Strage di Via D’Amelio, Borsellino voleva denunciare i fatti interni alla Procura di Palermo: ecco le prove (ildubbio.news)

di Damiano Aliprandi

Le conferme in due verbali “nascosti” per decenni, 

nelle intercettazioni di Totò Riina sul contenuto dell’agenda rossa e in un discorso pubblico del magistrato

Ci sono un discorso pubblico, due verbali “nascosti” per decenni e un passaggio delle intercettazioni di Totò Riina sul contenuto dell’”agenda rossa”, che svelano cosa avrebbe voluto denunciare Paolo Borsellino alla procura di Caltanissetta in merito alla morte di Giovanni Falcone, senza averne avuto la possibilità: fu fatto saltare in aria prima, insieme alla sua scorta, con il tritolo in Via D’Amelio, 29 anni fa.

Le questioni “terribili” della Procura di Palermo

Un dato è sotto gli occhi di tutti. Paolo Borsellino ha pubblicamente evidenziato un dettaglio, collegandolo all’attentato di Capaci. Un dettaglio  passato del tutto inosservato fin da subito e completamente svaporato tra le tesi della trattativa e altre piste inconcludenti. Tutte piste che omettono le questioni “terribili”, una definizione coniata da Borsellino durante una confidenza fatta alla sorella di Falcone, che riguardano la Procura diretta all’epoca da Pietro Giammanco.

Tutto nero su bianco nel verbale tenuto nei cassetti per quasi 30 anni. «Falcone approdò alla procura della Repubblica di Palermo dove, a un certo punto ritenne, e le motivazioni le riservo a quella parte di espressione delle mie convinzioni che deve in questo momento essere indirizzata verso altri ascoltatori, di non poter più continuare ad operare al meglio». Questo è il passaggio del famoso intervento pubblico di Borsellino fatto alla biblioteca comunale di Casa Professa. Non c’è altra interpretazione.

Per Borsellino i diari di Falcone sono veri

Borsellino ha esordito con una premessa: deluderà i presenti, ma le motivazioni dell’omicidio del suo collega e fraterno amico Falcone le riserverà alla procura di Caltanissetta. Ma man mano che parla, qualcosa lascia intravvedere. Prima premette che i diari di Falcone (tutte annotazioni critiche nei confronti di alcuni suoi colleghi e della gestione delle indagini) pubblicato dalla giornalista Liana Milella sono veri. Sottolinea la loro genuinità, perché li «aveva letti in vita».

Borsellino, più avanti, dice chiaramente che avrebbe rivelato il motivo per cui Falcone ha abbandonato la Procura di Palermo, quella dei “veleni”. Definizione, quest’ultima, di Borsellino stesso come hanno testimoniato alcuni suoi colleghi di Marsala, ovvero Massimo Russo e Alessandra Camassa. Lo avrebbe prima detto alla procura competente e poi, nel caso, pubblicamente.

Voleva denunciare ai giudici di Caltanissetta i malesseri della procura palermitana

Dal verbale dell’audizione al Csm del magistrato Antonella Consiglio si evince una testimonianza che svela il fatto che Borsellino avrebbe denunciato innanzi ai giudici nisseni tutti i malesseri interni alla Procura.

Riportiamo il passaggio del verbale al Csm del 30 luglio 1992. È la dottoressa Consiglio che parla. Il riferimento sono i diari di Falcone: «Lo stesso Antonio (Ingroia, ndr), parlando mi disse che era tutto vero, ma sul punto non c’erano dubbi e che proprio Paolo cercava di studiare insomma il modo, come dire, o comunque il momento per poter introdurre il problema nelle sedi istituzionalmente competenti, perché dopo la morte di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino ha subito un grosso trauma emotivo ed era determinato nel far luce sui fatti anche della procura, e comunque, diciamo, era una cosa che lui stava sicuramente preparando, a cui pensava» … leggi tutto

Borsellino: il 5 ottobre il processo quater in Cassazione (articolo21.org)

Il processo Borsellino quater arriva al 
vaglio della Cassazione: 

è stata infatti fissata al 5 ottobre prossimo l’udienza davanti alla quinta sezione penale della Suprema Corte, chiamata a decidere se confermare o meno la sentenza emessa dai giudici d’appello di Caltanissetta nel novembre 2019.

L’avviso di fissazione udienza è stato notificato ai difensori degli imputati e ai legali di parte civile. I giudici del ‘Palazzaccio’ dovranno esaminare i ricorsi presentati contro la pronuncia con cui la Corte d’assise d’appello nissena ha condannato – confermando il verdetto già emesso in primo grado nell’aprile 2017 – i boss palermitani Salvatore Madonia e Vittorio Tutino all’ergastolo, a 10 anni ciascuno ai falsi collaboratori di giustizia Calogero Pulci e Francesco Andriotta, e dichiarato la prescrizione del reato per Vincenzo Scarantino.

Una sentenza, quella che in ottobre sarà al vaglio della Cassazione, che ha confermato la tesi del depistaggio sulle indagini relative alla strage di via D’Amelio, nella quale, il 19 luglio 1992, il giudice Paolo Borsellino morì con gli agenti della sua scorta: “Uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”, lo definì la Corte d’assise di Caltanissetta, nelle motivazioni della sentenza, lunga quasi 2mila pagine e depositata nell’estate del 2018, del processo di primo grado.