Questa è la lettera integrale scritta dell'ex
assessore bolognese, Marco Lombardo,
il quale sbatte la porta in faccia alla gestione autoritaria del partito a Bologna. Imposizioni alla base dei militanti, a dir poco dittatoriali, e che hanno avuto il loro culmine nel tacitare ogni perplessità anche dei suoi dirigenti con l’imposizione del candidato, ora sindaco della città. bypassando quindi ogni tipo di votazione nei circoli.
Buona amarezza.
Caro Pd, è arrivato il momento di dirsi addio.
Sono stato uno dei fondatori del partito democratico nel 2007.
Non provenivo nè dai DS, nè dalla Margherita: ero un “nativo”, uno dei tanti giovani che era stato convinto dalla promessa di cambiamento della società italiana che portava con sè l’idea di costruire un partito nuovo, capace di tenere insieme anime diverse.
Sono stati anni belli e intensi, fatti di vittorie e sconfitte, di speranze e di delusioni.
Il PD è stato il primo ed unico partito del mio impegno politico, europeista e riformista. Oggi al livello nazionale, non ritrovo più quello spirito originario.
Si scrive PD, si legge DS. Dal mio punto di vista, l’abbraccio elettorale del M5S al PD è la fine della storia del riformismo nel partito democratico.
Se il punto di riferimento politico dei progressisti italiani è diventato Giuseppe Conte, c’è qualcosa che non torna.
Anche al livello locale, più che una comunità politica esiste un arcipelago di traiettorie personali.
Nel 2015 da vicesegretario, quando insieme a tanti altri chiesi un congresso per dare voce agli iscritti, non venni ascoltato; mi dimisi da ogni incarico (caso più unico che raro, visto che la prassi di tutti è sempre stata quella di mettersi in aspettativa, in modo da gravare sulle spalle del partito per rivendicare un posto).
Da assessore del Comune ho portato avanti le mie battaglie amministrative nel nome di un riformismo pragmatico (dalla tutela dei rider al regolamento sul 5G, dai tavoli di crisi ai diritti dei disabili). Ho dedicato il mio impegno politico ed amministrativo alla comunità, senza avere paracaduti o chiedere mai nulla in cambio.
Questione di stile e coerenza. Sono un uomo di battaglie e non di corrente.
Prendo atto che oggi, in questo PD, non c’e più spazio per battaglie che non siano di corrente. Non c’è spazio per un pensiero riformista, libero ed indipendente. Pur non condividendo nulla delle scelte fatte da Renzi negli ultimi anni, non posso non notare che l’antirenzismo è diventato la nuova variante dell’antiberlusconismo.
Uno stigma che tiene unito tutto per coprire il vuoto di idee e proposte.
Pur non avendo sostenuto al precedente congresso l’ex segretario Zingaretti, non posso non sorprendermi che nessuno si sia mai seriamente fermato a riflettere sul fatto che abbia abbandonato il posto di Segretario, parlando di vergogna nel vedere il Pd impegnato a parlare di poltrone, nel bel mezzo di una pandemia.
Si passa sopra a tutto e tutti, senza autocritica. Si premia chi critica ferocemente il Pd dall’esterno e non chi ne ha cura silenziosa dall’interno.
La critica interna è anzi guardata con sospetto, perché alla lealtà si predilige la fedeltà al capobastone. Così le tradizioni ideali e fondative sono state svuotate di senso, piegate ad una dinamica di potere per il potere. Oltre ai motivi personali sono questi motivi politici che mi hanno convinto a non ricandidarmi in consiglio comunale.
Ora si sta per aprire una nuova stagione congressuale del Pd, ma invece di riflettere sulle ragioni profonde del perché in pochi anni, nella sola area metropolitana di Bologna, si sia passati da 20.000 tessere a poco più di 6.000 iscritti, perché gli organismi interni siano stati completamente svuotati di ogni potere decisionale, perché si sia deliberatamente scelto di colpire al cuore il principio delle primarie di coalizione con ricorsi infondati, perché si sia ridotto un grande patrimonio ad un cumulo di milioni di debiti, si preferisce affilare le armi delle tessere verso un nuovo (ennesimo) scontro tra correnti.
Non mancheranno certo i buoni propositi e le promesse di ridare valore ai circoli ed ai territori, di aprire le porte alla società civile che chiede nuove forme di rappresentanza; ormai non ci credo più. Per questo non rinnoverò per la prima volta nella mia vita la tessera. Una scelta meditata e sofferta, ma convinta.
Caro Pd, prima di lasciarsi, un pensiero di profonda gratitudine voglio rivolgerlo a tutte le volontarie ed i volontari della festa dell’unità che ho conosciuto in questi anni, a tutti le anziane e gli anziani che animano con le tombole e la cucina le case dei popoli, a tutti i giovani che si impegnano nelle iniziative dei circoli.
Siete la parte più bella di questa storia.
Di voi conserverò sempre e solo un dolce ricordo.