Cresce la polemica per la puntata di Porta a porta.
Il programma si difende: “Avevamo invitato tre donne”
Cresce la bufera su Porta a Porta. Fonti di viale Mazzini fanno sapere che la presidente Marinella Soldi ha scritto a Bruno Vespa in merito alla puntata di ieri in cui si è parlato di aborto solo con uomini in studio: ben sette, di cui uno in collegamento.
La presidente, a quanto si apprende, ha richiamato al ruolo fondamentale del servizio pubblico in particolare su un tema che chiama in causa direttamente il corpo delle donne.
La polemica è esplosa sui social poche ore dopo la battaglia a Montecitorio, quando ieri la Camera ha bocciato l’ordine del giorno presentato dal Pd per “mitigare” l’emendamento di Fratelli d’Italia che vuole portare i comitati pro-life nei consultori. A sedere con Vespa attorno a un tavolo il deputato del Pd Alessandro Zan, il giornalista Tommaso Labate, Antonio Noto di Noto Sondaggi, il direttore di Libero Mario Sechi e il deputato di FdI Giovanni Donzelli. In videocollegamento c’era anche il giornalista e scrittore Federico Rampini.
Il caso è stato sottolineato anche dalle Commissioni Pari Opportunità della Rai e del sindacato Usigrai, che in una nota hanno ricordato che «nel 1976 in un’analoga occasione Oriana Fallaci ebbe a stigmatizzare il maschilismo nell’arena pubblica italiana per essere la sola donna presente in una discussione televisiva sull’aborto. 50 anni dopo in una trasmissione del Servizio Pubblico si è riusciti a fare di peggio».
Un fatto che «ha fatto il giro del web – specifica – esponendo l’azienda a un’ondata di critiche per il mancato rispetto dell’equilibrio di genere che dovrebbe valere sempre, tanto più su un tema così delicato che ha a che fare con la vita e il corpo delle donne. Non deve più accadere che in un grande network come la Rai, che guida le campagne “No women no panel” e 50:50 in Italia, si vìolino così palesemente le policy che la stessa Azienda ha approvato. Mancando di rispetto alle donne che vivono in Italia».
«La strada per la parità è lunga, ma se non si parte dalle basi come la presenza femminile su temi come questo, non faremo alcun passo avanti», osserva il capogruppo M5S in commissione di vigilanza Rai Dario Carotenuto.
Al quale fa eco Nicola Fratoianni dell’Alleanza Verdi Sinistra, che su facebook attacca: «Poi dicono che la cultura patriarcale non esiste in Italia. Lo dico ai miei colleghi uomini: dovremmo iniziare a rifiutarci di parlare in luoghi in cui non ci sono donne, soprattutto quando si parla del corpo e delle scelte delle donne. Sarebbe una intelligente scelta di igiene».
Porta a Porta e Vespa si difendono: «Gli inviti per la trasmissione politica di giovedì 18 aprile sono stati fatti nei giorni precedenti al manifestarsi della polemica. Essendo prevista la presenza del Partito democratico, avevamo invitato tre donne parlamentari del PD (sostituite alla fine dall’onorevole Zan per la loro indisponibilità) e una direttrice di giornale, anch’essa indisponibile. In ogni caso l’aborto è stato solo uno degli otto temi trattati nella trasmissione di ieri. Gli altri sette erano la guerra, Meloni a Bruxelles, il ricorso al governo contro l’Emilia-Romagna sul fine vita, la discussione sulla foto di Berlinguer nella tessera del PD, il 5 in condotta e i sondaggi preelettorali», dice una nota la redazione di Porta a Porta. «Come sa la stessa interessata, fin dalle 9.47 (prima che uscissero le agenzie con le reazioni polemiche) avevamo valutato la presenza dell’onorevole Sportiello (Movimento 5 stelle) per i Cinque Minuti di oggi, ma la tensione internazionale successiva all’attacco israeliano all’Iran ci costringe ad occuparci di questo. Sarà nostra cura, naturalmente, tornare sul tema alla prima occasione utile».
«Quello a cui stiamo assistendo è la concretizzazione dell’Italia della presidente Meloni: una sola donna al comando, le altre scompaiono, mentre di continuo viene messa in discussione la loro libertà di scegliere sul proprio corpo, di essere o non essere madri, di lavorare e affermarsi», accusa la senatrice Pd Cecilia D’Elia. «Arriva in Senato il dl Pnrr, che ne è ulteriore prova.
Non solo è stato progressivamente stravolto l’impianto del Piano di ripresa e resilienza, che voleva rendere questo paese più giusto, con maggiori servizi per l’infanzia, obiettivi per l’occupazione femminile e parità di genere, ma – riprende – si fa un affondo gravissimo con un emendamento, presentato da un uomo, tutto rivolto a rendere l’interruzione volontaria di gravidanza un percorso a ostacoli, di cui le donne devono sentirsi colpevoli. Un fuori programma, che con il Pnrr non c’entra nulla, ma ci dice quale idea di paese questa destra vuole affermare».
«Del resto – prosegue l’esponente dem – lo abbiamo visto con l’uso spregiudicato del servizio televisivo pubblico, e il ritorno alla grande dei manel, nonostante il memorandum ’No women no Panel’, che dovrebbe impedirli. Ieri, ad esempio, a Porta a Porta, su Rai 1, con solo uomini invitati a parlare, Vespa ha pensato di poter discutere di aborto. Gravissima la scelta del nuovo Consiglio di amministrazione dell’Aifa, l’Agenzia italiana del Farmaco, ovvero l’organo, controllato dal ministero della Salute, che è l’autorità competente per l’attività regolativa dei farmaci, che si è insediato ieri. Tutti uomini. Faremo una opposizione determinata, su Pnrr e gli obiettivi traditi, l’autodeterminazione delle donne attaccata, dentro all’aula e fuori. Hanno chiesto la fiducia, sfiduciamoli nel Paese». «Lunedi – anticipa D’Elia – sarò al presidio con la Rete dei consultori per dire che nessun passo indietro è ammissibile».