Il distretto sanitario dell’Idaho e i vaccini (butac.it)

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Su molti canali legati ai movimenti populisti e complottisti nei giorni scorsi è apparsa questa notizia, qui ripresa dai post pubblicati dal canale Telegram

Dentro la notizia:

MEGA SCOOP! Il distretto sanitario dell’Idaho sudoccidentale decide di fermare la somministrazione dei “vaccini” COVID-19! Il dott. David Wiseman (presente al dibattito assieme al dott. Peter McCullogh) afferma: “Momento storico”!

Quanto riportato è un classico caso di “non” notizia condivisa col titolone urlato MEGA SCOOP per dare a intendere diversamente. Abbiamo pensato di fare cosa utile nello spiegare i fatti meglio di quanto non facciano i tanti diffusori di disinformazione che affollano il web italiano. Siamo infatti di fronte a un classico caso di interpretazione fuorviante dei fatti.

Intanto partiamo col dire che il distretto sanitario dell’Idaho sudoccidentale è una zona che comprende circa 300mila abitanti, poco meno dell’1%permille della popolazione degli Stati Uniti d’America. È vero che il distretto sanitario ha deciso di interrompere l’offerta dei vaccini (anche se la votazione è decisamente stretta, su sette votanti tre volevano mantenere la somministrazione e quattro no – e curiosamente tra i tre a favore del mantenimento appare anche l’unico votante titolato a parlare della materia, cioè un medico).

Il voto è arrivato dopo un dibattito pubblico dove sono stati chiamati a testimoniare soggetti come appunto il cardiologo Peter McCulloughsoggetti che chiunque mastichi di disinformazione scientifica durante la pandemia ha imparato a riconoscere subito come disinformatori seriali.

Ma la notizia è fuorviante soprattutto perché non spiega che non è stata vietata o sconsigliata la vaccinazione, ma solo che nelle cliniche dell’Idaho sudoccidentale non verrà più offerta ai pazienti che la richiedano, i quali però potranno continuare ad acquistare il vaccino nelle tante farmacie locali o presso fornitori facilmente reperibili, compresi quelli della grande distribuzione, come ad esempio Walmart.

La decisione presa dal distretto sanitario dimostra come le pressioni di un piccolo gruppo con forti opinioni antiscientifiche possano influenzare una popolazione preoccupata portando alla modifica delle politiche sanitarie di un intero distretto. Per questo è profondamente sbagliato che di politiche sanitarie si occupino amministratori comunali e non medici e scienziati.

Qui potete leggere un ottimo articolo, pubblicato su Idaho Statesman, che spiega i fatti al meglio.

Perché Didier Raoult è stato sospeso dalla professione medica per due anni (open.online)

di Juanne Pili

FACT-CHECKING

Dopo la prima inchiesta e le accuse di aver “gonfiato” la produzione di studi, il guru dell’idrossiclorochina resta sospeso per due anni

Si aggrava la situazione del medico francese Didier Raoult, dopo una prima inchiesta in cui lo si accusava di aver messo in pericolo la salute dei pazienti positivi alla Covid-19, per usarli nei suoi esperimenti sull’idrossiclorochina, nonostante il farmaco si fosse già rivelato inefficace contro il nuovo Coronavirus. Forse anche per queste ragioni Raoult è presto diventato uno dei punti di riferimento della sfera No vax e dei movimenti delle cosiddette «cure alternative».

Così, Il 3 ottobre scorso una nuova sentenza d’Appello della Camera disciplinare nazionale francese, aggrava la situazione del medico. La sospensione di Raoult dalla professione medica si estende così a due anni, con decorrenza dal 1° febbraio. Il provvedimento è in linea con la decisione del consiglio nazionale dell’Ordine dei Medici.

La sanzione, più severa rispetto al primo grado, è stata emessa in risposta alla promozione infondata dell’idrossiclorochina come trattamento contro la Covid-19, secondo quanto riportato da Le Parisien citando a sua volta AFP.

I controversi studi del “guru” dell’idrossiclorochina

Vengono quindi confermate le accuse a carico del guru dell’idrossiclorochina, in merito alla violazione di diversi articoli del Codice di salute pubblica, promuovendo un trattamento senza supporto scientifico. Già nel dicembre 2021, Raoult era stato oggetto di una semplice ammonizione da parte della Camera disciplinare nazionale francese.

Sanzione che l’Ordine dei Medici aveva considerato troppo indulgente, decidendo così di presentare ricorso. In Appello si è così stabilito, che il professor Raoult non ha basato le sue posizioni pubbliche su dati confermati, non ha esercitato la dovuta cautela e ha promosso un trattamento con prove insufficienti.

Tuttavia, come nel giudizio di primo grado, la Camera ha rilevato che Raoult non ha sottoposto i suoi pazienti ad un «rischio ingiustificato», in parte perché le dosi prescritte di idrossiclorochina rispettavano quelle raccomandate, inoltre aveva escluso consapevolmente i pazienti con fattori di rischio elevati.

Secondo un comunicato stampa del settembre 2022 dell’Istituto Ospedaliero Universitario (IHU) di Marsiglia, si sarebbe trattato di «non conformi alle normative e possono generare un rischio per la salute dei pazienti, in particolare durante i protocolli di ricerca […] eccessi nelle pratiche di gestione, che possono generare molestie e disagio sul lavoro […] eccessi nella governance, che non rispetta rigorosamente le regole che disciplinano le fondazioni di cooperazione scientifica».

Una carriera sovradimensionata?

Come riportato in una precedente analisi di Enrico Bucci, adjunct professor alla Temple University e specialista nella revisione di studi scientifici, l’attività accademica di Didier Raoult, noto per la sua promozione dell’idrossiclorochina, appare estremamente sovradimensionata. Raoult risulta coautore di oltre 2.300 pubblicazioni, ottenendo un H-Index molto elevato, che però potrebbe essere fuorviante.

Facendo un rapido calcolo, tra il 1995 e il 2020, avrebbe firmato 1.836 articoli, con una media di uno ogni tre o quattro giorni lavorativi. Stando a quanto riportato dal New York Times, questo ritmo prolifico di pubblicazione è dovuto al fatto che Raoult tendeva a includere il proprio nome in quasi tutte le ricerche prodotte dall’istituto da lui diretto.

Non si è trattato certo dell’unico esperto a scovare irregolarità nelle pubblicazioni co-firmate da Raoult.

La sfida BRICS all’Occidente e l’Europa grande assente (romanoprodi.it)

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero 
del 26 ottobre 2024

A Kazan, la città sacra al popolo russo che si trova tra Mosca e gli Urali, è terminato il vertice dei Brics: un gruppo di paesi che originariamente comprendeva, come dice l’acronimo, Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Un gruppo a cui si sono aggiunti e si stanno aggiungendo tanti altri paesi, fra i quali Etiopia ed Egitto e alla cui porta si sta affacciando, insieme a Indonesia e Messico, persino la Turchia, che pure è membro della NATO.

Tutti insieme raggiungono il 45% della popolazione mondiale, oltre quattro volte quella dei G7, mentre il loro Prodotto Interno lordo si colloca intorno al 30% del totale mondiale, sostanzialmente simile a quello dei G7.

La presenza di tutti i maggiori responsabili politici di queste nazioni, da Putin a Xi Jinping, con la sola eccezione di Lula infortunato, ha creato grande attesa fra tutti gli osservatori, naturalmente divisi fra coloro che vedono nella grande diversità di natura e di interessi dei paesi partecipanti un limite invalicabile per il successo dei Brics allargati, e coloro che ne vedono invece l’embrione di una grande nuova alleanza di carattere mondiale.

Se guardiamo alle conclusioni concrete e al comunicato finale non vi sono certo novità eclatanti perché non si è concluso, e non si poteva concludere, nessun accordo immediatamente operativo fra paesi così eterogenei.

Tra India e Cina vi sono infatti tensioni non solo commerciali, ma anche territoriali, mentre Brasile e India non si oppongono agli Stati Uniti come, invece, vi si oppongono Cina e Russia.

E potremmo continuare constatando che l’India compera petrolio e armi dalla Russia mentre, nello stesso tempo, si schiera in un’alleanza militare con gli Stati Uniti, l’Australia e il Giappone, un’alleanza esplicitamente dedicata a contenere la Cina. Il che non è un problema di poco conto.

La Cina, infatti, gioca un ruolo dominante nel consesso dei Brics , dato che il suo PIL, da solo, pesa per il 60% del Prodotto Interno Lordo di tutti i paesi che oggi partecipano a questo grande consesso. Il rafforzamento del gruppo dei Brics comporta quindi automaticamente la crescita dell’influenza di Pechino su tutta l’economia e la politica del pianeta.

In questo contesto nessuno poteva illudersi che il vertice di Kazan cambiasse l’esistente ordine mondiale e nemmeno mettesse le basi per un futuro cambiamento.

Il vertice, tuttavia ha raggiunto alcuni obiettivi non certo trascurabili per i leader che vi erano presenti. In primo luogo, dato l’elevato e qualificato numero dei partecipanti e i numerosi incontri bilaterali dei quali è stato protagonista, Putin è riuscito, almeno in parte, a dimostrare di non essere solo e isolato di fronte agli Stati Uniti e ai suoi alleati occidentali, ma al contrario ha potuto mostrare di avere molti amici e molti paesi aperti al dialogo.

In questo suo disegno ha persino contato sulla presenza del Segretario Generale delle Nazioni Unite che, partecipando al vertice di Kazan, ha ovviamente provocato una risentita disapprovazione da parte dell’Ucraina.

In secondo luogo, le differenze che pur esistono fra i paesi presenti a Kazan non hanno impedito il consolidarsi di un condiviso malcontento nei confronti delle grandi istituzioni finanziarie internazionali, a cominciare dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, accusate di favorire gli interessi dell’Occidente contro tutti i paesi emergenti.

Su questo tema l’accordo è così ampio da rendere doverosa un’approfondita riflessione sulla necessità di riformare queste importantissime istituzioni per adeguarle ai grandi cambiamenti della politica e dell’economia mondiale.

Ovviamente a Kazan non è nata, come qualche paese partecipante sperava, la moneta dei Brics da contrapporre al dollaro, oggi e ancora per molto tempo dominante, ma si è cominciato ad operare per creare un sistema dei pagamenti internazionali alternativo a quello esistente interamente controllato dagli americani.

Sembrerebbe un problema puramente tecnico, ma questo sistema (chiamato Swift) è stato l’unico strumento veramente efficace per potere applicare le sanzioni nei confronti dei paesi, delle banche e delle imprese che hanno rapporti finanziari con la Russia. A questo si è aggiunta, anche se con scarsa possibilità di essere messa in atto in un tempo prevedibile, la proposta di creare a Mosca un grande mercato dei cereali capace di fare concorrenza a quello di Chicago.

A Kazan, quindi, non è cominciata nessuna concreta rivoluzione, ma con la convergenza di un grande numero di paesi e con la presenza dei leader politici di mezzo mondo, si è certamente accentuata la divisione fra l’Occidente e il resto del mondo. Naturalmente i maggiori frutti di quest’evoluzione non potrà che raccoglierli la Cina, che ha compiuto un ulteriore passo in avanti nella sua strategia di presentarsi come il grande protettore di tutto il sud del pianeta, dall’Asia all’Africa, fino all’America Latina.

L’ormai lunga tensione fra Cina e Stati Uniti si sta quindi ancora più trasformando, proprio come vuole la Cina, in una sfida fra l’Occidente e il resto del mondo, senza che vi sia in corso una qualsiasi azione di mediazione o di composizione. E’ purtroppo doveroso constatare che in tutto questo grande processo di cambiamento il ruolo dell’Europa è inesistente.

Anche a Kazan l’Europa non c’era.