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Per spiegare una recente notizia di cronaca, dedichiamo qualche riga allo spiegare cos'è e come funziona la "trasfusione dedicata"
Ci arrivano segnalazioni relative a una notizia, di quelle che vanno trattate anche senza una verifica diretta dei fatti. L’articolo che ci segnalate, su un sito che è già da svariati anni presente nella nostra Black list, si intitola:
Milano, paziente rifiuta trasfusione con sangue contaminato da vaccino Covid: vittoria stragiudiziale per l’Art. 32 della Costituzione
L’articolo regala visibilità a un’associazione di avvocati nata nel 2022, che fino ad oggi si è occupata principalmente di casi che riguardano la pandemia, dalle “imposizioni del green pass” ai “certificati di esonero vaccinale” – associazione a cui, se volete, potete anche donare il vostro cinque per mille. Non citeremo né loro né la testata perché non siamo interessati a dare ulteriore visibilità a nessuno dei due: quello che ci interessa, ancora una volta, è l’uso delle parole e della scienza.
Il titolo di per sé racconta una storia che non esiste, cioè non possiamo avere un paziente che ha rifiutato una trasfusione di sangue di vaccinati, perché le riserve di sangue per trasfusione non presentano queste informazioni. Pertanto il paziente non ha potuto “rifiutare sangue contaminato da vaccino”.
Il caso dunque, per come viene raccontato nell’articolo, è diverso dal titolo; e sarebbe interessante – non fosse impossibile approfondire, viste le leggi sulla privacy – capirne di più.
Questo il racconto:
Doveva essere sottoposto a un intervento chirurgico delicato, che avrebbe radicalmente migliorato la qualità della sua vita, tanto compromessa ormai da qualche anno da una patologia, ma questo intervento gli veniva negato perché lui rifiutava di firmare il modulo di consenso alla trasfusione di sangue in caso di necessità, chiedendo di inserire nel modulo la specifica di ricevere sangue solo da persone non vaccinate.
Poi ci viene spiegato che:
Si è riusciti, dopo un’annosa battaglia, ad ottenere una trasfusione dedicata, che è quella trasfusione nella quale chi riceve il sangue può scegliere coloro i quali glielo donano.
Quindi non siamo di fronte a una sentenza che fa sì che il paziente possa ricevere genericamente sangue da “non vaccinati” ma da un caso specifico in cui, dopo mesi di dibattimento legale – mesi che per un paziente con patologie più gravi potrebbero essere fatali – si è arrivati alla scelta di una “trasfusione dedicata”. Questo genere di trasfusione è generalmente richiesto per motivi particolari, come quando i familiari o amici desiderano donare sangue direttamente a un paziente specifico, a patto che ci sia compatibilità di gruppo sanguigno e fattore RH. Occorre precisare che questa pratica non è molto comune e viene gestita con estrema attenzione per garantire la sicurezza sia del donatore che del ricevente.
Descrivere il caso in questione come una vittoria del diritto all’autodeterminazione sanitaria è sbagliato: siamo di fronte a un’eccezione che viene raramente concessa, solo in situazioni specifiche o, come nel caso in questione, dopo lunghi dibattimenti giudiziari. Dare a intendere che sia una strada praticabile da tutti serve solo a dare lavoro ai legali che si occupano di casi come questo. Il paziente comunque sarà costretto a fornire lui stesso i nominativi dei soggetti da cui prelevare il sangue per fare la trasfusione, dopo aver preso accordi per essere certo che gli stessi siano intenzionati a donare. In caso contrario il paziente resterà senza intervento chirurgico.
Il fatto che il dibattimento sia durato otto mesi, e che l’operazione in oggetto avrebbe risolto una patologia che da qualche anno affliggeva il paziente fa capire, tra le righe, che qualsiasi fosse la patologia non era particolarmente urgente e non presentava alti fattori di rischio per il paziente.
Sia chiaro, è vero che Il donatore è tenuto a dichiarare se è stato sottoposto a una qualunque vaccinazione, così come deve dichiarare se assume farmaci – anche quelli da banco, senza ricetta. A seconda della risposta potrà essere decisa una sospensione temporanea alla donazione, sospensione la cui durata dipende dal tipo di principio attivo assunto. Ma si tratta di una misura che serve a tutelare la salute del donatore, non quella dell’eventuale paziente che ha bisogno di una trasfusione.
Esiste un precedente documentato, risalente al 2022, di un bambino che era ricoverato all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna e che attendeva un delicato intervento al cuore. I genitori si erano opposti alla firma sul consenso informato perché non veniva assicurato loro che il bambino, in caso di necessità, ricevesse sangue da non vaccinati. In quel caso vista l’urgenza e la gravità dell’intervento la procura di Bologna ha deciso di dare il via libera di firma sul consenso informato alla direttrice della struttura sanitaria per procedere con l’operazione.
In sintesi è importante che passi il messaggio che, mentre è tecnicamente possibile richiedere una trasfusione dedicata in Italia, le richieste di ricevere sangue da non vaccinati contro COVID-19 non sono una pratica comune o facilmente ottenibile.
Dare a intendere diversamente è disinformare.