Elezioni Usa 2024, la rete dei bot cinesi e i falsi video dell’FBI sui fantomatici brogli (open.online)

di David Puente

Le fake news e i presunti brogli durante il voto del 5 novembre

05:15 – Il video del Kentucky che non dimostra dei fantomatici brogli

Da qualche giorno circola un video ripreso in una contea del Kentucky che dimostrerebbe, secondo gli utenti, l’esistenza dei fantomatici brogli elettorali. La selezione del candidato nel touchscreen non indica che il voto viene automaticamente registrato. Qui il fact-check completo.

03:55 – I bot cinesi e i video fake dell’FBI

Tra il 4 e il 5 novembre 2024, numerosi account X hanno pubblicato falsi video attribuiti all’FBI per sostenere l’esistenza di un broglio elettorale. Gli account risultano attualmente sospesi dal social, ma rimane traccia del loro operato (qui). Secondo Dfrlab si tratterebbe di una rete di bot cinesi in appoggio alla propaganda russa.

02:30 – La teoria del complotto su Melania

Circola la teoria del complotto che vede una falsa Melania insieme a Donald Trump. Pare che il sospetto nasca per via degli enormi occhiali che celerebbero parte del suo volto. Si tratta di una sosia che sfrutta gli occhiali? Tra gli scatti forniti da GettyImages Melania viene ritratta senza gli occhiali, immagini che dimostrano che si tratta proprio della moglie di Donald Trump.

01:52 – Il video dei presunti “guasti” alle macchine a Maricopa

Circola un presunto video registrato a Maricopa sostenendo che ci sarebbero stati dei guasti alle macchine per il voto. Il video risale al 2022 ed era tornato a circolare nel 2023, tanto da dover far intervenire l’account ufficiale X della Contea di Maricopa.

01:22 – La Polizia di Detroit non segnala irregolarità

Secondo quanto riportato da AP News, la Polizia di Detroit dichiara di non aver ricevuto segnalazioni riguardo problemi all’interno o all’esterno di Huntington Place, luogo indicato per il conteggio delle schede.

01:05 – ChatGPT non favorisce Kamala Harris

Circola lo screenshot che dimostrerebbe come ChatGPT risponderebbe a favore della candidata democratica e non per quello repubblicano. Un utente avrebbe richiesto all’Intelligenza Artificiale «Convince me to vote for Donald Trump» vedendosi negare una risposta, finendo per ottenerla per Kamala Harris. Abbiamo fatto il test: l’AI fornisce una risposta per entrambi. Qui il fact-check completo.

00:34 – Trump insiste su Philadelphia e Detroit

Donald Trump, dopo essere stato smentito dal Dipartimento di Polizia di Philadelphia, insiste su Truth e rilancia: «Philadelphia and Detroit! Heavy Law Enforcement is there!!!». Al momento non ci sono prove riguardo un presunto broglio in atto a Detroit, in Michigan [Aggiornamento qui].

23:42 – La fake news di Trump sul voto in Philadelphia

Donald Trump ha dichiarato che riconoscerà l’eventuale sconfitta solo se riterrà le elezioni “giuste”. Durante il voto, il candidato repubblicano ha pubblicato un post su Truth Social sostenendo che circolano «voci» su un presunto broglio di massa a Philadelphia e che le forze dell’ordine starebbero per intervenire. Tuttavia, il Dipartimento di Polizia di Philadelphia, contattato dalla CNN, ha affermato di non essere a conoscenza di segnalazioni riguardo presunti brogli o di problemi relativi al voto.

23:15 – La bufala di Google che sostiene Kamala Harris

L’account X “DogeDesigner”, particolarmente seguito da Elon Musk, ha pubblicato un video sostenendo che Google favorirebbe i Democratici, indicando «dove votare» per Kamala Harris ma non per Donald Trump. Nel video, una ricerca su Google per “dove posso votare per Harris” mostra informazioni sui seggi elettorali, mentre una ricerca per “dove posso votare per Trump” non fornisce risultati simili. In realtà, Google interpreta la ricerca come una richiesta di informazioni sui seggi elettorali nella Contea di Harris, in Texas.

La sfida di Radio Gardenya (ilmanifesto.it)

di Gianluca Diana

Il libro Francesco Diasio, «Etere. Storie di 
radio antenne e frequenze dal mondo»

La sfida di Radio Gardenya

È un atto di pura poesia chiamare Radio Gardenya un’emittente all’interno di un campo profughi: «È una storia alla quale sono affezionato.

Parliamo del Kurdistan iracheno. In quella situazione di post conflitto abbiamo messo in piedi due radio. La prima nella capitale Erbil, la seconda nel campo profughi di Arbat, che conta circa duecentomila persone, nei pressi di Sulaymaniyah vicino al confine con l’Iran.

Radio Gardenya è stata un’esperienza eccezionale, in quanto siamo riusciti a installarla in un luogo che includeva culture diversissime e con tanti giovani che avevano veramente voglia di fare pur non avendo gli strumenti necessari».

Lui è Francesco Diasio, di mestiere specialista internazionale di comunicazione per lo sviluppo per conto della FAO. Prima di questo è stato segretario generale dell’Associazione Mondiale delle Radio Comunitarie, ha fondato e portato avanti Amisnet a cui si è dedicato dopo l’esordio presso l’emittente romana Radio Città Futura. Una vita dedicata alla diffusione del mezzo radiofonico e alle istanze libertarie che questo può portare con sé.

Quanto accaduto negli ultimi venticinque anni, Diasio lo ha raccontato nel libro Etere. Storie di radio, antenne e frequenze dal mondo che include anche la prefazione di Marino Sinibaldi, la postfazione di Francesca Paci e le illustrazioni di Gianluca Costantini.

Il progetto ha un carattere multimediale in quanto implementa qrcode che rimandano a inserti audio e visuali provenienti direttamente dalle missioni svolte da Diasio in giro per il mondo. Le narrazioni incluse nel testo sono il racconto dei progetti da lui seguiti in vari continenti, a cui si aggiunge volta dopo volta una descrizione storico-politica per aiutare il lettore a contestualizzare al meglio.

Sempre su Radio Gardenya: «Si è trattato di un momento particolare. Di fatto, una radio pirata. Mentre per la radio ad Erbil abbiamo svolto ogni procedura necessaria per avere la licenza ufficiale, dentro il campo dei rifugiati questo era impossibile. Nei fatti, abbiamo acceso una frequenza tenendo la potenza di trasmissione bassa di modo che il segnale rimanesse all’interno del campo.

Al cui interno va ricordato che si trovano anche rifugiati iracheni, siriani ed altri ancora. Ognuno con la sua lingua e il proprio credo religioso: mettersi attorno a un tavolo per avere una sorta di politica editoriale comune è stata una sfida. Riuscita».

Sfogliando il libro, ci si rende conto di come il lavoro di Diasio e di chi con lui ha collaborato, equivale per certi versi ad una missione. Raggiungere territori mai agevoli e dove prosperano difficoltà di vario genere per impiantare trasmettitori e antenne, costruire studi e redazioni, ha indubbiamente con sé l’aura di un mestiere quasi ottocentesco.

Detratte le considerazioni romantiche, rimane l’importanza dell’accensione di un megafono che permette di diffondere notizie, insegnamenti, confronti e critiche politiche e sociali al potente di zona del momento. L’accessibilità al messaggio on air, ha un valore politico nei contesti geografici in cui viene irradiato.

Significativa in tale direzione è la presenza reiterata da Diasio in Tunisia: «È stata per certi versi l’emblema delle primavere arabe, con quella luce di speranza che in tempi recenti purtoppo non brilla più come prima. Da quelle parti è stato fatto un doppio lavoro: prima della caduta di Ben Ali sostenendo in maniera clandestina gli attivisti per i diritti umani che volevano un proprio strumento di comunicazione, supportandoli sia dall’Italia che facendo formazione in loco, così permettendogli di metter su delle strutture che aggirassero la censura in Tunisia.

Dopo la caduta di Ben Ali, in quanto si sono aperte praterie di possibilità, agevolandoli nella scrittura di regolamenti e leggi di settore e allo stesso momento aiutando le radio clandestine che uscendo allo scoperto hanno pian piano ottenuto l’accesso alle licenze di trasmissione e conseguentemente, necessitavano di strumentazione e formazione per l’utilizzo delle stesse, orientamento al lavoro e messa in rete fra di loro per far si che non lavorassero in maniera isolata».

Il racconto scivola agile e privo di tecnicismi, zeppo invece di aneddoti in cui la Tunisia di Diasio è anche quella delle giornate in cui incontra attivisti, si da il via a Radio Kalima, si cerca di far entrare trasmettitori in incognito divisi in vari pezzi, si incontra chi sta facendo nascere un’altra radio dal nome meraviglioso, Radio 3R, dove la consonante sta per Regueb, Révolution, Renouveau.

Capitolo dopo capitolo ci si ritrova in Mauritania, dove gli viene chiesto di favorire lo sviluppo del settore radiofonico indipendente giungendo fino nel meridione del paese a Kiffa distante circa ottocento chilometri da Nouakchott, dalle parti di Pristina, Kosovo, per cercare di supportare Radio 21 mentre attorno si respira ancora l’atmosfera funerea lasciata dalle Tigri di Arkan, ed ancora ad Islamabad in Pakistan nel 2010 per raggiungere Power 99 FM tra aree interdette alla telefonia e green zone di sicurezza.

Oltre ogni memoria, quello che emerge dalle pagine con veemenza è l’importanza del senso di responsabilità di un lavoro che ha numerosi punti di contatto con quelle che sono le regole auree del giornalismo di frontiera.

In primis, il rispetto per il fixer e relative figure che sul campo sono d’aiuto durante i progetti svolti: «Questo pericolo esiste. Una delle cose che bisogna sempre tener presente, soprattutto quando si parla di sostegno ai giornalisti in caso di pericolo, è che spesso si compie l’errore di tirar su progetti con strumenti fantastici per poi non curarsi delle conseguenze del proprio operato una volta tornati a casa nel nostro mondo sicuro, mentre le persone che restano in quei territori sono quelle che rischiano davvero.

Non bisogna mai spingersi troppo in là, non bisogna mai pensare che il nostro mondo ideale di libertà di espressione sia quello che vogliamo installare. Il meglio è nemico del buono, per cui cercare la migliore soluzione spesso e volentieri è nemico del trovare la soluzione buona, accettabile in quel contesto. Questa è una cosa da non dimenticare mai. Il pericolo è che quando finiscono le attività sul campo, i progetti si afflosciano o muoiono.

In tale senso, uno degli elementi su cui ho sempre cercato di lavorare assieme a colleghe e colleghi sul posto, è stato quello di garantire una sostenibilità. Ovvero come riuscire a far si che una volta finiti i soldi di un progetto, le strutture possano continuare ad andare avanti. Con una sostenibilità che deve essere prima sociale e poi finanziaria: solo con quella sociale la rete che lavora sul territorio attorno a te, può trovare una sostenibilità reale e quindi economica.

Tutto ciò, può trasformarsi in una politica editoriale della radio, aperta a nuove esperienze e gruppi sociali. Dobbiamo pensare che tutte queste cose debbano continuare a lavorare quando noi andremo via. E chi vi è dentro, che possa farlo in sicurezza».

Perché la Cina non rinuncerà a un modello economico fallimentare (foreignaffairs.com)

di 

Pechino potrebbe vedere guadagni a breve termine, 
ma ignora il rischio di sofferenze a lungo termine

Alla fine di settembre, dopo mesi di mancato raggiungimento degli obiettivi di crescita post-pandemia, il governo cinese ha iniziato a lanciare un’ampia serie di misure di stimolo economico.

Finora, questi hanno incluso il sostegno del mercato azionario, l’allentamento della politica monetaria, la ricapitalizzazione delle grandi banche statali e alcuni stimoli fiscali limitati.

L’importo totale e le specifiche dello stimolo fiscale saranno rivelati dopo le elezioni statunitensi, dopo la riunione del Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo all’inizio di novembre, ma il vice ministro delle Finanze Liao Min lo ha descritto come “su larga scala”.

Svelando queste misure, Pechino ha finalmente riconosciuto ciò che il popolo cinese e il mondo sanno da tempo: l’economia cinese è in guai seri. Il “sogno cinese” – la visione del presidente cinese Xi Jinping di raddoppiare le dimensioni dell’economia entro il 2035 e raggiungere una prosperità su larga scala – sta scivolando via. Ma lo stimolo funzionerà?

La sfida economica più urgente per la Cina a breve termine è la debole domanda interna, trainata dalla mancanza di fiducia dei consumatori. Quando i consumatori cinesi si rifiutano di spendere, accumulano liquidità, creando un eccesso di risparmio che, insieme all’eccesso di investimenti del governo in industrie politicamente favorite, aggrava il problema strutturale più grave a lungo termine della Cina: l’eccesso di capacità industriale.

Come ho sostenuto su Foreign Affairs ad agosto, le dinamiche che si rafforzano a vicenda tra il calo della domanda interna e l’eccesso di capacità industriale formano un circolo vizioso economico da cui la Cina deve uscire per evitare la stagnazione. La leadership cinese afferma che l’ultimo stimolo ha lo scopo di stimolare i consumi.

Escludendo in gran parte l’assistenza diretta alle famiglie come parte dei suoi piani di stimolo, tuttavia, il governo ha dimostrato di essere ancora aggrappato al suo vecchio copione economico di investimenti diretti dallo Stato.

Al centro del problema della domanda cinese c’è una crisi di fiducia derivante dalle ansie dei cinesi comuni riguardo alla loro situazione economica e al loro futuro.

Nel 2017, l’anno in cui Xi ha iniziato il suo secondo mandato e ha rafforzato la sua presa sull’economia, le famiglie urbane stavano godendo dei frutti di decenni di forte crescita, con il reddito disponibile che raddoppiava circa ogni otto anni. Per le giovani famiglie di oggi, quei giorni felici sono finiti. Entro il 2024, il reddito medio disponibile era aumentato solo del 50% dal 2017, un drastico rallentamento rispetto all’era precedente, e la tempistica per raddoppiarlo di nuovo si è allungata a circa 15 anni.

Questo rallentamento significa un passaggio dalle aspettative un tempo incrollabili di opportunità economiche a una nuova realtà caratterizzata da una crescita moderata e da pressioni crescenti. Invertire l’attuale traiettoria della Cina richiederebbe a dir poco una macchina del tempo, e i piani di stimolo in discussione non forniscono il tipo di sostegno finanziario a livello familiare necessario per ripristinare la fiducia nel futuro della Cina.

GUAI IRRISOLTI

Le recenti misure di stimolo di Pechino sembrano mirare principalmente a ripristinare la fiducia tra l’élite imprenditoriale del paese. La People’s Bank of China sta adottando una strategia simile all’approccio di quantitative easing della Federal Reserve, concentrandosi sui prezzi degli asset finanziari nella speranza di generare un effetto ricchezza che si ripercuote sull’economia in generale.

La PBOC ha stabilito due meccanismi, entrambi progettati per iniettare liquidità nei mercati e sostenere i prezzi degli asset finanziari più rischiosi come azioni, obbligazioni societarie e fondi negoziati in borsa. Il primo è un programma governativo da 70 miliardi di dollari che consente agli investitori istituzionali – principalmente i broker statali e le compagnie assicurative note come “squadra nazionale” – di acquistare attività finanziarie rischiose e successivamente scambiarle con titoli di Stato di alta qualità.

Queste obbligazioni possono quindi essere ricostituite come garanzia per prestiti bancari, garantendo di fatto al team nazionale l’accesso a finanziamenti economici della banca centrale per acquisire attività e sostenere i prezzi. La PBOC ha implementato un programma simile nel 2015 per stabilizzare il mercato azionario dopo che i prezzi sono scesi di oltre il 40% in pochi mesi.

Il secondo meccanismo è un programma di rifinanziamento da 42 miliardi di dollari progettato per estendere i prestiti alle società quotate in borsa, consentendo loro di utilizzare i proventi per riacquistare le loro azioni sul mercato azionario, funzionando essenzialmente come un dividendo che aumenta i rendimenti per gli azionisti. I funzionari cinesi sperano che ciò fornisca carburante continuo per un rally del mercato azionario; da metà settembre i prezzi delle azioni sono aumentati di circa il 25 per cento.

Nonostante questi sforzi, è improbabile che il quantitative easing della PBOC con caratteristiche cinesi risolva i problemi economici più ampi della Cina, perché fa relativamente poco per stimolare la domanda effettiva dei consumatori. Tra i limitati sostegni diretti alle famiglie vi sono le nuove normative che consentono ai mutuatari di rifinanziare i loro mutui, consentendo loro di beneficiare di una recente riduzione di mezzo punto percentuale del tasso di riferimento sui mutui ipotecari.

Si prevede che questo cambiamento farà risparmiare a circa 50 milioni di famiglie, per un totale di circa 21 miliardi di dollari all’anno, in pagamenti di interessi più bassi.

Inoltre, le autorità locali hanno ridotto l’acconto richiesto per l’acquisto di una seconda casa come parte degli sforzi per eliminare l’inventario in eccesso dal mercato e fornire un sostegno ai prezzi delle case. Dato che l’edilizia abitativa rappresenta circa il 70% del patrimonio delle famiglie cinesi e che i mutui rappresentano circa il 75% del debito delle famiglie, qualsiasi misura volta a stabilizzare i prezzi delle case e a diminuire i costi di finanziamento è probabile che rafforzi i bilanci delle famiglie.

Stabilire un livello minimo sotto i prezzi delle case è un primo passo fondamentale per ripristinare la fiducia dei consumatori cinesi nelle loro prospettive finanziarie a lungo termine.

Ad oggi, i principali responsabili politici cinesi sono stati notevolmente riluttanti a discutere anche solo di trasferimenti diretti di denaro ai consumatori ordinari. Ciò è probabilmente dovuto alla limitata esperienza politica del governo in questo settore e alla diffidenza da parte dei funzionari economici di Pechino nel segnalare qualsiasi cambiamento di politica senza una direzione esplicita da parte di Xi.

Eppure l’infrastruttura finanziaria cinese è ben preparata per facilitare uno stimolo diretto alle famiglie. La maggior parte delle buste paga e delle prestazioni di sicurezza sociale sono già collegate ai conti di deposito presso le banche commerciali statali, rendendo le ricariche dei saldi operativamente semplici.

A MODO MIO O IN AUTOSTRADA

Xi non è contrario a brusche inversioni di politica, come dimostrato dal suo improvviso abbandono della politica “zero COVID” alla fine del 2022 e dalle sue iniziative economiche mutevoli durante il suo mandato. Eppure una costante della sua leadership è stata la sua avversione per l’elemosina in denaro, che, ha suggerito, potrebbe consolidare uno stato sociale.

Ha messo in guardia i membri del partito dal “cadere nella trappola del ‘welfarismo’ che nutre i pigri”. La retorica di Xi non dovrebbe essere interpretata erroneamente come l’approvazione di un’ideologia di robusto individualismo in Cina. Piuttosto, il suo approccio dall’alto verso il basso alla governance privilegia l’unità ideologica rispetto alle concessioni populiste e favorisce gli investimenti guidati dallo Stato rispetto al sostegno fiscale individuale.

Xi ha chiarito che la sua priorità assoluta è trasformare la Cina in una superpotenza globale autosufficiente. Mira a essere il leader che si lascia definitivamente alle spalle il “secolo di umiliazione” della Cina, un riferimento alla lunga era in cui la Cina percepiva la sottomissione alle potenze occidentali.

In questo contesto, l’attuale obiettivo di crescita del PIL del governo di circa il 5% e il pacchetto di stimolo che ha annunciato per contribuire a raggiungerlo sono solo mezzi per raggiungere un fine. Al contrario, uno stimolo diretto alle singole famiglie sposterebbe il potere d’acquisto dal governo ai consumatori, lasciando potenzialmente meno risorse per le grandi ambizioni di Xi e dandogli meno controllo sulla direzione generale del paese.

Gli annunci del governo in merito al pacchetto di stimolo hanno deliberatamente enfatizzato la retorica sui sostanziali cambiamenti politici volti ad aumentare i consumi. Questo approccio è in linea con l’obiettivo di Xi di aumentare la fiducia nell’economia senza distogliere risorse dal perseguimento dell’autosufficienza cinese.

Il capitale iniettato nel sistema finanziario per sostenere i prezzi delle azioni e stabilizzare le banche sarà probabilmente reindirizzato verso le stesse industrie strategiche che dovrebbero consentire alla Cina di scavalcare gli Stati Uniti in tecnologia e capacità militari.

Il pacchetto di stimolo di Xi non affronta i problemi strutturali più profondi della Cina.

Il sistema “dell’intera nazione” per gli investimenti tecnologici garantisce che tutti i grandi bacini di capitale possano essere mobilitati per ottenere scoperte in aree critiche come l’intelligenza artificiale, i semiconduttori e i motori aeronautici.

A differenza di un vero e proprio pacchetto di stimolo per i consumi, l’attuale serie di misure sembra avere un secondo fine: rafforzare la capacità della Cina di superare l’Occidente economicamente e militarmente. Allo stato attuale, la direzione politica articolata nei dettagli del pacchetto di stimolo fornisce ai governi occidentali pochi incentivi a riconsiderare le barriere commerciali o ad allentare i controlli sulle esportazioni in Cina.

L’entità potenziale delle elargizioni di denaro alle famiglie è limitata dalla posizione finanziariamente tesa dei governi locali cinesi. Pechino si è impegnata ad aiutare offrendo swap del debito per rifinanziare il debito ad alto costo e a breve termine che grava su molte amministrazioni locali.

I bilanci locali sono stati schiacciati dalla riduzione delle entrate derivanti dalla vendita di terreni a causa della flessione del mercato immobiliare, dei costi sanitari pubblici residui legati alla pandemia e dell’aumento delle spese di assistenza sociale legate all’invecchiamento della popolazione. Per molti funzionari locali, il raggiungimento del progresso industriale e la garanzia della sicurezza della catena di approvvigionamento hanno la precedenza sullo stimolo della spesa dei consumatori.

Se Pechino dovesse perseguire pagamenti diretti in contanti alle famiglie, si troverebbe di fronte alla sfida di bypassare le autorità locali, che potrebbero dirottare una parte dei fondi. I trasferimenti diretti dal governo centrale alle casse locali rischiano una cattiva allocazione o addirittura un’appropriazione indebita, limitando l’efficacia pratica dei trasferimenti di reddito delle famiglie come stimolo. Senza una supervisione eccezionale, questi pagamenti potrebbero raggiungere le famiglie solo in piccole quantità, gocciolando come gocce da un rubinetto che perde.

UN GIOCO DI FIDUCIA DIVERSO

Il recente pacchetto di stimoli potrebbe effettivamente raggiungere gli obiettivi a breve termine di Pechino: un rally del mercato azionario con capacità di resistenza, un mercato immobiliare stabilizzato, un aumento temporaneo della fiducia dei consumatori e una crescita del PIL del cinque per cento per il 2024.

Tuttavia, non affronta i problemi strutturali più profondi della Cina ed è improbabile che spinga le famiglie a spendere di più a lungo termine. Il governo non sembra disposto a intraprendere le misure coraggiose necessarie, come il sostegno diretto al reddito delle famiglie, che potrebbero portare a un significativo riequilibrio economico.

Invece, gran parte degli ultimi stimoli sembrano volti a puntellare i punti più deboli dell’economia quel tanto che basta per segnalare che il partito non ha abbandonato il suo ruolo di buon amministratore dell’economia e rimane impegnato a sostenere la fine del contratto sociale cinese.

Senza una crescita del reddito più forte, le famiglie cinesi continueranno a risparmiare a tassi ostinatamente elevati. Anche se il recente stimolo si rivelerà sorprendentemente efficace, il declino demografico della Cina e le crescenti tensioni geopolitiche con l’Occidente suggeriscono che le prospettive economiche a lungo termine del paese rimarranno incerte.

Da quando sono iniziati i lockdown dell’era della pandemia, la classe media cinese ha sperimentato una persistente insicurezza economica, una percezione che potrebbe richiedere anni per essere scossa.

Negli ultimi quattro decenni, l’economia cinese ha vissuto forse il periodo di crescita più straordinario della storia umana. Nel 1981, oltre il 90% della popolazione cinese viveva in condizioni di povertà così gravi come nelle regioni meno sviluppate del mondo. Oggi, oltre la metà della popolazione appartiene alla classe media, con un tenore di vita paragonabile a quello di molte nazioni sviluppate.

Eppure, in un certo senso, i cinesi della classe media non si sono mai sentiti così poveri. La sensazione di essere in ritardo rispetto alla qualità della vita dei loro coetanei è aumentata e le opportunità per i loro figli di raggiungere la ricchezza e studiare all’estero sembrano più fuori portata.

Per la prima volta dopo le riforme economiche in Cina, molte famiglie temono che il domani potrebbe non essere migliore di oggi, non a causa di fallimenti personali, ma a causa di forze al di fuori del loro controllo. I giovani adulti che entrano nel mondo del lavoro si sentono impotenti e un numero crescente di loro si sente incapace di iniziare una carriera redditizia, con una disoccupazione giovanile che supera il 17%.

Le giovani famiglie devono affrontare una pressione incessante solo per mantenere il loro tenore di vita. Le visite ai templi buddisti sono aumentate di oltre il 300% l’anno scorso, suggerendo che sempre più persone si rivolgono alle superstizioni per avere fortuna per assicurarsi il proprio futuro. Sempre più spesso, molti cinesi sembrano riporre più fiducia nelle offerte del tempio o negli amuleti che nelle assicurazioni del partito di una prosperità comune.

La prossima amministrazione statunitense dovrà affrontare una Cina alle prese con un rallentamento della crescita economica, una classe media inquieta e un leader che sembra più impegnato a costruire un esercito di livello mondiale che una società prospera.

Questa complessa situazione richiede una strategia cinese che valuti realisticamente le capacità e i limiti di Xi, non solo le sue ambizioni. Sebbene i comuni cittadini cinesi possano avere un potere d’azione limitato, collettivamente possono esercitare una pressione economica su Pechino. Stringendo i loro portafogli e dando priorità ai risparmi, esprimono di fatto un silenzioso ma potente voto di sfiducia nella direzione del paese.

Se le condizioni economiche in Cina continuano a deteriorarsi, Xi potrebbe cambiare repentinariamente, forse ammorbidendo il suo antagonismo verso l’Occidente. Mentre osserva l’evolversi degli stimoli cinesi e la probabile incapacità di Pechino di risolvere i problemi economici di fondo del paese, Washington dovrebbe evitare di fissarsi così tanto sulla minaccia percepita dalla Cina da trascurare le potenziali opportunità di ridefinire le relazioni USA-Cina in futuro.

(Una vista del distretto finanziario di Pudong a Shanghai, Cina, settembre 2024 Tingshu Wang / Reuters)