Il referendum sull’articolo 18 finirà per isolare la Cgil e la Uil (italiaoggi.it)

di Marco Bianchi

L'immagine di Tafazzi, che si colpiva nelle parti 
basse con una bottiglia vuota correndo per lo 
studio di Maidiregol, 

è ben impressa nella mente di tutti gli italiani dai 40 anni in su. Da allora è diventato il simbolo dell’autolesionismo al punto da far coniare come sinonimo il termine “tafazzismo”. Ecco, in questo solco si incanalano tutti coloro che prendono posizioni che sono perse in partenza.

Per esempio, il lancio di un Referendum per il ripristino del famoso articolo18 quando l’occupazione segna record su record e vola ogni oltre più rosea aspettativa; quando il tasso di disoccupazione scende a livelli storici; quando il numero dei contratti a tempo indeterminato si avvicina al 90%; quando non si hanno notizie di una crescita esponenziale di licenziamenti e di relative impugnative.

Ecco, avere proposto questo quesito referendario può essere certamente un caso di acuto tafazzismo moderno, perché non bisogna sapere prevedere il futuro per immaginarne l’esito negativo.

Ai lavoratori interessano ben poco queste battaglie di retroguardia, politiche e politicizzate, che Landini e Bombardieri stanno insistentemente portando avanti. Non portano niente di buono, salvo che creare opposizione al Governo vista l’evanescenza di Conte e Schlein. Ma ai lavoratori non interessa per niente delle smanie di potere dei due leader sindacali.

Interessa invece guardare al futuro, pensare a come impostare la propria formazione per risultare adatti al mercato del lavoro, così da poter intercettare le opportunità che si creano. Perché il lavoro c’è, mancano piuttosto i lavoratori formati ad hoc.

È questa un’altra delle verità che si incrociano giornalmente. Ma per i due sindacalisti i problemi sono il Decreto Precarietà (così come avevano battezzato il decreto 48/23) che invece ha eliminato il Reddito di cittadinanza, facendo emergere centinaia di migliaia di lavoratori che per scelta lavoravano in nero.

Così il refrain “articolo 18, lavoro precarizzato, totale assenza di tutele e diritti” viene ripetuto come un mantra tutti i giorni. Refrain che però scivola via addosso agli italiani, impegnati piuttosto a creare posti di lavoro che fanno crescere il Paese.

E così i Tafazzi di turno saltano di microfono in microfono lanciando slogan e anatemi. E che a nessuno venga in mente di chiedere loro dove fossero negli anni scorsi, quando il precariato e la disoccupazione galoppavano e i Governi loro amici non dovevano essere disturbati con scioperi e cortei. Non risponderanno mai a questa domanda. Li impegna molto correre con la bottiglia vuota in mano, percuotendosi…ta ta ta tatatà…ta ta ta…tatatà.