di un sito classificato come di interesse comunitario (Sic) e di protezione speciale (Zps) dall’Unione europea.

Ogni intervento all’interno o nelle vicinanze di siti Sic e Zps dev’essere sottoposto a un procedimento di valutazione di incidenza ambientale: i proponenti devono presentare e pubblicare la valutazione 30 giorni prima dell’intervento perché associazioni e cittadini possano verificarla ed eventualmente presentare osservazioni.

Le associazioni ambientaliste hanno denunciato la mancata pubblicazione di questi studi nei tempi stabiliti per legge sia a Ravenna sia a Castel Volturno … leggi tutto

(Marina di Ravenna)

Il Revival revival di Creedence Clearwater (newyorker.com)

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Come può una band così amata come i C.C.R. 
sembrare ancora sottovalutata? 

E questo sta finalmente cominciando a cambiare?

Quando i Creedence Clearwater Revival si sciolsero cinquant’anni fa questo autunno, erano rispettati dalla critica, estremamente influenti e popolari quasi oltre ogni immaginazione.

Billboard attribuisce alla band nove singoli nella Top Ten in soli due anni e mezzo, dall’inizio del 1969 all’estate del ’71, una statistica incredibile, ma che ancora sottovaluta il successo della band. Il fantasioso twang di “Down on the Corner” e la rabbia dei colletti blu di “Fortunate Son” erano tremendamente popolari, ma, poiché erano premuti sui lati opposti dello stesso 45, Billboard li contava come un solo disco di successo. C.C.R. ha anche il maggior numero di successi n. 2 – cinque – di qualsiasi band che non ha mai segnato un numero 1.

Nel 1969, come nota John Lingan nel suo nuovo libro, “A Song for Everyone“, i Creedence Clearwater Revival raggiunsero persino “qualcosa che nessun altro gruppo aveva fatto in America dal 1964: hanno venduto più dei Beatles”.

In qualche modo, la portata di ciò che hanno realizzato è sempre sembrata sottovalutata. “Tutti hanno il più fottuto rispetto per i Beatles”, si è lamentato con Hit Parader il batterista dei C.C.R., Doug Clifford, aggiungendo: “Beh, siamo il più grande gruppo americano”.

Certo, il commento di Clifford riflette un senso di risentimento che la band, composta da Clifford, il bassista Stu Cook; il chitarrista Tom Fogerty; e il cantante-chitarrista-cantautore-produttore John Fogerty, fratello minore di Tom, aveva allattato per anni. Emersero da una scena musicale trasformativa della Bay Area che includeva Sly and the Family Stone e Jefferson Airplane.

Ma, poiché si esibivano in modo particolarmente sobrio e diretto, ed erano tutti sposati – e soprattutto perché preferivano gemme pop lunghe da due a tre minuti, strettamente provate, piuttosto che jam improvvisate – erano percepiti come quadrati anche nella loro stessa scena. Le folle alla moda al Fillmore si riferivano scherzosamente a loro, scrive Lingan, come “i Boy Scout del Rock and Roll”.

Quando il critico Ralph J. Gleason si riferì alla band come “un eccellente esempio della terza generazione di band di San Francisco”, si sentirono di nuovo mancati di rispetto: si erano esibiti insieme nella zona, prima come Blue Velvets, poi come Golliwogs, dalla fine degli anni Cinquanta. Guarda da vicino la copertina del loro album del 1970 “Cosmo’s Factory” e vedrai un poster motivazionale amareggiato e fatto a mano attaccato nel loro spazio di prova: “3rd GENERATION”.

Ma anche i critici ammirati hanno riconosciuto che l’immagine pubblica della band non era all’altezza della loro grandezza. “Nonostante l’immensa popolarità dei Creedence, John Fogerty non è mai diventato un eroe dei media, e il gruppo non ha mai oltrepassato il confine da band rock più venduta a fenomeno culturale”, ha scritto Ellen Willis in questa rivista, nel 1972.

Willis attribuì questo in parte al fatto che Fogerty proiettava “intelligenza e moderazione”, piuttosto che, per esempio, “freakiness, messianismo, sesso, violenza”. (Questo era anche, ha osservato, “probabilmente il motivo principale per cui sono arrivata a preferirlo a Mick Jagger”, e in parte il motivo per cui i C.C.R. erano diventati la sua band rock-and-roll preferita.) … leggi tutto

Uto Ughi: «I Måneskin? La musica è altro. Bertinotti mi disse: non so più per chi votare» (corriere.it)

di Roberta Scorranese

«Al concerto della band a Roma mi sono annoiato. 
Non sono “dannosi”, come certa trap, ma Mina e 
Lucio Dalla erano meglio»

Uto Ughi, lei suona il violino da quando aveva cinque anni. Praticamente da una vita?

«E anche oggi, che ne ho 78, studio per almeno due ore ogni giorno. Anzi, sarebbe meglio dire che “mi alleno”, perché la nostra vita non è così diversa da quella degli sportivi. La musica è anche e soprattutto un fatto fisico».

Non si stanca?

«Certo, ma il violino è una lotta pure se si è giovani. È faticoso perché ti sembra sempre di non essere all’altezza, anche se suoni da decenni come faccio io. Una lotta meravigliosa fino all’ultima nota. Paganini diceva: “Se non studio un giorno me ne accorgo io, ma se non studio per due giorni se ne accorge il pubblico”».

A 7 anni si è esibito per la prima volta in pubblico eseguendo la Ciaccona dalla Partita n°2 di Bach. Possiamo definirla un bambino prodigio?

«Questa è un’espressione popolare in Italia: si vede un bambino che suona bene e si pensa al miracolo. Ma se andiamo, per esempio, in Giappone, scopriamo che è una cosa normale. Questione di metodo: lì adottano il Suzuki, una didattica che parte dal presupposto che l’essere umano sia un animale musicale. Che tutti, insomma, nasciamo con la musica nei geni. Basta una buona educazione musicale, cosa che purtroppo in Italia non è così tenuta in considerazione».

Maestro, com’è stata la sua infanzia?

«Sono cresciuto in un ambiente colto e molto attento all’educazione. Mio padre Bruno era di origini istriane e in qualche modo, in casa, aveva ricreato un’atmosfera mitteleuropea. A cena venivano musicisti come il primo violino della Scala sotto Toscanini, scrittori, scienziati. Ho cominciato a suonare molto presto e mi sono formato a Parigi con George Enescu e con Corrado Romano a Ginevra. Poi l’Accademia Chigiana, le grandi orchestre come quella del Concertgebouw di Amsterdam, la Boston Symphony Orchestra, la Philadelphia Orchestra, la New York Philharmonic, la Washington Symphony Orchestra e molte altre, le tournée in giro per il mondo. Suono da sempre, il violino per me è creazione continua».

«ABBADO NON L’HO MAI VISTO VECCHIO. E BORGES CON ME SCHERZÒ SUL NOBEL MANCATO: “FORSE PENSANO DI AVERMELO GIÀ DATO”»

È stato diretto anche da grandi nomi.

«Ne menziono alcuni, sapendo di fare un torto a tanti non citandoli, ma sono troppi: Rostropovich, Celibidache, Maazel, Mehta, Sinopoli. Se devo menzionare un grandissimo italiano, dico Giulini».

Lei possiede diversi esemplari rari dello strumento, è così?

«Mi piace citarne due su tutti: il Kreutzer 1701 di Antonio Stradivari e il Guarneri del Gesù “ex Grumiaux” 1744. Sono strumenti unici, specie il Guarneri, uno degli ultimi modelli realizzati. Io li paragono a Raffaello e a Caravaggio: lo Stradivari è apollineo, il Guarneri è dionisiaco. Il primo ha un suono cristallino e limpido, il secondo è più tormentato, complesso. Lo Stradivari è denominato “Kreutzer” perché appartenuto all’omonimo violinista a cui Beethoven aveva dedicato la famosa Sonata. Vede che tutto si tiene? Musica, arte, letteratura» … leggi tutto

(Uto Ughi nel 1970)

Mario Tozzi scrive a Jovanotti: «I concerti con 50mila persone non sono sostenibili da alcun sistema naturale» (rollingstone.it)

Il geologo e divulgatore scientifico, 

conduttore di ‘Sapiens’, ha scritto una lettera aperta al cantante, invitandolo a un ripensamento e affrontando il tema dell’insostenibilità del Jova Beach Party

Il dibattito sulla sostenibilità del Jova Beach Party continua a tenere banco: il duro sfogo su Instagram della scorsa settimana, quando il cantante ha etichettato come “eco-nazisti” i movimenti ambientalisti che, da mesi, protestano contro il tour per via del suo impatto ambientale negativo e per i pericoli che ne conseguono sul fronte della biodiversità, ha inevitabilmente generato diverse reazioni da parte di studiosi e attivisti.

Tra queste, sta facendo discutere soprattutto una lettera aperta pubblicata su La Stampa dal geologo e ricercatore del CNR Mario Tozzi, conduttore di Sapiens – Un solo pianeta, famoso programma di divulgazione scientifica che va in onda su Rai 3.

Per incentivare un dibattito costruttivo e non polarizzante su una questione così delicata, Tozzi – che ha dichiarato di apprezzare la musica di Jovanotti almeno dai tempi di Serenata Rap – ha saggiamente scelto di impiegare dei toni pacati e concilianti, specificando sin da subito che «non c’è ombra di pregiudizio nella mia analisi».

Subito dopo, lo scienziato ha precisato di essere a favore del connubio tra arte, ambiente e paesaggio; nel caso del Jova Beach Party, infatti, il problema non è tanto da ricercare nell’evento in sé, ma nelle sue proporzioni: secondo Tozzi, nel caso del tour del cantante di Cortona «gli effetti sono dirompenti, semplicemente per il numero di individui che vi partecipano: un conto sono cento persone, un altro cinquantamila».

Il geologo ha poi citato un recente studio del CNR che «ha stimato che, dalle spiagge del Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena, ogni bagnante che passa una giornata al mare porta via con sé, volente o nolente, dai 50 a 100 grammi di sabbia. Lo studio è stato elaborato per la famosa spiaggia di Budelli che veniva sistematicamente depredata delle sue sabbie rosa e che è stata chiusa all’accesso proprio perché, comunque, dieci bagnanti trasportavano inconsapevoli altrove almeno un chilo di sabbia al giorno. Moltiplica questa cifra per le tue diecimila o cinquantamila persone e vedi a che montagna di sabbia si arriva, senza contare che si balla e ci si agita, aggiungendo erosione a erosione».

Ai numeri insostenibili, Tozzi affianca come problematica principale i luoghi preposti per i concerti, ossia le coste e le spiagge: «le linee di costa sono quanto di più delicato esista sul pianeta e sono compromesse soprattutto in Italia. Oggi le nostre coste sabbiose sono spesso in via d’erosione, mentre quelle alte, di falesia, finiscono per subire i colpi delle maree, sempre più disastrosi anche a causa delle frequenti tempeste», ha scritto, aggiungendo che «In Italia circa il 40 per cento delle spiagge è sottoposto a un’erosione costante e l’esito di questo processo è che rischiano di andare perdute, se non si interviene incisivamente».

L’altra riflessione dello scienziato è di natura prettamente culturale: non bisogna fare l’errore di ritenere che gli esseri umani possano disporre a proprio piacimento degli ambienti naturali, dato che «trasformandoli in luoghi per eventi di massa si potrebbe dare l’idea che la natura e il paesaggio siano, in fondo, modificabili costantemente dai sapiens anche per esigenze che non sono di immediata sopravvivenza, pur riconoscendo il valore assoluto della musica. Ma ci sono luoghi deputati per quelle manifestazioni, anche giganteschi: stadi, palazzetti, piazze municipali e quant’altro.

Infine, Tozzi è tornato sullo sfogo piccato della scorsa settimana, spiegando come i dubbi sulla sostenibilità dell’evento non siano argomenti da estremisti, ma perplessità del tutto razionali: «Ciascuno di noi sbaglia benissimo da solo e i consigli so dove posso mettermeli, ma davvero non devi pensare che ci sia una pattuglia combattiva di eco-nazisti, come li hai chiamati, che vuole distruggere la tua iniziativa per invidia sociale.

Se pure ci sono voci estreme, ci sono anche altri, ecologisti di lunga data come me, che studiano l’ambiente da un punto di vista scientifico e che ne hanno viste abbastanza per suggerirti di rinunciare a questo progetto e rimodularlo legandolo a vere iniziative di compensazione ambientale: dalle emissioni clima alteranti che un evento ha sempre e comunque, alla piantumazione di alberi seguita e certificata, alla restaurazione di dune e praterie di Posidonia, alla difesa dell’avifauna e delle tartarughe marine».

Bruno Giordano risponde a Jovanotti: «Ha perso un’occasione per intestarsi la lotta al lavoro in nero» (rollingstone.it)

Il Capo dell'Ispettorato del lavoro è tornato 
sulla questione dei 17 lavoratori in nero 
individuati lo scorso 5 agosto al Lido di Fermo: 

«criticare gli ispettori significa attaccare chi è al servizio di tutti i lavoratori e di tutte le aziende». Il Jova Beach Party è sempre più un piccolo caso politico

Ormai è chiaro: il Jova Beach Party non è soltanto un evento musicale, ma un piccolo caso politico che, da settimane, ha acquisito una dimensione pubblica. Dopo le accuse di greenwashing, da cui Jovanotti ha scelto di smarcarsi pubblicamente la scorsa settimana, etichettandole come fisime da eco-nazisti, è arrivata anche la dura replica di Bruno Giordano, capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

Riavvolgiamo il nastro: il 5 agosto, al termine di un’ispezione al cantiere di allestimento del palco e dell’aerea del concerto in programma al Lido di Fermo, l’Ispettorato del lavoro di Ascoli Piceno aveva constatato la presenza di 17 lavoratori, sia italiani che stranieri, in nero.

In quell’occasione l’agenzia Trident, che si occupa dell’organizzazione del Jova Beach Party, aveva replicato a stretto giro, smentendo «categoricamente» l’accaduto e spiegando che «nel corso delle abituali ispezioni in data di ieri sono state notificate delle inadempienze formali a tre aziende».

Sulla faccenda era intervenuto anche lo stesso Jovanotti nell’ormai celebre diretta su Instagram, in cui ha assicurato che, durante i suoi eventi, è sempre e comunque «tutto in regola», invitando anche chi di dovere ad andare a controllare.

«Lavoro con la Trident e Salvadori dal 1988», ha dichiarato il cantante, «e da allora abbiamo fatto tournée grandi e piccole, discoteche, locali, bar, stadi e non abbiamo mai avuto una contestazione sul piano della legge del lavoro. Ma so che siamo nell’occhio del ciclone: il Jova Beach porta grandi eventi in piccole realtà mettendo in moto il livore locale e micro vendette in qualche modo politiche».

Delle parole che hanno indotto Giordano a rispondere.

In un’intervista concessa a Repubblica, il capo dell’Ispettorato ha infatti dichiarato che Jovanotti «Ha perso una grande occasione, visto che quella decina di ispettori ha lavorato proprio a favore della sua attività: in un cantiere come quello del Jova Beach Party, perché così la legge definisce un’attività che coinvolge centinaia di lavoratori, ci può stare che una ventina di addetti sia irregolare.

Sarebbe bastato prenderne atto, ringraziare gli ispettori e, con senso istituzionale rafforzato dalla sua notorietà, aiutare il lavoro di chi giorno e notte si adopera per garantire la sicurezza e la dignità di tutti i lavoratori» … leggi tutto

Leggi anche: Salvini difende Jovanotti e i concerti in spiaggia: “Polemiche tristi, va solo premiato”

Il Jova Beach Party, il fratino, gli econazisti e il greenwashing