Non leggete “il Fango Quotidiano”
Un Paese civile non ha bisogno di forcaioli e bugiardi.
Tutte le condanne di Travaglio
L’angolo fascista
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L’articolo che segue è tratto da Camminando-Domandando, foglio comunitario di quartiere attaccato sui muri del centro storico di Napoli da qualche settimana.
La signora Jolanda Somma è l’ultimo inquilino di palazzo Penne: abita lì dal 1942, anno della sua nascita, in un quartino accanto al giardino. Nel corso del tempo ha assistito allo sfratto di cinquanta famiglie di inquilini. Quando il palazzo si è svuotato, l’ha presidiato e difeso più volte da incursioni vandaliche. Oggi Jolanda è sola e rischia di essere sfrattata dalla Regione Campania, attuale proprietario dell’edificio.
Palazzo Penne è uno degli edifici più antichi del centro storico di Napoli, ed è anche uno dei più decadenti. Il palazzo, infatti, a eccezione del portale di marmo e del secolare portone di legno restaurato recentemente, versa in uno stato di totale abbandono da almeno trent’anni. L’edificio, definito “un unicum del primo Quattrocento napoletano” fu costruito nel 1406 su commissione di Antonio da Penne, segretario di re Ladislao. Durante il decennio francese fu acquistato dall’abate Teodoro Monticelli, un illustre vulcanologo che sistemò lì la sua biblioteca e la sua collezione di minerali. Palazzo Penne divenne così il crocevia dei più importanti scienziati dell’epoca.
Nel 1950 il palazzo era abitato da circa cinquanta famiglie. Nel 1985 l’Università degli studi di Napoli propose alla Soprintendenza di acquistare il palazzo Penne per destinarlo alla facoltà di architettura, ma non se ne fece nulla. Cinque anni dopo l’immobile fu venduto dai proprietari dell’epoca, i fratelli Paladini, alla società Manuia per 1,25 miliardi di lire.
Nell’atto di compravendita si legge che l’edificio era “in gran parte locato e occupato”. Dopo aver sfrattato una ventina di nuclei familiari, la società provò a trasformare palazzo Penne in una struttura alberghiera, ma si scontrò con l’opposizione di alcuni comitati, intellettuali e attivisti. In particolare, Alda Croce, ambientalista e figlia del filosofo Benedetto, si batté per il restauro del palazzo e per la sua destinazione a uso sociale e culturale. Insieme a Italia Nostra e al consigliere municipale Pino De Stasio promosse una petizione e la inviò alla presidenza della Repubblica. I lavori dell’albergo furono bloccati.
Nel 2003 la Regione comprò palazzo Penne al prezzo di quattro milioni di euro per destinarlo ad attività culturali e soprattutto a biblioteca, un progetto in linea con le previsioni del piano regolatore che destinava – e ancora destina – l’edificio a “istruzione dell’obbligo”. La richiesta di sfratto per le due famiglie che abitavano ancora il palazzo fu accantonata e furono stanziati 13,5 milioni di euro (fondi POR-FESR 2007/2013) per il restauro dell’immobile. I lavori non ebbero però mai inizio, mentre i fondi “scomparvero”.
Nel 2004 la Regione diede il palazzo in comodato d’uso all’università L’Orientale, che avrebbe dovuto realizzarvi un polo umanistico. Anche stavolta il cantiere non fu mai aperto, e anno dopo anno il palazzo cadde in rovina … leggi tutto
IDEATA E REALIZZATA DA ANNUNZIO LAGOMARSINI, COSTRUTTORE EDILE IN PENSIONE,
LA CASA VOLANTE DI CASTELNUOVO MAGRA, IN PROVINCIA DI LA SPEZIA, È UN MARCHINGEGNO STRAORDINARIO: SOLLEVATA A VENTI METRI DA TERRA, SI MUOVE SU DUE BINARI PER INSEGUIRE IL SOLE. ECCO IL RACCONTO DI SILVIA CAMPORESI.
Il 15 agosto 2014, alle ore 14.30, suono il campanello della casa del signor Annunzio Lagomarsini e di sua moglie Emilia, nel paese di Castelnuovo Magra, in provincia di La Spezia. Alla voce della moglie che mi chiede “chi è?” rispondo che sono una fotografa interessata a conoscere la casa volante che intravedo sovrastare il limite dell’alto cancello.
La signora, abituata alle visite dei curiosi, apre gentilmente il cancello e mi trovo in un istante davanti a qualcosa di straordinario: un grande cortile con al centro una casa sollevata da terra, appoggiata su una struttura pieghevole, un intricato intreccio di linee di ferro e rotaie. Il signor Annunzio, anziano e già malato da tempo, se ne sta all’ombra in un angolo del giardino sulla sua sedia a rotelle, Emilia nel frattempo mi accompagna ai piedi della casa e insieme saliamo sulle scale di ferro che portano all’ingresso.
“Prego” mi dice aprendo la porta davanti a me, e quel che vedo è il soggiorno di una casa di bambole a dimensioni reali: arredi laccati e luccicanti, coperti da centrini e soprammobili, ogni cosa è perfettamente curata e l’insieme ha un aspetto vagamente finto. Camminare in quella casa sollevata da terra, priva di fondamenta, fa uno strano effetto, provo una sensazione di vuoto sotto ai piedi e a ogni passo il pavimento ondeggia lievemente.
LA COSTRUZIONE DELLA CASA VOLANTE
Annunzio Lagomarsini, costruttore edile per tutta una vita, una volta in pensione decide di dedicarsi al sogno di ideare cose strane, uniche, e di realizzarle senza farsi aiutare da altri. Costruisce il compressore a vento, la macchina per pulire le cozze, un robot con le sue sembianze e poi pensa a qualcosa di grandioso: una villetta indipendente che possa arrivare abbastanza in alto da permettergli di vedere il mare, una casa che possa muoversi su due binari come fosse un treno.
Inoltre non vuole più essere in balia dei punti cardinali, così quella stessa casa ruoterà secondo le sue istruzioni e insieme alla moglie potranno decidere ogni volta da che parte far entrare il sole. (L’idea gli venne vedendo il padre anziano che girava per casa portandosi dietro la sedia alla ricerca del sole e, in un moto di tenerezza, pensò a come rivoluzionare questo rapporto fra l’abitazione e i raggi solari).
Lagomarsini per sette anni si dedica alla costruzione della villetta, utilizzando rottami e materiale di scarto preso da vari cantieri, alla fine il capolavoro funziona: la casa vola in alto fino a venti metri da terra: grazie a un marchingegno fatto di leve e cilindri, può ruotare a 360° e scorrere avanti e indietro su due binari per 12 metri, può perfino curvare … leggi tutto
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