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Anpifascismo, il 25 aprile è tutti contro tutti: dai complottisti del 7 ottobre alla soluzione finale per Israele (ilriformista.it)

di Aldo Torchiaro

Seppellita la festa della Liberazione

Gli attivisti per la Palestina occupano i presìdi e aggrediscono la Brigata ebraica a Roma e Milano.

L’unità antifascista diventa un mosaico di manifestazioni contrapposte anche su Putin e Ucraina

A mettere una pietra sopra al 25 aprile ha provveduto chi organizza il 25 aprile. Una manifestazione tanto stonata, distonica ed estemporanea da disperdersi in un prisma di manifestazioni diverse e in molti casi antitetiche e contrapposte. Le due piazze di Roma e di Milano sono diventate cinque. E in nome dell’unità sotto le insegne dell’antifascismo ciascuno ha manifestato pro domo sua, e soprattutto contro i manifestanti accanto.

Il motivo è chiaro: l’appaltatore unico della certificazione antifascista, l’Anpi, da sigla unitaria è diventata un’organizzazione faziosa. E di quella fazione che in nome della storia partigiana – il popolo invaso armato contro l’invasor, come recita Bella Ciao – si preoccupa di prendere posizione con la Russia di Putin, invocando il disarmo e quindi la resa dell’Ucraina, e per il disarmo di Israele contro le incursioni di Hamas.

Un rovesciamento della storia partigiana che autorizza estremisti e violenti a scagliarsi, sempre in nome della pace, contro le vittime di ieri e di oggi. Vediamo il mosaico in cui si è scomposto il fronte unitario dell’antifascismo doc.

Roma – Porta San Paolo

La manifestazione più importante della Capitale è un contenitore vuoto dentro al quale ognuno mette quel che vuole. Un anno era una iniziativa contro Berlusconi, l’anno dopo contro l’austerity di Monti e per gli esodati. Poi era diventata la piazza dei «partigiani contro il Jobs act» e, sempre per difendere democrazia e antifascismo, nel 2016 segnò l’avvio della campagna per il No al referendum costituzionale.

Ieri i partigiani antifascisti si sono scoperti «tutti palestinesi», come hanno gridato con slogan e striscioni. La Liberazione di cui parlano è quella della Palestina, e pazienza se nessuno tra loro c’è mai stato. Ieri ci credevano davvero, erano tutti scesi dai piani alti della sinistra atticista per dirsi dalla parte di Gaza. La priorità assoluta è quella di «cacciare i sionisti dalla Palestina come i fascisti nel ‘45».

A dirlo una variopinta compagine che non ha esitato a scandire, tra gli slogan, quello sulla «Distruzione di Israele, Stato di assassini». La soluzione finale, il sogno di Adolf Hitler, compare con disinvoltura sulle bocche di questi squadristi travestiti col fazzoletto rosso al collo. E sempre nel nome della pace e della democrazia, la partigiana Luciana chiarisce che della convivenza civile si potrebbe, tutto sommato, anche fare a meno.

I complottisti del 7 ottobre

«Tornassi indietro, al 1945, forse non userei tutta la cortesia che abbiamo avuto nel rimettere in libertà i fascisti e userei altri metodi…». È una promessa anche se suona un po’ come una minaccia l’intervento conclusivo di uno dei ‘partigiani di San Lorenzo’ che prende la parola dal palco dell’Anpi, in piazza di Porta San Paolo, a Roma. Colpiscono come pietre le parole della “compagna” Luciana più evocative della «democrazia conquistata con il sangue» sono nette rispetto al passato: “I nostri morti vanno celebrati – sottolinea – per quelli loro si può avere pietà, ma ci sono responsabilità chiare rispetto al dolore provocato a tutto un Paese”.

I nostri e i loro, per un giorno, tornano in scena su due trincee diverse. Con parole affilate e toni incandescenti, il palco dell’Anpi diventa la giuria di un tribunale del popolo che ribolle di rabbia. C’è perfino spazio per due ‘ebrei antisionisti’ – la cui identità rimane ignota – che mostrano cartelli contro Israele e mettono in discussione, come tutti i complottisti, il massacro del 7 ottobre. «Chissà se è vero tutto quello che ci vien riferito e se Hamas ha fatto veramente i massacri del 7 ottobre. I fatti certi sono i bombardamenti su Gaza e i massacri di persone indifese, un vero genocidio». Si fa a gara a chi la spara più grossa.

Chef Rubio e la sua propaganda

E per un giorno, gli spaccavetrine si mettono in vetrina. Sentono i riflettori addosso, le telecamere delle televisioni. E ne approfittano. C’è Chef Rubio che non delude mai le aspettative. «La brigata ebraica sventola il vessillo dei terroristi e chi sta coi terroristi sta coi nazisti che occupano la Palestina e i fascisti che opprimono i palestinesi», twitta mentre è in piazza. C’è un po’ di parapiglia quando il movimento degli studenti palestinesi prova ad entrare in contatto con i rappresentanti della Brigata Ebraica.

Nella confusione qualcuno lancia una scatola di piselli e un sasso. Vengono colpiti l’operatore di una tv alla testa ed un cronista di un sito internet d’informazione al naso. Ancora Chef Rubio: «La brigata ebraica, che sostiene come tutte le comunità ebraiche i terroristi che occupano la Palestina, è protetta mentre lancia bombe carta e latte di fagioli». La polizia chiarirà che sono stati lanciati due petardi. Nessuna bomba carta. E se non ci si mette d’accordo neanche sulla natura dello scatolame, figurarsi sulla geopolitica.

Roma – Pantheon

Unitario ma non troppo, questo 25 aprile è stato anche quello degli Stati Uniti d’Europa che a Roma hanno riempito piazza del Pantheon mentre il resto della sinistra è a Porta San Paolo. Riccardo Magi di +Europa e Gerardo Labellarte del Psi, Roberto Giachetti di Italia Viva e Matteo Hallisey di Radicali Italiani manifestano per le ragioni di Israele, aggredito il 7 ottobre, e per quelle dell’Ucraina, aggredita dall’invasore russo. Sono dalla parte della Brigata ebraica e contro i rigurgiti di antisemitismo che affiorano ormai ovunque.

E cantano canzoni contro Putin, «il macellaio di Mosca», invocando più armi per difendere l’Ucraina proprio come i partigiani invocarono le armi dagli angloamericani. «Siamo dalla parte giusta della storia, abbiamo portato in piazza i colori della resistenza di oggi. I colori della libertà contro l’invasore», grida Patrizia De Grazia, la giovane presidente di Radicali Italiani, chiudendo il comizio.

Un gruppo di ucraini intona Bella Ciao, e tutta la piazza la canta. Anche qualche decina di turisti in fila lì davanti al Pantheon, e che in fondo incarnano davvero – francesi, tedeschi, spagnoli che cantano in italiano – i cittadini di una Europa che sa di doversi unire e armare, per difendersi dall’invasor.

Roma – via del Pellegrino

Un centinaio di persone ha preso parte al ricordo del partigiano Mario Fiorentini. È stata inaugurata una targa commemorativa del celebre gappista – tra i protagonisti dell’attentato di via Rasella – morto a Roma a 103 anni, che aveva aderito a Italia Viva in polemica con il Pd e con l’Anpi.

A ricordarlo sono stati Roberto Giachetti e Luciano Nobili, insieme con il nipote del partigiano, Suriel Fiorentini: «Mio nonno portò in piazza, il 25 aprile dell’anno scorso, la bandiera ucraina: perché vedeva nel popolo ucraino, invaso dall’aggressore russo, la continuità con la lotta partigiana del 1944-’45. Oggi sono a rischio le democrazie, in Europa. Essere rispettosi della storia partigiana significa schierarsi anche con le armi a fianco dell’Ucraina».

Roma – via Tasso

Azione, in polemica con altri soggetti del centrosinistra, a Roma ha manifestato per il «suo» 25 aprile in via Tasso. Davanti al carcere nazista dove i tedeschi imprigionarono, torturarono e uccisero centinaia di persone dopo aver occupato, nel 1943, la Capitale. «In questo giorno è importante ricordare il contributo della brigata ebraica alla lotta di liberazione dal nazifascismo.

Trovo inaccettabile che i vessilli della brigata ebraica vengano offesi e respinti durante le manifestazioni che commemorano il 25 aprile. Non si può utilizzare questa ricorrenza cosi’ significativa per iniziative antisemite, ecco perche’ oggi sono stato a via Tasso ricordando i versi di Piero Calamandrei ai giovani», ha detto tra l’altro il Consigliere regionale del Lazio e responsabile Welfare di Azione, Alessio D’Amato.

Milano – Piazza Duomo

La manifestazione nazionale a Milano, città simbolo del 25 aprile, è stata turbata dall’ingombrante presenza di militanti filopalestinesi sistemati nelle prime file davanti al palco della manifestazione. A forza di spintoni sono riusciti a far cadere una parte delle balaustre. Il servizio d’ordine ha fatto da cordone e sono poi intervenute le forze dell’ordine in tenuta antisommossa, effettuando due fermi.

I poliziotti schierati in assetto anti sommossa hanno effettuato una breve carica di alleggerimento dopo il lancio di bottiglia di vetro in piazza duomo da parte di un partecipante al presidio pro Palestina. I manifestanti, pochi minuti dopo la carica, si sono avviati in corteo per le vie attorno a piazza Duomo.

Sempre invocando pace e libertà, gli antifascisti filo palestinesi hanno sfilato le aste delle bandiere della Brigata ebraica dalle mani che le sostenevano e le hanno usate per colpire i manifestanti che, malgrado fossero di religione ebraica, avevano violato il divieto di circolazione – comunicato da giorni – e avevano osato partecipare al corteo. Un ragazzo che sfilava con la Stella di David è stato ferito a un braccio.

Mentre i facinorosi – «pochi estremisti», si dirà – aggredivano fisicamente, dal palco parlava il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo. Per invitare tutti alla calma? No: per versare benzina sul fuoco. «Netanyahu è responsabile dello sterminio dei palestinesi e se attacca in forza Rafah può avvenire un massacro di dimensioni inaudite».

Soffocata, tra la folla, la voce di Raffaella Paita, che guidava la delegazione di Italia Viva nel corteo: «Vergogna! Quello che sta succedendo davanti ai miei occhi è indecente, sono agghiacciata. Urlare ‘fascisti’ e ‘assassini’ alla Brigata ebraica, a chi rappresenta un popolo perseguitato dal fascismo e che il fascismo ha combattuto è intollerabile, oltre che da ignoranti. Qui gli unici fascisti sono gli autori di questi cori!».

Antifascismo d’antan e stupide censure. Che noia il caso Scurati (ildubbio.news)

di Tiziana Maiolo

Vietare il monologo dello scrittore è stato 
un grave errore che, come un boomerang, ha 
colpito il governo. 

Forse Meloni dovrebbe un giorno dichiararsi antifascista, anche se non servirebbe a nulla

Sfortunata Giorgia Meloni, stretta tra vacui cicisbei al suo seguito e oppositori politici sempre pronti a farle l’esame del sangue per misurare il suo tasso di antifascismo. Come se i suoi antenati del Msi non fossero regolarmente in Parlamento.

Come se lei stessa, giovanissima, non avesse partecipato a quella “svolta di Fiuggi” promossa da Gianfranco Fini, fondatore di Alleanza nazionale, in cui il termine “antifascismo” era ampiamente scritto e dichiarato. Ma si sa, nella favola del lupo e l’agnello, i cedimenti non bastano mai. Ti do il dito e mi chiedi il braccio, nelle dicerie popolari.

Ma gli errori si pagano e l’errore c’è stato. E da oggi fino ai festeggiamenti del prossimo 25 aprile, il monologo dello scrittore Antonio Scurati sarà più diffuso dei suoi libri su Mussolini. Dalla sera di sabato, quando la conduttrice della Rai Serena Bortone ha comunicato al mondo intero che una grave censura era stata operata dalla Rai che aveva bloccato la recitazione del monologo sul 25 aprile dello scrittore, le sue parole sull’assassinio Matteotti e contro il governo e la sua premier con la “sua cultura neofascista di provenienza”, hanno avuto grande diffusione.

Recitato su La7 e su Rai 3, pubblicato su diversi quotidiani. Sarà recitato nelle piazze il 25 aprile, si annuncia. Un successo dello scrittore e della sinistra, in piena campagna elettorale per le elezioni europee e diverse amministrative. E non parliamo dello scontato comunicato Usigrai, il sindacato che grida contro le censure a prescindere, anche quando non si registrano autolesionistiche esibizioni dei cicisbei di corte a darne motivo.

Evidentemente nella dirigenza della Rai non esiste la capacità di valutare, nelle scelte dei collaboratori, e della celebrazione degli eventi, una proficua valutazione di costi e benefici. Vuoi inserire, nel corso di una trasmissione su Rai tre, condotta da una giornalista come Serena Bortone, che definisce se stessa ”fieramente antifascista”, il monologo di uno scrittore come Scurati, altrettanto fiero da aver scritto libri non elogiativi su Mussolini?

Sai bene dove i due, uniti nella lotta, andranno a parare, nella rete che fu un tempo definita “Telekabul”. Ma se il tandem antifascista può alzare gli ascolti, se il tasso di cultura dello scrittore può elevare la qualità del programma, forse vale la pena persino di erogare 1.800 euro allo scrittore-attore per la recitazione di un minuto. Certo, Scurati avrebbe fatto miglior figura a non chiedere soldi. E i dirigenti Rai a non fare i pitocchi, offrendone solo 1.500. Ma “signori si nacque e io lo nacqui”, avrebbe detto Totò.

Giorgia Meloni svetta come un’aquila, in questa rissa da pollaio. Ha pubblicato lei stessa il testo del monologo di Scurati, in verità nulla di eccezionale o brillante, “perché chi è stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno. Neanche di chi pensa che si debba pagare la propria propaganda contro il governo con i soldi dei cittadini”. Certo, vien da chiederle, “eddai, e dillo che sei antifascista, così la piantano!”. Pur sapendo che non basterebbe, non basterebbe mai. Perché chi chiede il bollino blu lo chiederà sempre.

Sarebbe sufficiente ricordare tante ricorrenze del 25 aprile e le tante contestazioni nei confronti dei rappresentanti di governo non graditi ai dispensatori di bollini di garanzia, a coloro che vivono costantemente all’interno della cittadella assediata dai nemici, o meglio dagli infedeli. Diamo per scontante le contestazioni del 1994 nei confronti di Silvio Berlusconi.

Ma che dire di quel che accadde a Milano nel 2006, quando il sindaco Letizia Moratti scese in piazza spingendo la carrozzina del padre Paolo Brichetto, ex deportato dal campo di concentramento di Dachau e premiato con medaglia della Resistenza dal presidente Ciampi? Successe che, come del resto capita ogni anno a Milano alla Brigata ebraica (immaginiamo già come andrà nei prossimi giorni), Moratti e il padre furono costretti ad abbandonare la manifestazione. Una vergogna per la democrazia.

Ecco perché è del tutto inutile che Giorgia Meloni si dichiari “antifascista”. Anche se pensiamo che dovrebbe comunque concederlo. È la presidente di tutti, lo ricordi. Rimane comunque un “però”. Così come Berlusconi, cui non si potevano neppure contestare ascendenti politici di destra, rimase sempre “il cavaliere nero”, così la premier, qualunque cosa dica o faccia per “lavare” il passato di qualche trisavolo, resterà, nell’immaginario della sinistra, la “Fascia protetta”.

È l’epiteto con cui l’ha bollata domenica il titolo del “Manifesto”, non più, ahimè, il quotidiano di Rossanda e Pintor, ma di una sinistra sempre più discendente da Beppe Grillo.

 Antivannaccismo (corriere.it)

di Massimo Gramellini

Il caffè

La destra non avrà chiuso i conti con il Venticinque Aprile, ma il Ventisei li ha aperti su un argomento che nessuno potrà definire sorpassato o lontano.

Mi riferisco al vannaccismo, inteso come sistema di valori propugnato dal generale Roberto Vannacci, che la Lega formato Salvini ha candidato alle Europee nella posizione espostissima di capolista. Quel nome — e le idee che si porta dietro su gay, migranti, aborto e non solo — sta fungendo da cartina di tornasole, forse persino al di là delle intenzioni di chi lo ha proposto.

Nel senso che ha provocato l’immediata spartizione delle acque tra la destra che si riconosce nel pensiero moderato-conservatore e chi invece preferisce spingersi oltre quella linea, in omaggio a un senso comune che un tempo i più severi avrebbero definito reazionario.

Il ministro Crosetto aveva già bollato le opinioni politiche di Vannacci come «farneticazioni personali» e adesso ha reagito alla notizia della candidatura con una punta di sarcasmo, definendo la probabile elezione del generale «un bene per l’Esercito», che potrà così alleggerirsi di un personaggio imbarazzante. Anche il governatore leghista Fedriga si è affrettato a precisare che non lo voterà mai.

Non so per l’Esercito, ma di sicuro Vannacci è un bene per la destra, perché la aiuta a fare finalmente chiarezza tra le sue due anime.

Se potessi rivolgere una sola domanda a Giorgia Meloni, non le chiederei se è antifascista, ma se è antivannaccista.

Ecco perché in Francia non esiste una “Legge Pfizer” che perseguita i critici del vaccino anti Covid (open.online)

di David Puente

FACT-CHECKING

La proposta di legge non punta a zittire i critici, ma a chi convince i malati a non sottoporsi alle cure mettendo a rischio la loro vita

Secondo diversi utenti social, in Francia sarebbe stata approvata una cosiddetta “Legge Pfizer” che «rende possibile perseguitare legalmente le critiche ala tecnologia mRNA o alle mascherine».

In un’immagine che circola con questo testo, si afferma che le istituzioni abbiano «talmente paura della verità che hanno dovuto creare una legge per censurare tutto». In Francia non esiste alcuna legge che permette ciò che sostengono gli utenti online, e non solo loro.

Analisi

Ecco uno dei post che condivide la teoria:

In Francia è stata approvata dal Parlamento la cosiddetta “Legge Pfizer” che rende possibile perseguitare legalmente le critiche alla tecnologia mRNA o alle mascherine. Hanno talmente paura della verità che hanno dovuto creare una legge per censurare tutto.

Le “fonti”

La fonte è il canale Telegram “Consenso disinformato”, già noto a Open Fact-checking per la diffusione di numerose notizie fuorvianti (alcuni esempi quiqui qui).

Il post è del 17 aprile 2024, ma a parlare di una presunta legge era stato Lucio Malan, capogruppo al Senato del partito Fratelli d’Italia. Ecco il suo intervento dello scorso 16 febbraio via Twitter/X, dove riporta come fonte un articolo de “Il Giornale d’Italia“:

Brutale deriva in Francia. Macron vara la censura sui vaccini Covid: “3 anni di carcere e 45mila € di multa a chi critica trattamenti terapeutici ‘ritenuti sicuri’ dallo Stato”. A parte la gravissima violazione della libertà di espressione, con questa legge ancora oggi si darebbe la talidomide alle donne in gravidanza e nascerebbero bambini con gravi deformazioni o si ammazzerebbe la gente con i salassi quando c’è bisogno di idratazione

Esiste davvero una legge francese del genere?

Durante le critiche mosse da Lucio Malan, si parlava di un disegno di legge non ancora approvato dall’Assemblea Nazionale francese. Destinato a contrastare la lotta contro le «derive settarie» e per sostenere le vittime («visant à renforcer la lutte contre les dérives sectaires et à améliorer l’accompagnement des victimes»), è stato approvato lo scorso 20 marzo dall’Assemblea e per poi passare dal 15 aprile al Consiglio Costituzionale prima della promulgazione.

Nessun riferimento ai vaccini e nessun divieto alla critica

Consultandone i contenuti attuali (20 marzo 2024), non si riscontrano delle tutele al vaccino Pfizer o alla tecnologia mRNA o alle mascherine. Il testo, inoltre, non fa riferimento a chi critica un prodotto o un medicinale o una terapia, come spiegato dai colleghi di Lessurligneurs:

Sarà sempre possibile criticare i vaccini anti-covid o le chemioterapie, ma non invitare l’opinione pubblica a rifiutare loro.

Il vero obiettivo della legge

Il vero obiettivo della legge è quella del contrasto contro i cosiddetti “ciarlatani”, coloro che propongono inesistenti e infondate cure miracolose allontanando i malati da ciò che risulta sostenuto a livello scientifico. Questo è quanto viene spiegato dal sito Vie publique della Repubblica francese, illustrando il contesto riguardo alla presenza di «una moltitudine di gruppi o individui che investono nei settori della salute, dell’alimentazione e del benessere, ma anche dello sviluppo personale, del coaching, della formazione» dove dei “Guru 2.0” agiscono per fuorviare le persone.

Il disegno di legge considera il caso in cui il “Guru” ponga la persona affetta da una patologia in uno stato di «soggezione psichica o fisica», «provocando l’abbandono o l’astensione dalle cure» o «l’adozione di pratiche pericolose per la salute». In precedenza c’era già un reato simile, previsto da una legge del 2001, dove si considera l’abuso della «sudditanza psicologica». Inoltre, si vuole introdurre l’aggravante di soggezione psicologica o fisica per delitti come l’omicidio, atti di tortura, violenza o frode.

L’articolo 4 è quello da ritenere fondamentale per l’analisi. Nella sua attuale formulazione si legge, al comma 5, che il reato non sussiste se la persona affetta da una patologia agisce in maniera del tutto volontaria «a meno che la persona sia stata posta sotto uno stato di soggezione psicologica o fisica».

Conclusioni

Il disegno di legge francese tirato in ballo e descritto come “Legge Pfizer” non ha nulla a che fare con le critiche contro i vaccini. Il testo non prevede pene per chi contesta il vaccino o qualunque altra medicina, terapia e via dicendo. L’obiettivo è quello di punire coloro che allontanano una persona affetta da una patologia dalle cure senza che questa lo faccia in totale autonomia e volontarietà.