Le banche stanno bloccando i conti dei propagandisti di Putin per evitare sanzioni secondarie (linkiesta.it)

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Congelamento antirusso

Dopo le nostre inchieste, l’avvio delle procedure sanzionatorie da parte dell’Ucraina e l’azione congiunta delle istituzioni europee, anche gli istituti di credito si muovono contro chi diffonde fake news al soldo di Mosca.

Così evitano il danno reputazionale e non vanno contro gli ultimi provvedimenti europei

Nei giorni scorsi Andrea Lucidi, il propagandista italiano che vive in Donbas, ha chiesto a Vladimir Putin la possibilità di avere la cittadinanza russa poiché si sente perseguitato dalle istituzioni europee e rischia, con l’arrivo delle sanzioni, di vedersi bloccati sia i conti correnti bancari sia la possibilità di muoversi liberamente in Europa (in base all’ultimo pacchetto di sanzioni dell’8 ottobre 2024).

Ma se i tempi della burocrazia non fossero rapidi, una prima scossa potrebbe arrivare dal mondo bancario.

Secondo quanto abbiamo appreso da fonti del mondo della finanza, alcuni istituti bancari italiani avrebbero avviato procedure per congelare in via cautelativa numerosi conti correnti bancari di privati, associazioni e società editoriali che avrebbero intrattenuto direttamente o indirettamente rapporti con personalità nei territori illegalmente occupati, società che si sono avvalse di stratagemmi per aggirare le sanzioni o che nelle loro attività sostengono attivamente l’invasione criminale di Putin e le tesi genocidarie del popolo ucraino.

Una scelta quella di molti istituti di credito italiani e stranieri dettata da una doppia necessità: evitare un danno reputazionale (sono molte infatti le realtà che per ricevere donazioni espongono su siti e canali Telegram le coordinate bancarie) e per scongiurare il problema delle cosiddette eventuali sanzioni secondarie, che con i pacchetti degli scorsi mesi vanno a colpire anche le strutture che offrono supporto alle entità sanzionabili.

Una scelta quella di molti istituti di credito italiani e stranieri dettata da una doppia necessità: evitare un danno reputazionale (sono molte infatti le realtà che per ricevere donazioni espongono su siti e canali Telegram le coordinate bancarie) e per scongiurare il problema delle cosiddette eventuali sanzioni secondarie, che con i pacchetti degli scorsi mesi vanno a colpire anche le strutture che offrono supporto alle entità sanzionabili. Inoltre le azioni degli istituti di credito in aderenza alle già esistenti previsioni legislative dell’Unione Europea a contrasto della propaganda Russa e fake news del Cremlino.

Gli alert degli istituti di credito hanno attivato le procedure interne del The Know Your Customer (Kyc), un processo di verifica delle identità dei clienti e delle transazioni atte a prevenire i versamenti illegali o di dubbia provenienza. Questa azione fa parte della normativa Anti-Money Laundering (Aml) che gli istituti di credito sono tenuti a seguire secondo le normative europee.

Al termine di questo iter scatta la segnalazione all’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (Uif), che nel sistema di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo è l’autorità che provvede ad acquisire le informazioni riguardanti le operazioni sospette per poi attivare un blocco bancario totale.

Sono finite nel mirino anche le numerose operazioni con criptovalute registrate, e l’utilizzo di carte prepagate e versamenti in contanti massicci.

L’attenzione del mondo della finanza e degli inquirenti è anche sul mondo del no-profit per comprendere se, come per il terrorismo di matrice islamista, vi sia una connessione tra attività fintamente benefiche e riciclaggio di denaro.

Una situazione difficile per i nostri concittadini, che questa volta difficilmente potranno contare sull’aiuto della grande madre russa.

Meloni non la racconta giusta sulle agenzie di rating (pagellapolitica.it)

di Carlo Canepa

La dichiarazione
«Le agenzie di rating per la prima volta, due agenzie di rating, per la prima volta hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia. Dal 1989 questa cosa è accaduta tre volte in Italia»
Fonte: Porta a Porta – Rai 1 | 30 ottobre 2024
Verdetto sintetico

Questa cosa è avvenuta più volte rispetto al numero indicato da Meloni.

Il 30 ottobre, ospite a Porta a Porta su Rai1, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto che l’Italia è riuscita «a invertire totalmente la tendenza» per quanto riguarda la crescita economica. A sostegno di questa sua tesi, la leader di Fratelli d’Italia ha dichiarato che due agenzie di rating «per la prima volta hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia». Secondo Meloni, «dal 1989 questa cosa è accaduta tre volte» nel nostro Paese.

Non è chiaro come queste due dichiarazioni possano stare insieme. Da un lato, la presidente del Consiglio sostiene che durante il suo governo, «per la prima volta», due agenzie di rating hanno cambiato il giudizio sulla solidità economica dell’Italia. Dall’altro lato, dice che una cosa simile è successa già «tre volte» negli ultimi 35 anni.

Al di là di questa osservazione, abbiamo verificato che, in realtà, le agenzie di rating hanno modificato in positivo le loro stime sull’economia italiana più di tre volte negli ultimi 35 anni.

I pareri delle agenzie di rating

Come abbiamo spiegato di recente in un altro fact-checking, le agenzie di rating sono istituti finanziari privati che valutano la solvibilità di Stati o aziende, ossia forniscono un giudizio sulla loro capacità di ripagare i debiti (le tre agenzie più famose sono Moody’sStandard & Poor’s e Fitch ratings).

Questo giudizio è espresso attraverso un rating, un punteggio su una scala di valutazione che va da livelli più alti di affidabilità a quelli più bassi. Più si scende nella scala di rating, maggiore è il rischio di insolvenza di un Paese. Di solito il rating più alto è l’AAA, ma i nomi dei gradi cambiano leggermente da agenzia ad agenzia.

Le agenzie pubblicano anche gli outlook, ossia le previsioni sull’andamento futuro dei rating. Un outlook può essere negativo, stabile e positivo: come suggeriscono gli aggettivi, questo parametro indica la possibile direzione in cui il rating potrebbe muoversi nel medio termine. Per intenderci, un outlook negativo suggerisce che il rating potrebbe essere abbassato in futuro, mentre un outlook positivo lascia prevedere un possibile miglioramento, seppure non sicuro.

Durante il governo Meloni, che si è insediato il 22 ottobre 2022, due agenzie di rating hanno cambiato l’outlook dei titoli di Stato italiani, ma non il rating. Lo scorso 18 ottobre Fitch ha confermato il rating BBB per l’Italia (questo rating è due gradini sopra al livello “spazzatura” assegnato ai titoli di Stato dei Paesi su cui diventa più rischioso investire), ma ha rivisto al rialzo l’outlook da stabile a positivo.

Lo stesso giorno Standard & Poor’s ha confermato sia il rating BBB per l’Italia (due gradini sopra il livello “spazzatura”) sia l’outlook stabile, rimasto lo stesso assegnato a luglio 2022, durante la crisi del governo Draghi e prima dell’insediamento del governo Meloni.

A novembre 2023, invece, Moody’s ha alzato l’outlook da negativo a stabile, mentre lo scorso maggio ha confermato il rating Baa3 per l’Italia (un gradino sopra al livello “spazzatura”). La nuova valutazione di Moody’s è attesa per il prossimo 22 novembre.

Ricapitolando: Meloni ha ragione quando dice che durante il suo governo «due agenzie di rating» – Fitch e Moody’s – «hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia». Ma davvero «dal 1989» una cosa simile è successa solo «tre volte»?

Che cosa è successo in passato

Il Grafico 1 mostra l’andamento del rating e dell’outlook assegnato da Standard & Poor’s all’Italia dal 1988 a oggi. I pallini verdi rappresentano un outlook positivo, mentre i pallini rossi un outlook negativo. Quando la linea azzurra scende di un gradino, il rating dell’Italia peggiora; quando sale, il rating migliora. Viceversa se sale, significa che il rating è migliorato.
Dal grafico si vede che Standard & Poor’s ha aumentato il rating del nostro Paese una volta, a ottobre 2017, durante il governo Gentiloni. L’outlook, invece, è stato rivisto al rialzo quattro volte, l’ultima a ottobre 2021, durante il governo Draghi.
Grafico 1. Andamento del rating e dell’outlook assegnati all’Italia da Standard & Poor’s – Fonte: World Government Bonds

(Grafico 1. Andamento del rating e dell’outlook assegnati all’Italia da Standard & Poor’s – Fonte: World Government Bonds)
Dal 1989 Moody’s ha aumentato il rating al nostro Paese due volte: a luglio 1996, durante il governo Ciampi, e a maggio 2002, durante il secondo governo Berlusconi. L’outlook è stato rivisto al rialzo tre volte, l’ultima a novembre scorso.
Grafico 2. Andamento del rating e dell’outlook assegnati all’Italia da Moody’s – Fonte: World Government Bonds

(Grafico 2. Andamento del rating e dell’outlook assegnati all’Italia da Moody’s – Fonte: World Government Bonds)
Infine, Fitch ha rivisto al rialzo il rating dell’Italia due volte negli ultimi trent’anni: a giugno 2002 e a dicembre 2021. L’outlook è stato migliorato due volte, l’ultima volta il 18 ottobre scorso.
Grafico 3. Andamento del rating e dell’outlook assegnati all’Italia da Moody’s – Fonte: World Government Bonds

(Grafico 3. Andamento del rating e dell’outlook assegnati all’Italia da Moody’s – Fonte: World Government Bonds)
Ricapitolando: dal 1989 a oggi, le tre principali agenzie di rating hanno aumentato il rating dei titoli di Stato italiani cinque volte e rivisto l’outlook al rialzo sette volte (senza considerare i due miglioramenti registrati durante il governo Meloni). In conclusione, sia il rating che gli outlook sull’Italia sono stati migliorati più volte rispetto alle «tre» sole indicate da Meloni.

Il verdetto

Secondo Giorgia Meloni, durante il suo governo due agenzie di rating «hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia», una cosa avvenuta solo «tre volte» dal 1989. Abbiamo controllato e la presidente del Consiglio non la racconta giusta.

Durante il governo Meloni, Fitch ha rivisto l’outlook dell’Italia da stabile a positivo, mentre Moody’s l’ha aumentato da negativo a stabile. Nessuna delle due ha modificato il rating, mentre Standard & Poor’s ha mantenuto invariato sia il rating sia l’outlook.

Dal 1989 fino all’insediamento del governo Meloni, le tre principali agenzie di rating hanno aumentato il rating dei titoli di Stato italiani cinque volte e rivisto l’outlook al rialzo sette volte.

La cinica geopolitica dalemiana, e la lunga, lunghissima, nottata che attende l’Ucraina (linkiesta.it)

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Buonanotte, Kyjiv

Tra nostalgia romanzata e verità alternative, l’ex leader dei Ds liquida la causa degli ucraini come un incidente della Storia, sostenendo che la vittoria della Russia sarà inevitabile perché è una potenza troppo grande e per essere fermata.

Purtroppo non è l’unico a pensarla così a sinistra

«Sento leader europei dire: “Vinceremo la guerra contro la Russia”: una sciocchezza. La Russia è una potenza nucleare, non si lascerà sconfiggere. Non perché c’è Putin ma perché sono russi. Ma quali libri hanno letto da ragazzi questi nuovi governanti?». Con la consueta cultura del dubbio che da sempre lo anima, Massimo D’Alema, in una lunga intervista a Domani, ne dice diverse di cose che se fossimo lui definiremmo sciocchezze, ma siccome non siamo lui definiremmo come minimo opinabili, diciamo. È

evidente che l’ex ministro degli Esteri (oggi osservatore con interessi di tutt’altro tipo, commerciali, diciamo) considera la difesa dell’Ucraina una velleità, una specie di obolo da pagare alla dignità di quel popolo, ma soprattutto una causa impolitica, una sconfitta prevedibile, annunciata, inevitabile perché «la Russia non si lascerà sconfiggere»: e dove sta scritto?

Certo, in “Guerra e pace” (lo hanno letto tutti, anche «questi nuovi governanti») ma per venire a tempi più recenti è anche vero che la beneamata Unione sovietica dovette abbandonare l’Afghanistan a gambe levate, e poi bombarda l’Ucraina da due anni e mezzo senza riuscire a sottomettere Kyjiv, segno che anche gli indomiti russi non sono così imbattibili tanto che hanno dovuto chiedere una mano ai nordcoreani giunti alle porte dell’Europa, una follia nella follia.

Tutto questo dimostra che i carri armati di Putin possono essere fermati e il regime di Mosca costretto a una trattativa con l’Ucraina in piedi: o per meglio dire così sarebbe potuto andare se il 5 novembre non avesse vinto Donald Trump.

Ora che nella sostanza Joe Biden non è già più alla casa Bianca (Joe Biden, altro che «questi nuovi governanti», uno che si occupa di politica estera più o meno da quando D’Alema, da “Pioniere”, dava i fiori a Palmiro Togliatti al IX congresso del Partito comunista italiano), è facile dire che la Russia non perderà: Kyjiv la stanno già svendendo.

L’ex leader della sinistra italiana non è «contento» della pax putinian-trumpiana ma in fondo sì, la pace prima di tutto e non c’importa degli altri, come cantava Adriano Celentano, cioè di quegli ucraini che potrebbero vedersi togliere pezzi della loro Patria del tutto illegittimamente, dopo un atto di forza condannato da tutti i paesi liberi.

«Noi» – non si stanca di ripetere l’ex ministro degli Esteri – facevamo politica: con Bill Clinton ma anche andando oltre Bill Clinton («noi cercavamo una soluzione per il dopoguerra. Si convinse») all’epoca della guerra nell’ex Jugoslavia: come se quel conflitto fosse paragonabile all’aggressione di una grande potenza militare come la Russia ai danni di un Paese sovrano.

Ma già, la colpa dell’invasione non è dell’invasore ma dell’Occidente che lo ha fatto innervosire con la strategia dell’allargamento della Nato – anche qui, che c’importa della volontà dei paesi che liberamente vogliono stare “da questa parte” – e questa è esattamente l’argomentazione del Cremlino per giustificare l’aggressione. Invadere è stata un’esagerazione («la responsabilità è di Putin»), ma la responsabilità è dell’America che guida la Nato, diciamo.

Coincidenza, ieri Sergio Mattarella, che ebbe la ventura di essere il vicepresidente del governo guidato da D’Alema (vedi la Storia com’è strana) ha affermato l’opposto: «Risalta oggi come l’Alleanza Atlantica abbia contribuito, in modo determinante, alla stabilità internazionale e al più lungo periodo di pace vissuto dal Continente europeo, saldo ancoraggio per la sicurezza del nostro Paese. La attuale fase di instabilità conferma la validità di quelle scelte.

L’inaccettabile aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina e il conflitto in Medio Oriente ne sono ragioni evidenti». È assai probabile che tra la lettura dell’ex capo dei Ds e quella del presidente della Repubblica un bel pezzo della sinistra non solo quella rossobruna degli estremisti ma anche di quella del Partito democratico preferisca la prima. Adesso – sostiene D’Alema – «serve la poliitica»: ma senza gente come “noi” che eravamo tanto bravi  chi sarà in grado di farla?

Meno male che Donald c’è, pensa l’ex lìder Maximo la sera prima di mettere la testa sul cuscino. E buonanotte, Ucraina.

Scarti umani – Candidato fascista, No Vax e No gender

Un giorno col candidato: Teodori. No gender, No euro e No vax (ilrestodelcarlino.it)

“Destra e sinistra? Superate”. 

Campagna elettorale a mezzo servizio, perché deve tenere aperto il negozio La profezia: “L’onda americana arriverà anche qui, l’attuale classe politica sarà travolta”

Ultimo viaggio con i candidati alla presidenza della Regione. Il Carlino ha passato una giornata insieme con Luca Teodori, sostenuto da ’Lealtà, Coerenza, Verità.

Luca Teodori, ferrarese, 56 anni, seduto al centro con la camicia azzurra circondato dai suoi sostenitori

(Luca Teodori, ferrarese, 56 anni, seduto al centro con la camicia azzurra circondato dai suoi sostenitori)

L’outsider di queste elezioni Regionali si presenta come il candidato della porta accanto, ma basta parlarci qualche minuto che si lascia andare a idee con forti accenti anti-sistema.

“Non sono un politico di professione, come tutti devo portare a scuola i figli, aprire il mio negozio, tornare a casa da mia moglie la sera. L’attività politica la faccio, ma dopo (o durante) le mie faccende quotidiane. O in pausa pranzo e nei weekend. La mia vita è quella di un qualsiasi normale cittadino anche in campagna elettorale”, dice Luca Teodori, aspirante governatore di ’Lealtà, Coerenza, Verità’.

Una lista civica che mette insieme le esperienze di Italexit, Isp, Udcl e Vita contro gli obblighi vaccinali, contro il ‘dominio’ dell’Unione Europea e della Nato, a favore della sovranità monetaria rispetto alla finanza, con idee come quella di creare una moneta regionale.

Teodori, attivista no-vax nel periodo del Covid (“l’obbligo vaccinale di massa durante la pandemia è stata una truffa”, ripete) e già segretario politico del movimento ’Vaccini Vogliamo Verità’, è ferrarese, ha 56 anni e come segno zodiacale è “scorpione ascendente scorpione”, come ci tiene a sottolineare.

La sua giornata elettorale inizia nella sua Ferrara come sempre attorno alle 7.30, quando va a prendere la colazione per le due bambine, dopo una breve passeggiata. Poi, accompagna la figlia alle elementari, e nel tragitto inizia a dettagliare i capisaldi del suo programma: “Quando diciamo no alla propaganda gender e Lgbt nelle scuole e no agli obblighi vaccinali pediatrici sappiamo di che cosa parliamo…”

Un’oretta dopo, si sposta a Copparo per aprire alle 8.30 il suo negozio del settore auto, un’attività che porta avanti da circa vent’anni. In pausa pranzo si dedica agli impegni politici. E, così, alle 12.30 Teodori raggiunge il corteo dei sindacati a favore della Berco, l’azienda metalmeccanica di Copparo, nel Ferrarese, che vede 480 dipendenti a rischio licenziamento.

L’aspirante presidente anti-sistema, però, sta in disparte. “Non mi piace speculare sulle persone, non sono qui per fare comizi”, taglia corto. E si presenta una mezz’ora dopo davanti ai cancelli della fabbrica per portare la sua solidarietà ai lavoratori. Poi fa la sua analisi personale della crisi: “Tutto nasce dall’ingresso nell’euro, basta guardare la curva della diminuzione dei salari…”.

La pausa pranzo è quasi terminata, sono le 14 e Teodori deve riaprire il negozio. Nel frattempo, però, “devo studiare un documento recapitato da alcuni agricoltori”, e fissare un incontro con “un comitato di cittadini di Bologna sul tema della sicurezza. Ci sono sempre più persone e commercianti che si sentono insicuri in tutto il nostro territorio. Questo è un problema concreto, ma che la classe politica sottovaluta.

La sinistra a livello ideologico fa fatica a parlarne, la destra si concentra solo sull’immigrazione”. Mentre è al lavoro, spiega, quindi, il suo pensiero oltre la destra e la sinistra: “Sono categorie superate. Magari posso essere d’accordo con l’uno o con l’altro su certe questioni, ma ciò che manca loro è la coerenza. Cosa che, invece, riguarda noi che siamo la vera novità di queste elezioni”.

Nessuna vicinanza al ’centro’: “Vorrebbe dire essere come Antonio Tajani o Matteo Renzi, per carità”. Alle 18.30 Teodori esce dal lavoro, un breve passaggio a Ferrara, per poi ripartire verso Reggio-Emilia per un incontro sulla scuola assieme a candidati e candidate della lista ’Lealtà, Coerenza, Verità’.

Prima di uscire, si lascia andare a una sua personale analisi delle elezioni Usa: “Trump ha vinto le elezioni grazie al voto dei No Vax. E quest’onda arriverà anche in Italia. Credo, anzi, che questa classe politica verrà travolta ancora di più che durante Tangentopoli”.