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FACT-CHECKING / No! Questo studio non dimostra l’efficacia di un mix tra vitamina D e Lattoferrina nel prevenire la Covid-19 (open.online)

di Juanne Pili e David Puente

Purtroppo le vitamine non sono antivirali e nessuno 
studio ha dimostrato il contrario

A seguito della pubblicazione di un articolo di AdnKronos, è iniziata a circolare la presunta “conferma” che una combinazione di vitamina D e lattoferrina sia efficace nella prevenzione della Covid-19, una tesi molto in voga negli ambienti vicini ai gruppi delle terapie domiciliari. Non mancano le condivisioni Facebook di questa “notizia” (per esempio qui qui), o da parte di alcune testate giornalistiche. Nonostante ciò, sono gli stessi autori a riportare nel paper che non esistono conferme scientifiche.

Analisi

Ecco un esempio di come viene commentata la “notizia” su Facebook:

Ma davvero??? Quindi chi consiglia vitamina D e lattoferrina non è più da considerarsi uno “stregone” o un “medico antiscientifico” (bell’ossimoro eh?) come veniva chiamato chi già due anni fa consigliava ai propri pazienti di assumere tali integratori? E vi ricordate che vitamine e integratori erano sconsigliati dai protocolli di Speranza? Accipicchia! Chissà quante altre cose dovrà rimangiarsi la scienza di regime… È solo questione di tempo…

Sono numerosi i post social che sostengono la narrazione dello “studio rivelatore”:

Il Ministero della verità e della vigile attesa di Speranza nel 2020 negava l’efficacia della vitamina D abbinata alla Lattoferrina. Poi succede che una ricerca confermi quel che molti medici sostenevano, venendo smentiti e crocifissi dal sopra citato Ministero. Ora pro nobis! E sempre vivano i conflitti d’interesse.

Cosa riporta AdnKronos

Leggendo l’articolo di AdnKronos, gli autori del paper non affermano di aver dimostrato un effetto concreto:

Tali risultati – tira le somme Cipriano – suggeriscono che la Lattoferrina potrebbe essere un integratore da utilizzare in pazienti sia asintomatici, sia lievemente sintomatici per prevenire l’esacerbazione di Covid-19. In questo senso, l’uso combinato di Lattoferrina, attraverso un’associazione di assunzione orale (in forma liposomiale) e una formulazione spray nasale, insieme alla vitamina D, potrebbe rappresentare una valida terapia per il trattamento e la prevenzione della malattia da Coronavirus. Sono, ad ogni modo, necessari ulteriori studi clinici randomizzati prima di raccomandarli per il trattamento e la profilassi dei pazienti affetti dall’infezione – conclude il ricercatore – ma questa è la via da percorrere.

Cosa riporta realmente il paper

Il paper, liberamente consultabile sul sito della casa editrice della rivista, riporta delle conclusioni molto chiare in merito alla teoria:

The combined use of LF and vitamin D could represent, through a synergistic action, a valuable therapeutic support and also for the prevention of SARS-CoV-2 infection. In addition, the association of oral intake of LF and a nasal spray formulation would be an additional tool to prevent the spread and worsening of the infection. Although the combined use of LF and vitamin D seems to be a promising approach as an adjuvant for the COVID-19 management, there are still no in vivo studies with robust evidence to prove the benefits of using this combination of supplements against SARS-CoV-2 infection. Further randomized clinical trials are needed to evidence any related beneficial action before recommending/prescribing them for the population[30]. With the exception of the use of approved drugs, what is known so far is that the practice of physical exercises may be an ally for COVID-19 prevention and treatment, as well as to enhance SARS-CoV-2 vaccine immunogenicity[31].

Gli autori affermano, senza ombra di dubbio, che non vi siano studi «in vivo», ossia non vi sono state sperimentazioni cliniche condotte in un essere vivente. Il paper stesso riporta che non vi sono solide prove per dimostrare i benefici dell’utilizzo di questa combinazione di integratori contro l’infezione da Sars-CoV-2.

La rivista scientifica e la “nota” casa editrice

Il sito Beallslist.net riporta da anni la cosiddetta “Beall’s List“, un elenco di editori ritenuti “predatori” stilata dal bibliotecario dell’Università del Colorado Jeffrey Beall. Il paper è stato pubblicato sul Word Journal of Clinical Cases, rivista appartenente a una casa editrice elencata nella blacklist di Beal in quanto sospettata di essere predatoria: la Baishideng Publishing Group.

La rivista Word Journal of Clinical Cases viene citata anche su Retractionwatch.com, sito che riporta le ritrattazioni degli articoli scientifici. Il caso riguardava uno studio di un professore australiano che venne sottoposto alla peer-review di un suo collega e co-autore. Un episodio che avrebbe costretto il redattore capo della rivista a dimettersi in polemica con l’editore, in quanto quest’ultimo si rifiutò di ritrattare la pubblicazione.

In merito al paper oggetto di questo articolo, nelle note a piè di pagina troviamo l’elenco dei revisori. Risulta curioso la presenza di un nome («Li X») sia in quella lista che in quella dei firmatari di uno studio sulla lattoferrina presente nelle Referendes (la n.24). In mancanza di un riferimento chiaro che identifichi che siano la stessa persona, non è possibile riscontrare un caso come quello rivelato da Retractionwatch.

Conclusioni

Contrariamente a quanto interpretato da utenti, siti e account social vari, la pubblicazione citata non pretende affatto di dimostrare che vitamina D e lattoferrina abbiano una efficacia concreta nella prevenzione o nel trattamento della Covid-19, limitandosi a ipotizzarla sulla base di precedenti e limitate pubblicazioni. Gli stessi autori rivelano la mancanza di uno studio in vivo, ossia sugli esseri viventi, che possa in qualche modo dare forza alla teoria.

Chef Ben Altro (corriere.it)

di Massimo Gramellini

Appena ha saputo che Liliana Segre lo aveva 
denunciato per le minacce ricevute online, 
Chef Rubio è tornato ad attaccarla, 

imputando alla senatrice a vita di non essersi mai pronunciata sui crimini commessi dall’esercito israeliano ai danni dei palestinesi. Come se, in quanto ebrea, soltanto una presa di posizione contro la politica di Israele la legittimasse a parlare in pubblico dell’Olocausto.

Con la stessa logica, Chef Rubio avrebbe stroncato «Se questo è un uomo» perché Primo Levi si era limitato a raccontare i lager, tacendo sulla ricchezza dei Rothschild.

Il benaltrismo — quel modo distorto di ragionare che rinfaccia agli altri di non indignarsi per ogni cosa, col bel risultato che non ci si indigna più per niente; quell’artificio dialettico per cui a qualsiasi interrogativo scomodo si risponde con un altro e, rimasti a secco di domande, si esclama «e allora il Pd?»; il benaltrismo, dicevamo, quest’anno ha toccato vette insuperabili.

Basti pensare a coloro che, pur di svicolare dalle responsabilità dei russi nella guerra in Ucraina, si chiedevano perché si parlasse così poco di quella nello Yemen.

Se «i silenzi di parte» fossero «odio», come dice Rubio, potremmo applicare il benaltrismo anche a lui e chiedergli qual è stata l’ultima volta in cui ha difeso i diritti di qualcuno di cui non condivideva l’ideologia.

Ma ce ne guardiamo bene, certe schermaglie fanno parte del gioco. Vorremmo solo proporgli di fissare un limite al benaltrismo, evitando di applicarlo alle vittime del nazismo.

La fuga dei tecnici, il gelo della Meloni: così Butti, sottosegretario all’Innovazione tecnologica, resta nell’angolo (ilfoglio.it)

di VALERIO VALENTINI

Le dimissioni in massa dall'ex ministero 
di Colao. 

La premier apprezza poco le uscite del suo sottosegretario sulla rete unica, e assegna le delghe a Urso. Occhio alle scadenze del Pnrr

Il primo ad annunciare l’addio è stato Giuseppe Virgone, amministratore unico di PagoPa. E Alessio Butti, sottosegretario meloniano all’Innovazione tecnologica, con ineffabile leggerezza, ha spiegato agli assetti ai lavori che “aveva già deciso di andarsene, perché nel privato pagano meglio”.

Poi, però, anche Paolo De Rosa, valente dirigente del dipartimento per la Transizione digitale, titolare di delicati dossier da ormai un lustro, ha lasciato intendere che per lui basta così. Il mandato di Francesco Paorici, direttore generale dell’Agenzia per l’Italia digitale, scade a marzo: e, ammesso che gli eventi non precipitino anzitempo, Butti ha fatto sapere che “al suo posto arriverà un avvocato”.

Prima di allora, comunque, di certo lasceranno Daniela Mauri, responsabile dell’attuazione del Recovery, e con lei, pare, anche Camilla Sebatiani, il capo della segreteria tecnica che guidava il team Tlc. Il team Tech, invece, coordinato da Luca De Angelis, verrà verosimilmente smantellato per essere trasferito nell’organigramma del ministero dell’Industria.

E insomma Butti, prima ancora d’iniziare davvero a operare, si ritrova con una truppa sbrindellata, segnata da ammutinamenti e dimissioni in blocco … leggi tutto

FACT-CHECKING / No! Funzionari ucraini non hanno usato fondi americani per comprare case in Svizzera: i documenti sono falsi (open.online)

di David Puente

Tutta la vicenda si basa su dei documenti falsi, 
manipolati per sostenere azioni illecite da parte 
dei funzionari ucraini

Un breve video tratto dal programma televisivo “Tucker Carlson Tonight“, in onda sul canale americano Fox News, una donna di nome Candace Owens afferma che dei funzionari ucraini avrebbero acquistato delle abitazioni di lusso in Svizzera utilizzando i fondi stanziati dagli Stati Uniti a Kiev. Questa narrazione non è nuova, era già circolata all’estero in estate, ma viene nuovamente rilanciata a seguito della diffusione della clip.

Analisi

Riportiamo un esempio di screenshot che circola online con la falsa narrazione:

Il presidente Zelensky è la “regina dei benefici” d’America.

Gli Stati Uniti hanno già stanziato 50 miliardi di dollari a Kiev, ma i funzionari ucraini stanno acquistando immobili in Svizzera con i soldi dei contribuenti americani, ha detto su Fox News la presentatrice televisiva Candice Owens.

L’origine della falsa notizia

Tra i primi a diffondere la narrazione è il sito Newspunch.com in un articolo dei giugno 2022, nel quale vengono pubblicati dei presunti documenti del registro fondiario svizzero che dimostrerebbero l’acquisizione di proprietà multimilionarie a Gstaad da parte di persone ritenute vicine a Zelensky: Lyudmila Denisova, Oleksandr Danylyuk, Dmytro Razumkov.

Documenti falsi

I documenti, pubblicati sul sito fondato nel 2014, risultano falsi. A darne notizia ai colleghi di Politifact è Adrian Mühlematter, amministratore degli uffici del catasto dell’Oberland a Berna.

La falsa notizia era già circolata in Svizzera, a tal punto che il giornale locale Bernerzeitung.ch aveva effettuato una prima verifica sui documenti riscontrando la loro falsità. Di fatto, questi presentavano diverse incongruenze come i numeri identificativi che risultavano troppo corti.

La diffusione dei falsi documenti in Italia

A diffondere i documenti falsi in Italia è il canale Telegram LR, Geopolitica e News in un post del 15 giugno 2022 dove leggiamo:

La cerchia ristretta di Zelenskiy si è comprata chalet da urlo in Svizzera.

In Svizzera chiunque può ottenere un estratto dal catasto locale.

Tra i proprietari di immobili di lusso nel paese delle banche, del cioccolato, degli chalet e dei prati alpini ci sono alti funzionari dell’entourage di Zelensky:

– Dmitrij Razumkov,
Politico ucraino, ex presidente della Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino. Valore della “casetta” circa 8,9 milioni di franchi.

– Oleksandr Danyliuk
ex segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa (NSDC) dell’Ucraina. Valore 9,1 milioni di franchi

– Lyudmila Denisova, è quella che creava fakenews ed è stata licenziata a causa di false notizie sulle atrocità dell’esercito russo contro i bambini. Valore 9.89 milioni di franchi.

Per chi non lo sapesse, il Franco vale più o meno come l’euro.

Tutti gli immobili sono ovviamente nel super vippissimo comune di Gstaad.

Per inciso non è un reato possedere immobili. È solo immorale se il tuo popolo muore di fame … leggi tutto