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Il nicodemismo degli intellettuali italiani che stanno con tutti e non stanno con nessuno (linkiesta.it)

di

Vincono sempre loro

In questi giorni è tornata di moda la vocazione a nascondere il proprio pensiero, di chi si è già stancato di criticare Putin per la sua aggressione criminale e chi ha già cambiato idea dopo il massacro di Hamas contro i civili ebrei

«Speravo che dopo la Resistenza il vecchio costume del doppio gioco (chiamiamolo in termini più brutali e meno dotti di nicodemismo) fosse scomparso», scrive Giorgio Amendola sull’Unità il 12 giugno 1977. L’anziano dirigente del Partito comunista italiano, indignato dall’atteggiamento soi disant neutrale e equidistante di molti scrittori rispetto al terrorismo che in quegli anni insanguinava l’Italia attaccandone le istituzioni con violenza cieca, richiamava un’antica polemica (vi è qui un’eco gobettiana) a proposito del “nicodemismo degli intellettuali”.

Lo storico Delio Cantimori aveva spiegato che il nicodemismo consiste «nell’atteggiamento di simulazione o di dissimulazione di coloro che tenevano celata la propria fede, aspettando per manifestarla che cessasse il timore del martirio, e facendo intanto atto di ossequio alle autorità ecclesiastiche dei paesi dove si trovavano».

Carlo Ginzburg, nel suo “Il nicodemismo: simulazione e dissimulazione religiosa nell’Europa del ’500”, scrive che fu «Giovanni Calvino a chiamare “nicodemiti” coloro che, convertiti interiormente alla Riforma, continuavano a partecipare alle cerimonie della Chiesa di Roma»: dal non prendere parte alla dissimulazione il passo è breve. Questo succedeva nel 1500. Ma si tratta di una postura sempre attuale.

In questi giorni in vario modo torna tra gli intellettuali italiani, in sintonia con un più generale atteggiamento dell’opinione pubblica, questa vocazione a nascondere il proprio pensiero. La sera del 7 ottobre tutti giustamente inorriditi, ma nemmeno un mese dopo molto è cambiato, come un sentimento precedente che torna a galla dopo essere stato momentaneamente scalzato da un altro.

Un mese dopo il Sabato nero, tutto ritorna. Si celebra la Chiesa di Roma, come prima. La cosa più semplice è non prendere una posizione netta. Schierandosi semmai dalla parte di chi non si schiera. Arrivando finanche a sbeffeggiare chi invece sceglie da che parte stare: «Non è una partita di calcio», ripetono in coro, «basta col tifo da stadio». Frasi che suonano bene e prendono l’applauso. Come tutte quelle che suonano il piffero dell’equidistanza, nel senso che “hanno tutti torto” – hanno ragione solo loro, dallo studio di casa o da quello televisivo.

Va molto di moda il ragionamento che ha svolto brillantemente Chiara Valerio su Repubblica: «Noi non discutiamo più, rispondiamo a sondaggi e a incitamenti di una curva, il cui principio e fine è la riduzione a macchietta dell’altro e della sua posizione che si suppone parimenti basata su sondaggio e tifo». Naturalmente c’è del vero.

I talk show e i sondaggi aizzano il tifo. E quante macchiette. Ma a ben guardare il “tifo” è la volgarizzazione mediatica, superficiale e persino volgare, del “prendere posizione”, che è invece è cosa nobile. La famosa “difesa della causa”. Gli intellettuali dreyfusardi facevano il “tifo”? E facevano bene, alla fine vinsero pure. E così sull’antifascismo, o sul Vietnam. Ma oggi? Oggi no.

Prendiamo l’Ucraina, proprio in questi giorni nei quali la premier italiana spiffera al telefono come se fosse la sora Augusta Cecioni che in giro c’è «stanchezza»: è sparito ogni residuo di indignazione contro il dittatore di Mosca (aveva visto bene Paul Berman) a partire dagli intellettuali che, annoiati, non hanno mai sopportato Volodymyr Zelensky e non compreso sino in fondo le tremende conseguenze che potrebbero derivare da una vittoria di Putin.

Stanchi di vedere i servizi sulle tante Bucha, si sgranchiscono sui loro divani e cambiano canale. Molti si predispongono al finale di partita e già pensano che in fondo lo zar ha le sue ragioni. E già si stanno stufando della guerra che Hamas ha mosso ad Israele, il 7 ottobre è lontano.

Gli intellettuali sono sempre i primi a dimenticare i motivi scatenanti di un conflitto, così da smarrire rapidamente la distinzione morale tra torti e ragioni. E chi si schiera con le ragioni di Israele per i nostri maîtres à penser è un tifoso, dunque non ragiona, scansa la complessità, ignora la storia, non guarda avanti, rifiuta la discussione, si trincera dietro le pietre d’inciampo, si arma del filo spinato di Buchenwald, non legge Haaretz e non capisce Grossman (che sono poi emblemi della superiorità intellettuale di Israele).

In questi conflitti il nicodemista è parente non lontano dell’antisraeliano e del filoputiniano, non la può dire così perché non sta bene, sta ben attento a non valicare il sottile confine dell’impolicità più infame, conosce i buoni sentimenti dei salotti e delle sacrestie.

In definitiva, come suona bene il jingle «io non sto con nessuno, io sto con chi soffre», come alligna facilmente il pilatesco rifugio nella complessità diventata come una bambagia che attutisce dolori e rumori. E dunque cosa c’è di più facile per le anime belle che sospirare che «Israele ha ragione però…»? Oppure, «che orrore l’antisemitismo ma è Israele che lo alimenta», ignorando che l’antisemitismo precede Israele di qualche secolo.

Tutti questi dangling men, direbbe Saul Bellow, che vivono le guerre come un impaccio al dispiegarsi tranquillo delle loro esistenze, rimandano il momento delle scelte di campo a quando tutto sarà finito per concludere con l’immancabile «io ve l’avevo detto che finiva così», un altro di quei tic insopportabili degli intellettuali italiani, i nicodemisti di oggi che pensano una cosa e ne dicono un’altra, che stanno con tutti e non stanno con nessuno. Così da vincere sempre loro.

(Engin Akyurt)

Cerimonie tribali e personaggi da operetta (corriere.it)

di Aldo Grasso

Padiglione Italia

Personaggi da operetta che recitano la tragedia dell’umanità. Ne «Gli ultimi giorni dell’umanità», 1922 (con i fumetti, ogni tanto bisognerebbe ancora leggere i libri), Karl Kraus prefigura il nostro destino.

Privilegiando il parassitismo dell’opinione sul pensiero, stiamo trasformando un’immane tragedia in chiacchiere, slogan, isterie e fanatismi. Ogni sera nei talk vince chi le «spara» più grosse; le polemiche sulla mancata partecipazione di Zerocalcare a Lucca Comics hanno oscurato i reportage sulla guerra e il fumettista dimentica sempre di citare la mattanza di Hamas all’origine della reazione d’Israele; i social sono l’altare dei luoghi comuni, pietre d’inciampo del linguaggio e del ragionamento, ci rassicurano e ci rinsaldano nei bastioni delle nostre convinzioni, dove convivono con disinvoltura massacro, assuefazione e antisemitismo.

Senza affrontare la complessità, non è possibile capire come la guerra di religione e di terrore promossa da Hamas riguardi l’esistenza stessa d’Israele e dell’Occidente.

Kraus descrisse la Prima guerra mondiale come un intreccio allucinatorio di voci, una cerimonia tribale mascherata da spontaneità democratica, un vociferare di capannelli attorno al cadavere: «È l’ultimo rito che tiene insieme la società civile». Da allora, è passato più di un secolo ma gli ultimi giorni non finiscono mai.

L’odio della sinistra per gli ebrei (tagesspiegel.de)

di Sebastian Leber

"C'è una grande riluttanza a riconoscere 
l'antisemitismo nelle proprie file"

Come fanno gli esponenti della sinistra tedesca a glorificare l’ondata di terrore contro Israele come una “lotta per la libertà”? L’esperto di antisemitismo Nicholas Potter sulle reazioni inquietanti alle violenze di Hamas.

Su Internet e per le strade, singoli gruppi di sinistra stanno esprimendo simpatia per l’ondata di terrore di Hamas. Qui, l’autore Nicholas Potter della Fondazione Amadeu Antonio spiega perché l’antisemitismo è spesso trascurato a sinistra, quali gruppi sono particolarmente problematici e come “Fridays for Future” si difende dall’appropriazione.

Signor Potter, i recenti attacchi terroristici contro Israele sono celebrati dai tedeschi che si descrivono come “di sinistra”. Come si combinano?

Senza l’antisemitismo, questo non può essere spiegato. Anche la sinistra sociale non è esente dall’odio per gli ebrei. Si tratta di settori della sinistra che credono sinceramente di essere dalla parte giusta della storia. Pensano che i loro modelli di argomentazione antisemita rendano il mondo un posto migliore. Ad esempio, sostenendo gli appelli al boicottaggio del presunto “stato di apartheid di Israele, che uccide i bambini”. O glorificando il terrorismo islamista come “resistenza antimperialista” quando è diretto contro lo Stato ebraico.

Nelle manifestazioni di sinistra, lo slogan “Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera” si sente da anni.La richiesta di una Palestina dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo non significa altro che l’annientamento di Israele: la fine dello Stato ebraico. Questo è esattamente ciò che l’organizzazione giovanile antimperialista “Giovane Lotta”, ad esempio, ha chiesto sui social media poche ore dopo l’inizio degli attacchi missilistici, dei rapimenti e della profanazione dei cadaveri da parte di Hamas. Un altro slogan delle manifestazioni è “Yallah Intifada” e banalizza la violenza terroristica contro i civili israeliani.

I manifestanti, tuttavia, affermano che la loro richiesta di annientamento di Israele non è affatto antiebraica, perché gli ebrei potrebbero allora vivere in una Palestina libera, al sicuro e su un piano di parità.
Quanto sia disonesta questa affermazione è dimostrato sia dalla storia che dagli attuali attacchi terroristici. Una vita sicura per gli ebrei nella regione sarebbe impossibile se non fosse per Israele, l’unico rifugio sicuro al mondo per gli ebrei. Naturalmente, anche questi manifestanti lo sanno.
Perché questi gruppi non sono sistematicamente esclusi dalle manifestazioni di sinistra?
C’è una grande riluttanza persino a riconoscere l’antisemitismo nei propri ranghi. Cercano di minimizzarlo o di negarlo completamente. Secondo il motto: se sei di sinistra, non puoi essere antisemita. Il che, ovviamente, è una sciocchezza.
Al tempo della Guerra Fredda, l’antisemitismo era dilagante nei paesi del blocco orientale, e una visione del mondo antisemita si sviluppò anche in Occidente nel 1968, che portò persino a un attentato dinamitardo pianificato contro il Centro della Comunità Ebraica di Berlino. Tutto in nome della resistenza antimperialista. Ma devo anche dire che ci sono molte persone di sinistra che sono solidali con Israele e rifiutano e combattono contro ogni forma di antisemitismo. Sfortunatamente, raramente riescono ad espellere attivamente i sostenitori di Israele dai movimenti.
Quali gruppi ritieni siano particolarmente problematici?
“Samidoun”, un gruppo fondato da membri del gruppo terroristico palestinese FPLP e che funge da organizzazione di facciata, deve essere bandito con urgenza. Per anni, hanno fatto appello alla “resistenza contro l’occupazione sionista” in Germania, celebrando i “martiri” come eroi. Sabato hanno festeggiato l’attacco di Hamas con baklava su Sonnenallee. Per inciso, lo stesso giorno lei è salito anche sul palco del “Congresso del comunismo” nella casa “Neues Deutschland”.

Anche “Palestine Speaks” è problematico. Durante le loro manifestazioni, i giornalisti sono stati aggrediti fisicamente e insultati come “sporchi ebrei”. Su Instagram, ora scrivono che sabato è stato un “giorno rivoluzionario” di cui potevamo essere orgogliosi, che avremmo dovuto celebrare. Il loro “blocco femminista” vede la profanazione dei cadaveri nudi delle donne, gli stupri, il rapimento di bambini, donne e anziani come una “lezione per la liberazione di Gaza”. Questo è estremamente pericoloso.

Quanto sono informati gli anti-israeliani di sinistra sul conflitto in Medio Oriente?

Soprattutto nelle dichiarazioni sui social media, diventa chiaro che molti sanno incredibilmente poco del conflitto molto complesso, compresa l’origine di Israele. Credono che un gruppo di europei bianchi abbia deciso un giorno di colonizzare la Palestina. Probabilmente non sanno che le donne ebree hanno vissuto nella regione per migliaia di anni. Che centinaia di migliaia di ebrei del mondo arabo vi sono fuggiti. Che non c’è mai stato uno stato di Palestina. Oltre a questa ignoranza, ci sono assurde narrazioni cospirazioniste. Ad esempio, il “pinkwashing” o gli avvertimenti sui “delfini assassini sionisti”. Queste storie mostrano chiaramente che a quanto pare si crede che “gli ebrei” siano capaci di tutto.

Signor Potter, lei ha appena pubblicato il libro “Judenhass Underground”, in cui gli esperti tracciano l’influenza degli antisemiti su vari movimenti, come gli attivisti per il clima, la comunità queer e la scena dei club. Come si può respingere l’appropriazione da parte degli antisemiti?

Considero il movimento per il clima un esempio particolarmente positivo. “Fridays for Future” è un movimento relativamente giovane con i giovani, molti dei quali non sono ancora entrati in contatto con il conflitto in Medio Oriente. Sfortunatamente, alcuni odiatori di Israele sono stati in grado di dirottare questo movimento, promuovendo persino la glorificazione del terrorismo palestinese come una “lotta per la libertà”. Ma soprattutto nella parte tedesca del movimento, ci sono voci che si posizionano in modo coerente e credibile contro l’antisemitismo. Organizzano seminari che trattano dell’odio verso gli ebrei. Non è scontato e non è facile per un movimento che in realtà ha un focus completamente diverso, ovvero l’urgente crisi climatica.

Il suo libro contiene approfondimenti su molte sottoculture diverse. Ha imparato qualcosa di nuovo durante la sua creazione?

Conosco molto bene la club culture, dove le dichiarazioni politiche vengono fatte principalmente attraverso i social media, perché questo è difficilmente possibile nella musica. Dopotutto, la maggior parte delle canzoni vive di beat e bassi e sono strumentali. Sono rimasto ancora più scioccato da quanto esplicitamente l’antisemitismo sia espresso direttamente nella musica altrove: c’è una band hardcore vegana che paragona il consumo di carne ad Auschwitz. Ci sono star dell’hip-hop che riempiono le sale in Germania e propagano apertamente l’odio per gli ebrei nei loro testi. Lo descriviamo in dettaglio nel libro. E questo mi ha sorpreso.

Come parte dell’ultima ondata di terrore, i militanti di Hamas hanno anche attaccato il festival di trance “Tribe of Nova”, sparando indiscriminatamente sulla folla e uccidendo almeno 250 visitatori. Quali sono le reazioni della scena dei club?

Proprio coloro che altrimenti commentano costantemente e ad alta voce il conflitto in Medio Oriente e si schierano contro Israele ora non devono essere ascoltati. Semplicemente silenzio. Non importa se si tratta dei “DJ per la Palestina”, dei “Lavoratori della vita notturna di Berlino contro l’apartheid” o del portale di scena “Resident Advisor”. Altri hanno scritto sui social media in commenti derisori che i partecipanti al festival se lo meritavano semplicemente perché hanno osato festeggiare a una festa in Israele.

Le bufale della propaganda pro Palestina – L’elenco (open.online)

di Fact-checking Team

Una raccolta in continuo aggiornamento sulla 
propaganda pro Palestina

Molte sono le bufale di propaganda che circolano durante lo storico conflitto tra Hamas e Israele. In questo articolo riportiamo un elenco delle attività di disinformazione diffuse dai sostenitori della Palestina con dei brevi “fast-check” (in un altro articolo riportiamo quelle dei sostenitori della causa israeliana). Essendo il conflitto ancora in corso, aggiungeremmo di volta in volta ulteriori contenuti verificati.

«Il bambino carbonizzato da Hamas è stato creato dall’AI sulla foto di un cane»

Le immagini in questione ritraggono quello che Tel Aviv sostiene essere un bambino israeliano carbonizzato da un attacco di Hamas. Diversi utenti hanno cercato di confutare la presunta veridicità delle immagini sostenendo che si tratti di falsi creati con l’Intelligenza artificiale. Per farlo, hanno usato la foto di un cane che è stato (realmente) generato dall’AI.

«Bambino palestinese che piange per la morte delle sorelle»

Un video decontestualizzato mostra un bambino che si sostiene essere palestinese, in lacrime per la morte delle proprie sorelle. Il filmato però è stato girato nel 2014 in Siria.

«I bambini uccisi da Israele»

Secondo chi la condivide questa foto mostrerebbe bambini palestinesi uccisi da Israele, ma in realtà mostra le vittime delle armi chimiche nella guerra civile in Siria.

«Il popolo egiziano porta aiuti ai palestinesi»

Un video mostre centinaia di persone portare merci a spalla nel ben mezzo del deserto. Secondo chi lo condivide sarebbero egiziani diretti in Palestina con cibo acqua e aiuti, ma in realtà si tratta di contrabbandieri tra Egitto e Libia.

«La manifestazione pro Palestina a Chicago di ottobre»

Un video mostra migliaia di manifestanti che per le strade di Chicago sostengono la causa Palestinese, come fosse recente, ma risale al 2021.

«I beduini egiziani diretti verso Gaza»

I beduini egiziani diretti verso Gaza mostrati in questo video sono in realtà semplici riprese della corsa di cammelli, che si svolge tra le tribù del Sud del Sinai.

«L’ospedale di Gaza è stato colpito da una bomba americana»

Secondo alcuni siti, l’attacco all’ospedale Al Ahli Arab di gaza City sarebbe stato effettuato da Israele con un «bomba americana Mk-84». Le analisi degli esperti smentiscono questa teoria.

«Le immagini spacciate per quelle della guerra»

Circola un video per sostenere che gli israeliani usino piccoli attori per accusare i palestinesi con falsi video. In realtà è il set di un cortometraggio sui palestinesi partiti a causa dell’occupazione israeliana.

«Erdogan ha intimato agli Usa di stare lontani dal conflitto»

In un video Erdogan sembra mettere in guardia gli Stati Uniti dall’intervenire nel conflitto israelo-palestinese. La clip risale però al luglio 2023 ed Erdogan non ha pronunciato quelle parole.

«I giornalisti della Cnn in Israele che inscenano gli attacchi di Hamas»

Su questo video è stato montato un audio falso che spinge chi lo guarda a credere che i giornalisti della Cnn stiano fingendo di trovarsi nel bel mezzo di un attacco di Hamas su suolo Israeliano.

«L’incendio dell’ambasciata israeliana del Bahrein»

Secondo diversi utenti, queste riprese riguarderebbero l’ambasciata israeliana nel Bahrain. In realtà, le immagini mostrano una stazione di polizia del Paese, data alle fiamme dai manifestanti nel 2012.

«L’esplosione a Tel Aviv»

Secondo molti questa immagine mostrerebbe un’esplosione a Tel Aviv. In realtà risale al 2021 e mostra un enorme incendio in una raffineria di petrolio iraniana vicino alla capitale Teheran.

«Gli elicotteri israeliani abbattuti da Hamas»

Circola un video dove dei presunti elicotteri israeliani verrebbero abbattuti da Hamas. In realtà le clip sono tratte dal videogioco Arma 3.

«Alti generali israeliani catturati da Hamas»

Diversi utenti sostengono che l’uomo in questo video sia un personaggio di alto profilo o un generale israeliano catturato da Hamas. In realtà è l’arresto dei separatisti del Karabakh in Azerbaigian.

«La protesta pro Palestina a Barcellona»

Secondo diversi utenti, un video mostrerebbe dei violenti scontri tra manifestanti filo-palestinesi e polizia a Barcellona dopo l’esplosione all’ospedale Al-Ahli di Gaza. Risale al novembre 2020 e non riguarda il conflitto.

«La bandiera palestinese dei tifosi dell’Atletico Madrid»

Un’impressionante manifestazione di sostegno dei tifosi dell’Atletico Madrid alla Palestina? Falso! Risulta generata dall’intelligenza artificiale.

«Il palazzo distrutto dai missili israeliani a ottobre»

Circola un video che mostra un palazzo che sarebbe stato distrutto in Palestina dai missili israeliani. Il palazzo è stato demolito dai colpi lanciati da Israele su Gaza City, ma nel 2021.

«Un padre palestinese fa ridere la figlia durante i bombardamenti»

Il padre di questo video, dove gioca con la figlia per farla ridere durante un bombardamento, viene spacciato per palestinese. Il video proviene dalla Siria e risale al 2020.