di F. S.
A Bologna c’è un eroe, un senza paura, uno che
non si inginocchia di fronte a nessuno, a
cominciare dalla comunità ebraica.
Sembra incredibile ma si tratta di un rappresentante istituzionale, il sindaco della città Matteo Lepore, che crede di essere lui l’uomo – da premio Nobel – che restituirà la pace al mondo. La sceneggiata della bandiera palestinese issata sul palazzo municipale gli ha restituito la notorietà che era stata offuscata dal limite di velocità a 30 chilometri all’ora.
Adesso che ha imbandierato il Comune con il vessillo palestinese è tutto orgoglioso e crede di entrare nei libri di storia. In realtà lo sfottono un po’ tutti, persino il suo Pd, che proprio a Bologna espone la foto dello storico incontro tra Rabin e Arafat che fece sperare nella pace.
È vero, gli dà una pacca sulla spalla (sinistra, ovviamente) il deputato Andrea Orlando. Ma per il resto sono fischi. E non solo dall’opposizione in consiglio comunale.
La comunità ebraica innanzitutto, che è tormentata dai corteo antisemiti che si svolgono in tutta Italia e vede nel sindaco di Bologna una calamita del dissenso antisraeliano di cui proprio non si avverte il bisogno. Ma Lepore è considerato uno speculatore elettorale persino da parte dei giovani filopalestinesi: è «un’azione tardiva, che sa di mossa elettorale, e decisamente insufficiente rispetto a quanto sta accadendo».
I Giovani palestinesi di Bologna bocciano il gesto del primo cittadino di esporre la bandiera palestinese a Palazzo D’Accursio. Non basta, insomma, issare il vessillo della Palestina. «Se davvero il sindaco Lepore e il Comune di Bologna hanno finalmente deciso di sostenere la popolazione palestinese lo dovrebbero fare concretamente», suggeriscono i Giovani palestinesi, «iniziando con l’adesione alla campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni nei confronti di Israele, dicendo chiaramente che non si possono intrattenere rapporti e non si può finanziare in alcun modo una entità coloniale e genocida». Sempre più uno, non basta mai.
Lui, comunque va avanti, e l’elmetto che indossa metaforicamente gli serve – tuona – per «respingere e smentire l’interpretazione secondo cui esporre la bandiera del popolo palestinese rappresenti oggi un sostegno ai terroristi e un gesto antisemita. È una cosa falsa che va rigettata e respinta».
A Palazzo D’Accursio deve essersi smarrita l’eco delle manifestazioni di questi mesi, dove si è inneggiato anche in modo esplicito ad Hamas e al massacro del 7 ottobre (“dal cielo al mare…”, a simboleggiare la volontà di sterminio del popolo ebraico).
Ma Lepore non sente ragioni e dice appunto di «non volersi inginocchiare a nessuno»: con chi ce l’ha il sindaco di Bologna, proprio con la comunità ebraica? «Dobbiamo tutti accettare che esistono il diritto internazionale, la giurisprudenza europea e la Dichiarazione universale dei diritti umani che ci pongono condizioni che insieme dobbiamo sapere non solo accettare ma anche perseguire». Il 7 ottobre era una festicciola, per caso, o un massacro che proprio il diritto internazionale persegue?
Lepore assicura di voler «continuare a ricercare il dialogo, come già fatto nei giorni scorsi parlando con De Paz, verso cui nutro profonda stima e rispetto», ma anche «contattando Noemi Di Segni», cioè la presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane. Il Comune dialogherà «con tutti gli interlocutori che vorranno svolgere un ruolo positivo, ma per favore- è l’appello del sindaco- «evitate di accusare l’amministrazione e la città di essere a fianco dei terroristi solo perché abbiamo un’opinione». Sta a vedere che si offende pure.
A quella bandiera palestinese ci tiene troppo e degli ebrei, in fondo, che se ne fa… Ci parla senza ascoltarli. Quella del sindaco di Bologna non è equidistanza, ma schieramento totale a favore di una parte in conflitto con l’altra. È la sinistra peggiore.