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Giorgia ma non per tutti (corriere.it)

di Massimo Gramellini

Il caffè

È più forte di lei, di tanti, di quasi tutti i leader della nuova era.

Non parlano più alla Nazione ma alla fazione, come se fossero soltanto leader di partito, e di un partito eternamente all’opposizione. Dalla presidente di Fratelli d’Italia ci si può aspettare che segnali le contraddizioni del Manifesto di Ventotene, i cui autori teorizzavano un’Europa unita, ma anche l’abolizione della proprietà privata e la sospensione temporanea della democrazia.

Sono proprio queste le intemerate che i suoi elettori amano sentirle fare, perché servono a rappresentare lei come una combattente e la sinistra come degli snob ipocriti che disprezzano il popolo nel cui nome pretendono di parlare.

Dalla presidente del Consiglio dei ministri mi sarei invece aspettato che non si affacciasse in un’aula parlamentare per compiacere i suoi elettori e tirare calci negli stinchi ai suoi avversari. Da chi ricopre certe cariche è legittimo auspicare che voli un po’ più alto, no?

Che riconosca il valore simbolico di quel documento, scritto da persone mandate al confino dal fascismo e quindi in un contesto politico e psicologico molto particolare. E che, liquidate le contraddizioni con una battuta, ne faccia suoi i punti fondamentali, anziché prenderne le distanze nell’eterno giochino del Noi contro Loro.

Quando sei il capo del governo, o di un condominio, tutti i tuoi amministrati diventano Noi. Anche Loro. Ma forse la mia è un’illusione, molto più datata del Manifesto di Ventotene.