Ottanta ore da Musk (corriere.it)

di Massimo Gramellini

Il caffè

Perché molti giovani dovrebbero intasare di curriculum Elon Musk, come pare stia già avvenendo, per rispondere al surreale bando d’assunzione del nuovo superministro di Trump con delega all’Efficienza?

Per quale motivo, dato che si richiedono «quoziente intellettuale altissimo» e disponibilità a lavorare «più di 80 ore settimanali» — oltre 11 al giorno — per un compenso «pari a zero»?

La risposta è che Musk non sta offrendo un impiego, ma un’esperienza unica. Unica e fuori dal comune: entrare nell’ufficio che avrà il compito di trasformare/scardinare lo Stato (licenziando milioni di dipendenti pubblici, tra l’altro), a contatto con l’uomo più ricco e visionario del pianeta.

Il fascino perverso di Musk sta in questa fusione tra la modernità degli strumenti che usa (razzi, satelliti) e l’antichità del suo messaggio, lo stesso dei nostri avi: se vuoi emergere, fai sacrifici e lasciati sfruttare. Il Superuomo del momento non tiene minimamente conto dei diritti acquisiti negli ultimi secoli e costati parecchie tragedie.

Questi diritti si basano su un presupposto che è l’esatto contrario del Muskismo: la necessità di tutelare i meno fortunati, i meno intraprendenti e anche i meno intelligenti. I normali, non soltanto gli eccezionali. La scommessa di Musk è che con le nuove tecnologie una minoranza di eccezionali potrà tenere in pugno tutti gli altri. Però i normali hanno ancora un vantaggio. Uno solo, ma enorme: sono più numerosi.

E alla lunga le maggioranze vincono sempre (speriamo).