Come la Russia ha plasmato l’opinione pubblica italiana per sembrare un alleato affidabile (linkiesta.it)

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Propaganda imperiale

Roma occupa un posto speciale nello schema di disinformazione di Mosca, che qui investe fin dai tempi della Guerra Fredda e ha costruito legami con la politica, con il mondo della cultura e con i media

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Detector Media, un sito che in Ucraina si occupa di media monitoring, e continua a informare i lettori sullo stato della propaganda russa nei Paesi della Nato, che il Cremlino utilizza per influenzare la politica interna degli Stati e per ridurre il loro sostegno all’Ucraina.

L’Italia occupa un posto speciale nel sistema di propaganda russo in Europa. Ai tempi dell’Unione Sovietica, la cultura di massa italiana (cinema, musica) veniva presentata come un’alternativa a Hollywood, considerata ideologicamente dannosa.

Di conseguenza, alcuni cantanti e attori italiani sono diventati elementi della propaganda sovietica (e dopo il 1991, della propaganda russa). Ad esempio, il cantante Pupo è stato in tournée in Russia nel marzo 2024 e ha dichiarato all’agenzia russa Tass di essere «contro l’embargo verso qualsiasi nazione» e che continuerà a esibirsi in Russia.

L’influenza informativa della Russia in Italia è anche il risultato dei legami politici ed economici tra i due Paesi. Collaborando con politici italiani come Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, la Russia ha spesso cercato di influenzare la posizione dell’Italia nell’Unione europea e nella Nato.

Influenza della sinistra e la cattiva Nato

La Russia ha formato la sua immagine positiva tra gli italiani, in particolare grazie all’influenza del Partito comunista italiano (Pci), dopo la Seconda guerra mondiale. Il Pci è stato uno dei più grandi partiti comunisti in Europa. Solo negli anni Settanta ha ridotto la sua dipendenza da Mosca, adottando l’ideologia dell’eurocomunismo.

Nel 1991, una parte del Pci si è trasformata nel Partito democratico della sinistra (Pds) distaccandosi dalle idee del marxismo ortodosso. Il Pds stesso è durato poco (1991-1998). Tuttavia, uno dei suoi leader, Massimo D’Alema, è stato presidente del Consiglio in Italia dal 1998 al 2000, diventando il primo proveniente dal Partito comunista a guidare un governo di un Paese Nato. D’Alema ancora oggi continua a diffondere idee antiamericane: per esempio nel marzo del 2024 si è recato a Pechino per parlare della democrazia cinese e di quanto siano cattivi gli Stati Uniti.

Le idee anti-Usa e anti-Nato sono piuttosto diffuse tra i partiti di sinistra in Italia. Questo è in parte un retaggio della Guerra Fredda, quando narrazioni come questa provenivano da Mosca con l’intento di destabilizzare dall’interno i Paesi dell’Alleanza. E in parte è una questione legata alle narrazioni del populismo moderno: di tanto in tanto oggi in Italia si tengono proteste contro la Nato, riportate non solo dalla propaganda russa ma anche da quella iraniana.

Il direttore scientifico dell’Istituto di scienze sociali e studi strategici, Sergio Luigi Germani, ha parlato della propaganda russa in Italia in un commento: «In Italia abbiamo ancora una versione sovietica della storia molto considerata, che risale ai tempi della Guerra Fredda. Ci sono poche ricerche su come l’Urss-Russia abbia condizionato la storia politica dell’Italia.

Non tutti gli italiani sanno che l’Unione Sovietica ha sostenuto il terrorismo di sinistra in Italia (come le Brigate rosse). Nel 1978, le Brigate rosse rapirono e uccisero Aldo Moro, ma ancora oggi ci sono persone che credono a un coinvolgimento della Cia, l’agenzia di intelligence americana», ha commentato Sergio Luigi Germani.

Le voci della propaganda russa da Sanremo

La cultura di massa italiana, popolare nell’Unione Sovietica, ha continuato a essere un fattore di soft power per Mosca anche dopo il 1991. Cantanti e attori un tempo popolari, che hanno vinto il festival a Sanremo o un premio alla mostra del cinema Venezia, hanno iniziato a parlare di quanto sia meravigliosa e misteriosa la Russia. Gli idoli dei nostri genitori sono diventati portavoce della propaganda russa.

Il cantante Al Bano nel marzo del 2024 ha riferito di voler andare in Russia per «celebrare la pace con un concerto». Già nel 2019, il ministero della Cultura ucraino lo aveva inserito nella lista delle persone che rappresentano una minaccia alla sicurezza nazionale. E il cantante Pupo, che nel marzo 2022 aveva invitato i suoi colleghi russi a non lasciare il Paese ma a unire gli sforzi per superare le difficoltà, rimane una marionetta della propaganda russa.

La giornalista, traduttrice e insegnante di lingua e letteratura ucraina dell’Università Statale di Milano e dell’Università di Bologna, Yaryna Grusha, ha parlato dell’influenza della propaganda russa sugli italiani in un commento a Detector Media. Secondo lei, dall’inizio del 2024 è in corso un’azione coordinata dei russi per rafforzare la propaganda del Cremlino in Italia.

Per esempio – sostiene Grusha – il 20 gennaio 2024 a Modena, nel Nord Italia, era prevista l’apertura della mostra-conferenza russa “Mariupol. Rinascita dopo la guerra”. A organizzare l’evento propagandistico era l’associazione culturale Russa Emilia-Romagna. Il ministero degli Affari Esteri dell’Ucraina si è espresso duramente nei confronti dell’iniziativa e l’evento è stato poi cancellato.

«Le cellule dormienti russe si sono organizzate. C’è stata una grande azione di proiezione del film propagandistico su Mariupol, che mostrava la “salvezza” della città da parte della Russia. Tra i protagonisti del film c’è Marianna, che compare nel documentario “20 giorni a Mariupol” – la ragazza incinta sopravvissuta al bombardamento russo dell’ospedale – ma qui era ripresa a dire cose completamente diverse. Grazie alla diaspora ucraina e ai cittadini italiani consapevoli che sostengono l’Ucraina, siamo riusciti a cancellare quasi la metà di queste proiezioni – e continua –.

Poi ci sono state organizzazioni di conferenze, anche queste filorusse. Come a Mantova, dove si sarebbe dovuta tenere una mostra fotografica sulla “ricostruzione” di Mariupol, la proiezione del film propagandistico “Il testimone” e altre discussioni con i consoli russi», ha raccontato Yaryna Grusha.

La ricercatrice del Centro di analisi delle politiche europee, Olga Tokariuk, ha scritto nel gennaio 2024 che eventi simili a quello di Modena avrebbero dovuto svolgersi anche a Bologna, Lucca e Milano. Il 29 febbraio 2024, infine, è stato proiettato il film “Il testimone” nella città italiana di Foligno.

Il Cremlino ha mobilitato risorse per legittimarsi agli occhi del mondo attraverso i giovani stranieri e diverse “celebrità” in vista delle elezioni. L’attrice Ornella Muti è stata tra i partecipanti stranieri al Festival internazionale della gioventù, tenutosi a Sochi all’inizio di marzo 2024.

Yaryna Grusha ha spiegato come la Russia abbia utilizzato l’attrice e gli italiani nella sua propaganda: «Una volta al festival, Ornella Muti ha detto di voler imparare il russo, che la Russia è nel suo dna, che lì si sente bene e al sicuro. Poi il cantante Pupo ha detto che il suo concerto al Cremlino era un contributo alla pace.

L’artista di street art Jorit Agoch ha dipinto graffiti a Mariupol, dove ha raggigurato una bambina. Quest’anno ne ha dipinto uno con il volto di Ornella Muti a Sochi. Durante il Festival della gioventù, Jorit ha chiesto a Putin la possibilità di scattare una foto insieme.

E questa foto ha fatto il giro di tutta Italia. Su questo giornale è stata pubblicata un’indagine che ha confermato che Jorit ha ricevuto finanziamenti pari a novantamila euro attraverso una società di costruzioni russa», ha commentato Yaryna Grusha.

Emozioni in televisione, ma pragmatismo con la Russia

Il giornalista del Corriere della Sera, Lorenzo Cremonesi, durante una conferenza stampa lo scorso febbraio ha posto a Volodymyr Zelensky una domanda riguardo al sostegno dell’Italia all’Ucraina e all’influenza russa nel Paese. La risposta del presidente ucraino è stata la seguente: «La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, senza dubbio, sostiene l’Ucraina e abbiamo anche firmato un memorandum per la collaborazione di cui vi siamo immensamente grati.

Ma sappiamo che in Italia ci sono molti sostenitori di Putin, così come in tutta Europa. Stiamo preparando una lista di questi sostenitori, non solo italiani, da presentare alla Commissione europea. Voi potete farli tacere? Potete far capire al vostro pubblico che la Russia è una minaccia non solo per l’Ucraina, ma per tutti voi? Le società europee sono pronte per questa sfida? Vedo che non siete ancora pronti, italiani, tedeschi e altri».

La Russia comprava i politici italiani, come è successo con il magnate dei media ed ex presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi, che si definiva amico di Putin. Fu lui a promuovere la creazione del Consiglio Russia-Nato durante il vertice dell’Alleanza a Roma nel 2002.

Questa “amicizia” si è trasformata in un legame economico tra i Paesi. Nel maggio 2009, l’allora primo ministro russo Vladimir Putin e il presidente del Consiglio dei ministri italiano, durante un incontro a Sochi, hanno concordato la partecipazione di Gazprom e della compagnia italiana Eni alla costruzione del gasdotto South stream.

Il progetto era concepito per esportare gas naturale nell’Ue passando l’Ucraina, ma fu cancellato dalla Commissione Europea nel giugno 2014. Nel 2010, il quotidiano The Guardian scrisse che i diplomatici americani ipotizzarono l’esistenza di accordi segreti tra Putin e Berlusconi.

Dopo l’inizio della guerra russa contro l’Ucraina nel 2014, Silvio Berlusconi ha chiesto la revoca delle sanzioni contro la Russia. Il politico italiano ha visitato la Russia e la Crimea occupata nel settembre 2015. Berlusconi è stato fondatore e proprietario di Mediaset, che ora fa parte della rete MediaForEurope.

Proprio a uno dei canali televisivi del gruppo Berlusconi (Rete 4), il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha rilasciato un’intervista il primo maggio 2022 in cui ha detto che Hitler aveva sangue ebreo. Da lì, il parlamento italiano ha avviato un’inchiesta sulla disinformazione russa.

Nel febbraio 2023 Berlusconi è intervenuto dicendo che Volodymyr Zelensky fosse il vero colpevole della guerra, perché il presidente ucraino «avrebbe dovuto solo fermare gli attacchi contro le due repubbliche autonome del Donbas e questo (l’invasione su larga scala) non sarebbe successo».

Sergio Luigi Germani spiega che «se alcuni politici sono sotto l’influenza della propaganda russa altri potrebbero essere agenti di influenza della Russia o essere ricattati dalla Russia. Il capo politico della Lega, Matteo Salvini, negli anni passati è stato strettamente legato alla Russia».

Il leader leghista una volta si è fatto fotografare con una maglietta di Putin sulla Piazza Rossa a Mosca, ha detto che le sanzioni contro la Russia danneggiano l’Ue stessa e quindi non funzionano. Un articolo di Pagella Politica ha rilevato che nel periodo dal 2 al 5 aprile 2022, Matteo Salvini non ha mai menzionato sui suoi social media la tragedia di Bucha.

Nel governo attuale, guidato dall’ottobre 2022 da Giorgia Meloni, Salvini è vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro dei Trasporti. Più volte è stato accusato di avere posizioni filorusse, ma l’ultimo voto di sfiducia nei suoi confronti, dell’aprile scorso, non ha avuto successo.

L’Italia rimane una repubblica parlamentare, che impone che durante la formazione della maggioranza ci siano sempre battaglie politiche su quale sarà la coalizione di governo. L’attuale esecutivo è composto da tre partiti: Fratelli d’Italia guidato da Meloni, che una volta aveva opinioni di estrema destra e fasciste, ma ora sostiene l’Ucraina; la Lega di Salvini; il partito di Berlusconi, Forza Italia. In uno studio del Consiglio Europeo per le relazioni internazionali si sottolinea come la Lega continui a opporsi alle sanzioni contro la Russia.

I rappresentanti del partito sostengono che l’aumento dei prezzi dell’energia sia una conseguenza della guerra e che quindi sia necessario sostenere meno l’Ucraina e «puntare alla pace».

La Lega e Forza Italia hanno accettato di accogliere i rifugiati ucraini e di fornire aiuti al Paese per ragioni puramente pragmatiche. Tutto questo per parlare di “pace” e degli interessi economici nazionali dell’Italia, cioè ciò che è vantaggioso per il Cremlino.

Anche la nuova leader del Partito democratico Elly Schlein sostiene la “pace” e i negoziati nel contesto della guerra russo-ucraina, perché il pacifismo continua a rimanere molto popolare nell’opinione pubblica italiana. E questo si correla con la tesi della propaganda russa secondo cui gli ucraini «si oppongono ai negoziati e sostengono la guerra imposta dall’Occidente» contro la Russia.

Più attenzione alla Striscia di Gaza che all’Ucraina

Dopo l’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre 2023, l’attenzione dei media si è spostata dall’Ucraina al Medio Oriente. L’Italia non ha fatto eccezione tra i Paesi occidentali. Sergio Luigi Germani spiega così questa tendenza nei media italiani: «Ora c’è una forte mobilitazione anti-israeliana in Italia, così come in altri Paesi europei. L’8 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna, c’è stata una grande manifestazione femminista, che non ha permesso al popolo ebraico di partecipare.

La marcia era contro il cosiddetto genocidio di Gaza. Suppongo che la propaganda russa cerchi di sfruttare questo tipo di mobilitazione. I russi cercano di utilizzare ogni tipo di malcontento nella società, anche se è molto difficile dimostrarlo. Tra i giovani ci sono proteste contro la guerra a Gaza, tra i lavoratori agricoli ci sono proteste contro la politica agricola dell’Ue», ha osservato Sergio Luigi Germani.

La Russia utilizza le proteste a favore della Palestina, le manifestazioni degli agricoltori contro l’Ue e qualsiasi altra forma di protesta sociale per ridurre l’attenzione verso l’Ucraina e cambiare il focus delle discussioni. Nel caso del Medio Oriente Mosca diffonde manipolazioni sui migranti, mentre sostiene le manifestazioni degli agricoltori per ridurre l’assistenza all’Ucraina. Questa è parte della tattica ibrida di guerra cognitiva che la Russia conduce contro l’Ucraina e l’Occidente.

Yaryna Grusha ha citato l’esempio del Festival di Sanremo e dell’atteggiamento verso il tema dell’Ucraina e della Palestina in passato e quest’anno. «L’intera narrazione della guerra russo-ucraina in Italia è stata molto influenzata dalla guerra tra Israele e Hamas. Qui in Italia tutti sostengono la Palestina.

Se nel 2023 al Festival di Sanremo c’era il problema di mostrare il video messaggio di Zelensky, quest’anno non c’erano problemi per gli organizzatori riguardo agli slogan politici a sostegno della Palestina. Non c’era un simile sostegno per l’Ucraina a causa della mancata comprensione del contesto ucraino e della paura di ammettere che in passato gli italiani non volevano riconoscere che la Russia è uno Stato terrorista», ha detto Yaryna Grusha.

Per Luigi Sergio Germani, lo sviluppo futuro della lotta contro la propaganda russa in Italia passa una migliore coordinazione delle azioni degli alleati della Nato. I politici italiani per lungo tempo non hanno considerato la Russia come una minaccia. «Abbiamo bisogno di ulteriore supporto da parte della Nato, degli Stati Uniti e dell’Europa per combattere la propaganda russa, poiché il governo italiano non assegna molte risorse a questo scopo.

La minaccia russa è semplicemente percepita poco. Nel rapporto annuale dell’intelligence solo nel 2023 si è iniziato a parlare del fatto che la Russia è una fonte di minaccia ibrida. Prima si parlava di minacce ibride e disinformazione, ma senza menzionare la Russia. Negli ultimi nove anni i politici italiani hanno avuto paura di dire chiaramente che la Russia rappresenta una minaccia, anche non convenzionale militare, ma ibrida», ha spiegato Luigi Sergio Germani.

Cosa pensano dell’Ucraina in Italia

Fino al 24 febbraio 2022, un’influenza significativa sulla formazione dell’immagine dell’Ucraina in Italia è stata la vicenda di Vitaliy Markiv. È stato arrestato nel 2017 con l’accusa di aver ucciso il fotoreporter italiano Andrea Rocchelli nell’est dell’Ucraina nel maggio 2014. Infine, Markiv è stato assolto dalla corte d’appello di Milano nel novembre 2020, e completamente nel dicembre 2021.

La giornalista ucraina Olga Tokariuk ha trattato in dettaglio il caso Markiv. Nel suo studio sulla propaganda russa e su questa indagine, si sottolinea come nei media italiani si diffondevano tesi sulla «guerra civile in Ucraina» e che «i militari russi proteggono giornalisti e civili nel Donbas». Yaryna Grusha dice che l’opinione pubblica in Italia sull’Ucraina sta cambiando. Ci sono più traduzioni di opere sia della letteratura ucraina classica che contemporanea in italiano, proiezioni di film ucraini in Italia.

Tuttavia, il pacifismo e il Papa come capo della Chiesa cattolica che rilascia dichiarazioni ambigue sull’Ucraina influenzano il contesto. «Fino al 2022 era impossibile raccontare a qualcuno che la Crimea era occupata e che la Russia aveva invaso le regioni di Donetsk e Lugansk. Questa narrazione non poteva essere diffusa, nonostante l’Italia ufficialmente non riconoscesse la Crimea come russa. Ma a livello giornalistico, questo non veniva quasi discusso, nessuno voleva sentirne parlare. Dopo il 2022 tutto è diventato evidente, ma non così tanto.

Se parliamo del sostegno all’Ucraina in Italia siamo ancora 50 e 50. Guardiamo ai rating delle forze politiche che sostengono l’Ucraina e agli umori che sono pacifisti, poiché l’Italia è uno stato cattolico che ascolta il Papa. Gli italiani sono “per la pace”, non vogliono nessuna guerra. Qualsiasi retorica ucraina di “recuperare il proprio territorio”, “difendere il proprio territorio” ricorda agli italiani l’ideologia fascista», ha commentato Yaryna Grusha.

Secondo uno studio del Consiglio Europeo per le Relazioni Internazionali sull’opinione pubblica sull’Ucraina nel 2023, il quarantuno per cento degli italiani è favorevole a un rapido termine della guerra russo-ucraina, anche a costo della perdita di territori ucraini.

Il Parlamento Europeo ha pubblicato a febbraio 2024 i dati dei sondaggi sull’appoggio all’Ucraina tra la popolazione dei paesi dell’Unione. Si indica che il cinquantuno per cento degli italiani ha una posizione neutrale riguardo alla guerra russo-ucraina. Per quanto riguarda l’assistenza militare all’Ucraina, il sessanta per cento degli intervistati italiani è contrario.

Un sondaggio di Ipsos, pubblicato il 1° marzo 2024, mostra che il trentadue per cento degli italiani è favorevole a fornire assistenza militare all’Ucraina da parte dell’Italia, mentre cinque italiani su dieci sono contrari. Tuttavia, la metà degli intervistati è favorevole ai negoziati, anche a condizioni sfavorevoli per l’Ucraina e allo status quo con i territori ucraini occupati dalla Russia.

Yaryna Grusha afferma che la propaganda russa ha utilizzato meno il tema dei rifugiati ucraini in Italia rispetto alle tesi sui nazisti in Ucraina e all’antisemitismo (di neonazisti hanno scritto le testate Panorama, Faro di Roma, Agi). «La diaspora ucraina è tra le cinque più numerose in Italia. Pertanto, la propaganda russa non ha utilizzato così attivamente il tema dei rifugiati. I rifugiati ucraini sono tornati a casa dopo il 2022 a causa della mancanza di supporto sociale.

Pertanto, in Italia sono rimasti principalmente coloro che hanno parenti e conoscenti. Uno dei principali megafoni della propaganda russa in Italia è la testata Il Fatto Quotidiano, il cui direttore è Marco Travaglio. È uno dei dieci giornali più influenti in Italia, che ha disegnato Zelensky con un naso ebraico. Il giornale ha la propria casa editrice, dove pubblicano libri con narrazioni su questa stessa linea», ha raccontato Yaryna Grusha.

Luigi Sergio Germani dice ancora che in Italia pochi studiano sistematicamente la propaganda russa e, quindi, se ne parla poco nei media. Invece, in televisione restano piuttosto popolari programmi dove i temi vengono discussi in modo molto emotivo, ma è più uno spettacolo per il pubblico che una discussione reale. Tuttavia, Germani ha evidenziato il giornalista di La Stampa Jacopo Iacoboni come uno dei principali giornalisti italiani che scrivono sull’influenza informativa, politica ed economica russa in Italia.

«Nei media italiani in generale quasi non c’è un’analisi seria della strategia ibrida russa. Abbiamo dibattiti in cui vengono costantemente invitati persone filorusse, perché sembra interessante. In questi talk show le persone si picchiano, gridano, si insultano a vicenda. Un’altra tesi diffusa nei media italiani è che Russia e Ucraina sarebbero uguali nella disinformazione, e che entrambi gli stati conducono propaganda come se fossero cose equivalenti», ha detto Germani.

Nonostante il livello significativo di influenza informativa russa in Italia, ci sono giornalisti italiani che costantemente coprono la guerra, essendo in Ucraina. «La guerra russo-ucraina ormai non impressiona più nessuno.

Allo stesso tempo, ci sono media italiani che hanno scritto molto sulla situazione al fronte in Ucraina, come il giornalista di guerra Daniele Raineri, che scrive per Repubblica, e ha passato sessanta giorni nelle trincee con i soldati ucraini», ha raccontato Yaryna Grusha.

Mosca ha investito per decenni tanti soldi per avere l’attuale influenza informativa in Italia. In alcuni casi è stata la promozione del soft power, come, ad esempio, attraverso i cantanti degli anni ’80, e in altri casi attraverso politici italiani che promuovevano narrazioni favorevoli al Cremlino.

Quindi, è estremamente difficile cambiare la percezione degli italiani sulla Russia non come Paese di alta cultura, ma come un impero moderno che commette genocidio contro gli ucraini. Tuttavia, un ulteriore studio dettagliato degli attori e delle narrazioni della propaganda russa in Italia consentirà di cambiare l’opinione pubblica degli italiani sull’Ucraina.

La propaganda omofoba filorussa e il fantomatico figlio dell’ex presidente estone “vestito da donna (open.online)

di David Puente

FACT-CHECKING

La persona ritratta è uno scrittore, vestito da donna come gesto simbolico

Circola il collage di due fotografie, dove verrebbero ripresi i rispettivi figli del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko e della ex presidente estone Kersti Kaljulaid. Nello scatto di quest’ultima, il presunto figlio risulta essere vestito da donna. La falsa narrazione tende a screditare attraverso l’omofobia la donna e la sua famiglia. Di fatto, la foto sulla destra ritrae veramente la ex Presidente estone Kersti Kaljulaid, ma la persona accanto non è affatto imparentata con lei.

Analisi

Di seguito un esempio di condivisione via Facebook:

Ecco un esempio di condivisione: Il presidente antiquato della Bielorussia con il figlio e il presidente alla moda dell’Estonia con il figlio

A voi le conclusioni

Il testo e le foto risultano pubblicate il 23 giugno 2024 dall’account Twitter/X “Lidia” (@lastregatriste):

La falsa narrazione circola da ben prima, e con altre foto dell’evento ritratto, come possiamo notare dal seguente tweet del 2023 dell’account di disinformazione SprinterFamily:

La falsità circola in lingua russa dal 2020

La falsa narrazione non è recente, circolava già tra gli account di lingua russa fin dal 2020 su VK:

Lo scrittore estone

La foto non è recente, risale infatti al 2020 durante la premiazione dello scrittore Mikk Pärnits. Non si tratta affatto del figlio della ex Presidente estone Kersti Kaljulaid.

Perché era vestito da donna

Nell’articolo del sito Parnu.postimees.ee (screenshot qui sopra) vengono riportate le motivazioni dello scrittore nel presentarsi alla premiazione vestito da donna:

Non ho messo il vestito. In un certo senso l’abito è l’armatura maschile, una forma di protezione. Un uomo di mezza età in giacca e cravatta può dire cose incredibili e la gente crederà e ascolterà molto tempo fa. Ho scelto di rendermi vulnerabile, beffardo, ridicolo. Così vengono spesso viste le donne

Conclusioni

La persona ritratta accanto alla ex presidente estone non è affatto suo figlio “vestito da donna”.

Non è vero che solo il 10 per cento dei migranti ha diritto all’accoglienza (pagellapolitica.it)

di CARLO CANEPA

Secondo il ministro Piantedosi, il 90 per cento 
delle persone che chiede protezione in Italia e 
in Europa non ne ha diritto.
I numeri dicono che non è così
Il 27 giugno, in un’intervista con La Stampa, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha difeso l’accordo siglato tra il governo italiano e il governo albanese per costruire in Albania strutture dove esaminare le richieste d’asilo di una parte dei migranti diretti verso l’Italia.
Secondo Piantedosi, i costi di questo progetto vanno rapportati ai suoi benefici, in particolare alla riduzione delle risorse spese dall’Italia e dall’«intera Europa» a «beneficio di persone che poi, al 90 per cento circa, si riveleranno non averne diritto».
Come già successo l’anno scorso, il ministro dell’Interno sottostima il numero di persone che ricevono una forma di protezione dopo essere arrivate nel nostro Paese o in un Paese dell’Unione europea.

I dati sull’accoglienza nell’Ue

Secondo i dati di Eurostat, nel 2023 il 52,8 per cento delle domande d’asilo presentate per la prima volta in tutti e 27 gli Stati membri dell’Ue ha ricevuto una risposta positiva. Questa percentuale era pari al 48,8 per cento nel 2022 e al 38,2 per cento nel 2021. Detto altrimenti, più della metà delle richieste d’asilo esaminate nel 2023 nell’Ue ha ricevuto come risposta la concessione di una tra le tre forme di protezione che possono essere concesse ai richiedenti d’asilo (Grafico 1).
Grafico 1. La distribuzione delle risposte alle domande d’asilo esaminate nel 2023 nell’Unione europea – Fonte: Eurostat

(Grafico 1. La distribuzione delle risposte alle domande d’asilo esaminate nel 2023 nell’Unione europea – Fonte: Eurostat)

Al 22,4 per cento dei richiedenti è stato riconosciuto lo status di rifugiato, una forma di protezione internazionale riconosciuta se c’è il timore che un migrante, ritornando nel suo Paese d’origine, possa essere perseguitato per vari motivi, tra cui quelli di religione, nazionalità o appartenenza a un determinato gruppo sociale. Al 19,2 per cento è stata riconosciuta la protezione sussidiaria.

Questa è la seconda forma di protezione internazionale che può essere concessa ai migranti che, sebbene non abbiano i requisiti per essere riconosciuti come rifugiati, correrebbero un rischio a tornare nel proprio Paese di origine. Infine, all’11,2 per cento dei richiedenti è stata riconosciuta la protezione per motivi umanitari, che ha regole diverse nei vari Stati europei (alcuni di questi non concedono questa forma di protezione).

Eurostat fornisce anche i dati sull’esito dei ricorsi fatti dai richiedenti asilo che hanno visto respinta la loro prima domanda di protezione. Nel 2023 circa il 27 per cento dei ricorsi a livello di Unione europea ha ricevuto un esito positivo [1].

Si potrebbe obiettare che la percentuale del «90 per cento» citata da Piantedosi è scorretta se calcolata sulle risposte delle richieste d’asilo in tutta l’Ue ed è invece corretta per l’Italia. I dati di Eurostat smentiscono però questa ipotesi. Nel 2023 il 46,3 per cento delle richieste d’asilo presentate per la prima volta nel nostro Paese ha ricevuto una risposta positiva, quindi poco meno di una su due. Il 10,4 per cento dei richiedenti ha ricevuto lo status di rifugiato e il 13,8 per cento la protezione sussidiaria, mentre al 22,2 per cento è stata concessa la protezione per motivi umanitari.

L’accordo con l’Albania

Si può fare un’altra obiezione, visto che la dichiarazione di Piantedosi è poco chiara: la percentuale del «90 per cento» citata dal ministro dell’Interno potrebbe fare riferimento alla percentuale di risposte negative ricevute dai migranti provenienti solo da alcuni Paesi. L’intesa siglata dal governo italiano con quello albanese, infatti, prevede che le strutture costruite in Albania, dove saranno esaminate le richieste d’asilo presentate da una parte dei migranti diretti verso l’Italia, saranno equiparate alle zone di frontiera italiane. In queste zone può essere svolta una procedura accelerata delle domande di protezione internazionale dei migranti che provengono dai Paesi considerati “sicuri” dall’Italia.

La lista più aggiornata di questi Paesi comprende: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Camerun, Capo Verde, Colombia, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.

Nel 2023 la percentuale di richieste d’asilo presentate da persone provenienti da questi Paesi che hanno ricevuto una risposta positiva nei 27 Paesi Ue è più bassa del 52,8 per cento visto sopra, ma non raggiunge comunque il 10 per cento, come lasciato intendere da Piantedosi.

Vediamo alcuni esempi, partendo dal caso della Tunisiasecondo Paese tra le nazionalità dei migranti sbarcati in Italia nel 2023 [2]. L’anno scorso il 17 per cento delle domande d’asilo presentate per la prima volta da cittadini tunisini nell’Ue ha ricevuto una risposta positiva. Questa percentuale sale al 27,8 per cento per i migranti provenienti dal Camerun, al 29,4 per cento per quelli della Costa d’Avorio, al 21,4 per cento per quelli del Senegal e al 22,1 per cento per quelli della Nigeria. Percentuali più basse sono invece registrate tra i richiedenti asilo provenienti dall’Egitto (12,1 per cento) e dal Bangladesh (12,9 per cento).