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Perché la fortuna di Tesla è in calo mentre Elon Musk si avvicina sempre più a Donald Trump? (milanofinanza.it)

di Becky Peterson e Sean McLain

The Wall Street Journal

Le posizioni politiche del ceo Musk erodono l’attrattiva del marchio tra alcuni acquirenti di veicoli elettrici: «Lo idolatravo»

Pochi marchi sono così strettamente legati alla figura del loro ceo come Tesla. Per gran parte della sua storia, questo legame ha rappresentato un vantaggio per l’azienda. L’impegno di Elon Musk nel ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e la sua missione di rendere le auto elettriche più accessibili hanno attratto moltissimi acquirenti, desiderosi di supportare la sua visione di un futuro tecnologico e sostenibile.

Ora che Musk si è avvicinato a Donald Trump ed è entrato a pieno titolo nel panorama politico nazionale, molti proprietari di Tesla e potenziali acquirenti si stanno chiedendo che tipo di messaggio trasmette oggi guidare un’auto della casa automobilistica. Questo cambiamento si sta riflettendo in numeri preoccupanti per l’azienda.

Garth Ancier, dirigente televisivo di Los Angeles, ricorda una conversazione avuta più di un anno fa con altri due proprietari di Tesla sul percepito pubblico della vettura: «Mi dissero: mi sento a disagio a guidare questa macchina in giro, è come indossare un enorme cappello rosso Maga».

Oggi, Ancier sta cercando di vendere la sua Model X, acquistata quattro anni fa. «Se non fosse per il comportamento di Musk, probabilmente resterei con Tesla».

Un calo della fedeltà al marchio

Tesla, leader indiscusso nella produzione di veicoli elettrici negli Stati Uniti, ha sempre goduto di una forte lealtà da parte dei suoi clienti. Tuttavia, recenti sondaggi indicano un’erosione della sua attrattiva, con conseguenze finanziarie evidenti.

Nel 2022, prima che Musk si immergesse nelle elezioni presidenziali, un sondaggio della società di consulenza automobilistica Strategic Vision rivelava che il 22% degli acquirenti di auto avrebbe preso in considerazione l’acquisto di una Tesla, una percentuale simile a quella di marchi di lusso come Mercedes-Benz e BMW.

Nell’estate del 2023, questa percentuale era scesa al 7%, un livello paragonabile a Lincoln Dodge, e da allora non si è più ripresa. «Al momento, non vediamo segni di miglioramento», ha dichiarato Alexander Edwards, presidente della società di consulenza, sottolineando come l’orientamento politico di Musk sia in contrasto con l’approccio ambientalista che ha storicamente attratto gli acquirenti di Tesla.

A dicembre, il 63% degli intervistati ha dichiarato che non prenderebbe in considerazione l’acquisto di una Tesla, con un aumento di circa 10 punti percentuali rispetto alla primavera precedente. Né Tesla né Musk hanno risposto alle richieste di commento su queste dinamiche.

Proteste e difficoltà di mercato

Di recente, dopo che Musk ha sostenuto licenziamenti di massa nel settore pubblico e ha appoggiato un partito di estrema destra in Germania, sono scoppiate proteste davanti agli showroom Tesla negli Stati Uniti e in Europa. Alcuni negozi e stazioni Supercharger sono stati vandalizzati, con graffiti e simboli come svastiche.

Le difficoltà di Tesla, però, vanno oltre la reazione alle posizioni politiche del suo ceo. L’azienda sta affrontando una forte concorrenza da parte di altri produttori di veicoli elettrici, che stanno lanciando nuovi modelli e offrendo promozioni aggressive. Inoltre, problemi di qualità e la svalutazione dell’usato stanno minando la percezione del marchio, proprio mentre la concorrenza si avvicina a Tesla in termini di tecnologia e autonomia delle batterie.

Vendite in calo

Nel 2023, le consegne globali di Tesla sono diminuite dell’1%, la prima contrazione in oltre un decennio, mentre il mercato complessivo delle auto elettriche è cresciuto del 25%. Negli Stati Uniti, le vendite di Tesla sono scese del 7% l’anno scorso e di un ulteriore 2% nei primi due mesi del 2024, secondo i dati della società di ricerca Wards Intelligence.

Le difficoltà si stanno manifestando anche nei mercati internazionali. A febbraio, le immatricolazioni di Tesla sono crollate del 76,3% in Germania e del 26% in Francia. In CinaTesla ha consegnato 30.688 auto, registrando un calo del 49% rispetto all’anno precedente, in parte a causa della crescente concorrenza delle case automobilistiche locali.

Gli analisti attribuiscono questi cali a vari fattori di mercato, incluso il fatto che alcuni clienti stiano aspettando il restyling della Model Y previsto per questo mese. Tuttavia, le scelte politiche di Musk sembrano avere un impatto, soprattutto in Europa. «Quando entri in politica, c’è sempre un rischio», ha osservato Felipe Munoz, analista della società di ricerche automobilistiche Jato Dynamics.

L’effetto Trump

Dopo la vittoria di Trump, il valore delle azioni Tesla era aumentato, con gli investitori convinti che la vicinanza di Musk al presidente potesse avvantaggiare l’azienda. Inoltre, il maggiore focus del ceo sull’intelligenza artificiale e la robotica aveva alimentato l’ottimismo su nuovi sviluppi tecnologici, come il lancio di un’auto completamente autonoma nel 2026.

Nel 2024, tuttavia, il titolo è crollato del 35%, cancellando gran parte dei guadagni post-elettorali. Nonostante ciò, Tesla mantiene una valutazione di circa 847 miliardi di dollari, più di qualsiasi altra casa automobilistica.

I dati di vendita e i sondaggi indicano che la politica sta influenzando la domanda. Secondo una ricerca di Morning Consult, i repubblicani sono ora più propensi ad acquistare una Tesla rispetto ai democratici, un’inversione di tendenza rispetto al passato.

La percentuale di democratici interessati a comprare una Tesla è scesa dal 23% nell’agosto 2023 al 13% a febbraio 2024, mentre quella dei repubblicani è salita dal 15% al 26%. Tuttavia, alcuni analisti sottolineano che gli elettori conservatori sono più esitanti nell’acquistare un veicolo elettrico, il che potrebbe rendere difficile convertire questo nuovo sostegno in vendite effettive.

I dati sulle immatricolazioni raccolti da S&P Global Mobility suggeriscono un calo delle vendite Tesla in aree tradizionalmente progressiste come New York, Los Angeles, San Francisco e Dallas, mentre si registra un aumento in città come Las Vegas, Salt Lake City e Miami-Ft. Lauderdale.

Dipendenti e azionisti in fuga

Alcuni clienti e investitori stanno prendendo le distanze da Musk. Diego Leporini, imprenditore della California, ha acquistato la sua prima Tesla nel 2023, ma ora vuole venderla e ha già ceduto le sue 83 azioni dell’azienda in segno di protesta contro il legame tra il ceo e Trump. All’interno di Tesla, alcuni dipendenti stanno esprimendo preoccupazioni. Jared Ottmann, ingegnere della supply chain, ha criticato pubblicamente le posizioni di Musk su LinkedIn e ha rivelato di aver sollevato internamente il problema più volte senza ottenere risposte dall’azienda.

Dopo essersi rifiutato di cancellare il post, è stato licenziato. Anil Patel, ingegnere Tesla per oltre quattro anni, ha lasciato l’azienda a dicembre, scrivendo ai colleghi: «Le scelte di Musk in politica sono il motivo principale per cui me ne vado».

Il futuro di Tesla

Alcuni membri del consiglio di amministrazione e dirigenti ritengono che il rapporto di Musk con Trump possa portare vantaggi a lungo termine. Tuttavia, per molti ex sostenitori, il cambiamento è stato troppo drastico. Bob Eckert, un ex fan di Musk, ha venduto la sua Model Y a febbraio, subendo una perdita di 3.000 dollari, e l’ha sostituita con una Ford Mustang Mach-E, approfittando di un finanziamento a tasso zero e un bonus per chi abbandonava Tesla.

Larry Broughton, pensionato del Texas, ha cancellato i suoi ordini per due Cybertruck: «Non voglio più avere nulla a che fare con Tesla».

(Translated from the original version by Milano Finanza Editorial Staff)

Ma Trump promette una pace impossibile (lastampa.it)

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e il seguente testo "LA STAMPA ANNA NNAZAFESOVA ZAFESOVA Ma Trump promette una pace impossibile 07 Marzo 2025 alle 01:00 2 minuti di lettura (reuters)"

di Anna Zafesova

Uno scudo di aerei europei che abbattono i 
missili russi nello spazio aereo ucraino. 
Un contingente di «buona volontà» di eserciti europei, Turchia inclusa, da schierare in Ucraina come barriera contro l’invasione russa.
Una nuova rete Internet per i militari ucraini, che dovrebbe sostituire Starlink con 40. 000 terminali, e che ancora prima di arrivare fanno crescere in Borsa del 500% la francese Eutelsat. L’emissario diplomatico di Pechino che difende il diritto di Ucraina e Europa di sedere al tavolo negoziale con russi e americani. Bilanci militari e pacchetti aiuti raddoppiati, progetti di nuove fabbriche belliche in Ucraina, e addirittura l’ipotesi di un «ombrello nucleare» francese da estendere a tutta l’Europa per difenderla dalla minaccia di Putin.
A leggere in ordine sparso le notizie degli ultimi giorni e delle ultime ore, si ha la sensazione, nitida e inesorabile, di un mondo che si è ribaltato, e sembra impossibile ricordare che tre anni fa, all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, erano proprio alcune capitali europee a volersi distanziare da una guerra che all’epoca sembrava a molti promossa da Washington, a danno dei commerci europei con Mosca.
Il mondo si è capovolto, e a riassumere la situazione con spietata precisione è Valery Zaluzhny, ex comandante delle truppe ucraine e oggi ambasciatore a Londra, che dice in un discorso al think-tank di Chatham House che «non è più solo l’asse del Male che cerca di rivedere l’ordine mondiale, ora sono gli Usa a volerlo distruggere».
L’impossibile è accaduto, alla Casa Bianca siede un presidente che insiste a non considerare la Russia di Putin una minaccia, e l’Europa un alleato da proteggere. La scena dell’umiliazione di Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale non è stata soltanto un incidente diplomatico o uno spettacolo mediatico: è diventata la dimostrazione brutale e il simbolo del nuovo mondo di relazioni internazionali, così come lo era stata a suo tempo la scarpa di Nikita Krusciov sbattuta sullo scranno dell’Onu all’urlo di «vi seppelliremo».
È un mondo che l’ex segretario alla Difesa britannico Ben Wallace descrive sul Telegraph come quello dove «la sovranità degli altri non ha valore, il più forte ha ragione… i fatti sono finti e la finzione viene spacciata per fatti». È il mondo dove l’emissario trumpiano Keith Kellogg descrive il blocco degli aiuti all’Ucraina – che ha una espressione molto precisa in vite ucraine – come una «bastonata sul muso del mulo», per fare capire che «nessuno può contraddire il presidente americano nello Studio Ovale».
Fino a ieri, questo era il mondo di Putin e dei suoi seguaci, e il fatto che, secondo le voci raccolte dalla Nbc, diversi alleati americani, inclusi israeliani, sauditi e britannici, stiano pensando a ridurre la condivisione dei dati di intelligence con Washington per paura che finiscano in mano a Mosca, è sintomatico del terremoto in corso.
Non stupisce che Zelensky sia diventato il volto e il centro di questo cambiamento, vittima e simbolo della resistenza al bullismo delle potenze, ma anche un politico che è stato molto abile, fin dal 24 febbraio 2022, a restituire all’Occidente – i cui confini geografici a questo punto vengono messi in discussione – il senso dei suoi valori e delle sue alleanze.
Non è un caso che gli uomini di Trump abbiano cercato contatti con l’opposizione ucraina per rimpiazzarlo, e che Elon Musk si dichiari convinto della sua imminente sconfitta elettorale, nonostante sia in testa a tutti i sondaggi, e il suo unico potenziale avversario sia proprio il generale Zaluzhny, apertamente critico dell’America trumpiana.
La finzione viene spacciata per i fatti, e perfino Putin ieri è ha dovuto rompere il soddisfatto silenzio degli ultimi giorni per tranquillizzare i suoi falchi, preoccupati dall’improvvisa sintonia con gli odiati Usa, e assicurare che «la Russia non cederà su nulla», e che non vuole una tregua. Del resto, non si capisce perché dovrebbe, visto che finora Trump ha mostrato di considerare un problema costringere alla pace Kyiv e non Mosca che continua a bombardarla.
Per questo, il negoziato tra ucraini e americani che dovrebbe partire la settimana prossima, offre a Zelensky non solo la chance di far valere le sue ragioni: gli offre il tempo necessario perché la Casa Bianca si accorga – forse – di aver sbagliato calcolo.