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L’arresto di Pittelli fu illegale, ma Gratteri l’ha ‘torturato’ per 3 anni e mezzo (ilriformista.it)

di Tiziana Maiolo

Il calvario dell'avvocato

Giancarlo Pittelli non è un mafioso, nessun indizio lo può collegare a una cosca della ‘ndrangheta. Lo afferma un’ordinanza del tribunale del riesame di Catanzaro che annulla ogni misura cautelare nei confronti dell’avvocato calabrese.

Ma allora questi tre anni di privazione della libertà? E le conferenze stampa del procuratore Gratteri sulla “zona grigia” e la cricca di professionisti che favorivano dall’esterno le cosche? Polvere al vento che fa a pezzetti l’intero processo “Rinascita Scott”, fondato proprio sul teorema della saldatura tra i boss della ‘ndrangheta, la massoneria e la rete dei professionisti.

La “borghesia mafiosa” di cui si è parlato anche di recente dopo l’arresto a Palermo di Matteo Messina Denaro. Il teorema-Gratteri è a pezzi. E del resto lo stesso processo sta languendo nell’aula bunker di Lamezia, luogo inutilmente segnalato da cartelli anche in mezzo al nulla in modo che lo conoscano anche i turisti.

Che tutti sappiamo che lì si sta smontando la Calabria come un lego. Nel sogno di un procuratore. Ora qualche cosa di altro si sta smontando. Il tribunale giudicante, prima di tutto, con i suoi componenti ricusati e in parte dimissionari per palesi conflitti di interesse.

Nei giorni prossimi parleremo della situazione di cui è vittima un altro avvocato imputato, Francesco Stilo, gravemente malato e ancora ai domiciliari, che viene processato nell’aula penale da una magistrata che lo sta giudicando in contemporanea anche in sede civile.

E l’ordinanza di ieri sull’avvocato Pittelli, è piombata come una vera bomba in quell’aula di Lamezia, in cui il tribunale aveva comunque già ridotto la misura cautelare nei confronti dell’ex parlamentare, trasformando la detenzione domiciliare in semplice obbligo di dimora nel comune di residenza. Ora è caduto anche quell’ultimo limite alla sua libertà.

Manca solo una “coda” reggina perché l’ex parlamentare di Forza Italia possa varcare la soglia di casa. L’ordinanza della seconda sezione penale del tribunale di Catanzaro ricostruisce puntigliosamente tutto il complicato iter processuale che ha portato alla decisione di ieri e ogni comportamento dell’avvocato Pittelli.

E la conclusione è netta: “Tale condotta non è qualificabile come concorso esterno in associazione mafiosa, per carenza dell’elemento oggettivo della fattispecie del nesso causale tra condotta contestata e aiuto concreto al sodalizio, richiesto indefettibilmente per la configurabilità del delitto ex art. 110-416 bis c.p.”. I giudici del tribunale del riesame non negano il fatto che a volte qualche legale che assiste imputati di reati di mafia possa aver travalicato il proprio ruolo di puro difensore.

Ma non è il caso dell’avvocato Pittelli. È il caso di legali che per esempio abbiano contribuito a falsificare il bilancio di una società. Atti concreti di sostegno. Ma qui assistiamo a una vicenda kafkiana e che era palesemente infondata da subito. Ma il legale è stato catturato in una sorta di labirinto procedurale che si sarebbe trasformato in ingiustizia se lui stesso non avesse avuto gli strumenti tecnico-giuridici e culturali per ribaltare la situazione.

Per questo i suoi legali, gli avvocati Gian Domenico Caiazza, Guido Contestabile e Salvatore Staiano non si sono limitati a contestare la custodia cautelare, ma anche nell’ultima istanza del 22 novembre scorso hanno presentato ricorso per mancanza di indizi di colpevolezza … leggi tutto

Reddito di cittadinanza, è iniziata la «grande fuga»? Perché in un anno 200mila famiglie hanno rinunciato all’assegno (open.online)

Il calo di percettori del sussidio potrebbe 
avere diverse spiegazioni: 

la stretta del governo, l’aumento dei controlli o i dati incoraggianti sull’occupazione

In un anno sono circa 200mila le famiglie italiane che hanno smesso di ricevere il reddito di cittadinanza. Il numero di percettori del sussidio è passato dagli oltre 1,2 milioni del dicembre 2021 a circa 1 milione nello stesso mese del 2022.

A calare, però, non sono solo i nuclei familiari che ricevono il reddito di cittadinanza, ma anche il numero stesso delle richieste. Al punto che oggi Il Messaggero parla di una «grande fuga», citando il film del 1963 con Steve McQueen. In realtà, è difficile spiegare con certezza cosa abbia portato a questa situazione.

Di sicuro potrebbe aver giocato un ruolo la stretta del governo Meloni, che ha azzerato le proposte di lavoro che i percettori del reddito possono rifiutare e ha stabilito che gli occupabili non avranno più diritto all’assegno a partire da agosto.

Il calo dei percettori del sussidio potrebbe essere dovuto in parte anche all’intensificarsi dei controlli. I dati Inps mostrano che nel 2022 sono state 268mila le decadenze e più di 72mila le revoche. Un’altra spiegazione della «fuga», infine, potrebbe arrivare dai dati sull’occupazione. Il 2022, infatti, si è chiuso con un saldo di 334mila nuovi occupati rispetto all’anno precedente.

I costi per lo Stato

Ad oggi, è la Campania la regione con il numero più alto di percettori del reddito. A seguire, SiciliaLazio e Lombardia. Se si guarda al numero di nuclei familiari che hanno beneficiato di almeno una mensilità nel 2022, in Lombardia si nota un forte calo: dai 139mila percettori del 2021 ai 115mila dello scorso anno.

L’unico aumento su base annuale si registra in Sicilia, dove si sono aggiunte 2mila famiglie nel giro di 12 mesi. Allargando lo sguardo a livello nazionale, però, il calo dei percettori del reddito di cittadinanza ha assottigliato anche la spesa dello Stato.

Nel 2021, il sussidio era costato 8,3 miliardi di euro. Nel 2022, la cifra è scesa di poco sotto gli 8 miliardi e le previsioni per il 2023 dicono che il reddito di cittadinanza dovrebbe pesare per circa 6 miliardi sulle casse dello Stato.