Landini racconta grosse balle (italiaoggi.it)

di Domenico Cacopardo

Contro ogni evidenza dice che aumenta il numero 
dei posti di lavoro precario o a termine. 

Per lui le assunzioni stabili sono al 16% (invece sono il 75%)

L’utilizzazione della menzogna in politica è roba vecchia e decrepita. Nelle democrazie avanzate, il ricorso alla menzogna è in genere limitato dalla presenza della libera stampa che non dovrebbe mai mancare dal colpire i bugiardi e le loro bugie. Naturalmente, non è sempre così.

E per due ragioni che abbiamo sotto gli occhi: l’improntitudine del bugiardo, il cui più gagliardo esemplare occidentale è Donald Trump che mente su tutto, soprattutto su se stesso, essendo allo stesso tempo vittima e carnefice, e l’abbandono dei giornali da parte di lettori che hanno preferito riversare la loro attenzione sui social, fucine fisiologiche di menzogne e di false verità.

In Italia, quanto a menzogne non ce la passiamo male, soprattutto perché chi «è contro» ha preso l’abitudine di spararle grosse, dimenticando che il caso potrebbe volere (come ha voluto nel 2022) che chi le sparava grosse vincesse le elezioni e dovesse smentire se stesso nel modo più plateale (e deludente il popolo dei creduloni che a quelle bugie aveva creduto).

Anche da noi ci sono casi patologici che, spesso, si intrecciano tra di loro per bassi motivi di bottega e basse operazioni di delegittimazione e maldicenza.

Lo Statuto dei lavoratori è una boiata

Prendiamo il «jobs act» la liberalizzazione del mercato del lavoro prodotta dal governo Renzi. Dal suo stesso partito questo testo che ha rimosso paletti e condizionamenti del tutto inattuali (e lo dico papale papale: lo «Statuto dei lavoratori» è come la corazzata Potemkin nel giudizio di Fantozzi, con buona pace dell’anima di Giacomo Brodolini e di Gino Giugni: una boiata che volta ad anchilosare il rapporto di lavoro in una perenne subordinazione dell’impresa) che intendendo demonizzare «il diavolo Renzi» che aveva aperto le porte della sinistra storica ex comunista al riformismo, aveva iniziato a equiparare il «jobs act» al male assoluto, incontrando nell’operazione quell’altro personaggio singolare, Maurizio Landini, che ha fatto carriera sindacale sulle proprie sconfitte: clamorose quelle rimediate nelle battaglie contro Sergio Marchionne.

Ora, in questi giorni, il Landini (che, felicemente, Luciano Capone de Il Foglio equipara al generale Vannacci) in una delle classiche interviste in ginocchio in cui ci siamo specializzati noi italiani ha dato i numeri. Sì proprio i numeri non giocabili al lotto, ma facilmente vendibili nel mercato delle bufale correnti.

Infatti, ha accusato il sistema di avere fatto sì che su 7 milioni di contratti di lavoro attivati solo il 16% fosse lavoro stabile (cioè a tempo indeterminato) mentre l’84% fosse lavoro precario o a termine. Maurizio Landini ha preso un dato grezzo dell’Inps e l’ha trasformato nell’assioma cui improntare la sua campagna politica personale per il successo delle sorti grandi e progressive del movimento operaio.

I numeri veri sono quelli che vengono fuori da una semplice operazione di sottrazione e di somma dei numeri grezzi rappresentati dall’Inps.

Il 75% dei contratti è a tempo indeterminato

Insomma, se Landini avesse voltato pagina e guardato la tabellina successiva avrebbe appreso (ma non gli conveniva rispetto al ragionamento menzognero cui ha improntato la campagna di cui sopra) che nel 2023 su 523mila rapporti di lavoro in più (sì proprio in più: il che smentisce in modo clamoroso le lamentazioni circolanti dalle parti della Cgil e dell’Uil) il 75% è a tempo indeterminato, e, quindi, solo il 25% a tempo determinato. Anche l’Istat smentisce clamorosamente il Landini: nel febbraio 2024 l’occupazione cresce di 41 mila unità ma si ha anche una crescita del numero dei lavoratori stabili (altri 142.000 in più).

Di fondo la questione è abbastanza semplice. A parte il mondo dei fannulloni finanziati dallo Stato grillini, ormai a stralcio, il mondo del lavoro registra una carenza di lavoratori idonei a svolgere i compiti disponibili nell’industria e nei servizi.

Questo significa che in questo momento il mercato del lavoro è in mano ai lavoratori non ai datori di lavoro che, fra l’altro, hanno interesse a contrattualizzare a tempo indeterminato tutti coloro che mostrano doti idonee ad alimentare produzioni e produttività.

A Landini rimane la difesa dei lavativi e di coloro che non intendono collaborare in modo corretto e coerente con l’azienda che li ha assunti. Per essi -una minoranza in restringimento- c’è il precariato e la disoccupazione.

Il Veneto fa scouting in Africa

Tanta è la fame di lavoratori che nel Veneto di Zaia un gruppo di aziende in cerca di lavoratori s’è consorziato e sta facendo scouting in Africa: proponendo a coloro che accettando di venire in Italia l’insegnamento della lingua, l’addestramento all’esercizio di un mestiere, e -udite udite!- un alloggio provvisorio in attesa che, terminato il training, il lavoratore intenda richiamare la propria famiglia, caso in cui il consorzio metterà a disposizione un appartamento di standard italiano.

Non torno sulla questione «jobs act» e sul referendum che Landini «si propone di proporre». Landini mi fa venire in mente il comandante della flotta borbonica che, di fronte alla presenza di munitissimi vascelli inglesi, dette ordine ai suoi marinai «facite ammuina».

Il che comportò che i marinai corressero tra le murate urlando insulti nei confronti degli inglesi. Non c’è dubbio che il «jobs act» sia tra le ragioni che hanno determinato e stanno determinando la crescita del numero degli occupati e, cosa ancora più importante, un rilevante tasso di fiducia delle imprese.

Il referendum di Landini cui non è difficile prevedere un esito analogo al referendum di Berlinguer contro il taglio della scala mobile, è volto a restaurare tutte le rigidità che avevano in passato irrigidito il mercato del lavoro rendendo difficile se non impossibile la crescita che, invece, abbiamo ottenuto.

Il premierato indebolisce il presidente della repubblica

Passando a un altro fronte, penso che sia opportuno riflettere sulla riforma costituzionale che prevede l’istituzione del premierato direttamente elettivo. Abbiamo già scritto che questo meccanismo non risolve il problema cruciale che determina l’instabilità dei governi e la propensione dell’Italia a governi frutto di alchimie parlamentari e presidenziali (nel senso del Quirinale).

Basti pensare che nel 2018, dopo la sciagurata vittoria elettorale grillina fummo vicinissimi a un governo Cottarelli che sarebbe stato totalmente il contrario di ciò che gli elettori avevano scelto. È quindi il potere di ricatto dei partiti componenti delle coalizioni che azzoppa il sistema. Esso sarebbe superato solo con l’istituzione dei due turni elettorali che, alla fine determinano la vittoria di uno schieramento più omogeneo e meno propenso al ricatto.

Ma dove la premier nega l’evidenza è nell’affermazione, continuamente ripetuta, che la riforma non tocca i poteri del presidente della Repubblica. Capisco perché la cosa venga detta e ripetuta: la popolarità di cui gode Mattarella è un oggettivo ostacolo allo sviluppo di alcuni aspetti della politica governativa, soprattutto in materia costituzionale.

Affermando e riaffermando che i poteri del presidente della Repubblica non vengono toccati si cerca di inculcare nell’elettorato quest’idea che non corrisponde alla realtà. Basti una considerazione: se il premier è eletto dal popolo, il presidente della Repubblica perde il potere-dovere di sceglierlo e di incaricarlo di formare un governo.

Il che significa tante cose, la prima delle quali è superata dal passaggio dalla prima alla seconda Repubblica. Il presidente, nella prima, era colui che distribuiva le carte e determinava in modi significativi le coalizioni di governo. Oggi, questo aspetto risulta abbastanza obsoleto, ma rimane in mano al presidente il potere di scegliere il premier incaricandolo di formare un governo.

L’elezione diretta, quindi, sottrae questo potere al presidente della Repubblica. È un male? Sì, per il Pd è di certo un male, visto che potrà accedere alle stanze del potere solo se vincerà le elezioni (il che con questo personale politico a partire dalla marziana Elly Schlein -personificazione vivente del «Principio di Peter» (dallo psicologo canadese Laurence Peter che la teorizzò o legge di incompetenza) sembra un futuribile remoto. È un bene?

Sì di certo per Giorgia Meloni almeno finché viaggerà col vento in poppa del consenso popolare.

Per il vero, la costituzione dovrebbe dettare regole di comportamento neutre: ma questa è una petizione di principio pretenziosa e irrealistica nel mondo politico nazionale.

Meno voti che sigle

di Luigi Mascheroni

Giù la maschera

La politica, disse un vecchio parlamentare, è l’unico ambiente dove una puttana si sente a proprio agio. Dimenticò di dire che il casino è l’unico posto dove tanti politici si sentono a casa.

Si troveranno bene quindi, immaginiamo, i politicanti e le politicazze che in queste ore stanno convogliando verso il listone di Cateno De Luca, sindaco di Taormina e leader di «Sud chiama Nord» – e speriamo qualcuno risponda – il cui simbolo per le prossime elezioni europee ha battuto il record assoluto di sigle raccolte: 17. E nella paura che porti sfortuna ci sono ancora quattro spazi disponibili nel logo. Più che un campo largo, un latifondo.

Il suo «Fronte delle Libertà» a garanzia del quale come presidente c’è la 5 Stelle Laura Castelli, una che avrebbe potuto essere una grande viceministra dell’Economia se non si fosse occupata di politiche economiche raggruppa autonomisti valdostani, ex grillini, No Vax, Pensionati, animalisti, agricoltori, il Capitano Ultimo, Italexit, Euroexit, Onuexit… Più che un’alleanza, una gang bang. Mancano i gilet arancioni, «Gaza per Parenzo», i due Unicorni e poi ci siamo.

Cateno Roberto Salvatore De Luca che ha più sigle che nomi, tutti inutili, e che dalla stampa locale è soprannominato Scateno per i suoi modi, diciamo così, appariscenti punta al 4%, la soglia di sbarramento. Finirà come sempre in questi casi. Una pernacchia. Raccoglierà meno voti che sigle.

I politici sguazzano nelle ammucchiate. Ma gli elettori sono tradizionalisti.

(Hans-Peter Gauster)

Le notizie false e fuorvianti pubblicate da “Italia Unita”, il canale Telegram di Amedeo Avondet (open.online)

di David Puente

FACT-CHECKING

In diverse occasioni ha chiesto di rendere note le bufale che avrebbe pubblicato. Eccone alcune a partire dal 2022

Màrcio Forti era un perfetto sconosciuto, fino a quando venne intervistato da Russia Today e rilanciato poco dopo dalla rete dei siti della propaganda russa attraverso una falsa notizia. Grazie a questa operazione, Forti potrebbe diventare un nuovo volto e punto di riferimento dei filorussi, soprattutto se si dimostrerà mediaticamente funzionale. Una storia simile, ma non identica, è quella del giovane torinese Amedeo Avondet, spesso ospite delle reti televisive italiane soprattutto a seguito del suo coinvolgimento con il sito Il-Corrispondente.com. Come per Forti, è diventato un volto noto grazie a un’intervista pubblicata dal media russo Izvestia e attraverso il suo canale Telegram “Italia Unita” ha diffuso contenuti e false notizie appartenenti alla propaganda russa. In questo articolo riporteremo soprattutto quelle pubblicate durante il primo anno di guerra, per arrivare quella più recente dove viene coinvolta Open.

Chi è Amedeo Avondet

Come riportato da Pagella Politica, Avondet era un giovane attivista di Fratelli d’Italia. Non ebbe molta fortuna all’interno del partito, finendo in qualche modo “inquadrato” negativamente dalla dirigenza, la quale avrebbe posto «un veto» alla sua candidatura per le comunali del capoluogo piemontese. Si sostiene che a seguito di una manifestazione filorussa del maggio 2022 a Torino, sarebbe stato notato dall’esponente del partito “Russia Unita” Irina Elifiorova. Il sostegno a Mosca non è iniziato in quel preciso momento, ma tempo prima. Lo dimostrano i contenuti diffusi attraverso il suo canale Telegram “Italia Unita”, un partito di sua creazione che fa riferimento a “Russia Unita” sostenitore di Vladimir Putin.

La sfida a David Parenzo e lo scontro con Gianni Riotta

Spesso ospite a L’Aria Che Tira (La7), lo scorso 18 marzo aveva sfidato via Telegram il conduttore David Parenzo: «Sono felice di avere spazio a La7, e sulla tv Italiana in generale, ma Parenzo potrebbe cortesemente farmi un esempio di una sola fake news diffusa da “Il Corrispondente“? Ad oggi non mi ha portato un solo esempio concreto. Quali fake news avrei diffuso? Nel caso qualcosa che ho detto o scritto si riveli falso sono pronto a scusarmi davanti alla nazione in diretta TV, ma per ora non mi è stata portata davanti nessuna accusa concreta, solo propaganda».

Il 29 marzo 2024, ospite a Mattino5 (Canale 5Mediaset), il giornalista Gianni Riotta riporta una sua descrizione del giovane filorusso: «È un disinformatore seriale che è stato messo alla gogna per le sue bugie dall’osservatorio europeo contro la disinformazione». Avondet, a quel punto, si agita e chiede che gli vengano citate le bugie a lui contestate: «Mi dica quale bugia. La smetta di dire stronzate!».

Alcuni esempi di bufale de “Il Corrispondente”

Il Corrispondente.com riportava una grande bufala che riguardava lo stesso sito, ossia le false informazioni sulla sua proprietà. Al fine di presentarsi come “autorevole”, erano presenti in tutte le pagine un indirizzo e una partita Iva associata a una presunta società. L’indirizzo era quello della boutique di Valentino in Piazza di Spagna a Roma, mentre la partita Iva risultava inesistente («P.IVA 0238251009»). A seguito della verifica di queste due informazioni, di fatto fasulle, vennero rimosse dal sito mantenendo l’anonimato e l’assenza di trasparenza per il pubblico.

In merito ai contenuti, attraverso una rapida sfogliata si riscontra un articolo riguardante la vice-ministro francese Marlene Schiappa e la falsa copertina di Playboy, spacciata inevitabilmente come vera ai lettori del sito.

La disinformazione sul “caso Marianna”

Il sostegno al Cremlino e alla propaganda russa era iniziato da ben prima della manifestazione di Torino. Attraverso il suo canale Telegram “Italia Unita” (@italia_unita_avondet), il 18 aprile 2022 condivide un post del canale pro Palestina “Francesca Quibla” dove viene riproposto un classico della disinformazione russa nel corso dell’invasione in Ucraina:

Cos’è la propaganda occidentale? E come si orienta l’opinione pubblica occidentale?

Ebbene… Nella prima foto c’è Mariana, giovane donna ucraina la cui foto ha fatto il giro del mondo, è stata usata e sfruttata dall’impianto propagandistico occidentale spacciandola per, in ordine:

1. Morta dopo i bombardamenti russi

2. Resuscitata dopo i bombardamenti russi MA rapita dai russi

Poi arriva Giorgio Bianchi, la cerca, la trova, la intervista e viene fuori tutta un’altra storia e in occidente nessuno si incarica di riprendere questo scoop mondiale.

La narrazione della “finta morte” era stata diffusa dall’ambasciata russa nel Regno Unito. Furono i russi ad associare Marianna a un’altra vittima del bombardamento dell’ospedale a Mariupol, una donna portata via in barella dai soccorritori e successivamente deceduta.

Marianna venne accusata dalla stessa ambasciata di essere un’attrice e di aver interpretato entrambi i ruoli.

Questa falsa narrazione, con la quale Marianna venne data in pasto al tritacarne della propaganda filorussa, venne ripresa dal rappresentante della Federazione russa all’ONU, Vassily Nebenzia.

I fantomatici «segreti di Stato» nella «base degli “Azov”»

In un post del 22 aprile 2022, il canale Telegram “Italia Unita” di Avondet pubblica un video che riprenderebbe il ritrovamento di fantomatici «segreti di stato» all’interno della «base degli “Azov”»:

Nella base degli “Azov” sono stati trovati segreti di stato e manuali dell’esercito degli Stati Uniti, in particolare per le unità di intelligence, il corrispondente di RIA novosti. Secondo i militari Russi, tali documenti sono soggetti a distruzione se non è possibile portarli con sé, ma gli Azov non ha avuto il tempo di farlo.

Come dimostrato da Open, in un fact-check del 26 aprile 2022, tutti i documenti mostrati nel video erano: accessibili al pubblico, scaricabili gratuitamente online o acquistabili via Amazon.

La falsa identità attribuita a una donna di Azovstal

In un post del 30 aprile 2022, il canale Telegram “Italia Unita” di Avondet pubblica il video della famiglia Savin, uscita dall’acciaieria Azovstal di Mariupol. Si trattava di un’intervista ampiamente diffusa dai media russi a sostegno della propaganda contro il battaglione Azov.

In un post successivo, pubblicato appena un minuto dopo, condivide le foto della donna ripresa nel video insieme a quelle della cecchina ucraina Olena Bilozerska. Secondo la narrazione, sarebbero la stessa persona: «Il problema è che internet non dimentica. “Madre”» si legge nel post del canale di Avondet.

In realtà, come verificato il 3 maggio 2022 dalla sezione Fact-checking di Open, non sono la stessa persona. La donna e madre di famiglia si chiama Natalia Savina (Наталья Савина) e non assomiglia affatto alla cecchina Olena. Quest’ultima, a seguito della diffusione delle foto che la associavano a Natalia, si divertì a commentare scherzosamente la bufala.

Il falso servizio della BBC e la Polonia

Nel corso della guerra, molti sono i falsi servizi video attribuiti a BBC e altre emittenti o testate. Il 4 maggio 2022, il canale “Italia Unita” di Avondet ne condivide uno con il seguente testo:

La BBC riferisce che la Polonia si sta preparando a inviare truppe Nell’Ucraina occidentale.

Il generale polacco Jaroslav Mika ha firmato l’ordine di portare le parti dell’esercito polacco in allerta al fine di “proteggere l’infrastruttura di Lviv e Volyn dell’Ucraina”.

In precedenza il capo SVR Sergei Naryshkin, ha dichiarato che i polacchi hanno intenzione di inserire le truppe in Ucraina sotto il pretesto di “proteggersi dalla Russia” con l’approvazione di Washington, ma la NATO ufficialmente resterà in disparte.

A smentire il video è il collega della BBC, Shayan Sardarizadeh, in un tweet del 5 maggio 2022. Ulteriore smentita arriva da un portavoce dell’esercito polacco contattato dai colleghi di Demagog.

Il falso saluto nazista degli ucraini all’Eurovision

Dopo l’intervista a Izvestia, il 16 maggio 2022 pubblica un’immagine dell’Eurovision a Torino per mostrare un fantomatico saluto nazista del cantante del gruppo ucraino Kalush.

Lo stesso giorno, la sezione Fact-checking di Open aveva scovato un video ripreso da un’altra angolazione che smentiva la narrazione filorussa. Il cantante dei Kalush stava in realtà salutando il pubblico con la mano aperta e non c’era alcun saluto nazista.

Il sostegno all’organizzazione «terroristica» Wagner

Sono diversi i Paesi europei che definiscono «organizzazione terroristica» la Wagner fondata da Prigozhin. In un post di “Italia Unita” di Avondet del 15 gennaio 2023 leggiamo:

Non ho bisogno del Festival di Sanremo. La canzone più bella dell’ anno sarà sicuramente questa, dedicata alla compagnia Wagner PMC, che ha appena strappato Soledar al regime di Kiev. Per febbraio Zelensky può aggiornarci sulla liberazione di Bakhmut/Artemivs’k

La narrazione russa sulla strage di Bucha

Nel canale Telegram “Italia Unita” di Avondet si possono leggere diversi post sulla strage di Bucha che sostengono la propaganda russa. In uno di questi, pubblicato il 7 giugno 2022, parla evidentemente in prima persona sostenendo di non avere dubbi su quanto accaduto:

Su Bucha non ho mai avuto dubbi, la versione occidentale e mainstream era piena di incongruenze. Piano piano la verità sta venendo fuori anche sulla malmessa stampa italiana. Questo è uno dei risultati delle nostre azioni a Torino, Genova e Roma. Ne seguiranno altre.

Un intervento successivo ai video recuperati dalla CNN che mostrano i soldati russi sulla strada di Bucha disseminata di cadaveri di civili ucraini. Anche quelli recuperati poco dopo dal New York Times mostrano ulteriormente il coinvolgimento dei russi. Julia Davis, in un tweet del 18 settembre 2022, condivide un video del programma televisivo “Beautiful Russia” di RT dove Vladlen Tatarsky, nome d’arte del blogger militarista e ultranazionalista Maksim Fomin, si riferiva alla strage di Bucha con le seguenti parole: «Sì, questo è quello che siamo, dovete aver paura di noi». Nel dicembre 2022, il New York Times pubblica un’inchiesta dove ricostruisce la strage, individuando i responsabili: i russi.

“Italia Unita” di Avondet fa riferimento a Bucha per l’ultima volta in un post dell’agosto 2023, nel quale condivide quello dell’Ambasciata Russa in Italia dove si insinua che il «massacro di Bucha» sia una «provocazione».

La bufala sulla strage di Mosca

A seguito di un articolo di Open del 26 marzo, il canale Telegram “Italia Unita” di Avondet pubblica il testo di una mail rivolta alla nostra testata con le seguenti affermazioni:

Salve con la presente chiedo una rettifica in quanto la notizia dell’ arresto di un ucraino è stata smentita, e non confermata, dal canale telegram di Italia Unita esattamente alle 10:24 di ieri non è stata data da Italia Unita ma bensì smentita come fake news ([link]).

Anche su Twitter: [link]

In caso di rifiuto agirò per vie legali data la totale falsità di quanto da voi affermato.

La parte contestata da Avondet nell’articolo di Open è la seguente:

E proprio ieri sul suo canale Telegram Italia Unita ha diffuso la falsa notizia di un cittadino arrestato per la strage al Crocus City Hall di Krasnogorsk vicino Mosca.

Nell’articolo viene linkato quello pubblicato il 25 marzo 2022 della sezione Fact-checking di Open, il quale riporta l’esatto post Telegram del canale di Avondet del 23 marzo 2022 dove viene riportata la falsa notizia:

Il canale Telegram “Italia Unita” e Avondet pubblicano una “smentita” il 25 marzo 2024 intorno alle ore 8:24 e 8:25 (fuso orario italiano). Nel tweet non si legge una “smentita”, ma una «Rettifica su nazionalità del terrorista», affermando di fatto la “correzione” di un’informazione fuorviante e non veritiera precedentemente diffusa.

Gli interventi del canale Telegram e del profilo Twitter/X di Avondet sono stati pubblicati poche ore prima dell’articolo della sezione Fact-checking di Open. Tuttavia, la segnalazione della fake risale a diverse ore prima, attraverso un tweet del 25 marzo 2024 alle ore 2:44 del mattino.