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Conte attacca il “capitalismo infetto”, Marcegaglia: “Rispetto”. Lo scontro (affaritaliani.it)

L'ex leader di Confindustria contro il 5Stelle: 

“Sentire capitalismo infetto mi girano le balle. Servono politici seri e rispetto”

Sentire un leader politico che parla di capitalismo infetto a me fa girare le balle, siamo gente seria e serve rispetto“. Lo ha detto Emma Marcegaglia, B7 Chair, replicando a Giuseppe Conte dal palco del convegno dei Giovani imprenditori di Confindustria di Rapallo (Genova) che ha parlato alla stessa platea poco prima.

Marcegaglia ha risposto anche all’accusa che i giovani imprenditori aderiscano a una economia di guerra: “I giovani – ha sottolineato – dicono che bisogna difendere l’Ucraina, vuol dire essere dalla parte di chi soffre e sta male contro chi usa la violenza”.

La precisazione di Conte
“Conosco bene Emma Marcegaglia e credo abbia frainteso il mio intervento. Nel parlare di capitalismo infetto mi riferivo a quel sistema malsano, che emerge anche dalle inchieste giudiziarie, in cui l’imprenditore cerca un rapporto privilegiato con il politico di turno e poi ne finanzia la campagna elettorale. Questo rappresenta una gestione infetta dei rapporti tra politica ed economia“.
Così il leader del M5s Giuseppe Conte, a margine di un comizio elettorale in piazza Vittorio Emanuele a Monreale (Palermo).
“Io sono quello che in piena pandemia ha fatto ripartire il paese, recuperando il 13% di Pil in tre anni e ottenendo 200 milioni per rilanciare la competitività di tutto il sistema produttivo e non solo degli imprenditori con cui avevo rapporti privilegiati: il Pnrr – ha aggiunto – era finalizzato proprio a far partecipare a questo grande progetto nazionale tutti gli imprenditori, non solo quelli in cerca di corsie privilegiate nei rapporti con gli esponenti politici”.

Confindustria, Orsini: “Parole di Conte? Campagna elettorale”

“Le parole del leader M5s che hanno innescato, oggi, uno scontro con gli industriali al convegno dei Giovani Imprenditori sono “Campagna elettorale”.

Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, liquida così l’argomento. Quindi si possono giustificare? “A metà”. Il riferimento, nel confronto con Conte, è anche all’inchiesta di Genova: “Non entro nel merito di quello che sta facendo la procura, ognuno deve fare il proprio mestiere. Però, da un certo punto di vista, non mi piace sentire oggi, qui, che ogni erba è un fascio, noi siamo gli imprenditori e rappresentiamo il Paese, siamo quelli che fanno il Pil del Paese, che sostengono il Paese”, rimarca il leader degli industriali.

Europee, viaggio nella comunità Lgbtqia+: votare a destra non è più un tabù

di Edoardo Sirignano

Altro che roccaforte, la comunità omosessuale 
potrebbe fare lo sgambetto alla compagna Schlein. 

La stessa furbata della visita al Muccassassina (discoteca simbolo della comunità Lgbt capitolina), nel giorno in cui l’Italia decide di non fermare una risoluzione, che di fatto non ha nulla contro le coppie formate da persone dello stesso sesso, ma piuttosto si basa sulla tanto discussa teoria del gender, finisce col diventare un autogoal per i dem.

Risveglia, infatti, il sentimento di un popolo che è stanco di chi gli mette il cappello. A dirlo Franco Grillini, presidente onorario dell’Arcigay ed esperto di europee, considerando che nel 1994, solo nel Nord-Est, prese oltre 21mila preferenze: «Occorre separare la parte militante dalla massa gay. La prima vota, in modo netto, per la sinistra (il 50% per il Pd, una parte minore per il M5S, un’altra per Avs e un’altra ancora per Calenda).

L’altra parte e mi riferisco a quel 25% della popolazione, che non si sente eterosessuale, si esprime tendenzialmente come tutti gli altri. Non è un caso che Fdi, nell’ultimo Atreju, mette la bandiera rainbow. È la prima volta che il partito più a destra del Paese fa una cosa del genere.

Lo fa perché consapevole di poter raccogliere consensi importanti. A questo, poi, bisogna aggiungere quell’elettorato omosessuale una volta era pro Berlusconi, che non si è affatto disperso. Così non mi meraviglierei se ci fossero dei gay a votare Vannacci. È già capitato che qualcuno scelga il proprio carnefice, basta leggere i libri di storia».

Dello stesso parere pure Aurelio Mancuso, fondatore di Equality Italia: «Non è vero che non ci sono gay di destra. È un qualcosa che avremmo dovuto imparare da anni, così come è chiaro che le comunità attiviste, quelle che organizzano i pride, sono di sinistra. Un conto, però, è il movimento Lgbt, altro è la comunità.

La prima comprende qualche migliaio di persone volenterose, mentre la seconda milioni di cittadini. Non dimentichiamo che quando Forza Italia era un grande partito faceva breccia nell’elettorato omosessuale. Sbaglia, dunque, Schlein a pensare che oggi gay e lesbiche possano ritrovarsi solo nel Pd. Anzi, registro una parte importante tra loro, che ancora non ha capito quale sia il messaggio della segretaria».

Rispetto all’attualità interviene Fabrizio Marrazzo, fondatore del Partito Gay. «L’elettorato Lgbt – spiega – è il 15% della popolazione, di cui un 8% vota il centrodestra, mentre il 7% tutto il fronte progressista. Per quanto riguarda la sinistra, il M5S, almeno fino alle politiche, è quello che raccoglieva di più. Poi è arrivata Schlein, su cui c’è entusiasmo per l’attenzione riservata al tema.

Allo stesso modo, però, restiamo in attesa per quanto concerne il referendum sul matrimonio egualitario, su cui Conte, insieme alla Todde, a differenza del Pd, ha già espresso una posizione chiara. Se il Nazareno riuscirà ad imporre una linea forte nelle cinque regioni governate dal centrosinistra sarà un punto a suo favore, ma resta ancora un gap da colmare con il centrodestra, un’impresa possibile se si riesce a recuperare un 4%, che in assenza di scelte chiare, continuerebbe a votare la destra».

Una difficoltà sollevata anche da Anna Paola Concia, ex deputata e simbolo della comunità Lgbt: «La logica delle fazioni contrapposte – evidenzia in un’intervista all’Huffington Post – starebbe facendo il gioco della destra. Basta muri, parlatevi! Alla sinistra e al Pd, chiedo: siete disponibili a sedervi intorno a un tavolo per cercare di affrontare tali questioni col governo?».

“Attacchi razzisti alla candidata Kanjaoui” (ilrestodelcarlino.it)

Il presidente di Italia del Futuro esprime sgomento 
per i commenti razzisti rivolti alla candidata 
Khaoula Kanjaoui a Maranello. 

La lista promuove l’inclusione e il merito, contrastando l’odio e l’intolleranza

“Come Italia del Futuro esprimiamo profondo sgomento per le decine di commenti razzisti che Khaoula Kanjaoui, candidata al consiglio comunale di Maranello per la nostra lista, ha ricevuto in questi giorni”.

I fatti a cui fa riferimento il presidente di Italia del Futuro Davide Nostrini risalgono a martedì, quando sui canali Facebook ed Instagram del movimento sono comparsi decine di frasi razziste rivolte all’avvocata 30enne Khaoula Kanjaoui, a seguito dell’annuncio ufficiale della sua candidatura.

“I commenti fanno riferimento solo alle origini di Khaoula, cittadina italiana arrivata nel nostro paese all’età di 2 anni – continua Nostrini – mentre non si soffermano a considerarla e valutarla come persona. Khaoula è uno stimato avvocato, specializzata proprio per aiutare i cittadini più fragili a conoscere ed esercitare i propri diritti. Tali commenti sottintendono che Khaoula sia stata valutata e attaccata solo per il contesto di provenienza etnica e culturale. La nostra lista rappresenta a pieno la pluralità della società: età, profili professionali, esperienze di vita e origini differenti si ritrovano insieme, per mettersi a servizio della città di Maranello”.

Sul punto interviene anche la stessa candidata che cambia radicalmente la prospettiva ed evidenzia la rilevanza della sua candidatura: “I commenti xenofobi – spiega Kanjaoui – sono frutto di un contesto politico che ha sdoganato l’odio e l’intolleranza, proprio per questo ritengo che la mia candidatura sia necessaria, visto che è un esempio positivo di integrazione“.

“Mi chiedo – conclude Nostrini – chi voteranno alle prossime elezioni questi haters, noi sicuramente andremo avanti con il nostro progetto, nel quale abbiamo voluto creare uno spazio inclusivo basato sul merito”.

Abbiamo bisogno di più, non certo di meno, cultura della sicurezza (italiaoggi.it)

di Andrea Molle

Difesa

Il rilancio degli investimenti nelle Forze Armate e l’ampliamento degli organici, insieme all’aumento della spesa per gli armamenti, hanno riacceso il dibattito tra i “realisti”, che sostengono la necessità di una difesa moderna, e i “freerider”, che preferiscono delegare la protezione delle istituzioni democratiche ad altri.

La cultura della sicurezza è fondamentale per il benessere e la stabilità delle società contemporanee. In un’epoca di rapide trasformazioni sociali, politiche e tecnologiche, essa è cruciale per garantire un ambiente di vita e di lavoro sicuro, difendendo i confini nazionali e prevenendo la diffusione di ideologie estremiste che minano la coesione sociale.

La cultura della sicurezza non riguarda infatti solo la dimensione militare, ma include anche la sicurezza informatica, la prevenzione dei disastri e la gestione delle emergenze. Essa richiede una consapevolezza diffusa dei rischi potenziali e delle misure necessarie per mitigarli, coinvolgendo istituzioni, forze dell’ordine, cittadini, imprese e organizzazioni.

Una solida cultura della sicurezza crea comunità resilienti, capaci di affrontare e superare le crisi. Parallelamente, il contrasto agli estremismi è essenziale per preservare la democrazia, la pace e i diritti umani. Gli estremismi, inclusi l’islamismo radicale e il jihadismo che sembrano invece essere ormai accettate socialmente, rappresentano una minaccia diretta alla stabilità sociale e alla convivenza pacifica.

L’educazione è uno strumento efficace per prevenire il radicalismo. Un sistema educativo che promuove pensiero critico, tolleranza e rispetto delle diversità può formare cittadini consapevoli e responsabili, immuni alla propaganda estremista. Anche i media hanno un ruolo cruciale. Possono amplificare ideologie estremiste o fungere da potenti strumenti di sensibilizzazione e informazione corretta.

La promozione di un giornalismo che rifiuta il sensazionalismo e discorso d’odio, è essenziale per prevenire la diffusione di ideologie radicali. I media dovrebbero raccontare storie di inclusione e resilienza, mostrando esempi positivi di convivenza e integrazione. Infine, la cooperazione internazionale è imprescindibile.

Gli estremismi spesso travalicano i confini nazionali, richiedendo una risposta coordinata a livello globale. La collaborazione tra paesi permette di condividere buone pratiche, risorse e informazioni cruciali per prevenire e contrastare le minacce estremiste a livello globale. In conclusione, la cultura della sicurezza e il contrasto agli estremismi sono interconnessi e complementari.

Promuovere la sicurezza significa prevenire l’insorgere di ideologie radicali, mentre contrastare gli estremismi contribuisce a creare un ambiente più sicuro per tutti. Solo attraverso un impegno collettivo è possibile costruire società più sicure, inclusive e resilienti.