di Edoardo Sirignano
Altro che roccaforte, la comunità omosessuale
potrebbe fare lo sgambetto alla compagna Schlein.
La stessa furbata della visita al Muccassassina (discoteca simbolo della comunità Lgbt capitolina), nel giorno in cui l’Italia decide di non fermare una risoluzione, che di fatto non ha nulla contro le coppie formate da persone dello stesso sesso, ma piuttosto si basa sulla tanto discussa teoria del gender, finisce col diventare un autogoal per i dem.
Risveglia, infatti, il sentimento di un popolo che è stanco di chi gli mette il cappello. A dirlo Franco Grillini, presidente onorario dell’Arcigay ed esperto di europee, considerando che nel 1994, solo nel Nord-Est, prese oltre 21mila preferenze: «Occorre separare la parte militante dalla massa gay. La prima vota, in modo netto, per la sinistra (il 50% per il Pd, una parte minore per il M5S, un’altra per Avs e un’altra ancora per Calenda).
L’altra parte e mi riferisco a quel 25% della popolazione, che non si sente eterosessuale, si esprime tendenzialmente come tutti gli altri. Non è un caso che Fdi, nell’ultimo Atreju, mette la bandiera rainbow. È la prima volta che il partito più a destra del Paese fa una cosa del genere.
Lo fa perché consapevole di poter raccogliere consensi importanti. A questo, poi, bisogna aggiungere quell’elettorato omosessuale una volta era pro Berlusconi, che non si è affatto disperso. Così non mi meraviglierei se ci fossero dei gay a votare Vannacci. È già capitato che qualcuno scelga il proprio carnefice, basta leggere i libri di storia».
Dello stesso parere pure Aurelio Mancuso, fondatore di Equality Italia: «Non è vero che non ci sono gay di destra. È un qualcosa che avremmo dovuto imparare da anni, così come è chiaro che le comunità attiviste, quelle che organizzano i pride, sono di sinistra. Un conto, però, è il movimento Lgbt, altro è la comunità.
La prima comprende qualche migliaio di persone volenterose, mentre la seconda milioni di cittadini. Non dimentichiamo che quando Forza Italia era un grande partito faceva breccia nell’elettorato omosessuale. Sbaglia, dunque, Schlein a pensare che oggi gay e lesbiche possano ritrovarsi solo nel Pd. Anzi, registro una parte importante tra loro, che ancora non ha capito quale sia il messaggio della segretaria».
Rispetto all’attualità interviene Fabrizio Marrazzo, fondatore del Partito Gay. «L’elettorato Lgbt – spiega – è il 15% della popolazione, di cui un 8% vota il centrodestra, mentre il 7% tutto il fronte progressista. Per quanto riguarda la sinistra, il M5S, almeno fino alle politiche, è quello che raccoglieva di più. Poi è arrivata Schlein, su cui c’è entusiasmo per l’attenzione riservata al tema.
Allo stesso modo, però, restiamo in attesa per quanto concerne il referendum sul matrimonio egualitario, su cui Conte, insieme alla Todde, a differenza del Pd, ha già espresso una posizione chiara. Se il Nazareno riuscirà ad imporre una linea forte nelle cinque regioni governate dal centrosinistra sarà un punto a suo favore, ma resta ancora un gap da colmare con il centrodestra, un’impresa possibile se si riesce a recuperare un 4%, che in assenza di scelte chiare, continuerebbe a votare la destra».
Una difficoltà sollevata anche da Anna Paola Concia, ex deputata e simbolo della comunità Lgbt: «La logica delle fazioni contrapposte – evidenzia in un’intervista all’Huffington Post – starebbe facendo il gioco della destra. Basta muri, parlatevi! Alla sinistra e al Pd, chiedo: siete disponibili a sedervi intorno a un tavolo per cercare di affrontare tali questioni col governo?».