Il primo ministro polacco si è lamentato con Netflix per un errore in un documentario sull’olocausto (rivistastudio.com)

Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha scritto al Ceo di Netflix, Reed Hastings, per chiedere di correggere un errore in una mappa che si vede in The Devil Next Door.

La serie, disponibile dallo scorso 4 novembre, racconta la storia di John Demjanjuk, un uomo accusato di essere Ivan il terribile, una famigerata guardia carceraria che ha operato nei forni di Treblinka.

Il motivo dell’indignazione è il riferimento che si fa nella serie ai «campi della morte polacchi»: per Morawiecki si tratta di un errore, visto che i campi erano sì in territorio polacco ma erano controllati (ed erano stati ideati) dai tedeschi.

«Netflix, rispetta la storia! Durante il periodo in cui si svolgono i fatti descritti dalla serie tv The Devil Next Door, la Polonia era occupata e la responsabile dei campi era la Germania nazista. La mappa che si vede nella serie non mostra i reali confini di quell’epoca», si legge sull’account Twitter del Ministero degli esteri polacco … leggi tutto

Volevano far saltare in aria una moschea, 12 indagati nel Senese (agi.it)

Gli estremisti di destra sospettati non risultano 
al momento collegati a formazioni politiche 
già esistenti

C’era una moschea di Colle Val D’Elsa, in provincia di Siena, nel mirino degli estremisti di destra indagati dalla Dda di Firenze. L’intenzione di farla saltare con una condotta del gas emerge dalle intercettazioni ma l’azione non venne portata a termine perché un 60enne di Siena, Andrea Chesi, nostalgico delle SS, al centro dell’inchiesta, sarebbe stato contattato dalla polizia che aveva notato strani movimenti vicino all’edificio.

Sono in tutto dodici gli estremisti di destra indagati dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze per detenzione abusiva di armi e sospettati di associazione con finalità eversiva. Secondo il procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo, “al momento” non ci sono “riscontri di correlazione con formazioni politiche di estrema destra già esistenti … leggi tutto

Si pulì si vestì s’avvelenò (ilpost.it)

di Giacomo Papi

Da bambino credevo di essere zingaro, a vent’anni ho 
scoperto di essere ebreo. Almeno un po’: quel tanto 
che basta. Della famiglia di mia madre sapevo 
pochissimo perché erano poveri, parlavano poco 
ed erano morti. 

I pochi parenti ancora in vita non avevano alberi genealogici o proprietà a cui agganciare memorie e racconti, oppure si erano dispersi, nel loro silenzio, in varie parti del mondo. Una delle poche antenate che mia madre evocava – ma non ne sapeva molto neppure lei – era una misteriosa bisnonna di cui in famiglia si preferiva tacere e di cui lei conosceva soltanto il nome e la razza: Virginia, zingara. Avremmo saputo che era una mezza bugia dettata dall’ignoranza e dalla paura, ma anche dal presagio che il fascismo e le leggi razziali sarebbero potute tornare.

Mio nonno si chiamava Otello e mia nonna Tosca, come le opere. Si erano conosciuti alla fine degli anni Trenta e nel 1941 era nata mia madre. Da giovane Otello aveva avuto la tubercolosi, ma era guarito. Tosca si ammalò nel 1944 e morì nell’ottobre 1950, dopo molto sanatorio, quando mia madre aveva 9 anni. Si sapeva anche che Otello aveva due fratelli, Adolfo, che viveva a La Spezia, e Norma – un’altra opera – che aveva sposato Don, un soldato scozzese conosciuto durante la guerra, e si era trasferita prima a Edimburgo, poi a Melbourne, in Australialeggi tutto

Una fuga di dati svela una rete internazionale di neo-nazisti con collegamenti a omicidi e atti di terrorismo (valigiablu.it)

di Andrea Zitelli

Dati privati ​​provenienti da un sito neo nazista di suprematisti bianchi – collegato a omicidi e atti di terrorismo – sono stati resi pubblici da un utente identificato con il nome "dati antifa". 

Il database contiene informazioni dettagliate su circa mille membri, tra cui nome utente, messaggi privati, post pubblici, indirizzi mail e indirizzi IP, spiega Ars Technica.

Si tratta del sito di suprematisti bianchi conosciuto con il nome Iron March, lanciato nel 2011 e chiuso 6 anni dopo, nel 2017, senza una spiegazione ufficiale. In base a quanto ricostruito nel febbraio scorso dal Southern Poverty Law Center, un’organizzazione che si batte contro odio e intolleranza, membri di Iron March hanno contribuito alla creazione di contenuti a sostegno del genocidio di ebrei e non bianchi, poi propagandati sui social come Twitter e Facebook, e nel forum interno si sono incitati tra loro per intraprendere azioni dirette, a volte di carattere criminaleleggi tutto

Carla Capponi è la partigiana che liberò Roma. La sua storia deve essere conosciuta (thevision.com)

di Jennifer Guerra

Nel luglio del 1946, su un aereo DC-9 da trasporto 
truppe partito da Fiumicino, si trovano alcuni 
ufficiali con due uomini e una donna. I due uomini 
sono Vincenzo Arangio-Ruiz, ministro di tre governi 
transitori dopo la Liberazione, e Agostino Gemelli, 
il fondatore dell’Università Cattolica. 

L’unica donna è Carla Capponi. “Impiegata del ministero della Guerra?”, chiedono i passeggeri. “Partigiana”, risponde lei. Gemelli allora esclama: “Signori ufficiali, abbiamo l’onore di viaggiare con un’eroina della Resistenza italiana!”. I militari le fanno il saluto e Carla arrossisce, ma si chiede anche se quella forma di rispetto sia seria o una presa in giro. Il viaggio per Milano è turbolento e quando Elio Vittorini la accoglie per portarla alla sede del Partito comunista in via delle Botteghe oscure e le chiede com’è andato il viaggio, Carla ammette di aver avuto molta paura. “Più dei nazisti?”. “È un’altra paura”. Solo due anni prima, era lei a terrorizzare i nazifascisti.

La sua militanza comincia il giorno dopo l’assedio di San Lorenzo, a Roma. Carla, che proviene da una famiglia di origine marchigiana di fede antifascista, lavora come dattilografa nel Corpo reale delle miniere quando, il mattino del 14 luglio 1943, sente le sirene dell’allarme suonareleggi tutto

Grecia, omicidio-Fýssas : il leader di Alba Dorata, Michaloliákos, alla sbarra (euronews.com)

di

II partito neonazista greco Alba Dorata è da tempo 
in fase calante: la causa principale del crollo 
elettorale è il processo in corso, ormai da oltre 
quattro anni, per la morte di Pávlos Fýssas, rapper 
antifascista di 34 anni pugnalato da simpatizzanti 
di Alba Dorata il 13 settembre 2013 alla periferia 
di Atene.

Nikos Michaloliákos, 62 anni, fondatore e leader di Alba Dorata, questo mercoledi sarà chiamato – per la prima volta – a testimoniare.

Previste manifestazioni da parte delle organizzazioni di sinistra … leggi tutto