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Il rabbino, gli ebrei e i canarini (corriere.it)

di Gian Antonio Stella

Tuttifrutti

«La triste involuzione della lotta per i diritti si vede tutta nelle contraddizioni di chi come i movimenti femminili o per il libero orientamento sessuale ignorano le violenze subite dalle donne ebree o rendono impossibile la presenza ebraica nelle loro manifestazioni», scrive in una breve lettera al Foglio Riccardo Di Segni, raccontando la solitudine degli ebrei in questi mesi in cui s’è «scoperchiato il vaso di Pandora di un antisemitismo strisciante solo a stento trattenuto finora dal politically correct» al punto che «ostentare un segno di appartenenza ebraica può essere pericoloso per un passante in una strada europea; i luoghi di aggregazione ebraica come scuole e sinagoghe sono oggetto di attenzione speciale; a giornalisti e docenti ebrei viene impedito di parlare».

Il tutto con una ostilità che va oltre «la critica, sempre legittima, alle scelte d’un governo; c’è piuttosto una divisione manichea tra cattivi e buoni in cui a essere cattivo è uno stato che ha il peccato originale di esistere, e insieme allo stato tutti coloro, come gli ebrei del mondo, che lo appoggiano in un periodo di crisi epocale e decisiva».

Come dare torto al Rabbino capo di Roma se perfino David Grossman, che da decenni rappresenta come scrive su Repubblica Luigi Manconi «una delle voci più autorevoli —sotto il profilo morale, culturale e politico — della società israeliana» ha subito in una piazza bolognese in teoria «antifascista» l’onta dei fischi di chi ha perso ogni capacità di distinguere?

E se segnali così arrivano «dalle file progressiste, che si dicono di sinistra, dalla parte opposta restano i nostalgici coi loro riti non tanto folkloristici, che sembrano tollerati. E non solo restano, ma raccolgono consensi crescenti».

Una fiammella nel buio, scrive Di Segni, è la consegna ad Aquisgrana del premio Charlemagne al rabbino Pinchas Goldschmidt, a capo della Conferenza rabbinica europea e già rabbino capo di Mosca prima d’essere costretto da Putin all’esilio.

E conclude con «la famosa immagine del canarino portato in miniera dai minatori, primo a soccombere per la presenza di gas velenosi, che lancia l’allarme. E’ questa la posizione in cui si sentono gli ebrei europei. E dargli un po’ di attenzione, come è stato fatto ad Aquisgrana, sarebbe utile per tutti».

Risposta del Foglio: «Siamo tutti canarini. Grazie». O almeno così dovremmo essere.