PD Bologna, il regime rosa 19.03.2022 (diario.world)

Aiutare gli “amici”

Nuova occupazione in Bolognina: Banca Rotta si prende lo stabile di via Fioravanti (bolognatoday.it)

di Gianluca Notari

La cordata di collettivi denuncia le condizioni 
di malora del luogo: “Spazio inutilizzato, ma 
i riscaldamenti sono rimasti accesi dal 2009”

Uno spazio pubblico abbandonato dal 2009, assegnato tramite bando nel 2019 ma, fino allo scorso weekend, ancora vuoto. Questa, in breve, la cronistoria dello stabile di via Aristotile Fioravanti 12, nel quartiere della Bolognina, occupato dai membri di ‘Banca Rotta‘ nel pomeriggio dello scorso sabato 12 marzo. Un luogo che sulla carta spettava a loro ma che di fatto non era mai stato utilizzato. Come si è arrivati a questo punto di rottura?

Secondo quanto si legge nel comunicato dalla stessa cordata di collettivi bolognesi che prende, appunto, il nome di ‘Banca Rotta’: “Messo a bando nel 2018, lo spazio era stato assegnato nel 2019 a una “cordata” di realtà bolognesi al di fuori delle logiche competitive e che proponeva il meccanismo della responsabilità non ad un unico rappresentante legale, ma alla totalità dell’assemblea che lo avrebbe materialmente gestito come bene comune.

Dopo aver iniziato con noi un confronto per definire insieme gli ultimi dettagli tecnici, due anni fa i referenti comunali sono spariti, indifferenti alle nostre mail (tre PEC da gennaio a ottobre 2020), facendo tabula rasa dell’apparente dialogo dei mesi precedenti”.

Banca Rotta e lo stallo con il Comune

Nella mattinata di oggi, martedì 15 marzo, si è tenuta all’interno dello stabile una conferenza stampa in cui i portavoce di Banca Rotta hanno messo in luce alcuni problemi relativi al rapporto avuto con l’amministrazione locale. Come sottolineato durante l’incontro, dopo la vittoria del bando si è aperto un tavolo con il Comune di Bologna – più precisamente con l’Ufficio per la Cultura e il Patrimonio dell’ex assessore e attuale sindaco Matteo Lepore – in cui sono state discusse per settimane le modalità di accesso allo spazio di via Fioravanti 12.

Le due parti si scambiavano una bozza di mail in cui, dopo ogni incontro, venivano aggiornati gli obiettivi raggiunti e i punti che ancora meritavano un approfondimento. Ma da dicembre 2019 il dialogo avrebbe cominciato ad incrinarsi … leggi tutto

Aiutare gli “amici”, la vicenda Labas

Tafferugli con la polizia per lo sgombero di Làbas: nove condannati

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I progetti di Bologna area metropolitana

PRONACUL: al via un nuovo progetto formativo dedicato al patrimonio culturale

Fatti non foste a viver come Lep(o)re…

PD Bologna, il regime rosa 12.03.2022 (diario.world)

I progetti di Bologna area metropolitana

PRONACUL: al via un nuovo progetto formativo dedicato al patrimonio culturale

Aiutare gli “amici”, la vicenda Labas

di Carlo Terrosi

Come noto alla fine del 2019 il Comune di Bologna 
assegna per 8 anni i 2.300 metri quadri di edificio 
storico del 1500 di Vicolo Bolognetti, già sede del 
Quartiere San Vitale e della biblioteca Ruffilli, 
al Centro Sociale Labas. 
Una decisione sbagliata, sotto vari punti di vista. Di quegli spazi aveva bisogno il Quartiere, per i servizi sociali e altre attività: e inutilmente il Quartiere li chiede, con un ordine del giorno approvato all’unanimità che resta disatteso dal Comune. In quegli spazi vi era la “Sala del Silenzio”, usata da tantissime associazioni che ora se la vedono preclusa, destinata a esclusivo uso di Labas.
Una decisione che rende la toppa peggiore del buco. Se infatti tu Comune volevi dare una risposta ai Centri Sociali, sarebbe stato bene che avessi pianificato i tuoi interventi, censendo gli spazi (tanti) inutilizzati e sottoutilizzati, da rigenerare, in cui ospitare eventualmente attività autogestite. Ma non andandole a mettere in un edificio del 1500, in quel centro storico e monumentale della città su cui peraltro non sai esprimere una chiara politica di valorizzazione, e ti dibatti da anni nelle polemiche ritornanti sul “degrado”. E non puoi nemmeno delegare totalmente ai “centri sociali” le tue politiche giovanili, il tuo non creare Centri pubblici di aggregazione per i giovani e gli universitari di Bologna.
La decisione di mettere Labas in Vicolo Bolognetti denota la mancanza, da parte dell’Amministrazione comunale, di una seria politica sugli spazi, di una seria politica per i giovani, di una visione e di un progetto per la zona universitaria.
Ripeto: uno spazio si può anche concedere a percorsi di autogestione. Ma perché allora ad uno si (Labas), e a un altro no(XM-24)? Forse perché con uno dei due si stavano gettando le fondamenta delle nuove alleanze elettorali che hanno portato Coalizione Civica in maggioranza?
Uno spazio si può dare. Ma a patto che sia la prima tappa di un percorso di crescita, di strutturazione. Quando si gestiscono bar, ristorazione, spettacoli, ballo, concerti, bisogna che si inizino ad affrontare i nodi del lavoro, della sicurezza sul lavoro, delle tasse. Il Comune di Bologna ha sottoscritto protocolli con le Organizzazioni Sindacali che impongono sempre e ovunque il rispetto e l’applicazione dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro. E’ accettabile che in uno spazio dato in concessione dal Comune non ci sia nessun assunto in regola? che vengano ignorate le norme sulla sicurezza sul lavoro, con grave pregiudizio anche per la sicurezza del pubblico? che in nome della “birra antagonista” sia lecito vendere tutto in nero?
Qualche giorno fa un articolo ha messo in luce che Labas ha 36.000 euro di bollette arretrate non pagate al Comune di Bologna. La cifra mi sembra anche bassa, vista la dimensione degli spazi assegnati (2.300 metri quadri). E infatti “nel rendiconto del Comune si fa riferimento alle agevolazioni praticate”, evidentemente non solo sull’”affitto”(completamente scontato), ma anche sulle utenze. E ciò in deroga al Bando, che prevedeva:
Art. 6 Oneri, obblighi e doveri degli assegnatari Sono a carico degli assegnatari:
a) pagamento dell’eventuale canone annuo di concessione dell’immobile, a seconda di quanto descritto nel precedente Art. 5;
b) tutte le utenze (acqua, luce, riscaldamento, utenze telefoniche e telematiche), le imposte e le tasse (TARI), e conseguentemente tutti i rapporti per la gestione delle stesse, nonché altri tributi e/o tasse che dovessero essere istituite nel periodo di vigenza dell’assegnazione;
Il Comune dunque ha scontato sia affitto che bollette, ma Labas non paga neanche quel po’ che resta. Il Comune allora, a quel che si legge, non “intima”, ma “invita” a pagare, “magari in quattro rate”, con calma, “da qui all’estate”.
Ben diversa è l’ingiunzione che hanno ricevuto in questi giorni i Comitati e le associazioni che, avendo partecipato al Bando con un progetto diverso da Labas, e opponendo rilievi ai criteri usati nell’aggiudicazione, si erano appellate al TAR. Non si è neppure ancora tenuta l’udienza di merito (ebbene si, a distanza di quasi due anni il TAR di Bologna non si è ancora pronunciato su Vicolo Bolognetti in via definitiva), ma l’Avvocatura del Comune ha intimato a queste associazioni, che certo non nuotano nell’oro, di saldare 2.796 euro entro “trenta giorni”, precisando che “In caso di mancato tempestivo pagamento, la scrivente Avvocatura si vedrà costretta ad attivare la procedura di riscossione coattiva del credito tramite emissione di ingiunzione di pagamento”
Non c’è che dire…Hanno proprio ragione quelli che dicono che “Bologna è una regola”: ma questa “regola” troppo spesso è che quel che vale per gli amici non vale per te, e viceversa….

Fatti non foste a viver come Lep(o)re…

PD Bologna, il regime rosa / Cronaca di due multe assurde per la monnezza a Bologna (che non pagherò) (linkiesta.it)

di

Lettera a un sindaco un po’ così

Il messo comunale mi ha recapitato un verbale di 223 euro per esposizione di rifiuti in orario non consentito e abbandono di sacco chiuso su suolo pubblico. Non ho tempo di fare causa per truffa, ma ho molte cose da dire sul posto più zozzo in Italia

Gentile Matteo Lepore, sindaco di Bologna, e gentile Hera, che a Bologna ha il monopolio dei rifiuti e dell’elettricità e del gas, tre cose che mai ho visto gestite così male, e dire che ho vissuto a Roma; gentili tutti, vi scrivo questa missiva per due ragioni.

La prima ragione è che il messo comunale mi ha recapitato 223 euro di multa alle dodici e un quarto di ieri, martedì; vi avrei a quel punto telefonato per dirvi «col cazzo che pago» (sono sempre molto a modo nelle mie rimostranze verso i fornitori scarsi di servizi strapagati), ma il verbale dice che vi degnate di rispondere al telefono il giovedì e il martedì dalle nove alle dodici. Ho perso l’occasione per un quarto d’ora. La Ferragni direbbe: ma guarda un po’.

La seconda ragione è che gli amici che mi caldeggiavano Lepore nel 2021, di fronte alle mie perplessità (uno che pensa di posizionarsi a mezzo mascherina rosa? Ma seriamente?), mi rassicuravano dicendo: anche lui, come te, pensa che a Hera siano dei cialtroni, rivedrà il contratto della città, vedrai vedrai, vedrai che cambierà.

Forse non sarà domani, proseguiva la canzone (la battuta su che fine abbia fatto l’ottimismo dell’autore la facciano i lettori). Lei, sindaco, è stato eletto, sono passati mesi, Bologna è ancora la città più zozza che ci sia (le viene rinfacciato meno spesso che a Gualtieri perché i bolognesi non hanno per hobby la fotografia di tramonti e spazzatura).

Il martedì in particolare è la giornata in cui, in parecchie vie del centro, vengono raccolte la carta e la plastica. Alcuni martedì fa sono andata a vedere Gianni Morandi. L’andata, prima delle nove verso il teatro Duse, era uno slalom nei portici pieni di sacchetti. Eh, vabbè, è la sera della raccolta, puoi lasciarli fuori dalle sei alle dieci, quando usciremo sarà tutto pulito, vedrai che alle dieci e cinque passano. Al ritorno, a mezzanotte passata, i sacchetti erano ancora lì, e i raccoglitori iniziavano ad arrivare.

Scendevano dai camion, lanciavano sacchetti in giro, mischiavano carta e plastica a casaccio: un po’ spettacolo d’arte varia, un po’ cinni delle medie cui i genitori hanno lasciato casa libera. Quando due giorni dopo ho visto le sue foto, Lepore, nel camerino di Morandi, ho pensato: ha fatto bene a non andarci di martedì, almeno non ha dovuto scavalcare la spazzatura.

Il martedì, dunque, io scendo e lascio sotto al portone la carta e la plastica (continuo a farlo persino dopo aver visto gli addetti alla raccolta che ci manca poco giochino a pallone coi sacchetti). E questa è la ragione per cui so che uno dei due verbali che mi sono arrivati ieri delira. C’è scritto «esposizione di rifiuti in orario non consentito». Nella pagina successiva «Trovato sacco chiuso, contenente rifiuti plastici e cartacei, esposto in prossimità del civico in orario non consentito».

Vediamo una breve lista delle ragioni per cui so che il verbale è sbagliato.

Non mischio la carta e la plastica (non metto neanche i cartoni della pizza sporchi di mozzarella nella carta, credo d’essere l’unica a non farlo, ogni volta che vedo cartoni di pizza lasciati in mezzo alla carta mi chiedo se l’umanità sia ritardata o voialtri non siate capaci di dare istruzioni chiare su concetti semplici quali: come diavolo pensate sia riciclabile il cartone coi pezzi di mozzarella attaccati?).

Non chiudo i sacchetti. Non saprei dire perché. Non chiudo neanche le borse quando sono in giro e i cassetti dentro casa: sarà un problema psicologico? Rifiuto le chiusure? Sarà la stessa ragione per cui non me ne vado dalle relazioni d’amore e di lavoro finché non mi cacciano? Non saprei, ma non ho mai annodato un sacchetto prima di buttarlo … leggi tutto

Mauro Felicori: «Il Pd non sa cambiare. Serve una casa dei riformisti» (corrieredibologna)

di Mauro Felicori

L’assessore regionale alla Cultura: 

«A Bologna tanti hanno trovato comodo lasciare ai “comunisti” il governo della città. Isabella Conti doveva rivendicare di più il risultato»

Anno nuovo, ora che c’è stata la nomina della giunta della Città Metropolitana con la conferma di Giampiero Veronesi al Bilancio nonostante il suo passaggio ad Italia Viva, possiamo considerare chiusa la vicenda elettorale bolognese e fare qualche prima riflessione.

Diciamo subito che va elogiato il coraggio di Isabella Conti, che ha imposto le primarie sfidando il candidato predestinato dalla sedicente maggioranza del Pd, dai conservatori di Coraggiosa, dai populisti 5 Stelle.

Felicori: «Città che tende al conformismo politico»

Una scelta da ammirare, in una città che tende al conformismo politico; dove la borghesia, gli intellettuali e le professioni per decenni hanno trovato più comodo lasciare ai «comunisti» l’amministrazione pubblica che sfidarli con una alternativa liberale; dove la generazione dei quarantenni non ha finora mostrato una particolare radicalità esprimendo rappresentanti piuttosto inclini all’opportunismo e sensibili alla carriera. E bravi anche Alberto Aitini e Marco Lombardo.

Le primarie e la loro vivacità

La sfida delle primarie non solo ha dato vivacità ad una campagna che altrimenti sarebbe stata più che noiosa, ma ha anche dato credibilità, sia pure entro i limiti che diremo, alla elezione di Matteo Lepore, che dovrebbe essere grato alla Conti tanto quanto noi che l’abbiamo sostenuta senza incertezze.

Prima gli ha dato legittimità, poi lo ha lealmente sostenuto nella campagna elettorale vera e propria, nonostante la Rossi & Partners abbiano più volte giocato sporco: prima di tutto non prevedendo il perimetro della coalizione, per cui abbiamo avuto primarie con due forze politiche – 5 Stelle e Coraggiosa – che si sarebbero sentite parte della coalizione solo se avesse vinto Lepore, e del tutto libere in caso contrario; e poi usando una violenza verbale, contro Renzi e diversi di noi, inconciliabile con il fair play insito nel concetto stesso di primarie; infine stigmatizzando la libertà di impegno e di voto di iscritti al Pd alla Conti, pur non essendo Lepore espresso legalmente dal Pd fino alla richiesta di provvedimenti disciplinari per Aitini e Lombardo (secondo me, per di più, i candidati di partito in primarie di coalizione sono contro lo spirito delle primarie e non potrebbero obbligare alla disciplina di partito).

Isabella Conti e il risultato da rivendicare

Nonostante la sparizione dell’area cattolico-moderata e l’attardarsi di tanti esponenti dell’area laico-socialista nella vecchia idea che il Pd possa e voglia rappresentare l’insieme delle componenti del centro-sinistra, Isabella Conti ha avuto un ottimo risultato, che avrebbe dovuto rivendicare con più fierezza e che meritava una gestione più orgogliosa, dichiarando la partecipazione alle primarie come nulla più che la prima tappa verso una piena rappresentanza nelle istituzioni di una base sociale riformista che è crescente anno dopo anno ma non trova uno sbocco adeguato.

In poche parole: si doveva e si deve tenere aperta una dialettica, amicale ma severa, con l’area conservatrice per ora maggioritaria nel centro-sinistra. E invece abbiamo vissuto qualche mese di sospensione della iniziativa riformista, conclusa con l’assenza dell’area-Conti dalla giunta, e aperta da una scelta ben più grave: la esclusione dei Pd filo-Conti dalle liste Pd, quindi la omologazione a Lepore della stessa rappresentanza consiliare, in piena contraddizione con il principio stesso della democrazia rappresentativa.

Come avrebbe dovuto ricordare Luciano Sita, che di comunisti dovrebbe intendersene ma qualcosa evidentemente ha dimenticato, nemmeno il vecchio Pci aveva mai mutilato le rappresentanze consiliari delle diverse sensibilità che quel partito esprimeva con un pluralismo ben più ricco dell’attuale partito che pure si definisce democratico.

L’area liberale da rappresentare

C’è poi materia di riflessione anche per i sostenitori delle primarie come metodo eccellente di selezione dei candidati. In un bipolarismo imperfetto come quello bolognese, in cui la destra ha minime possibilità di vittoria, salvo regali come quello del ’99, parrebbe che basti vincere le primarie per conquistare tutto il bottino: in altri termini, con poche migliaia di voti, vinte le primarie, è una passeggiata.

Con 16mila voti si conquista il Comune e, in regalo, la Città metropolitana. Come in certe catene aziendali, in cui partendo da una minoranza azionaria capace di controllo, si conquistano aziende sempre più grandi. Obiettivamente, c’è qualcosa che non torna. In ogni caso, la vicenda elettorale bolognese finisce qui. Si ricomincia e il tema resta quello di dare rappresentanza ad un’area liberale, socialmente ispirata, che è ormai larghissima ma non trova portavoce.

Per farlo, bisogna essere davvero convinti che il Pd non è più in grado di riformarsi e avere la forza di pagare qualche prezzo nelle carriere per un certo tempo. Altrimenti si finisce ogni volta per portare voti che perdono di peso in breve tempo.