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Menti superiori (corriere.it)

di Massimo Gramellini

Il caffè

Per Trump la colpa del disastro aereo sul Potomac è dei controllori di volo disabili che Obama e Biden avrebbero fatto assumere in omaggio alla cultura dell’inclusione.

Davanti agli schermi della torre di controllo di Washington ci sarebbe stato del personale con seri problemi di vista, come in un film comico di Mel Brooks? Questo, per fortuna, sembra escluderlo persino Trump.

Ma quando dice che in quei posti servono individui «altamente intelligenti» e «psicologicamente superiori» sta insinuando che l’aereo e l’elicottero sono andati a sbattere perché chi li doveva seguire da terra aveva una grave tara psicologica o intellettiva.

Non importa che sia vero, importa che i suoi elettori lo credano possibile. Perché è così che si rompono i tabù: surfando cinicamente sull’onda emotiva di una tragedia per affermare l’indicibile, affinché diventi argomento di dibattito e consenta di dirottare la rabbia popolare verso un capro espiatorio facile, debole e politicamente ostile all’opinione pubblica, o almeno a una sua consistente parte.

Da domani nulla più vieterà a un padre sconvolto per la morte del figlio di incolpare il chirurgo che lo ha operato, accusandolo di occupare quella carica non per bravura, ma per appartenenza alla comunità gay o a una minoranza etnica. E pensare che noi nati nel secolo scorso siamo cresciuti con l’idea che un leader politico debba anzitutto unire la società.

Adesso l’obiettivo pare sia diventato quello di spaccarla.

Dal manicomio alla cura: 100 foto per i 100 anni di Franco Basaglia (avvenire.it)

di Luca Liverani

La mostra

Fino al 25 gennaio a Venezia, città natale dello psichiatra, l’omaggio di Emergency al medico che ha rivoluzionato l’approccio alla malattia mentale superando la segregazione nei manicomi

Franco Basaglia(Franco Basaglia – Archivio Gian Butturini)
Ha lottato contro le condizioni disumane a cui erano costrette le persone segregate negli ospedali psichiatrici, dando vita a un processo di liberazione che portò alla riconfigurazione del concetto di salute e malattia nel nostro paese. Franco Basaglia è stato uno scienziato, un filosofo, un politico, un uomo delle istituzioni, un grande comunicatore e un testimone vivo del suo tempo.
.(Archivio Gian Butturini)
Nato a Venezia l’11 marzo 1924 (dove è morto il 29 agosto 1980) è stato probabilmente lo psichiatra italiano più autorevole del XX secolo e, a cento anni dalla sua nascita, continua ad essere uno straordinario esempio di influenza culturale italiana nel mondo.
Il suo pensiero e la sua opera pratica hanno avuto e continuano ad avere un impatto in culture e società diverse, in particolare per la concretezza e l’universalità della sua proposta etica, politica, culturale e scientifica: una sfida alle istituzioni della psichiatria. Non astratta o ideologica, ma concreta e ideale.
Franco Basaglia(Franco Basaglia – Archivio Gian Butturini)
La Mostra è ospitata nella sua città Natale, nella sede veneziana di Emergency, che definisce l’opera di Basaglia «in linea di continuità con l’eredità politica e culturale del suo fondatore Gino Strada». Tra i due medici infatti «esistono forti assonanze sull’idea di cura, nell’attenzione alla persona, ai suoi diritti, alla sua dignità, al suo benessere».
(particolare)(particolare – Archivio Gian Butturini)
L’esposizione è il racconto per immagini che il fotografo Gian Butturini fece delle nuove pratiche basagliane che stavano cambiando l’ospedale psichiatrico triestino. Uno ad uno i reparti venivano aperti, rovesciando le logiche della segregazione e della negazione dei diritti.
.(Archivio Gian Butturini)
Basaglia colse l’occasione per coinvolgere il fotografo bresciano in un modo nuovo: «Nei manicomi sono sempre finiti gli scarti della società, uomini usati e buttati come scorze di banana. Perché non vieni a Trieste? – diceva Basaglia a Butturini – Potresti fare un buon lavoro. Tutto il Paese deve sapere cosa sta succedendo a Trieste… ti ciapi la macchina fotografica, le cineprese e ti vivi co noialtri».
Basaglia chiese dunque a Butturini di documentare, non come già altri fotografi la non-vita degli internati, bensì le tracce del processo di liberazione in atto. Un compito non facile, di cui è consapevole anche il grande psichiatra, che gli dice: «Fotografare per denunciare è più facile che documentare la proposta. I segni della violenza sono più evidenti di una pratica di liberazione».
.(Archivio Gian Butturini)
Rompere, e Franco Basaglia lo sa bene, è più facile che costruire alternative e attorno ad esse un consenso sociale. Lo psichiatra e l’equipe che lo sostiene non sono degli ingenui: sanno che la deistituzionalizzazione dei manicomi e la de-marginalizzazione di coloro che soffrono di malattie mentali richiede un lavoro profondo nel quotidiano, tra la gente, nell’ambiente familiare e sociale in cui vivono.
Franco Rotelli (uno dei principali collaboratori di Basaglia) e gli altri operatori di Trieste, vedono chiaramente che la loro impresa si muove in un territorio nuovo e tutto da verificare. Parlano di una «istituzione inventata», di una «impresa sociale» all’interno di una «città che cura», di una «gestione sociale della follia».
(Particolare)(Particolare – Archivio Gian Butturini)
Ed è proprio questa nuova realtà così complessa e di grande importanza per il futuro, quella che Gian Butturini si assume il compito di raccontare. E lo farà con lo slancio umano e professionale che sempre ha guidato i suoi lavori protesi a relazionarsi in modo profondo con l’umanità.
(Venezia, Giudecca 212, ingresso libero dal giovedì al sabato, dalle 12.00 alle 18.00, chiusura dal 23 dicembre 2024 all’8 gennaio 2025)

Le moto da cross in ospedale sono legge, tra molte critiche (pagellapolitica.it)

di Davide Leo

Il Parlamento ha approvato il sostegno alla 
mototerapia, criticato da vari scienziati e 
anche da chi la pratica

Il 20 novembre il Senato ha approvato definitivamente la legge che riconosce e promuove la cosiddetta “mototerapia” come terapia complementare.

Questa pratica consiste in esibizioni di motocross negli ospedali, dedicate ai pazienti con disabilità o gravi patologie. La nuova legge è stata promossa dalla Lega, che ci aveva già provato nella scorsa legislatura, e la sua approvazione è stata sostenuta anche dalla ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, esponente del partito di Matteo Salvini.

Eppure, nonostante se ne parli da anni in Parlamento, la legge sulla mototerapia è stata criticata da più parti, sia da scienziati sia da associazioni che promuovono proprio questa pratica.

Che cos’è la mototerapia

La mototerapia o FMX Therapy (acronimo di Freestyle Motocross Therapy) – spiega un dossier del Parlamento – «prevede lo svolgimento di esibizioni di motocross freestyle all’aperto e all’interno degli ospedali per i ragazzi con disabilità e i pazienti, in particolare pediatrici, con gravi patologie».

Questa pratica dà l’opportunità ai pazienti «di salire in sella a una moto (a trazione elettrica, in caso di ingresso negli ospedali) per vivere un’esperienza nuova, sotto il controllo di un pilota esperto, in accordo con i genitori e i medici curanti».

Vanni Oddera, un «campione di motocross freestyle» che dal 2008 si esibisce con i suoi spettacoli negli ospedali e in varie strutture sanitarie, è considerato l’ideatore della mototerapia. Negli ultimi anni Oddera ha organizzato eventi fuori e dentro gli ospedali, alcuni dei quali alla presenza di amministratori membri del governo di centrodestra, tra cui il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Salvini.

La legge approvata dal Parlamento è composta da quattro articoli, e «riconosce e promuove» la mototerapia come «terapia complementare». Nel linguaggio comune la categoria delle terapie o medicine complementari raccoglie pratiche molto diverse tra loro, dalla naturopatia all’agopuntura, passando per l’omeopatia. Questa pratiche cliniche sono spesso svolte da medici, anche se non si avvalgono di mezzi terapeutici della medicina considerata “ufficiale”.

Entro sei mesi dall’entrata in vigore della nuova legge, andranno poi adottate «le linee guida per garantire un’uniforme regolamentazione e attuazione della mototerapia nel territorio nazionale». Tra le altre cose, queste linee guida dovranno regolamentare gli obiettivi dei progetti di mototerapia, i protocolli di sicurezza da seguire e le modalità di partecipazione.

La legge specifica poi che dalla sua attuazione «non devono nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». In altre parole, le amministrazioni che vogliono organizzare progetti di mototerapia dovranno farlo usando i soldi che hanno già a disposizione.

Nel complesso, il testo della legge approvato dal Parlamento è quasi identico a quello proposto dalla Lega nel 2021, al netto di poche ma sostanziali differenze. Per esempio, nel testo di tre anni fa entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge si sarebbero dovuti approvare «standard operativi», e non semplici linee guida, ma soprattutto la mototerapia sarebbe dovuta essere considerata una terapia «integrativa», e non complementare.

Queste differenze possono sembrare solo sfumature, ma sono invece importanti, dato che la stessa pratica della mototerapia è stata messa in dubbio più volte da molti scienziati.

Una pratica scientifica o no?

Il citato dossier del Parlamento che approfondisce la nuova legge sulla mototerapia spiega che nel 2020 questa pratica è stata «oggetto di studio» all’Ospedale Regina Margherita di Torino. Qui un’équipe di medici ha sottoposto un questionario a 50 pazienti del reparto di oncologia pediatrica, insieme a 50 genitori e 25 operatori sanitari.

Secondo questa indagine, dopo aver partecipato alle sessioni di mototerapia i bambini hanno avvertito un calo della percezione del dolore, delle emozioni negative e dello stress, e un aumento delle emozioni positive. Sulla validità di questo studio, e più in generale sull’efficacia della mototerapia, vari scienziati hanno espresso forti dubbi.

«Non c’è alcuna evidenza scientifica che possa supportare la mototerapia», ha dichiarato lo scorso marzo al sito di settore Trendsanità Luigi Mazzone, direttore della Scuola di specializzazione in Neuropsichiatria infantile dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. «È inoltre incomprensibile l’esasperazione alla continua medicalizzazione anche riferita ai termini stessi di ottime attività ludiche ricreative.

Le terapie sono un’altra cosa e non vanno confuse con le attività ludiche come nel caso della mototerapia». Abbiamo controllato e nella letteratura scientifica in effetti non esistono altri studi che hanno provato a quantificare i benefici prodotti dalle esibizioni di motocross negli ospedali.

Il 20 novembre, durante la discussione nell’aula del Senato, è intervenuta la senatrice a vita e scienziata Elena Cattaneo, famosa per i suoi studi sulle cellule staminali. «Intervengo sul disegno di legge in esame non senza imbarazzo nella speranza che quest’assemblea, sebbene all’ultimo momento utile, voglia risparmiare al Paese, alla medicina, alle difficili storie di malattia, l’umiliazione di una legge spot senza capo né coda, che introduce nell’ordinamento una pratica priva di alcuna evidenza scientifica», ha detto Cattaneo.

Secondo la scienziata, la mototerapia «non è un percorso di cura» e «non è una terapia complementare», dal momento che «non esiste alcuna minima evidenza a sostegno della proposta e della promozione della mototerapia».

La senatrice a vita ha criticato anche l’indagine fatta all’Ospedale Regina Margherita, sostenendo che questo studio non sia mai stato citato in altre pubblicazioni scientifiche. Abbiamo controllato ed è vero: l’indagine è citata solo in un altro articolo, scritto però dagli stessi autori. In più, secondo Cattaneo, la rivista European Journal of Integrative Medicine che ha pubblicato l’indagine sulla mototerapia è «irrilevante» dal punto di vista scientifico.

Il deputato della Lega Massimiliano Panizzut, primo firmatario della proposta di legge, ha difeso la mototerapia da queste critiche. «La mototerapia non è una terapia salvavita, purtroppo, così come non lo sono la clownterapia e la pet-therapy», ha detto a Pagella Politica Panizzut.

Il termine “mototerapia” è stato coniato «per semplificare il titolo da dare a questa pratica, che non influisce direttamente sulla salute ma sul comportamento e lo stato d’animo dei pazienti», ha aggiunto il deputato della Lega.

A chi gli chiede che cosa sia la mototerapia, Panizzut risponde di guardare il video presentato da Oddera in un’audizione al Senato: «Io spesso ho detto a tutti i miei colleghi: “Più delle parole, guardatevi il video, guardate le emozioni che provano questi ragazzi e anche i familiari che partecipano alla mototerapia per capire gli effetti benefici di questa pratica”».

Secondo Panizzut, c’è un altro motivo a sostegno della necessità di approvare una legge sulla mototerapia. «A noi, come Lega, è venuto in mente di legiferare e tutelare questa pratica perché è una cosa che alcuni già fanno, ma fanno male», ha spiegato il deputato.

«Ci hanno accusati di favorire qualcuno o qualcosa ma è vero il contrario: siccome abbiamo saputo che ci sono associazioni che si fanno pagare dalle famiglie per queste attività, mentre Oddera fa tutto gratis, abbiamo pensato di stabilire delle linee guida valide per tutti: una base di partenza cosicché chi voglia fare mototerapia possa adeguarsi, formarsi e offrire il suo contributo».

“La mototerapia” vs la mototerapia

Non è chiaro a quali associazioni faccia riferimento Panizzut né se effettivamente Oddera faccia «tutto gratis» o meno. Sappiamo però che, da quando è stata presentata in Parlamento, la legge sulla mototerapia è stata criticata soprattutto da un’associazione, che si chiama proprio “La mototerapia”. Come è possibile questa apparente contraddizione?

Questa associazione è stata fondata nel 2019 da Luca Nuzzo, uno psicologo specializzato in “neuro e psicomotricità dell’età evolutiva”. Nuzzo chiama «motospettacolo» la mototerapia proposta da Oddera e la considera dannosa per vari motivi. In primo luogo, Nuzzo sostiene che il termine “mototerapia” sia già stato registrato e brevettato da lui, e che quindi Oddera non potrebbe usarlo.

In secondo luogo, secondo Nuzzo «le terapie le prescrivono i medici, le somministrano gli infermieri e le mettono in pratica i terapisti regolarmente laureati e iscritti all’albo di riferimento», e non i “campioni di motocross”. Infine, Nuzzo ha più volte difeso la “sua” mototerapia, considerata l’unico metodo che possa vantare evidenze scientifiche e risultati clinici.

«Noi terapisti per utilizzare la parola terapia andiamo all’università, prendiamo un titolo e facciamo il nostro lavoro. Non è che accompagno mio cugino al tribunale e solo perché mi trovo in tribunale faccio l’avvocato», ha detto Nuzzo in audizione alla Commissione Affari Sociali del Senato. «Io non sono contro all’attività; sono contro all’utilizzo della parola che è vista come terapia, ma purtroppo non è una terapia».

Panizzut ha tenuto a specificare a Pagella Politica che la figura di Oddera «non c’entra un tubo con la legge». «Non si fanno le leggi per una persona ma per tutti i cittadini: adesso se uno vuole fare mototerapia ha delle linee guida a cui fare riferimento, non può salire in sella a una moto e improvvisarsi», ha detto il deputato.

Insomma, secondo la Lega la nuova legge serve a regolamentare un settore in espansione, e ad aiutare chi promuove queste pratiche a entrare negli ospedali e nelle strutture sanitarie. Secondo i critici, invece, la nuova legge è dannosa perché eleva al rango di «terapia complementare» un’attività ludica che, per quanto non dannosa, non avrebbe nessun beneficio accertato sulla salute dei pazienti.

Ma allora perché chiamarla “terapia”? «L’abbiamo fatto per semplificare», ha risposto Panizzut. «Dato che c’erano già l’ippoterapia, la clownterapia e la pet-therapy questo termine ci sembrava adeguato. Ma quando il comitato scientifico stilerà le varie procedure e le linee guida potrà anche cambiare nome e chiamarla in un altro modo».