Non è vero che nel 2022 Zelensky avrebbe potuto firmare un accordo di pace con la Russia (valigiablu.it)

di Stephen Hall (Università di Bath)

Le ultime settimane sono state movimentate e 
allarmanti per l'Ucraina e i suoi alleati europei. 

Per prima cosa hanno saputo che il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha trascorso 90 minuti al telefono con il suo omologo russo, Vladimir Putin. In un colpo solo, Trump ha messo a soqquadro i tre anni in cui il suo predecessore, Joe Biden, aveva cercato di isolare la Russia dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina.

Lo stesso giorno, il 12 febbraio, in un incontro di alti funzionari a Bruxelles il neo-segretario alla Difesa Pete Hegseth ha dichiarato che l’Europa non sarebbe più stata l’obiettivo principale della politica di sicurezza degli Stati Uniti e che l’Ucraina non avrebbe potuto sperare di riconquistare il territorio occupato illegalmente dalla Russia dal 2014, né di entrare a far parte della NATO.

Hegseth ha aggiunto che non solo gli Stati Uniti non avrebbero contribuito a nessuna forza di pace in Ucraina, ma che qualsiasi operazione di pace europea non sarebbe avvenuta sotto la protezione dell’articolo 5 della NATO.

Poi è arrivata la dichiarazione del vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, secondo cui era l’Europa, e non la Russia o la Cina, la principale minaccia alla sicurezza, il “nemico interno” che promuoveva pratiche antidemocratiche e cercava di limitare la libertà di parola.

La scorsa settimana, un team statunitense guidato dal segretario di Stato, Marco Rubio, si è riunito con i suoi omologhi russi, guidati dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov, per discutere dei negoziati di pace. L’Ucraina non era rappresentata, e nemmeno l’Europa. In seguito, forse prendendo spunto da Hegseth, Lavrov ha dichiarato che la Russia non accetterà alcuna forza di pace europea in Ucraina – accordo o meno.

Nel frattempo, Trump ha utilizzato la sua piattaforma mediatica TruthSocial per ripetere gli argomenti preferiti del Cremlino. L’Ucraina è responsabile della guerra, ha detto, definendo il Presidente Volodymyr Zelensky un “dittatore” che ha annullato le elezioni e la cui popolarità presso il suo stesso popolo è scesa al 4%. In realtà è del 57%, almeno 10 punti in più del tasso di approvazione di Trump negli Stati Uniti.

Trump ha anche deriso la preoccupazione di Zelensky per l’esclusione del suo paese dai colloqui di Riyad, dicendo ai giornalisti: “Oggi ho sentito dire: ‘Oh, non siamo stati invitati’. Ma siete stati lì per tre anni… Non avreste mai dovuto iniziare. Avreste potuto fare un accordo”.

Questo ci riporta al comunicato di Istanbul, redatto alla fine di marzo 2022 dopo i primi colloqui di pace tra Russia e Ucraina ad Adalia, in Turchia. Alcuni commentatori statunitensi hanno suggerito che l’Ucraina ora starebbe meglio, se allora avesse firmato un accordo.

Il comunicato di Istanbul

Quanto accaduto a Istanbul e quanto la Russia e l’Ucraina fossero vicine a un accordo è stato oggetto di un acceso dibattito. Alcuni sostengono che l’accordo fosse vicino, altri smentiscono questa versione dei fatti.

Secondo quanto riportato, l’Ucraina avrebbe accettato una serie di concessioni, tra cui la futura neutralità e la rinuncia alla candidatura per l’ingresso nella NATO. La Russia, a sua volta, avrebbe accettato l’adesione dell’Ucraina all’UE. Questa concessione, per inciso, è ancora sul tavolo.

Ma non sono mancati i punti critici, soprattutto per quanto riguarda le dimensioni delle forze armate ucraine dopo l’accordo – Kyiv avrebbe voluto 250 mila soldati, il Cremlino solo 85 mila – e i tipi di armi che l’Ucraina avrebbe mantenuto nel proprio arsenale.

C’erano anche questioni relative al territorio ucraino occupato dalla Russia, in particolare la Crimea, che si prevedeva di risolvere nell’arco di 15 anni, con la Russia che nel frattempo avrebbe occupato la penisola. Un’altra richiesta del Cremlino era che Zelensky si dimettesse da Presidente e che il suo posto fosse preso dal politico filorusso Viktor Medvedchuk.

I negoziati sono proseguiti fino all’aprile 2022, per poi interrompersi quando sono state denunciate atrocità russe a Bucha, una città che le truppe ucraine avevano riconquistato nell’ambito della controffensiva di primavera. Ma il fatto è che un accordo non è mai stato veramente vicino.

L’ex primo ministro britannico, Boris Johnson, si è preso molte critiche per le notizie secondo cui avrebbe esortato Zelensky a non accettare l’accordo. Ma non c’è mai stata una possibilità realistica che questo accordo fosse accettabile per l’Ucraina. Un’Ucraina neutrale con una capacità militare ridotta non avrebbe modo di difendersi da eventuali aggressioni future.

Se l’Ucraina avesse fatto un accordo basato sul comunicato di Istanbul, avrebbe essenzialmente portato il paese a diventare una provincia virtuale della Russia – guidata da un governo filorusso e impossibilitata a cercare alleanze con i paesi occidentali. Per quanto riguarda l’adesione all’UE, è stata l’opposizione del Cremlino all’impegno di Kyiv con l’UE nel 2013 a provocare le proteste di Euromaidan e a portare all’annessione della Crimea da parte della Russia l’anno successivo.

Cosa aspettarsi

La firma del comunicato di Istanbul da parte di Kyiv avrebbe potuto fermare rapidamente la guerra e le uccisioni. Ma il Cremlino ha ripetutamente dimostrato di non essere affidabile sul rispetto degli accordi, basti pensare al modo in cui ha ripetutamente violato quelli di Minsk del 2015, che tentavano di porre fine alle ostilità nell’Ucraina orientale.

Inoltre, un accordo che premia l’aggressione russa acconsentendo alla presa del territorio e richiedendo la neutralità della vittima minerebbe la sicurezza globale e incoraggerebbe altri interventi illegali in politica estera.

Se l’amministrazione Trump porta avanti un progetto di un accordo di pace equo, allo stato attuale lo sta nascondendo bene. Invece, i leader europei sono stati di fronte al fatto di dover finanziare la difesa continua dell’Ucraina, affrontando al contempo un ritiro degli Stati Uniti dalle garanzie di sicurezza per l’Europa.

Oppure, come ha scritto il mio collega dell’Università di Bath Patrick Bury su X, l’Europa sarà costretta ad accettare alcune conseguenze piuttosto terribili.

L’Europa sta affrontando una crisi alla quale avrebbe potuto prepararsi dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022. Con il ritorno di Trump al potere, il rapporto tra Stati Uniti ed Europa appare sempre più lacerato. Ma la stessa Europa è fortemente divisa su come affrontare la crisi.

La Gran Bretagna e la Francia hanno inizialmente parlato di fornire truppe di pace in Ucraina, ma la Germania si è rifiutata di aderire a questo piano. Sia Emmanuel Macron che Keir Starmer hanno poi ripensato all’idea, anche se il Primo Ministro britannico sembrerebbe orientato a un piano per una “forza di monitoraggio” di 30 mila uomini lontano dalla linea del cessate il fuoco.

Il Cremlino reagisce ai segnali. Mentre si stava chiaramente preparando per l’invasione alla fine del 2021, la dichiarazione di Joe Biden che non avrebbe inviato truppe per difendere l’Ucraina ha mostrato i limiti del coinvolgimento degli Stati Uniti. Il messaggio che l’Europa è pronta a inviare ora delle forze di pace in Ucraina rappresenterebbe un forte segnale a Putin – e all’amministrazione Trump – sull’intenzione di fare sul serio.

Questo articolo è una traduzione dell’originale pubblicato in inglese su The Conversation con licenza Creative Commons.

Clinton, nel 2011 capii che Putin prima o poi avrebbe attaccato (swissinfo.ch)

(Keystone-ATS) 

Il Financial Time riporta citazioni di Bill Clinton in cui afferma di aver capito nel 2011 che era solo “una questione di tempo” prima che Vladimir Putin attaccasse l’ Ucraina.

Come riporta Ft in un articolo, Clinton lo capì dopo una discussione agghiacciante con il presidente russo al Forum economico mondiale (WEF) di Davos (GR). Durante quell’incontro, Putin rifiutò un accordo mediato dagli Stati Uniti concordato dal suo predecessore, Boris Eltsin, per rispettare il territorio dell’Ucraina in cambio della rinuncia di Kiev al suo arsenale nucleare dell’era sovietica.

“Vladimir Putin mi disse nel 2011 – tre anni prima di prendere la Crimea – che non era d’accordo con l’intesa che avevo fatto con Boris Eltsin”, ha ricordato l’ex presidente degli Stati Uniti.

“Disse: ‘non sono d’accordo. E non lo sostengo. E non ne sono vincolato”, ha aggiunto l’ex presidente degli Stati Uniti. “E sapevo da quel giorno in poi che era solo una questione di tempo”, conclude Clinton.

(L’ex presidente americano Bill Clinton e l’allora primo ministro russo Vladimir Putin a Davos (GR) nel 2009 KEYSTONE/EPA/ALEXEY DRUGINYN sda-ats)

Elon Musk perde nel Wisconsin: eletta la giudice liberale nonostante la campagna milionaria (open.online)

di Antonio Di Noto

Il patron di Tesla ha finanziato con oltre 
20 milioni di dollari Brad Schimel. 
Ciononostante, nel cheese state, Musk (e il suo cappello) hanno subito una sonora sconfitta nel primo test elettorale del secondo mandato Trump

È una netta sconfitta quella subita da Elon Musk nel Wisconsin, dove gli elettori hanno fatto registrare un’affluenza record nel voto per eleggere il nuovo giudice della corte suprema dello Stato. Il seggio in palio è andato a Susan Crawford indipendente liberale e dunque più vicina alle posizioni del partito democratico che a quelle del partito repubblicano.

Crawford ha superato ampiamente Brad Schimel il candidato finanziato da Musk con oltre 20 milioni di dollari nell’ambito di una campagna elettorale da 100 milioni: la più cara mai condotta per l’elezione di un giudice federato. La scelta degli elettori consente ai liberali di mantenere il controllo della massima corte statale 4-3. Opposti a Musk, si sono schierati altri finanziatori milionari, che hanno deciso di supportare Crawford. George Soros, Mike Bloomberg, il fondatore di LinkedIn Reid Hoffman, il governatore dell’Illinois JB Pritzker.

Il cappello di formaggio di Elon Musk

Come riporta la Cnn, il voto per la corte suprema del Wisconsin costituisce il primo test elettorale del secondo mandato di Donald Trump, che nelle ultime settimane aveva appoggiato Schimel. Tuttavia, sotto i riflettori c’è Musk, che ha direttamente finanziato il candidato, mentre – fa notare la testata statunitense-, Trump potrebbe smarcarsi dal risultato. Infatti, l’inquilino della Casa Bianca si gode il successo in Florida, dove i candidati repubblicani hanno conquistato i seggi lasciati vacanti consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz e da Matt Gaetz, la prima scelta del presidente degli Stati Uniti per il ruolo di procuratore generale che poi aveva rinunciato all’incarico.

Al first buddy rimane invece la responsabilità della sconfitta. Crawford inizia dunque un mandato di 10 anni che Musk non è riuscito a scongiurare nemmeno indossando il cappello di formaggio che aveva sfoggiato per avvicinarsi agli allevatori del Wisconsin, noto come il cheese state per la sua imponente produzione di formaggio.

Zelensky, un dittatore sul treno della cuccagna. Indovina chi l’ha detto (ilfoglio.it)

Lettere al direttore

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore –

Marco Travaglio, ormai è noto, ha un debole per la Russia di Putin. Nel suo salotto televisivo preferito, forse perché è quasi sempre senza contraddittorio, ha sostenuto (19 febbraio) che Mosca ha il più grande esercito del mondo (alias imbattibile). Ora basta leggere il rapporto 2025 “Global Firepower” del World Military Strength Rankings per apprendere che, sulla base dell’indice di forza militare internazionalmente riconosciuto, l’esercito più potente è quello americano. Se poi per più grande si intende più numeroso, il primo è quello della Cina. Certo, la Russia ha 6.257 testate nucleari e gli Stati Uniti “solo” 5.550 (dati Iriad, Istituto ricerche internazionali archivio disarmo). Tuttavia, occorre sempre ricordare (non so se Travaglio lo ricorda) che la superiorità della prima sui secondi si deve al Memorandum di Budapest del 1994. Un accordo, firmato anche da Usa e Gran Bretagna, con cui la Russia si impegnava a non minacciare mai la sovranità nazionale e l’integrità territoriale dell’Ucraina (incluse Crimea e le regioni oggi annesse). In cambio di questa promessa solenne e formale, Kyiv accettò di cedere il suo imponente arsenale nucleare (1.900 testate) al suo antico padrone. Un fatto curiosamente sempre ignorato dai “pacifinti” di tutte le latitudini. Ma Travaglio talvolta riesce a dire anche mezze verità. Infatti ha ammesso che la spesa per armamenti della Russia, grazie a una guerra a cui ovviamente essa è stata costretta, è più alta di quella dell’intera Europa. Ma una mezza verità è anche una mezza bugia. Egli infatti ha omesso di dire che il pil dell’intera Europa è nove volte quello della Russia. Chi sa far di conto può dedurne che l’economia di quest’ultima è ormai diventata una macchina bellica che non sarà facile riconvertire in un’economia di pace. A mio avviso, anche per questa ragione la partita ucraina, nonostante i reality show  di Trump e il suo manifesto disprezzo per Zelensky, non è ancora chiusa.
Michele Magno

A proposito di Ucraina. Ieri, Donald Trump ha continuato la sua escalation contro Zelensky, scrivendo su Truth un pensiero che Vladimir Putin non avrebbe potuto scrivere meglio.

Eccolo: “Pensateci, un comico di modesto successo, Volodymyr Zelensky, ha convinto gli Stati Uniti d’America a spendere 350 miliardi di dollari per entrare in una guerra che non poteva essere vinta, che non avrebbe mai dovuto iniziare, ma una guerra che lui, senza gli Stati Uniti e ‘Trump’, non sarà mai in grado di risolvere. (…) Zelensky si rifiuta di avere elezioni, è molto basso nei sondaggi ucraini e l’unica cosa in cui era bravo era suonare Biden ‘come un violino’. Un dittatore senza elezioni, Zelensky farebbe meglio a muoversi in fretta o non gli rimarrà un paese. Nel frattempo, stiamo negoziando con successo la fine della guerra con la Russia, cosa che tutti ammettono solo Trump e l’Amministrazione Trump possono fare. Biden non ci ha mai provato, l’Europa non è riuscita a portare la pace e Zelensky probabilmente vuole mantenere in funzione il treno della cuccagna. Amo l’Ucraina, ma Zelensky ha fatto un pessimo lavoro, il suo Paese è in frantumi e milioni di persone  sono morte inutilmente”.

Chi ha un cuore, chi ha a cuore l’Ucraina, chi ha a cuore quello per cui ha combattuto in questi tre anni  Zelensky, chi ha a cuore quello per cui ha combattuto in questi tre anni un paese eroico aggredito da una dittatura vera, dovrebbe avere il coraggio di dissociarsi dalla vergogna di un presidente che ha scelto di costruire il suo Vietnam trasformando i patrioti veri in nemici della libertà.

Sarebbe bello se anche in Italia qualcuno, tra i follower di Trump, anche a Palazzo Chigi, battesse un colpo, trovando il coraggio di dire: not in my name. 

Al direttore – E se per svegliare Trump fosse utile, da parte di un governo europeo (ma quale…), diffondere l’ipotesi di smantellare una, o più, delle basi statunitensi disseminate nel continente? Cordialità. 
Augusto  Frasca

«Intercettazioni, giustizia e privacy vanno bilanciati. Basta con gli abusi dei pm» (ildubbio.news)

di Giovanni M. Jacobazzi

L’intervista

Il senatore Zanettin sostiene la riforma per archiviare il rito cartolare nel processo penale e difende la proposta contro la digitalizzazione eccessiva della giustizia

«Se non vogliamo che l’avvocato sia sostituito dall’algoritmo è urgente tornare all’oralità del processo», afferma il senatore Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia a Palazzo Madama e promotore di un disegno di legge, a firma anche della leghista Erika Stefani, che punta ad “archiviare” il rito cartolare nel processo penale. Il provvedimento, in particolare, riscrive l’articolo 598- bis c. p. p., “Decisioni in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti”, introdotto dalla riforma Cartabia.

La norma attualmente prevede che “la corte provvede sull’appello in camera di consiglio. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’articolo 127, essa giudica sui motivi, sulle richieste e sulle memorie senza la partecipazione delle parti. Fino a quindici giorni prima dell’udienza, il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica”.

La “cartolarizzazione” del giudizio penale di appello, ovvero la previsione di un rito non partecipato per la trattazione “scritta” dei processi, è stata una delle tante conseguenze della legislazione emergenziale per il contrasto alla pandemia da Covid- 19.

Senatore Zanettin, ieri, su questa riforma, avete udito in Commissione l’avvocato Francesco Petrelli, presidente delle Camere penali, e il dottor Cesare Parodi, presidente dell’Anm. Perché bisogna tornare al contraddittorio orale?

Il motivo è molto semplice: il contraddittorio orale fra le parti non può non valorizzare la collegialità delle decisione. Collegialità che rischia invece di essere compromessa se la decisione di appello è adottata solo in base alla sintesi degli atti processuali di primo grado e dell’impugnazione che viene condivisa dal relatore con gli altri componenti del collegio. Il rito cartolare deve essere l’eccezione.

Il Parlamento ha approvato la scorsa settimana la modifica delle intercettazioni telefoniche, stabilendone la durata in 45 giorni.

Sì, e purtroppo si sono scatenate polemiche fuori luogo, accompagnate da una massiccia campagna mediatica di disinformazione.

Dopo 45 giorni i telefoni non saranno spenti?

Assolutamente no. Il tetto di 45 giorni alle intercettazioni non è una “tagliola” come dice qualcuno. Semplicemente, per prorogare gli ascolti si dovrà motivare. Oggi si reiterano le intercettazioni sulla base di richieste a “stampone”. La polizia giudiziaria fa la richiesta, il pm la fa propria con il tradizionale “copia e incolla”, e lo stesso fa il gip che poi autorizza le intercettazioni. E così si va avanti per anni ed anni.

Adesso cosa cambia?

Se di proroga si deve parlare, questa deve essere di volta in volta motivata.

Il procuratore di Napoli Nicola Gratteri in uno dei suoi interventi sui media è arrivato addirittura a dire che questa riforma “aiuta i criminali” e “rende complicato cercare le prove”. “Dopo 45 giorni”, è l’accusa di Gratteri, anche gli autori di “un omicidio potranno parlare a ruota libera”.

È falso. Nel motivare la richiesta di proroga degli ascolti i pm dovranno indicare i motivi specifici che emergono dalle indagini perché non si può pensare di continuare ad avere un sistema di intercettazioni a strascico “sine die” come quello odierno. Troppe volte ci si dimentica dell’articolo 15 della Costituzione che dice come corrispondenza e conversazioni siano inviolabili. Con questa riforma si è voluto bilanciare due valori di rango costituzionale: da una parte, la necessità di indagare e trovare i responsabili dei reati. Dall’altra, la tutela delle intimità dei cittadini nella loro privacy. E tale punto di equilibrio è stato individuato con questa norma.

Per il professor Gian Luigi Gatta, ex super consulente dell’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia, la riforma sarebbe invece “anticostituzionale”.

Ogni volta che il centrodestra fa una riforma ecco arrivare l’accusa di incostituzionalità. Dove viene violata la Costituzione nel tutelare la privacy ed imporre l’obbligo di motivazione a pm e gip? Me lo devono spiegare.

Si può dire che le intercettazioni da mezzo di ricerca della prova del reato erano diventate mezzo di ricerca del reato?

Certo. Le cronache sono piene di casi del genere. Si individua il bersaglio e si aspettano settimane, mesi, anche anni, come nel caso di Giovanni Toti in Liguria, per cercare un reato che poi magari neanche si trova. Nessuno poi comunque ricorda che sono esclusi dal tetto dei 45 giorni i reati gravi, come mafia e terrorismo.

Nei partiti di maggioranza ci sono sensibilità diverse su questi temi. Lei è espressione dell’ala più garantista.

Il garantismo fa parte del mio Dna. Faccio l’avvocato e sono liberale da quando avevo 17 anni: per me viene prima di tutto la tutela del cittadino.

Quale è il bilancio in materia di giustizia fino ad oggi?

Penso sicuramente positivo e sono contento di essere fra i protagonisti di questo importante percorso riformatore. Le riforme che abbiamo varato sulle intercettazioni, ad esempio, viaggiano su tre gambe, su tre disegni di legge che ho presentato al Senato. Il primo, già approvato, ha riguardato il divieto di intercettare le conversazioni tra gli indagati e i propri avvocati. Pare una cosa normale ma non era così normale nel nostro Paese. Quando ho proposto questo disegno di legge, qualche collega, in particolare il senatore pentastellato Roberto Scarpinato, arrivò ad affermare che ci sono avvocati collusi con la mafia. È un modo di ragionare inaccettabile. Intercettare avvocati e assistiti è illegale in tutte le parti del mondo e doveva esserlo anche in Italia. La seconda gamba della riforma delle intercettazioni ha riguardato, come detto, la loro proroga. È una delle più importanti riforme della giustizia degli ultimi 30 anni. Le intercettazioni torneranno ad essere uno strumento di investigazione così come sono state concepite a suo tempo. Infine, la terza gamba riguarderà il sequestro dello smartphone e lo smartphone connesso al virus Trojan. Tutto sempre per tutelare la privacy dei cittadini.

A che punto siamo con questa riforma?

Attendiamo che il ministro Carlo Nordio ci faccia sapere. Il testo è pronto. Abbiamo fatto anche le audizioni. Da via Arenula hanno fatto però sapere che presenteranno una loro proposta. Speriamo in tempi rapidi.

PIERANTONIO ZANETTIN PRESIDENTE COMMISSIONE D\\'INCHIESTA SUL SISTEMA BANCARIO , IMAGOECONOMICA (PIERANTONIO ZANETTIN PRESIDENTE COMMISSIONE D’INCHIESTA SUL SISTEMA BANCARIO IMAGOECONOMICA)