Paola, Nemo e il generale (corriere.it)

di Massimo Gramellini

Il caffè

Costretto a scrivere una lettera di scuse per scongiurare la querela della pallavolista Paola Egonu, sui cui tratti somatici aveva avuto da ridire in passato, il generale Vannacci parte bene («mai avuto dubbi sulla sua cittadinanza italiana») per crollare già nella riga successiva: «Ma questo non può celare visivamente la sua origine».

L’avverbio usato dal generalissimo è rivelatore. Lui seleziona le persone che gli fanno senso in base a un unico senso: la vista. Il giorno prima aveva trovato «nauseante» Nemo, il vincitore dell’Eurovision, e non per la qualità della voce, ma a causa di quelle unghie smaltate e di quei movimenti così poco marziali.

Ai meno giovani Vannacci ricorda il generale Damigiani, che però era un personaggio di «Alto gradimento», non un candidato alle Europee, e comunque non si sarebbe mai sognato di definire «nauseante» il Nemo di allora, Renato Zero.

Nel mondo nostalgico del generalissimo le unghie le smaltano solo le signorine in età da matrimonio, i maschi marciano a ranghi compatti dalle trincee ai bordelli, i neri vivono in Africa e i biondi in Scandinavia. Però nel frattempo le cose sono cambiate e mio figlio di cinque anni gira con la maschera del supereroe nero Spin, senza esserne visivamente nauseato e tantomeno turbato, dato che è nero anche il suo compagno di banco all’asilo.

La vita è una questione di abitudine e un giorno Vannacci si accorgerà che il mondo al contrario è semplicemente il mondo, ed è lui che lo sta guardando al contrario.

Alla fine l’Ocse ha smentito Meloni sulla crescita record del reddito delle famiglie (pagellapolitica.it)

di CARLO CANEPA

ECONOMIA

La presidente del Consiglio continuava a dire, in modo fuorviante, che i redditi in Italia crescevano più che altrove. Ora i dati aggiornati le danno definitivamente torto

Tra febbraio e marzo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ripetuto per settimane una dichiarazione fuorviante: quella secondo cui, grazie al suo governo, il reddito delle famiglie in Italia starebbe aumentando sette volte di più rispetto alla crescita registrata in media negli altri Paesi.

Per esempio, Meloni ha fatto questa affermazione il 12 febbraio in un’intervista con il TG5, il 21 febbraio in un comizio elettorale in Sardegna, il 23 febbraio ospite a Porta a Porta su Rai 1, il 5 marzo in un comizio in Abruzzo, il 7 marzo ospite a Dritto e Rovescio su Rete 4, il 19 marzo ospite di Agorà su Rai 3 e lo stesso giorno in un discorso in Senato.

In queste occasioni la presidente del Consiglio ha sempre indicato come fonte l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), omettendo però alcune informazioni importanti, come abbiamo spiegato in vari fact-checking. Di recente, la stessa Ocse ha pubblicato nuovi numeri che smentiscono l’entusiasmo della presidente del Consiglio. Ma procediamo con ordine, spiegando prima da dove viene la dichiarazione di Meloni e perché è fuorviante.

L’8 febbraio l’Ocse ha pubblicato i dati sul reddito disponibile reale delle famiglie (in inglese real household income per capita) aggiornati al terzo trimestre del 2023. Questo indicatore tiene conto dell’andamento dell’inflazione e fa riferimento al reddito totale delle singole famiglie, al netto delle imposte e dei contributi sociali.

Secondo quella pubblicazione dell’Ocse, tra luglio e settembre 2023 il reddito delle famiglie in Italia era cresciuto dell’1,4 per cento rispetto al trimestre precedente, mentre in media tra i Paesi dell’Ocse era sceso dello 0,2 per cento (Grafico 1).

Grafico 1. La barra gialla indica come è cambiato il reddito reale delle famiglie nel terzo trimestre del 2023 rispetto al trimestre precedente. La barra blu fa riferimento al Pil pro capite – Fonte: Ocse

(Grafico 1. La barra gialla indica come è cambiato il reddito reale delle famiglie nel terzo trimestre del 2023 rispetto al trimestre precedente. La barra blu fa riferimento al Pil pro capite – Fonte: Ocse)

È a questa differenza che Meloni ha fatto più volte riferimento dicendo che i redditi delle famiglie italiane sono cresciuti «sette volte» di più rispetto alla media degli altri Paesi. In tutte le sue dichiarazioni però, fatte tra febbraio e marzo, la presidente del Consiglio ha omesso di contestualizzare i dati dell’Ocse: per esempio, ha lasciato intendere che l’aumento fosse stato registrato in tutto il periodo in cui lei era a capo del governo e che fosse merito anche dell’ultima legge di Bilancio, approvata alla fine di dicembre.

In più, a differenza di quanto detto da Meloni in alcuni interventi, non è vero che l’Italia è l’unica eccezione in positivo con il Regno Unito: nel terzo trimestre del 2023 il reddito reale delle famiglie è cresciuto – seppure con percentuali diverse – anche in altri Paesi, come Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca.

Veniamo adesso ai dati più aggiornati dell’Ocse, pubblicati il 7 maggio, di cui per il momento non c’è traccia nelle dichiarazioni pubbliche di Meloni e neppure nei post sui social network di Fratelli d’Italia e dei suoi parlamentari. Secondo le stime dell’Ocse, nel 2023 il reddito reale delle famiglie in Italia è calato dello 0,4 per cento rispetto al 2022 (Grafico 2). In controtendenza rispetto alla media Ocse, nel quarto trimestre del 2023 questo indicatore in Italia è calato dello 0,4 per cento rispetto al trimestre precedente, quando era aumentato rispetto al secondo.

Grafico 2. La barra gialla indica come è cambiato il reddito reale delle famiglie nel 2022 rispetto al 2021, mentre la barra blu indica la variazione registrata nel 2023 rispetto al 2022 – Fonte: Ocse

(Grafico 2. La barra gialla indica come è cambiato il reddito reale delle famiglie nel 2022 rispetto al 2021, mentre la barra blu indica la variazione registrata nel 2023 rispetto al 2022 – Fonte: Ocse)

Ricordiamo che il governo Meloni è entrato in carica il 22 ottobre 2022. Dunque, lo scorso anno il reddito reale delle famiglie nel nostro Paese è sceso, mentre gli Stati membri dell’Ocse hanno registrato in media una crescita dell’1,2 per cento.

Tra i Paesi del G7, Francia, Stati Uniti e Regno Unito hanno registrato un aumento, mentre Canada e Germania un calo (per il Giappone non ci sono al momento dati disponibili).

Come mostra il Grafico 2, nel 2022 il calo del reddito reale delle famiglie in Italia rispetto all’anno prima è stato più forte di quello registrato lo scorso anno. Come aveva spiegato la stessa Ocse, il calo del 2022 è stato motivato dal forte aumento dei prezzi energetici nell’ultimo trimestre.

La multa a Höcke e la strategia che serve contro l’AfD (ilfoglio.it)

di DANIEL MOSSERI

IN GERMANIA

Il tribunale regionale di Halle ha giudicato il leader del partito in Turingia colpevole di aver “intenzionalmente utilizzato ex slogan di una formazione paramilitare nazista”. Mentre il numero dei potenziali elettori cresce la dirigenza dei sovranisti diventa ogni giorno più impresentabile

Berlino. Una multa da 13mila euro e l’avvio di una nuova campagna di AfD, il partito sovranista tedesco, contro i soprusi antidemocratici dei partiti democratici di Germania.

E’ questo il doppio esito della sentenza con cui il tribunale regionale di Halle ha trovato Björn Höcke colpevole di aver “intenzionalmente utilizzato ex slogan di una formazione paramilitare nazista”. Parliamo delle SA, braccio armato dell’ascesa al potere di Adolf Hitler e del loro motto Alles für Deutschland, e parliamo del leader di AfD in Turingia.

“Ho la sensazione di essere una persona politicamente perseguitata”, ha commentato il famigerato Höcke uscito da un bagno di vittimismo. Come dargli torto? Nel giro di pochi mesi, dapprima l’AfD in Turingia e poi quella in Sassonia sono state indicate dai servizi di intelligence (BfV) della Repubblica federale come organizzazioni estremiste. Prima ancora era successo all’“Ala”, la corrente revanscista (poi sciolta) di AfD già guidata, guarda caso, dallo stesso Höcke.

Nel gestire le intemperanze verbali del partito più a destra dello schieramento politico, la Germania non sa che pesci prendere: al Bundestag la formazione nata euroscettica e diventata negli anni apertamente xenofobico è il secondo partito d’opposizione dopo la Cdu. Sondaggi alla mano, se domani si votasse la Cdu finirebbe per formare il governo con i socialdemocratici e/o con i Verdi, e AfD diventerebbe ufficialmente il primo partito d’opposizione.

Che oggi, unico tra gli altri partiti al Bundestag, non esprime un vicepresidente dell’assemblea. Merito o colpa del cordone sanitario steso attorno al partito sovranista dieci anni fa e mai venuto giù. Un cordone che però non ha funzionato. Al contrario. Mentre il numero dei potenziali elettori sovranisti cresce – e non sono tutti fascisti – la dirigenza di AfD diventa ogni giorno più impresentabile.

A Berlino serve una nuova strategia: quella impostata dal bavarese Franz Joseph Strauß negli anni ‘80 – “nessun partito democratico a destra di Cdu/Csu” – non funziona più.

L’avanzata russa ricorda al Pd chi ha candidato e chi sono i suoi alleati (linkiesta.it)

di

Kyjiv va aiutata

L’Ucraina non può permettersi i dubbi dell’Occidente. E chi mette nelle proprie liste dei candidati contrari all’invio di armi o sceglie di fare patti con Conte è chiamato a una riflessione esistenziale

L’Ucraina andava aiutata di più. Va aiutata di più. Lo dicono i fatti di queste ore davanti all’offensiva, per ora contenuta, di trentamila soldati russi nelle vicinanze della seconda città ucraina, Kharkiv. Vedremo cosa succederà: l’eroismo del popolo ucraino non ha limiti, come il mondo sta vedendo da due anni e più.

Ma stanno emergendo tutte le difficoltà di una lotta impari. Il presidente Volodymyr Zelensky ha detto che «il nostro compito è assolutamente chiaro: ostacolare il tentativo russo di espandere la guerra. L’adempimento di questo compito dipende letteralmente da tutti coloro che sono attualmente in posizione: da Chernihiv a Vovchansk, da Kharkiv alla regione di Donetsk».

Non è un compito facile. Kyjiv ha bisogno di sostegni economici e militari. Oggi si comprende meglio che si sarebbe potuto e dovuto fare di più. La colpa dei ritardi dei cospicui finanziamenti americani è dei conservatori che infine Joe Biden è riuscito a piegare.

Ed è chiarissimo che le sciagurate posizioni “pacifiste” di Giuseppe Conte e del candidato numero quattro del Partito democratico nella circoscrizione Centro Marco Tarquinio sono speculari a quelle di Donald Trump: in poche parole, chi se ne frega dell’Ucraina.

Se per sventura ci fosse stato un governo Conte 3 con Matteo Salvini, Tarquinio e Cecilia Strada l’Italia avrebbe negato le armi alla Resistenza ucraina aiutando non poco la guerra di Vladimir Putin, aprendogli la strada – lo ha detto anche Ursula von der Leyen da Fabio Fazio, non esattamente una combattente – per altre delinquenziali avventure nel cuore dell’Europa, nonostante adesso sia costretto a fate i conti anche con la rivolta di Tbilisi.

Se quindi oggi il popolo ucraino vive una fase di estremo pericolo per la sua stessa esistenza deve “ringraziare” i pacifisti ingenui che ancora vogliono mettere i fiori nei loro cannoni mentre i massacratori non si fermano, e quello, moralmente ancora peggiore, degli alleati di fatto del tiranno del Cremlino.

E prima o poi le persone serie che ancora ci sono nel Partito democratico una riflessione su chi hanno candidato e chi vogliono come alleato dovranno pur farla, se hanno dignità.

Mai discutere con un idiota… (butac.it)

di 

Parliamo ancora di AstraZeneca, 

le polemiche infatti non si placano

Oggi parliamo nuovamente del Vaccino AstraZeneca e del suo ritiro dal mercato. Ne parliamo ancora grazie a svariati media che, cavalcando sensazionalismo e scarso amore per il giornalismo, nei giorni scorsi hanno sfruttato titoli clickbait che davano a intendere cose che non sono.

Ad esempio il TG5 mandava in onda un servizio dal titolo:

Astrazeneca e trombosi, ritirato il vaccino

RaiNews, intervistando il fratello di un poliziotto morto per trombosi:

Ritirato il vaccino anti-Covid dopo i casi di trombosi

La Repubblica:

Covid, AstraZeneca ritira il suo vaccino dopo le ammissioni sugli effetti collaterali

E potremmo andare avanti a lungo, ma sarebbe solo la dimostrazione dello scarso interesse per l’informazione da parte dei tanti giornalisti che si sono dedicati alla notizia. Poi vengono i colleghi fact-checker che hanno cercato di fare chiarezza, come la squadra dei verificatori di fatti di Open, che l’8 maggio 2024 titolava:

Il ritiro del vaccino AstraZeneca e la narrazione fuorviante No Vax

Spiegando le cose nella maniera corretta, come difatti riporta l’amico David Puente:

Come riportato nel comunicato dell’EMA del 27 marzo 2024, il vaccino Vaxzevria è stato ritirato a seguito della richiesta presentata da AstraZeneca il 5 marzo 2024. Ossia, oltre un mese prima dell’articolo del Telegraph dove si riporta la notizia giudiziaria.

Rispetto ad altri vaccini, Vaxzevria non è stato aggiornato per le note varianti. Ciò comporta che il prodotto non fosse più adatto nell’affrontare le nuove condizioni pandemiche. Teniamo conto che il vaccino risultava già come il meno efficace (60%) rispetto ai concorrenti di Pfizer e Moderna.

Il problema è quando, su queste narrazioni – come riportiamo nel titolo – ci si mette a discutere, come dimostra l’articolo di MeteoWeb dedicato a uno scambio di pareri tra Roberto Burioni e gli admin del gruppo IoApro (come ricorderete, dietro quella sigla nel 2021 si celavano proprietari di ristoranti che decisero di aprire contro le normative anticontagio in vigore all’epoca).

Ci racconta MeteoWeb:

Nelle scorse ore, la pagina Facebook di “Io Apro”, il movimento composto da alcuni imprenditori che negli anni del lockdown ha lottato contro le chiusure, ha ripreso alcune dichiarazioni di Roberto Burioni e Matteo Bassetti, che nel 2021 assicuravano la sicurezza e l’efficacia del vaccino AstraZeneca. “Noi complottisti, loro scienziati! Ora però i danni chi li paga?”, si legge nel post, in cui sono stati taggati gli stessi Burioni e Bassetti, oltre all’ex Ministro Roberto Speranza.

Sotto al post, è arrivato anche il commento di Burioni, nel quale non mancano gli insulti: “se voi non arrivate a capire che il vaccino AZ era effettivamente sicuro ed efficace perché siete un branco di idioti non è colpa mia ma del vostro DNA”.

Burioni aveva ragione nel 2021, soprattutto in una condizione di urgenza come quella in cui ci trovavamo il rapporto tra rischio e beneficio permetteva di considerare sicuro il vaccino AstraZeneca, anche perché riguardo alla trombosi a cui tutti fanno riferimento indicandola come ragione del ritiro di tale vaccino, come spiegavamo qualche settimana fa:

…è stato già sottolineato che, nonostante le preoccupazioni iniziali, gli eventi avversi come la trombosi con trombocitopenia indotta da vaccino (VITT) sono molto rari e la maggior parte dei casi può essere trattata efficacemente.

Che AstraZeneca potesse causare trombosi con trombocitopenia è noto è noto sin dal 2021, era stato indicato chiaramente nel foglietto illustrativo ed era risaputo che per alcune categorie era preferibile somministrare vaccini a mRNA. L’idea che AstraZeneca abbia fatto ammissioni nuove sull’argomento viene da articoli di giornale che hanno cavalcato quel sensazionalismo che spinge i lettori a cliccare sugli articoli, non dai fatti.

Ma attaccare così frontalmente chi ha dubbi o perplessità, come fa il prof. Burioni, non fa altro che aumentare la distanza tra “gli esperti” e “il popolo”. Invece di abbattere i muri dell’ignoranza con la pazienza e la chiarezza, il professore ha scelto, così facendo, di alimentare la polarizzazione all’interno delle diverse fazioni. A nostro avviso, questo non fa altro che confermare i pregiudizi di chi già pensa che gli scienziati vivano in una torre d’avorio, distaccati dalla realtà.

In un momento in cui la fiducia pubblica nella scienza è così fragile, questo non è solo un errore di comunicazione, ma è un autogol. Lasciamo populismi e atteggiamenti aggressivi ai nostri governanti che ne fanno già un uso indiscriminato, e cerchiamo di essere più comprensivi nei confronti di chi è costante vittima dell’information disorder. Solo così possiamo sperare di superare quei muri che oggi ci dividono.