Recovery fund, occasione storica, ma c’è il rischio criminalità (ilsole24ore.com)

di Fabio Tamburini

I fondi europei sono un'occasione storica 
e siamo ad una vera svolta, di cui deve 
essere consapevole l'intero Paese. 

Ma è altrettanto vero che il rischio di infiltrazioni della criminalità economica è grande”.
Giuseppe Zafarana, Comandante generale della Guardia di Finanza, gioca d’anticipo su un appuntamento che considera cruciale: i controlli sull’utilizzo degli oltre 210 miliardi che l’Unione Europea ha reso disponibili per superare le difficoltà economiche provocate dalla pandemia. Tanti soldi. “La portata dell’intervento pubblico è storica”, aggiunge Zafarana, in un’intervista a poco più di un anno dalla nomina, “e chiama la Guardia di Finanza a responsabilità di rilevanza eccezionale”.

La grave crisi economica legata alla pandemia vi ha obbligati ad accendere un faro su possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto produttivo del Paese. Avete numeri e riscontri concreti?
Il crimine organizzato si adatta rapidamente ai mutamenti del contesto socioeconomico e lo ha fatto anche in occasione della pandemia approfittando delle difficoltà dell’economia legale. Così è stato diversificato il riciclaggio dei proventi dei tradizionali business illeciti, primo tra tutti il narcotraffico, non solo nelle filiere produttive e nei servizi essenziali che non hanno interrotto l’attività, come lo smaltimento dei rifiuti e la sanificazione, ma anche in settori che hanno subito perdite significative.

Le nostre valutazioni su questo quadro in evoluzione confluiscono nel contesto più ampio dei lavori svolti dall’Organismo permanente di monitoraggio e analisi sul rischio d’infiltrazione criminale nell’economia istituito presso il ministero dell’Interno. […]

Il Governo ha annunciato che la riforma fiscale sarà resa possibile dalle maggiori risorse che lo Stato recupererà dalla lotta all’evasione. Quale sarà il vostro ruolo? […]
In questa fase particolarmente delicata per il nostro tessuto economico, dobbiamo considerare in modo prioritario i disagi patiti dai contribuenti e le loro comprensibili difficoltà ad interagire con l’amministrazione finanziaria.

Proprio per questo, nel periodo della crisi sanitaria, d’accordo con l’Agenzia delle entrate, abbiamo deciso spontaneamente di sospendere verifiche e controlli fiscali privilegiando l’esecuzione d’indagini di polizia giudiziaria nei confronti dei fenomeni di evasione fiscale più gravi e insidiosi, in particolare quelli di matrice internazionale … leggi tutto

“Il giubbotto antiproiettile di Giletti? Riprovevole!”, l’accusa di Claudio Fava (ilriformista.it)

di Giorgio Mannino

C’è un’immagine nei ricordi dei siciliani 
che il tempo non ha sbiadito. 

Sono gli anni della cosiddetta “primavera di Palermo”, quando un giornalista americano arriva in città per raccontare il movimento politico e sociale che, all’inizio degli anni Novanta, scuote i palermitani stanchi della cultura dell’illegalità promossa dalla mafia. Il cronista cammina indossando un giubbotto antiproiettile. Un ricordo, questo, tornato ancor più vivo alla memoria pochi giorni fa, quando Diva e Donna pubblica un servizio fotografico che immortala il conduttore e giornalista Massimo Giletti, seguito dalla scorta assegnatagli lo scorso luglio, camminare lungo le vie di Roma col giubbotto antiproiettile.

Un’immagine che ha infiammato i social. Il giornalista e presidente della Commissione Antimafia dell’Ars, Claudio Fava, ha parlato, sul suo profilo Facebook, di «miseria di un paese in cui l’esibizione della vita ha preso il posto della vita reale. Da oggi all’antimafia da talk show e fanfare dobbiamo aggiungere quella da giubbotto antiproiettile».

Presidente, cos’ha pensato quando ha visto le foto di Massimo Giletti pubblicate da Diva e Donna?
Una tradizione di sobrietà, che va avanti da anni, è stata spazzata via da quella foto. Abbiamo avuto centinaia di persone che sapevano davvero che la loro vita era in pericolo. E magari a qualcuno di loro è stato anche detto che indossare un giubbotto antiproiettile o ricorrere ad altri strumenti di tutela avrebbe offerto un livello di sicurezza maggiore.

Ma a questi consigli è sempre seguito un senso di normalità alla propria esistenza in modo che il rischio non fosse esibizione. La cosa peggiore, in questi casi, è permettere che la propria condizione di persona sottoposta a tutela diventi oggetto di racconto mediatico, di suggestione popolare.

Parlo per conto dei vivi ma ci sono anche quelli che sono morti per i quali bisognerebbe avere più rispetto. Sapevano di rischiare e hanno vissuto con sobrietà. Massima solidarietà a chi si trova in queste condizioni ma l’esibizione è riprovevole … leggi tutto

Documenti segreti svelano come gruppi criminali finanziano morte e terrore usando le più importanti banche mondiali. L’inchiesta collaborativa di BuzzFeed (valigiablu.it)

Dal 1999 al 2017 circa duemila miliardi di 
dollari di transazioni sospette sono state 
consentite da alcune delle più grandi 
banche del mondo a gruppi criminali e 
terroristi, cartelli della droga, 
dittatori e oscure figure di potere. 

Questo è il contenuto dei file ‘FinCEN’: oltre 2000 suspicious Activity Reports (SARs) e altri documenti riservati del governo degli Stati Uniti di cui BuzzFeed News è venuto in possesso nel 2019 e che ha condiviso con l’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) e con più di 100 testate giornalistiche in 88 paesi.

Un lavoro giornalistico collettivo portato avanti negli ultimi 16 mesi da circa 400 giornalisti in tutto il mondo che ha reso possibile l’analisi di questa mole di documenti formati principalmente da segnalazioni di attività sospette (che non sono prove di illeciti o crimini) inviate dalle banche al FinCEN (Financial Crimes Enforcement Network), l’ufficio del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti con il compito di contrastare il riciclaggio di denaro sporco nazionale e internazionale – e il racconto di importanti storie ad essi collegati.

Un’analisi che ha richiesto migliaia di ore di immissione manuale dei dati, la creazione di specifici strumenti digitali per lavorare su questi documenti e l’utilizzo di  appositi software di verifica. Tramite la piattaforma di cooperazione dell’ICIJ, BuzzFeed News e le redazioni dei partner si sono divisi il materiale che è stato sottoposto a più cicli di convalida.

Uno sforzo enorme che ha permesso di mappare più di 200 mila transazioni contenute nelle SAR … leggi tutto

Piero Nava, il testimone che accusò i sicari del giudice Livatino: «La mia vita in incognito» (corriere.it)

di Felice Cavallaro

In un libro — dall’eloquente titolo «Io 
sono nessuno» il racconto della sua vita 
a trent’anni dall’efferato omicidio del 
magistrato ucciso dalla mafia ad Agrigento, 
il 21 settembre 1990. 

«Mai ripensamenti, ho fatto il mio dovere»

I trent’anni dall’omicidio di Rosario Livatino coincidono con trent’anni di una vita in incognito. Quella del primo testimone di giustizia sul fronte antimafia, Piero Nava, protagonista di una odissea adesso raccolta in un libro dal titolo eloquente« Io sono nessuno».

Senza rimpianti?
«Senza alcun ripensamento, cosciente di avere fatto esclusivamente il mio dovere», risponde questo agente di commercio che il 21 settembre del 1990, in viaggio a bordo della sua auto fra Canicattì e Agrigento, vide il brutale inseguimento del «giudice ragazzino» ucciso sotto i suoi occhi. Pronto senza indugi ad avvertire le forze di polizia, a testimoniare contro assassini e mandanti. E, quindi, a cambiare con la sua famiglia identità e continente

Cos’è accaduto dopo?
«Come raccontiamo nel libro scritto con il cuore da Stefano Scaccabarozzi, Lorenzo Bonini e Paolo Valsecchi, tre giovani della mia Lecco, io sono sparito per 11 anni cambiando città, stati, continente. Poi ho ricominciato a lavorare sotto nuova identità».

In Italia?
«Nel Sud Italia. Io sono ormai un uomo del Sud dal 1978, quando la mia carriera commerciale cominciò a Napoli. Vendendo serramenti e porte per aziende del Nord. Come facevo nel settembre 1990 in provincia di Agrigento».

Ha ricominciato facendo lo stesso lavoro?
«Sempre nel settore del commercio. Dalla base, come quando avevo 18 anni. Con datori di lavoro sorpresi. Un’esperienza boia la sua, mi dicevano. Maturata dove? E inventavo. Dovevo fingere di non avere mai fatto quel lavoro».

Adesso è arrivato il tempo del riposo?
«Delle letture, della pensione. Da tre anni. I figli sono grandi, hanno la loro vita. Ovviamente anche loro non si chiamano più Nava» … leggi tutto