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«Putin va fermato ora» (corriere.it)

di Maria Serena Natale

Intervista con Lech Walesa

«Putin va fermato ora»

«Noi abbiamo sconfitto l’Urss, voi dovete salvare la democrazia. Putin va fermato ora». Così il Nobel per la pace Lech Walesa, ex presidente della Polonia.

Il sogno dell’Europa unita e le responsabilità della politica nel declino della democrazia rappresentativa, la risposta all’espansionismo putiniano e al disimpegno trumpiano, il senso della Storia e della lotta per una giusta causa: il Nobel per la pace e primo presidente della Polonia libera Lech Walesa riflette sulle sfide del presente, dal destino dell’Ucraina all’avanzata di autoritarismi ed estremismi, che richiedono uno slancio nuovo in un’ottica insieme europea e globale. In quello spirito pragmatico che diede forza e concretezza alla pacifica rivoluzione del sindacato Solidarnosc, ponendo da Danzica le basi per la fine della guerra fredda.

Presidente Lech Walesa, cosa resta oggi di quella fame e fede nella democrazia?

«All’epoca di Solidarnosc il sistema limitava tutte le libertà e la domanda era: come liberarci da questa prigionia? Abbiamo distrutto il vecchio sistema ma l’abbiamo fatto perché volevamo costruire il nuovo. Oggi l’epoca dei blocchi contrapposti è disintegrata ma il nuovo, la globalizzazione e l’unione degli Stati, non è ancora nato».

Quali i pericoli maggiori?

«Dobbiamo uscire dalla logica dei blocchi, della gestione territoriale, concentrarci su tecnologia e globalizzazione. La cosa peggiore è che pensiamo in modo vecchio».

L’Europa era un sogno nuovo. L’Europa oggi si riarma, è sulla strada giusta?

«Solidarnosc ci ha mostrato come, a partire dalla comprensione del proprio tempo, lottare e vincere. I metodi applicati oggi non hanno possibilità di vittoria nel lungo termine. Putin spara, ma la questione centrale non è questa, è convincere ogni singolo russo che ci battiamo nel suo interesse, perché, se continueremo su questa strada, tra quindici anni la Russia rialzerà la testa e rappresenterà la stessa minaccia per i nostri nipoti. Stiliamo l’elenco di tutti i caduti in questa atroce guerra, mostriamolo ai russi: oggi il tuo vicino non c’è più, domani verranno a prendere tuo figlio. Spieghiamo che un mandato presidenziale non può durare più di cinque anni e non si può ripetere più di due volte. Facciamo propaganda della verità».

L’Europa può dissolversi?

«Sì, se permettiamo a Putin e Trump di guidare il gioco illudendoci di avere un dialogo quando non ci ascoltano».

Cosa vuole Putin?

«Putin non ha via d’uscita perché ha fatto così tanto male, causato la morte di così tante persone che non può più tornare indietro, può essere fermato solo con la forza e la solidarietà tra europei, non si può dargliela vinta».

Con Trump come si parla?

«Meglio non parlare con lui, ma osservare cosa fa ed eventualmente rispondere».

L’Occidente ha perso potere di attrazione, perché?

«Le ragioni fondamentali sono due: l’eccessivo benessere e la mancanza di idee su come dovrebbe essere il nostro futuro comune. Il nostro modo di affrontare le questioni dovrebbe avere un carattere sia continentale sia globale, perché né gli Usa né la Cina né altri risolveranno i problemi che affliggono il mondo. La nostra generazione ha avuto il privilegio o il destino, se preferisce, di poter capire cosa è giusto e cosa non lo è e noi invece di agire chiudiamo gli occhi di fronte alle grandi sfide. Opporsi vuol dire fare quel che sappiamo e rafforzare il nostro essere».

Da Est a Ovest le destre estreme non temono più di risvegliare nostalgie per i nazionalismi del passato.

«Queste forze populiste e demagogiche dominano perché non c’è un’opposizione efficace. Oggi le persone non credono più nella democrazia e quindi non la difendono. Dobbiamo salvarla. Ai partiti propongo semplici punti: limiti ai mandati, chi viene eletto può essere destituito, trasparenza sui finanziamenti nel senso più ampio possibile contro la disonestà così diffusa tra i politici. Così si salva la democrazia facendo sì che le persone tornino ad appassionarsi. Oggi chiamiamo democrazia le libere elezioni ma non è solo questo. Bisogna ridefinire cosa vuol dire sinistra e cosa destra, in base a quali principi gli europei si uniranno di nuovo, su quali basi vogliamo costruire la globalizzazione, quale sistema economico possa rispondere ai nostri tempi moderni».

Dopo lo scontro con Zelensky ha paragonato l’approccio intimidatorio di Trump alle tecniche della polizia politica comunista.

«Quello che sta facendo è contrario a qualsiasi nostro ideale, è inammissibile. Abbiamo reso la democrazia una caricatura di se stessa. I politici ragionano in termini di mandato e di distretti elettorali, oggi non abbiamo politici con una visione, bensì molti politici in televisione».

L’Italia cerca un difficile equilibrio tra atlantismo ed europeismo: quale consiglio darebbe a Giorgia Meloni?

«L’Europa ha abolito le frontiere, superato guerre e rivoluzioni, è andata molto avanti e dovrebbe essere da esempio per altri continenti. L’America sta regredendo. È una risposta, questa».

Cosa direbbe al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, da eroe nazionale a leader sotto attacco?

«Come stai? Vai avanti così. Non accettare un compromesso senza valore, non puoi tornare indietro».

La guerra pacifista di Conte (startmag.it)

di Francesco Damato

Conte del Movimento 5 Stelle si è incoronato da 
solo sullo sfondo della Roma imperiale leader 
dell’opposizione. 

I Graffi di Damato

Giuseppe Conte e Matteo Salvini, una volta insieme nel governo col primo a Palazzo Chigi e l’altro al Viminale, si sono contesi ieri spazio e attenzione nei loro ruoli di capi di partito. Conte come presidente del MoVimento 5 Stelle, e promotore della manifestazione romana per la pace promossa da Marco Travaglio a “Oceano Pacifico”, Salvini come segretario della Lega al congresso federale a Firenze.

Sul piano della visibilità, e forse anche della curiosità, è prevalso Salvini con quella sua sorpresa del collegamento con Elon Musk e con la profezia clamorosa che gli ha strappato di un’Italia, anzi di un’Europa destinata a subire una terribile stagione terroristica. Di fronte alla quale impallidirà la paura appena procurata dalla guerra dei dazi dell’amico e superiore di Musk: il presidente americano Donald Trump.

Musk a voce e in immagini a Firenze come il vice presidente americano Vance al telefono nei giorni scorsi, sempre con Salvini, che ha voluto in qualche modo precederne l’arrivo a Roma in visita ufficiale. Il leader leghista è notoriamente in gara da tempo con la premier Giorgia Meloni per essere, apparire e quant’altro il più trumpista d’Italia, diciamo così.

Eppure, considerando anche i rapporti di forza elettorale che distanziano Salvini da Meloni tanto da non poterlo scambiare di certo per un inseguitore, Conte è stato ieri più protagonista del leader leghista. Ha inciso di più sulla situazione politica. Lo ha fatto con quella sua manifestazione –“La prima buona”, ha titolato il manifesto – alla quale alla fine si è prestato come partecipe anche il Pd, con una delegazione ufficiale guidata, su incarico della segretaria Elly Schlein, dal capogruppo del Senato Francesco Boccia.

E più ancora con quel suo discorso violento contro “la farlocca luna di miele costruita sulle menzogne” dalla Meloni. Che meriterebbe di finire “nei cannoni”, secondo i cartelli del pubblico. Disarmata del suo “elmetto”, sempre secondo la folla, insieme con l’amico e ministro che fa rima chiamandosi Crosetto.

Conte si è incoronato da solo sullo sfondo della Roma imperiale leader dell’opposizione. E candidato di fatto alla guida dell’”alternativa” ormai “nata”.

L’ex premier è così ostinato nelle sue ambizioni e nella sua autostima che avrà probabilmente riso leggendo ieri mattina sul Messaggero il giudizio che ha dato di lui e del suo pubblico Giuseppe De Rita. Che ha detto, in particolare: “Potrà esserci il vecchio partigiano comunista e la tiktoker napoletana che ha trascinato tutti in pullman a Roccaraso.

Ci potrà essere di tutto, perché il pacifismo è l’aria che respiri. Siamo tutti paciosi e pacifisti. Ma una piazza di paciosi e pacifisti non avrà mai una linea politica. La parola pace non è traducibile in politica”.

Più che avvicinarla, Conte ha allontanato l’alternativa nella quale si è avvolto come in una bandiera davanti a “100 mila” tifosi, come se li avesse contati personalmente uno per uno.

New York e l’America scendono in piazza con Hands Off contro Donald Trump (lavocedinewyork.com)

di Federica Farina

New York

Centinaia di migliaia di americani hanno protestato contro le politiche del presidente in tutto il Paese