Fondazione Polis, distrutto pannello raffigurante la Sala della Memoria dedicata alle vittime innocenti della criminalità (articolo21.org)

di Désirée Klain

“Stamattina, nel recarci a lavoro presso i nostri 
uffici, siamo stati accolti da una bruttissima 
sorpresa: 
uno dei nostri pannelli, raffigurante la Sala della Memoria dedicata alle vittime innocenti della criminalità’, e’ stato distrutto”.

Lo rende noto la Fondazione Polis di Napoli. “Sentiamo l’esigenza di condannare quanto accaduto, che offende il valore del sacrificio di tutti gli innocenti colpiti dalla violenza criminale. Noi non possiamo tacere e denunciamo tutto il nostro sdegno e il nostro dolore”, sottolinea.

Nella Napoli dove in questi giorni si è tanto dibattuto sulla necessità di demolire gli altarini dedicati ai camorristi, arriva un segnale preoccupante con un gesto così deprecabile. Quando c’è un vuoto istituzionale e allegorico i simboli, la Storia, sono quei ganci salvifici che scongiurano la caduta definitiva. Il disfacimento del costume è una conseguenza dell’’inciviltà imperante.
Bisogna sempre avere uno sguardo critico  sul “quadro” d’insieme: dal degrado urbano, all’aumento dello strozzinaggio, all’avanzata, preoccupante, delle truppe camorristiche nella crisi covid, poi si arriva ai  murales o autentici sfregi come quello che ha visto distruggere un’immagine come quella de’ “La Stanza della Memoria”… leggi tutto

L’accusa di Fiammetta Borsellino: “Nessuna fiducia nei pm antimafia e nel Csm, hanno depistato” (ilriformista.it)

di Paolo Comi

«Pur essendo passati ormai tanti anni, non 
riesco ancora a farmene una ragione. 

Non mi capacito del fatto che nessuno abbia mai voluto fare luce fino in fondo sul perché venne archiviato il dossier “mafia-appalti” a cui mio padre teneva moltissimo. E ciò per me è come un tarlo che si insinua nella mente, giorno e notte», dichiara Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, il magistrato ucciso dalla mafia a Palermo il 19 luglio del 1992.

Il dossier mafia-appalti venne redatto dai carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (Ros) dell’allora colonnello Mario Mori. Nel dossier erano indicate tutte le principali aziende italiane che trattavano con la mafia. L’indagine era “rivoluzionaria”, affrontando per la prima volta il fenomeno mafioso da una diversa prospettiva.

I carabinieri avevano scoperto che Cosa nostra, anziché imporre il pagamento di tangenti estorsive agli imprenditori, così come faceva tradizionalmente, era diventava essa stessa imprenditrice con società commerciali riferibili ad appartenenti all’organizzazione che avevano assunto e realizzato, con modalità mafiose, commesse pubbliche, principalmente nel settore delle costruzioni.

Al termine di una attività investigativa durata anni, i carabinieri del Ros depositarono il 20 febbraio 1991 alla Procura di Palermo l’informativa denominata “Angelo Siino + 43”. Il fascicolo, circa 900 pagine, era assegnato a Giuseppe Pignatone, all’epoca pm della Procura del capoluogo siciliano. Di queste quarantaquattro persone, il 10 luglio successivo, su richiesta della Procura di Palermo, ne vennero arrestate sei.

Fra loro, Siino, definito il “ministro dei lavori pubblici” di Cosa nostra ma, più precisamente, dei corleonesi di Totò Riina, poi diventato collaboratore di giustizia, e Giuseppe Li Pera, un geometra, capo area del colosso delle costruzione Rizzani De Eccher. Il fascicolo, a novembre del 1991, venne tolto a Pignatone dal procuratore Pietro Giammanco e assegnato ai pm Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato leggi tutto