Dal distanziamento alla ricongiunzione sociale: un ecobonus per il cohousing (ilgiornaledellarchitettura.com)

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La pandemia ha portato una vera separazione 
sociale e generazionale. Ma ha generato inediti 
episodi di collaborazione che possono portare a 
nuove comunità

Il distanziamento fisico imposto dal Covid-19, impropriamente chiamato distanziamento sociale, ha assunto con il tempo il suo reale significato di separazione sociale e generazionale, contrapponendo garantiti e precari, occupati e disoccupati, abili e disabili, vecchi e giovani, bambini e adulti.

La pandemia ha cancellato ogni ipocrisia linguistica: archiviata la parola “anziani”, i vecchi sono chiamati vecchi, sono apparsi deboli e vulnerabili, da chiudere in casa a tempo indeterminato secondo alcuni, vittime prescelte dal virus che ha imperversato nelle Residenze sanitarie assistenziali (RSA) e nelle case di riposo. “Questo vecchietto dove lo metto” cantava Domenico Modugno, quando la trasformazione industriale del Paese aveva smembrato la famiglia patriarcale contadina e fatto esplodere soprattutto nelle grandi aree urbane il problema della sopravvivenza e cura degli anziani.

Negli ultimi anni in Italia si è registrato il fenomeno della proliferazione delle badanti che non ha altra spiegazione se non quella che ognuno si deve arrangiare per conto proprio in assenza di un welfare efficace.

La pandemia ha svelato a tutti ciò che molti già sapevano: le RSA e le case di riposo non sono la soluzione ma il problema. Lo hanno capito da tempo alcuni Paesi come la Danimarca, che fin dal 1986 ha proibito la costruzione di nuovi istituti per anziani con la conseguenza che i posti letto si sono ridotti da 36.000 a 8.000 tra il 1996 e il 2010, mentre i posti letto in soluzioni abitative sono passati da 22.000 a 71.000.

Soluzioni abitative che si configurano in vario modo, dalla casa famiglia al condomino nel quale ciascuno vive nel suo piccolo appartamento e usufruisce di servizi comuni. Ma quasi sempre anche le nuove soluzioni abitative sono caratterizzate da una netta prevalenza di persone anziane escluse dalla vita reale … leggi tutto

In Italia le mafie prosperano sulle macerie lasciate dalla crisi del coronavirus (euronews.com)

di Monica Pinna  & Salvatore Falco

La pandemia in Italia ha lasciato un milione di 
nuovi poveri, otto milioni di lavoratori 
temporaneamente disoccupati e aziende in crisi, 
con le mafie pronte a colmare i vuoti lasciati 
dallo Stato.

Lavoro in nero: una sconfitta per lo Stato, un’opportunità per la criminalità organizzata

La giornata comincia presto a Scampia, uno dei quartieri più complessi di Napoli. Marco – il nome è di fantasia – e la sua famiglia sono riusciti a riprendere la loro attività dopo il lockdown. Lavorano in nero in uno dei quartieri che per anni è stato tra le principali piazze di spaccio della Camorra. Il crimine organizzato è ancora presente, e oggi sta sfruttando la povertà che la pandemia ha reso piu’ disperata. Marco descrive così la sua situazione: “Viviamo in cinque con pochi spiccioli. 200-250 euro. Veniamo qui due volte a settimana cercando di racimolare qualche cosina”.

Marco è fabbro. Ha lavorato per anni nell’attività del padre, che fallì nel 1996. Da allora si è arrangiato come ha potuto. Non ha mai più lavorato in regola. Il lavoro nero per lui “Rappresenta una sconfitta. Perché non è bello, però purtroppo si deve fare perché dobbiamo sopravvivere”.

Marco ha fatto domanda per una casa popolare nel 2012, ma ad oggi non ha ricevuto risposta. Dieci anni fa ha occupato un appartamento in una delle cosiddette “Vele” di Scampia, le torri diventate un emblema di miseria, disagio e criminalità, tollerate, ma abbandonate dallo Stato. Qui Marco ha costruito il suo rifugio, dove riesce a risparmiare perché non deve pagare affitto ed elettricità. L’intero condominio dove vive è occupato, è solo così che molti di loro possono “andare avanti”, confessa: “Morivamo di fame se aspettavamo lo Stato. Nessuno viene a vedere cosa c’è di malato cosa c’è di sano. Ci hanno abbandonati” … leggi tutto

L’usura, le banche e le briciole (corriere.it)

di Gian Antonio Stella

Monsignor Alberto D’Urso, presidente della 
Consulta Nazionale Antiusura ha sottolineato 
come le famiglie fanno fatica a pagare le rate 
dei mutui in questo periodo

Una «lussuosa villa» ad Albano e una quindicina di immobili sui Colli. «Passa definitivamente allo Stato», scrivono i giornali on-line, «il patrimonio del valore di oltre due milioni di euro riconducibile a Massimiliano Perciballi, pregiudicato per usura…» Oltre due milioni. Un solo usuraio. Pari a quasi la metà dei 5,5 milioni stanziati dal governo per combattere l’usura in tempi di Covid. E portati a 10 solo lunedì. Briciole. «La politica non capisce oppure vuole proprio capire», accusa Monsignor Alberto D’Urso, presidente della Consulta Nazionale Antiusura, «Non so come faranno le famiglie, in questi mesi, a pagare le rate del mutuo».

Lo ha ripetuto anche giorni fa in una audizione all’Antimafia: «Nelle persistenti e stringenti crisi economiche e finanziarie molte imprese e famiglie sono attratte dal circuito illegale del credito. La criminalità organizzata si infila offrendo prestiti a condizioni competitive alle persone. In pratica, l’usura è una modalità tipica per il crimine organizzato per impadronirsi di imprese anche di dimensioni rilevanti».

Di più: «La diffusione dei debiti di massa collegati all’azzardo è emersa ed emerge sempre più dagli ascolti delle persone delle Fondazioni Antiusura. Molte di esse sicuramente si sono rivolti al mercato illegale del credito … leggi tutto

Lotta alla povertà: il coronavirus cambia lo scenario (lavoce.info)

di Massimo Baldini e Cristiano Gori

Lo scarso interesse suscitato dalla pubblicazione 
dei dati annuali sulla povertà in Italia è 
eloquente. 

Evidenzia la necessità di una valutazione le politiche di contrasto al fenomeno. E rimarca l’esigenza di modificare le risposte nel dopo-pandemia.

La povertà prima del Covid-19

Nel 2019 l’incidenza della povertà assoluta – cioè la percentuale delle famiglie colpite – si è ridotta rispetto all’anno precedente, passando da 7 a 6,4 per cento (da 1,82 a 1,67 milioni di nuclei); misurata in termini d’individui, l’incidenza è scesa dall’8,4 al 7,7 per cento (da 5 a 4,59 milioni di persone).

Si tratta di un risultato di rilievo, basti pensare che è solo la seconda volta dal 2005 – cioè da quanto esiste una misurazione Istat sulla povertà assoluta – che si registra un segno meno. Nel 2019 l’incidenza diminuisce al Centro e soprattutto nel Meridione, mentre rimane stabile nel Settentrione … leggi tutto

Osservatorio Censis-Tendercapital: “La Silver Economy nella società post Covid-19”

È stato presentato sul Canale YouTube Ital TV  
l’Osservatorio Censis-Tendercapital sulla 
“silver economy” dal titolo “La silver economy 
e le sue conseguenze nella società post Covid-19”. 

La ricerca evidenzia quali sono le conseguenze della pandemia anche per i più longevi, over 65 anni, se si è creato un divario tra giovani e anziani e come questi ultimi hanno reagito durante l’emergenza sociale, economica e sanitaria.

Tra gli obiettivi dell’Osservatorio, inoltre, quello di capire se oggi, nel post Covid-19, la silver economy rappresenti ancora una risorsa per la società, se dopo la crisi generata dalla diffusione del Coronavirus e i tre mesi di lockdown, la longevità attiva sia da considerarsi archiviata oppure se per gli anziani sia stata solo una terribile parentesi, che si può e si deve oltrepassare.

Anziani ancora protagonisti: il 32,8% è ottimista sul proprio futuro

Dal Rapporto emerge la conferma che i longevi sono il motore della vita collettiva, soggetto attivo ed economicamente forte della silver economy, vale a dire di redditi, patrimoni, consumi, stili di vita e valori. Oggi, nella fase post-Covid-19, gli anziani guardano al proprio futuro e a quello della propria famiglia con meno pessimismo e più fiducia degli altri: il 32,8% si dice ottimista, contro il 10,4% dei millennial e il 18,1% degli adulti. Analogamente, i longevi sono anche i più positivi sulle chance di ripresa dell’Italia (20,9%), mentre crolla in questo caso la fiducia dei millennial (4,9%).

Frattura intergenerazionale nel post Covid-19 tra over 65 e giovani

La pandemia ha creato anche una spaccatura intergenerazionale: da una parte gli over 65, mediamente in buona salute, solidi economicamente, con vite appaganti e una riconosciuta utilità sociale, dall’altra i giovani. Un nuovo rancore sociale, alimentato e legittimato da una inedita voglia di preferenza generazionale nell’accesso alle risorse e ai servizi pubblici, legata alla visione del longevo come privilegiato dissipatore di risorse pubbliche. Ben 5 giovani su 10 in emergenza vogliono penalizzare gli anziani nell’accesso alle cure e nella competizione sulle risorse pubbliche. Più precisamente, il 49,3% dei millennial (il 39,2% nel totale della popolazione) ritiene che nell’emergenza sia giusto che i giovani siano curati prima degli anziani; inoltre il 35% dei giovani (il 26,9% nel totale della popolazione) è convinto che sia troppa la spesa pubblica per gli anziani, dalle pensioni alla salute, a danno dei giovanileggi tutto

L’esempio di Maya Moore (ultimouomo.com)

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Storia di una giocatrice che ha sacrificato 
tutto quello che aveva per la giustizia sociale.

Quando ormai una settimana fa sono emersi i dettagli della conference call organizzata da Kyrie Irving per discutere il progetto di “bolla” a Disney World, l’insider di The Athletic Shams Charania ha riportato la seguente frase pronunciata dalla stella dei Brooklyn Nets: “Sono disposto a sacrificare tutto quello che ho (per la riforma sociale)”.

Sarebbe una decisione sconvolgente: uno dei primi 20 giocatori dell’NBA — e certamente uno dei 10 più conosciuti e amati — che a 28 anni lascia la sua carriera da professionista e i relativi guadagni per battersi a tempo pieno per le ingiustizie sociali e razziali negli Stati Uniti d’America. Sarebbe sicuramente una notizia di enorme impatto, capace di fargli prevaricare i limiti dello sport e di avere un reale impatto sulle vite delle persone.

Sarebbe la personificazione dello slogan che Nike ha coniato per Colin Kaepernick: “Believe in something. Even if it means sacrificing everything” (cioè: credi in qualcosa, anche se significa sacrificare tutto) … leggi tutto