Guerra Russia-Ucraina, l’occidente ha abbandonato Kiev (italiaoggi.it)

di Domenico Cacopardo

L’esercito ucraino non dispone nemmeno delle 
munizioni per rispondere all’offensiva russa, 

e i piloti di Kiev ora sanno guidare gli F16 che però gli Usa non danno

Postazione di artiglieria ucraina in un luogo non identificabile del fronte orientale. Nel bunker, a fianco del cannone, sono sistemati, come i ceppi in attesa di essere bruciati in un camino, 30 proiettili ultima generazione.
Arriva l’ordine di sparare.

In 30 minuti i 30 proiettili erano spariti. Un colpo al minuto è un ritmo non allineato con quello russo. Le scorte della postazione sono esaurite. Da quando questa constatazione è stata effettuata è trascorso più di un mese. Nessun rifornimento è arrivato all’artiglieria di Kiev.

Il capitano Vladyslav Slominsky, comandante dell’artiglieria nella sezione di cui fa parte la postazione di cui sopra, ha dichiarato all’inviato del New York Times: «L’artiglieria decide le battaglie. Chi ne ha di più vince».

La Russia, che tradizionalmente (sin dal ‘600) cura con particolare attenzione le proprie artiglierie, ha avuto in sostanziale vantaggio nel 2022, quando, dopo l’attacco fallito e la controffensiva ucraina, lo scontro si è concentrato nel Sud-Est, area nella quale ha segnato importanti conquiste (per esempio Mariupol).

Nella fase successiva (2023) l’Ucraina ha colmato lo svantaggio riuscendo a contrare con efficacia l’artiglieria russa, mercé gli ampi rifornimenti pervenuti dall’Occidente e dagli Stati Uniti. Ciò non significa che si sia determinata una superiorità tattica di Kiev, ma che la forza di fuoco delle armate a confronto si è equivalsa.

Questa condizione non sfavorevole si è presto esaurita, tanto che la Russia riesce a sparare cinque colpi di cannone per ogni colpo ucraino. E ciò perché la produzione russa ha raggiunto un ritmo adeguato allo svolgimento di questo conflitto (cioè non ha raggiunto il suo massimo) e che i rifornimenti continui provenienti dalla Corea del Nord riescono a rendere la stock di colpi a disposizione dei comandi superiore e di molto a quello nemico.

Una guerra senza munizioni non può essere combattuta

C’è una piccola (ironico) e infantile conseguenza da questa constatazione drammatica: non si può combattere senza munizioni.

E benché l’Ucraina si sia attrezzata per sostenere l’imminente offensiva russa, costruendo lungo le 600 miglia del fronte un imponente sistema di trincee, bunker e aree minate, nulla potrà impedire una vittoria di Mosca se non arrivano (indicativo presente) le munizioni che servono e in quantità idonee a sparare senza risparmio.

Il ricorso ai droni operato su tutto il fronte da parte delle truppe ucraine non può supplire a tutte le altre carenze.

Da Usa e Occidente i rifornimenti di armi e munizioni si è fermato

Sarebbe irresponsabile e immorale non rilevare che il flusso di rifornimenti occidentali e Usa si è arenato. Il blocco degli stanziamenti necessari, operato dalla componente repubblicana del Congresso Usa, a dispetto delle assicurazioni di un imminente via libera dello speaker Mike Johnson, ha determinato l’asciugarsi del flusso di armamenti e di munizioni.

Si dice addirittura che, benché l’addestramento dei piloti ucraini sugli F16 sia terminato, la loro fornitura sia stata sospesa o rallentata in relazione a un possibile tracollo ucraino e alla annunciata reazione russa (ritorsioni sugli aeroporti Nato). Il che è francamente inaccettabile, visto che sugli F16 gli Usa avevano assunto in impegno esplicito e che la loro apparizione sui cieli del conflitto limiterebbe l’attuale a totale libertà d’azione dell’aviazione russa.

Zelensky ha abbassato a 25 anni l’età per fare il soldato, inimicandosi la popolazione

Altra notizia di questi giorni è costituita dall’abbassamento dell’età di chiamata militare da parte del governo di Zelensky da 27 a 25 anni: il che pare stia provocando una inattesa reazione popolare. Un fatto che smentisce il conclamato patriottismo del paese, di cui s’era avuta conferma con l’afflusso di donne volontarie, pronte a colmare le vittime degli attacchi nemici.

L’Europa sembra essere scomparsa all’orizzonte

L’Europa occidentale è dispersa nel nulla. L’annuncio di un finanziamento di 100 miliardi di euro in 5 anni (quindi 20 miliardi l’anno) è una misura, benché imminente, del tutto tardiva. I tempi di trasformazione di questi denari futuri in armi e munizioni sono tali da poter arrivare sul campo di battaglia «a babbo morto».

Il che dà piena ragione a Vladimir Putin. L’Europa, soprattutto l’Europa, ha assunto come principale valore morale e unificante l’euro, il mercato, il commercio. Il sistema finanzia lo stato sociale, benefit di ogni genere e permette a una quota di cittadini europei di vivere senza lavorare a spese degli altri.

Questa completa rilassatezza dello spirito civile rende l’Europa inidonea a sostenere qualsiasi sfida che il mondo contemporaneo le lanci sul piano dell’espansionismo di tipo ottocentesco, sul piano della maggiore efficienza decisionale, ma non economica, dei regimi autoritari in essere in Russia, in Cina, in Corea del Nord (sancta sanctorum dei bellicisti, una specie di Fort Knox delle armi d’Oriente), sul piano della leadership mondiale.

L’Europa con questo atteggiamento parolaio e poco concreto si è giocata quella primazia culturale, civile e democratica che s’era conquistata dopo il 1945. Rispetto al 1938, alla incapacità di cogliere la minaccia nazi-fascista da parte di Francia e Regno Unito, oggi la situazione è ben peggiore.

I tempi della guerra moderna, anche convenzionale (accantonando, per mera facilità espositiva, cioè il ricorso all’arma nucleare) sono ben diversi da quelli della guerra di 90 anni fa e il «sistema Europa» è destinato a dissolversi nel momento in cui il «vallo difensivo» costituito da PoloniaFinlandiaSveziaNorvegiaEstoniaLettoniaLituania fosse -come possibile- travolto o superato, come fecero le truppe corazzate nazista ‘saltando’ il Belgio e penetrando in Francia.

I primi responsabili di questa situazione sono i governi, compreso quello italiano. Nessuno ha messo sull’avviso le cittadinanze, i popoli che la pace di cui abbiamo goduto sin qui è terminata. Per conquistarne la continuazione si sarebbe dovuto mutare l’assetto delle società introducendo gli elementi fondamentali di una economia di guerra. La retorica in circolazione soprattutto in Italia di una pace a ogni costo è la negazione del valore della dignità e della libertà dell’individuo.

La diserzione è ancora un grave abbandono dei propri doveri civili e morali. E l’Europa è oggi un sistema gravemente disertore. Il collasso possibile e in avvicinamento dell’Ucraina è e sarà la colpa che recheremo sopra di noi nella storia. Se ci sarà una storia non piegata alle esigenze ideologiche dei prossimi vincitori.

Il Pd, dopo Prodi, non è più un partito nazionale. La lettura del prof. Galli (formiche.net)

di Francesco De Palo

“Credo che sia necessaria una rifondazione 
radicale della sinistra, magari con un cambio 
di nome, sicuramente con cambio di prospettiva 
politica e di personale politico: 

un’autentica rivoluzione che parta da un’idea, da un’analisi e dall’individuazione di bisogni sociali reali per leggere la società”.

Conversazione con Carlo Galli, politologo, già professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università di Bologna

“Una nuova sinistra dovrebbe stare dentro la società, aprendo sedi e sezioni ovunque, mettendo al mondo un partito che abbia come obiettivo non quello della riproduzione del ceto dirigente, ma quello della formazione di una forza politica capace di contrastare la destra, numericamente e a livello di egemonia socio-culturale. Il Pd non è in grado di fare questo, non lo sa fare e non lo vuole fare”.

Questa la dura critica che rivolge al Nazareno il prof. Carlo Galli, uno dei politologi più autorevoli del panorama italiano. Già professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università di Bologna, deputato del Pd nella XVII legislatura, è direttore della rivista “Filosofia politica”. Di recente ha pubblicato “Democrazia, ultimo atto?” (2023 Einaudi”).

Il Partito Democratico, osserva, “mi sembra completamente allo sbando come partito nazionale, privo di cultura politica, privo di capacità di analisi, privo di una linea strategica, privo di identità. È un partito regionale e la sinistra ha inseguito fantasmi invece di andare alla radice dei problemi e quindi è diventata qualche cosa a cui gli italiani credono sempre meno”.

Non prendere parte alle primarie di Bari e ritirare l’appoggio del M5S alla giunta Emiliano. La doppia mossa di Conte ha spiazzato Schlein?

Se Schlein avesse la statura politica necessaria, se avesse un pieno controllo sul partito (che non ha) e se non fosse stata costretta a venire a patti con alcuni potentati locali fra cui quello pugliese, avrebbe potuto fare queste mosse prima di Conte (il quale infatti si può ora permettere di offrire al Pd un’alleanza come se fosse il padrone di casa della sinistra). Sarebbe stata una grande impresa e avrebbe segnato molti punti a proprio favore, ma la verità è che Schlein non ha una visione, non ha la forza e non ha il sostegno interno del partito. Manca inoltre nel Pd uno spirito di unione che possa giustificare anche dei sacrifici pesanti, come quello di far saltare un intero ceto dirigente a livello regionale.

All’indomani della vittoria di Giorgia Meloni alle scorse politiche, si diceva che le opposizioni avevano l’occasione di cementarsi proprio in virtù di un nemico comune. Il centrosinistra ha mancato questo obiettivo?

Sì, perché non c’è più Romano Prodi a tenere insieme le opposizioni e il ceto politico si è ulteriormente degradato, diventando un insieme di personaggi che cercano quasi esclusivamente di sopravvivere alla giornata senza una veduta comune. Inoltre nessuno ha ancora fatto un’analisi dei motivi per i quali Meloni ha vinto le elezioni e continua ad avere un grande seguito nei sondaggi. Si tratta di opposizioni che vivono senza analisi. Il M5S ripete il proprio ritornello di una politica corrotta e da spazzare via, ma quando è stato al governo non ha dato una buona prova di sé. Il reddito di cittadinanza da una parte e il super bonus del 110% dall’altra hanno generato disastri economici che ci graveranno addosso per chissà quanto tempo. Il Pd mi sembra completamente allo sbando come partito nazionale, privo di cultura politica, privo di capacità di analisi, privo di una linea strategica, privo di identità. È un partito regionale, forte in Emilia e in Toscana.

Al di là del risultato numerico che ci sarà alle europee, pensa sia necessario un nuovo Lingotto al Partito Democratico oppure ci vorrebbe un’idea completamente nuova?

Schlein ha provato a rinnovare il Pd spostandolo a sinistra, facendone un partito tendenzialmente woke. Il che naturalmente contraddice quelle anime politiche, comuniste e cattoliche, che, a suo tempo, diedero vita a quel partito. Io non credo a un nuovo Lingotto, piuttosto credo che sia necessaria una rifondazione radicale della sinistra, magari con un cambio di nome, sicuramente con cambio di prospettiva politica e di personale politico: un’autentica rivoluzione che parta da un’idea, da un’analisi e dall’individuazione di bisogni sociali reali per leggere la società. In secondo luogo questo partito nuovo dovrebbe stare dentro la società, con il coraggio di aprire sezioni ovunque, dalle fabbriche ai territori: un partito insomma che abbia come obiettivo non quello della riproduzione del ceto dirigente, ma quello della formazione di una forza politica capace di contrastare la destra, sia numericamente sia a livello di egemonia socio-culturale. Il Pd non è in grado di fare questo, non lo sa fare e non lo vuole fare. Eppure lo spazio c’è.

Vede nelle difficoltà italiane del Pd anche un riflesso delle difficoltà del socialismo europeo?

Sì, la crisi della sinistra è una crisi europea (che non riguarda il mondo anglofono che ha storie politiche e società molto diverse da quelle europee). In Germania, in Francia e anche in Italia la sinistra ha avuto un ruolo storico importantissimo come direzione della cosa pubblica, sostanzialmente, da noi, insieme alla Dc. Ha espresso personalità che avevano un’idea di sviluppo e di riforma della società italiana, e di protagonismo italiano in un contesto internazionale.

In seguito cosa è accaduto?

Si è verificato lo sfarinamento della capacità della sinistra di leggere il trend storico, economico e sociale. La sinistra ha inseguito fantasmi invece di andare alla radice dei problemi, e quindi è diventata qualche cosa a cui gli italiani credono sempre meno. E soprattutto non ne comprendono il ruolo, sempre eccezion fatta per le regioni che da tempo la sinistra amministra.

Ecco come un servizio televisivo è stato strumentalizzato per le teorie QAnon sul sangue dei giovani (open.online)

di Antonio Di Noto

FACT-CHECKING

Si sostiene una cosa mai avvenuta: che i media mainstream abbiano ammesso che le élite bevono il sangue dei bambini

Finalmente i media mainstream hanno rivelato quello che molti sui social denunciano da tempo? I bambini vengono sfruttati per donazioni di sangue in grado di ringiovanire chi le riceve, non con una normale trasfusione, ma bevendo il sangue? Questo è quanto viene sostenuto in numerosi post virali sui social che condividono un servizio giornalistico riguardante presunto studio secondo il quale il sangue degli adolescenti potrebbe essere usato per invertire l’invecchiamento. La presunta notizia si rifà a una nota teoria del complotto cara a QAnon, secondo cui, appunto, membri di fantomatiche élite, berrebbero il sangue dei bambini per mantenersi giovani. Quindi, i media mainstream non hanno ammesso che le élite bevono il sangue dei bambini.

Analisi

Vediamo uno screenshot di uno dei post oggetto di verifica. Nella descrizione si legge:

Non ci rendiamo conto di quanto i bambini siano in pericolo. Vengono usati per pratiche abominevoli che riguardano la pedofilia la pedopornografia l’espianto di organi ed udite udite pure per il sangue che fa ringiovanire. Pure i media mainstream hanno detto apertamente che l’assunzione di sangue dei bambini o degli adolescenti viene usata per processi di “ringiovanimento”. Tutto ciò che era stato detto da diversi giornalisti indipendenti sta trovando conferma giorno dopo giorno.

Non ci sono prove che il sangue dei giovani faccia ringiovanire

I post si inseriscono in una narrativa secondo la quale vi sarebbe un costante sfruttamento dei bambini per vari scopi da parte di presunte élite mondiali. Il servizio è veramente andato in onda su Cbs News Philadelphia nel 2018.

Riguarda una compagnia chiamata Ambrosia, che per un periodo ha acquistato sangue di giovani donatori, tra i 16 e i 20 anni, per fare trasfusioni a clienti maggiori di 35 anni che fossero disposti a pagare 8 mila dollari per il trattamento con un litro di sangue e 12 mila per due litri. L’esperimento – si sente nel servizio – partiva da uno studio effettuato sui ratti ma non forniva prove di potenziali vantaggi sulla salute degli esseri umani.

Quando i roditori anziani ricevevano sangue di roditori più giovani, le loro performance cognitive sembravano migliorare, come sostiene la ricerca del 2014 pubblicato su Nature. Parlando dell’esperimento, il dottor Karmazin, principale responsabile, parla di persone normali, «dalla maggior parte degli Stati Uniti, dall’Europa e dall’Australia».

I media mainstream non hanno ammesso che le élite bevono il sangue dei bambini

Nel servizio non viene menzionata alcuna élite mondiale. L’attività di Ambrosia, però, non è durata a lungo. Nel febbraio del 2019 il la Food and Drug Administration ha rilasciato un comunicato in cui rende noto che non ci sono prove che il plasma di individui giovani possa invertire l’invecchiamento.

In seguito al verdetto della FDA, Ambrosia ha interrotto la propria attività che si era svolta senza che fossero mai stati pubblicati risultati circa la sua riuscita. Risultati che mancano tutt’ora, al di là di dichiarazioni di Karmazin e colleghi secondo cui i pazienti si sentirebbero meglio e più forti dopo le trasfusioni che si focalizzavano sul plasma, la parte liquida del sangue, contenente anticorpi e agenti coagulanti.

Proprio la carenze di queste due categorie è una delle principali ragioni per cui alcune persone devono sottoporsi a trasfusioni di sangue e/o plasma.

Conclusioni

Circola un video riguardo una compagnia che per qualche mese ha fatto trasfusioni di sangue di adolescenti nel corpo di persone adulte, sostenendo che queste potessero invertire il processo di invecchiamento. La compagnia – Ambrosia – non ha mai fornito prove di quanto sosteneva.

La pratica era stata oggetto di un servizio giornalistico di Cbs. In nessun caso si ammetteva la possibilità che il sangue provenisse da bambini e che questo venisse bevuto, tanto meno dai membri di presunte élite.

Quindi, i media mainstream non hanno ammesso che le élite bevono il sangue dei bambini.

La sindrome dei democratici che pensano da grillini (ilriformista.it)

di Iuri Maria Prado

L’ultima stagione della serie 
“L’affascinante avventura”, 

vale a dire il poema da pastone basso-imperiale che canta il tira e molla dell’agognata joint venture Pd/5Stelle, risente come dal primo giorno e dalla prima puntata dello stesso, tragico fraintendimento: e cioè che si tratti sempre e ancora una volta di una sinistra adulta e costituzionale protesa alla civilizzazione dei barbari, disponibile ad accettarne qualche inevitabile asperità, qualche estetica ma irrilevante intemperanza.

Il tutto, in nome e in vista del greater good costituito da una prospettiva di governo magari non bella e importante come quella che garantirebbe un’alleanza con Luiz Inácio Lula da Silva, con Hugo Chávez o con il cantante Ghali – tutti, per motivi diversi, purtroppo indisponibili – ma insomma capace di far ricominciare la sinistra come si deve e restituirle il respiro che ci vuole per le grandi battaglie identitarie, dalla riconquista dei possedimenti democratici in Rai alla ricostituzione di un sano rapporto di scambio e interlocuzione con le Procure della Repubblica.

Insomma, dall’accredito corregionale di Massimo D’Alema, che evocava sognante il “populismo gentile” dello statista apulo-venezuelano, per poi passare ai riconoscimenti multi-curricolari che ne faceva Pierluigi Bersani (“è un uomo colto”) e fino al realismo da dopolavoro Cgil secondo cui “il dialogo coi 5Stelle è doveroso per la sinistra”, è stato tutto un reiterare l’idea balorda secondo cui l’accoppiamento serio, dopo il petting del governo in tempo di Covid e qualche sveltina amministrativa, si sarebbe dovuto finalmente consumare con disinibita disponibilità nonostante qualche caratteristica politicamente un po’ sgrammaticata dei giovanotti mandati in parlamento dalle piazze del vaffanculo.

Idea balorda perché i tratti salienti di quel movimento populista e reazionario non rappresentano affatto le trascurabili inappropriatezze su cui il Pd, in vista di quel bene più grande, era ed è disponibile a transigere, ma esattamente il contrario: e cioè elementi identitari che nel Pd suscitavano, e continuano a suscitare, mozioni di riconoscimento e ammirazione, e irrefrenabili istanze imitative.

Non c’è un campo politico arato dai 5Stelle su cui il Pd non impianterebbe la propria partecipazione consortile. Non c’è un settore, lambito dal potere di quella schiatta di pericolosi analfabeti, in cui il Pd avvertirebbe qualche senso di incompatibilità.

Dalla giustizia al rapporto disturbato, e ostile, con il sistema democratico rappresentativo, dall’economia mezzo dirigista e mezzo prefettizia di cui hanno dato prova quegli avventizi di uno statalismo truculento, dai vagheggiamenti autarchico-straccioni di un’economia anti-europea e cedevole a Mosca alla tutela dei confini nazionali tramite i decreti sicurezza, non a caso mantenuti in purezza dal Pd per un anno buono, e poi riveduti tutt’al più in qualche virgola, nulla, ma proprio nulla, ha denunciato anche solo il sospetto che quella sinistra sorvolasse anziché condividere quell’omogeneo manifesto illiberale.

L’alito un po’ pesante non è l’inibitoria all’affascinante avventura: è lo stimolo.