Ilva: dilettanti allo sbaraglio ma anche autentici masochisti (italiaoggi.it)

di Sergio Lucianoo

Ilva come Enimont: un po’ di memoria storica e sinistri ricordi riaffiorano. Anche allora (era il ’90-’91) una privatizzazione che assomigliava, pur non essendolo, ad un salvataggio. Un salvataggio peloso, beninteso: perché il cavaliere bianco privato, in quel caso Raul Gardini, comprava per guadagnare.

Ma pur sempre salvataggio, perché l’industria chimica pubblica nazionale, Enichem, era considerata inadatta a crescere sotto la mano pubblica. Erano anni così: iperliberisti … leggi tutto

Leggi anche: L’Ilva pronta a chiudere. Ma per rilanciare il Sud il M5s punta sulle cozze (il giornale)

Le tasse crescono, l’Ilva ci ricatta, l’Europa ci bastona: il fallimento è servito, cari sovranisti (linkiesta.it)

Le città non sono pronte (voxeurop.eu/it/)

di Nicolas Kayser-Bril 

Mentre l’Europa è colpita da un’ondata di calore senza precedenti nel 2019, i dati relativi alle temperature in 558 località rivelano che in quasi la metà il 2018 è stato l’anno più caldo dal 1900 a oggi. Secondo l’inchiesta svolta in oltre 60 città di sei paesi dell’Unione europea, appare che la risposta delle autorità locali è spesso inesistente.

Come ci si doveva aspettare in un mondo che si surriscalda di continuo, il 2018 ha infranto numerosi record. Secondo i dati di rianalisi forniti dall’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF), per milioni di abitanti dell’Europa centrale l’anno passato è stato il più caldo dal 1900.

Oltre 200 città e dintorni hanno raggiunto temperature record, da Montpellier nel sud della Francia a Białystok nella Polonia nord-orientale.  Il 2018 è stato l’anno più caldo che si ricordi anche per le città lungo il Danubio, quelle che si affacciano sul Mar Adriatico o che si trovano in Italia centrale … leggi tutto

Chernobyl è diventata un’oasi per animali e piante 33 anni dopo il disastro nucleare (thevision.com)

di Silvia Granziero 

Il tipico paesaggio post atomico nell’immaginario collettivo è una landa desolata, arida e disabitata, dove ogni essere vivente è morto o fuggito per sempre.

Ora immaginate una regione verde, fitta di alberi, popolata da lupi, alci e bisonti, dove non esistono automobili a disturbare le abitudini dell’abbondante fauna locale.

Sembrerebbe un paesaggio del Nord Europa o dell’Alaska durante la stagione primaverile, una zona da cui le condizioni climatiche invernali e la lontananza dalle città hanno impedito gli insediamenti umani. Invece questo è lo scenario che si presenta sul confine tra Ucraina e Bielorussia, nelle vicinanze di Pripyat. Divenuta tristemente nota nel secolo scorso come scenario del disastro atomico di Chernobyl … leggi tutto

Land grabbing: così l’Occidente sta distruggendo l’Africa e creando nuovi migranti (linkiesta.it)

di Pietro Mecarozzi

L’accaparramento delle terre da parte di aziende e Stati ha sottratto ai paesi emergenti 88 milioni di ettari di terra. Una ferita aperta che spreme le risorse ambientali e alimenta la crisi dei migranti in Europa. La situazione già grave, adesso, rischia di precipitare con il climate change

Porti chiusi, sbarchi bloccati e, perché no, la pacchia è finita. L’iter si ripete, come del resto si ripetono le immagini strazianti di quelle persone costrette a rischiare la propria vita solo per averne una decente. Così simili in ogni passaggio ed emozione suscitata, che spesso si dimentica perché sono lì. E se guerre e torture non bastano per giustificare l’azzardo, grazie al land grabbing l’Europa – prima di quanto possa immaginare – sarà teatro della più grande crisi di migranti della storialeggi tutto

Ex Ilva, storie di resistenza dal Rione Tamburi (ilsole24ore.com)

di Paolo Bricco

Tamburi è la metafora di Taranto e Taranto è la metafora dell’Italia. Tutto estremo. Tutto rarefatto. Tutto incandescente

Rione Tamburi non è vicino. Dal quartiere borghese in stile umbertino di Taranto, passi il Ponte Girevole e costeggi il lungomare: sullo sfondo hai le ciminiere dell’Ilva, a sinistra la Città Vecchia, l’antico profilo arabo-mediterraneo usurato ma non cancellato dal tempo.

Una casa su due è vuota, in un senso di abbandono contrastato dalla testarda presenza e dalle voci rumorose, dalle gioie e dai dolori di chi qui vive da secoli, prima riponendo la sera nel cortili la rete da pescatore e poi tirando fuori dall’armadio la mattina la tuta blu da operaio dell’acciaieria … leggi tutto

Il settore sopravviverà solo se si proteggono le specie minacciate (voxeurop.eu/it)

Stefano Valentino

Al summit di Marrakech, svoltosi l’11 e 12 giugno scorso, i paesi che si affacciano sulle coste del Mediterraneo hanno ribadito la loro determinazione nel voler contrastare la pesca eccessiva nel mare dove si pesca di più al mondo.

Il Mediterraneo è il mare più pescato al mondo e il nuovo piano di gestione della pesca, recentemente approvato dall’Ue, segna un passo in avanti verso la sostenibilità. Secondo gli scienziati per fermare il drastico e continuo calo delle riserve ittiche sono necessari divieti totali nelle aree più vulnerabili.

Da ormai diversi anni gli scienziati ci mettono  in guardia: i pescherecci con reti a strascico arrecano gravi danni  ai fondali della maggior parte del Mediterraneo, proprio nelle zone in cui i giovani pesci si riuniscono per riprodursi, proprio perché  vengono catturati prima di poter mettere al mondo una nuova generazione. Questo problema è particolarmente grave per i naselli e le triglie di scoglio, il cui habitat è nei fondali marini, e che sono tra le prime vittime della pesca con reti a strascico. Secondol’ultimo rapporto del Comitato scientifico di consulenza sulla pesca della FAO,i naselli, la specie più a rischio, sono pescati 10 volte di più del loro livello di sostenibilità .. leggi tutto