L’Ungheria continua a violare la legge europea sui rifugiati nonostante la sentenza della Corte di giustizia (valigiablu.it)

La Corte di giustizia europea ha stabilito che 
la deportazione dei rifugiati in Serbia da parte 
dell'Ungheria è illegale. 

Ma il governo nazional-conservatore di Viktor Orbán sta ignorando la sentenza e continua a deportare i rifugiati.

Il governo ungherese, scrive DW, non sta nemmeno cercando di nascondere la violazione della legge. Si può leggere tutto su un sito ufficiale, che registra meticolosamente le statistiche di ogni singola settimana dell’anno, per categoria e con i numeri precisi dell’espulsione di rifugiati da parte delle guardie di frontiera ungheresi dall’Ungheria alla Serbia.

Secondo le statistiche ufficiali, reperibili sul sito web della polizia ungherese, 2.824 rifugiati sono stati fermati vicino al confine e costretti a tornare in Serbia nel solo gennaio di quest’anno.

Inoltre, sono stati arrestati altri 184 rifugiati che devono prima essere processati in Ungheria. Ed è probabile che saranno deportati in Serbia.

Questi respingimenti non solo violano i trattati internazionali di cui l’Ungheria è firmataria, come la Convenzione di Ginevra, ma dal dicembre dello scorso anno, violano anche una sentenza legalmente vincolante della più Alta Corte dell’Unione europea, la Corte di giustizia europea (CGUE).

La sentenza ha dichiarato illegali i respingimenti, ma il governo ungherese sta ignorando il verdetto dei giudici. Finora, le guardie di frontiera ungheresi hanno rimandato in Serbia circa 5.000 rifugiati dal 17 dicembre 2020, giorno in cui è stato annunciato il verdetto. Il leader ungherese, Viktor Orbán, e diversi membri del suo leggi tutto

Migranti: aria nuova da Washington (lavoce.info)

di Maurizio Ambrosini

Joe Biden ha iniziato la sua presidenza con 
un pacchetto di ordini esecutivi che riguardano 
anche le politiche migratorie. 

Non si limitano a cancellare le misure più odiose dell’amministrazione Trump, ma prefigurano un ambizioso disegno riformatore.

Il pacchetto di ordini esecutivi

Joe Biden ha inaugurato la sua presidenza con un pacchetto di ordini esecutivi che rovesciano diversi dei provvedimenti più controversi dell’amministrazione Trump e indicano la rotta che il neo-presidente intende seguire nei prossimi quattro anni. La tradizione dei primi cento giorni dei presidenti statunitensi ha registrato una conferma e un’accelerazione.

Diverse misure riguardano le politiche migratorie: come Donald Trump aveva voluto lanciare alla nazione un potente messaggio simbolico sugli immigrati indesiderati quale minaccia esiziale, da respingere a ogni costo, così Biden ha risposto cancellando con un tratto di penna i prodotti più odiosi di quella visione ansiogena e spietata.

A scanso di equivoci, non ha cancellato i confini nazionali e aperto le porte a tutti coloro che aspirano all’ingresso sul territorio Usa, ma ha rimosso le forzature più controverse delle campagne trumpiane: la separazione dei figli degli immigrati irregolari dai genitori, il bando in blocco contro incolpevoli viaggiatori che avevano la sfortuna di provenire da paesi mussulmani (poveri), il dirottamento di fondi del Pentagono alla costruzione del muro con il Messico, il tentativo di bloccare la regolarizzazione dei figli di immigrati non autorizzati arrivati negli Stati Uniti da minorenni (i cosiddetti Dreamers), la sospensione della minacciata espulsione dei rifugiati liberiani arrivati vent’anni fa a causa della guerra civile … leggi tutto

Lo stallo sulla rotta balcanica, spiegato (ilpost.it)

Centinaia di richiedenti asilo sono bloccati 
da settimane fra Bosnia e Croazia, e non ci 
sono soluzioni facili

Da settimane i giornali italiani ed europei si occupano delle condizioni difficilissime in cui si trovano centinaia di richiedenti asilo bloccati in un paesino della Bosnia-Ezegovina, Lipa, non lontano dal confine con la Croazia. La situazione è ulteriormente peggiorata alla fine di dicembre dopo l’incendio del campo dove erano alloggiati: ora i circa 850 richiedenti asilo rimasti sono stati sistemati in tende di fortuna, mentre altri 900 circa vivono in condizioni simili in altre zone della regione.

Da settimane i giornali italiani ed europei si occupano delle condizioni difficilissime in cui si trovano centinaia di richiedenti asilo bloccati in un paesino della Bosnia-Ezegovina, Lipa, non lontano dal confine con la Croazia. La situazione è ulteriormente peggiorata alla fine di dicembre dopo l’incendio del campo dove erano alloggiati: ora i circa 850 richiedenti asilo rimasti sono stati sistemati in tende di fortuna, mentre altri 900 circa vivono in condizioni simili in altre zone della regione.

La scorsa settimana quattro parlamentari europei del Partito Democratico hanno visitato le tende di Lipa e chiesto alle autorità locali ed europee di intervenire: ma nonostante la rinnovata attenzione che hanno ottenuto, soprattutto in Italia, difficilmente si troverà una soluzione per risolvere il problema.

In pratica la rotta non si è mai chiusa, anche se dal milione di persone transitate nel 2015 si è passati a numeri assai più ridotti negli anni successivi, nell’ordine delle decine di migliaia all’anno. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), l’agenzia ONU che si occupa di migranti, soltanto nel 2020 sono stati registrati 39.648 migranti in Serbia e 16.150 in Bosnia-Erzegovina, i due paesi più interessati dalla rotta.

Nell’Unione Europea, va ricordato, esistono pochissime vie di ingresso legali per gli stranieri, e al momento sono scarsamente garantite anche per le persone che chiedono asilo leggi tutto