Le zanzare, i topi e la scostumata richiesta di acqua calda in carcere (ilfoglio.it)

di ADRIANO SOFRI

PICCOLA POSTA

La magistratura di sorveglianza fiorentina si è appena fatta conoscere con l’ordinanza in cui il desiderio di avere l’acqua calda in cella viene trattato come un’arbitraria pretesa.

Magistrati che, se frequentassero la galera, saprebbero che spesso manca anche l’acqua fredda

Mia cara, penso a te. Penserei a te comunque, e per giunta succedono cose. La magistratura di sorveglianza fiorentina, quella che fu di Alessandro Margara, ha appena trovato il modo di farsi conoscere con l’ordinanza in cui il desiderio di avere l’acqua calda in cella viene trattato come un’arbitraria e scostumata pretesa: l’acqua calda è un diritto solo dei clienti degli alberghi (e da quante stelle in su?).

La protervia e la meschinità sono attributi frequenti delle autorità competenti, e la circostanza conferma che a certi impieghi dai quali dipendono, pressoché alla lettera, vita e morte del prossimo – carcerieri, giudici, medici, infermieri, psicologi, badanti, donne e uomini… – ci si candida per tre motivazioni essenziali: o di passaggio, perché gli altri posti sono al momento occupati (insegnanti di sostegno, magistrati di sorveglianza, connotati essenzialmente dall’indifferenza, al male come al bene, non sono fatti loro, sono lì per andarsene); o per una vocazione alla simpatia e alla compassione per il prossimo, se non addirittura alla giustizia sostanziale, e allora sono persone benedette – nelle galere, nel sostegno scolastico, nelle case delle persone invalide, nelle corsie degli ospedali; o per una sentita e frustrata cattiveria, e allora sono persone basse, che infieriscono o si infastidiscono per la pretesa dell’acqua calda (prevista dal regolamento, come ha ricordato il professor Emilio Santoro) in un clima torrido fisicamente per un luglio accanito e torrido moralmente per un ragazzo di vent’anni che a Sollicciano si è appena ucciso.

Ha scritto anche, l’Ufficio di Sorveglianza – chiamiamolo così, come se fosse un’entità astratta, disincarnata, dev’esserlo – per respingere una domanda di liberazione anticipata, prevista anche lei dal regolamento, anzi dalla legge, che “il tentativo di togliersi la vita mediante impiccagione è incompatibile con il presupposto della liberazione anticipata che è la partecipazione all’opera educativa”.

Se ti suicidi senza intoppi, la liberazione anticipata te la guadagni, e infatti è la strada che i detenuti hanno deciso di imboccare sempre più all’ingrosso. Siamo a 60. Se non ci riesci, ti giochi la liberazione anticipata al minuto, quella dei giorni. E il diavolo di sorveglianza si fa conoscere dai dettagli: “mediante impiccagione”, ha scritto; se ti squarci le vene a morsi l’affare si può riesaminare.

Sono solo degli esempi, le punte dell’iceberg, come si dice, benché evocare iceberg faccia venire i brividi. Quella risposta sull’acqua calda la danno magistrati cui, se facessero il loro dovere e il carcere lo frequentassero anche nei luoghi e nelle ore di punta, non sfuggirebbe che non di rado a mancare è anche l’acqua fredda.

Che a mancare sarebbe tutto, se non fosse che ci sono, nell’ordine, le zanzare, le cimici e i topi. Un detenuto esasperato o spiritoso a Sollicciano ne ha acchiappato uno e l’ha allevato in una bottiglia, così da esibirlo come corpo del reato dell’amministrazione penitenziaria. Dovrebbe essere liberato solo per questo – lui e il topo.

Sollicciano, basta nominarla, e il ribrezzo chiude la gola. 

Io la conobbi due volte, a distanza di anni, ma solo per ore, il tempo di lasciare anche lì profilo e impronte ed essere trasferito a Pisa – vicino a te. Sono stato fortunato a non restarci, ma anche a esserci passato: sono stazioni della via crucis di ogni vita che vale la pena di sperimentare e immunizzarsi per sempre dalla lingua dell’ufficio di sorveglianza.

La ragione per cui te ne scrivo è che a distanza di poco meno di un ventennio misuro il mio personale fallimento anche in questo chiuso e forzato fronte della continua lotta per migliorare il mondo.

Mi diedi molto da fare, infatti, e anche prima e dopo, a piedi liberi. Ma la galera di oggi è molto più squallida e infame della galera di ieri. E sai perché? Perché è più squallido e infame anche il mondo di fuori. Basta guardare alla galera, per misurare il fuori.

Quando, ogni giorno, ogni notte, da sveglio o in sogno, leggo le parole dei carcerati e dei carcerieri, ne ascolto i rispettivi suoni e rumori, grida, ferri battuti, stridor di denti, chi li ha conservati, unghie che scavano muri – e di là frasi stizzite per il rischio di macchiarsi la camicia bianca, ho il privilegio di capire bene che cosa significano, di saperlo.

Le ultime amnesie di Landini su contratti e rinnovi (ilsussidiario.net)

di Giuliano Cazzola

SPILLO CGIL

Maurizio Landini sembra dimenticare alcuni aspetti importanti del mercato del lavoro, anche per quel che riguarda i rinnovi contrattuali

In un’intervista al Corriere della Sera Maurizio Landini si compiace (con pieno diritto visti i risultati) dello sforzo organizzativo sostenuto dalla Cgil nel raccogliere quattro milioni di firme a sostegno dei suoi quattro quesiti referendari in materia di lavoro.

E preannuncia un analogo impegno per il referendum promosso dal campo largo (tranne Azione) sulla legge per l’autonomia differenziata. Coi tempi che corrono bisogna riconoscere che sono poche le organizzazioni che hanno la strutture, l’impegno dei funzionari e dei militanti e le risorse economiche per portare a termine un’impresa tanto impegnativa.

Come spesso gli succede, Landini spara nel mucchio ed è molto sbrigativo quando è chiamato a rispondere su argomenti che gettano dei dubbi sulla sua narrazione.

Il giornalista (il caro amico Enrico Marro) gli fa notare che da anni cresce il tasso di occupazione, con crescente contributo delle assunzioni a tempo indeterminato. A denti stretti il leader della Cgil lo ammette, ma si guarda bene dal deflettere dalla rappresentazione di una precarietà dilagante. In verità Landini avrebbe degli argomenti migliori da contrapporre a coloro che a suo parere esagerano nell’ottimismo.

Per esempio, che nonostante i passi in avanti, l’Italia non scala delle graduatorie in Europa, ma si limita a migliorare il punteggio negli ultimi posti. Il Segretario invece sciorina i numeri che secondo lui, rendono testimonianza di un mercato del lavoro con tanti aspetti negativi. E attribuisce molte di queste deficienze al Jobs Act, senza chiarire l’equivoco.

Il quesito abrogativo non riguarda il pacchetto di decreti delegati che derivano da quella legge di delega del 2014, ma a uno solo di essi recante l’introduzione del contratto a tutele crescenti (dlgs 23 del 2015) assunto come il Maligno che ha tarpato le ali a diritti fondamentali dei lavoratori.

Quel contratto ormai depotenziato negli aspetti innovativi dalla giurisprudenza ordinaria e costituzionale, è diventato un simbolo, abbattuto il quale si dovrebbe aprire un’altra pagina nella sinistra di cui Landini si propone come naturale condottiero essendo sue le divisioni corazzate che sfideranno la destra non solo sul piano del lavoro, ma anche delle istituzioni democratiche, minacciate dall’autonomia differenziata e dal premierato.

Gli avvoltoi che svolazzano sul mercato del lavoro, secondo Landini, sono tutti i rapporti di lavoro privi della reintegra in caso di licenziamento, quelli part-time e soprattutto a termine, a cui si aggiungono le collaborazioni e persino le somministrazioni. Per non parlare del lavoro sommerso che è arduo abrogare per referendum, visto che non è disciplinato da nessuna legge, ma si svolge in violazione di un’enciclopedia di leggi.

Peraltro, i rapporti c.d. flessibili rispondono a delle esigenze reali e sono regolamentati nelle loro modalità di svolgimento. Come può fare un’impresa ad affrontare dei picchi di produzione senza avvalersi del lavoro a termine o somministrato?

Secondo Landini, dovrebbe avere un organico fisso che produce magari per il piazzale e quando non ha ordini chiede la cassa integrazione per il personale in esubero?

Il governo giapponese non ha proibito alle persone vaccinate contro la Covid di donare il sangue (open.online)

di Antonio Di Noto

FACT-CHECKING

La Croce Rossa giapponese consente ai vaccinati contro il Covid di donare il sangue regolarmente

Circolano numerosi post online secondo cui il governo giapponese avrebbe intenzione di proibire alle persone vaccinate contro il Covid di donare il sangue. In realtà, tale misura non esiste. Vediamo nel dettaglio come è nata questa notizia falsa e perché il governo giapponese non proibirà alle persone vaccinate di donare il sangue.

Analisi

Vediamo lo screenshot di uno dei post oggetto di verifica (qui un altro esempio). Nella descrizione non c’è nulla, ma l’immagine mostra un articolo in cui si legge:

Il Giappone proibirà alle persone vaccinate di donare “sangue contaminato”

II Giappone ha proposto di vietare alle persone vaccinate contro il COVID-19 di donare il sangue, a causa dei pericolosi effetti collaterali dell’mRNA. Un team di importanti scienziati giapponesi ha esortato il governo a mettere immediatamente al bando i vaccini a mRNA contro il COVID e a vietare a chiunque si sia vaccinato di donare il sangue.

Lo studio

L’articolo è stato pubblicato dal sito Sa Defenza. Il corpo dell’articolo è diverso dal titolo. Non si tratta, infatti, di iniziative del governo ma di una presunta esortazione di alcuni ricercatori affinché l’esecutivo prenda l’iniziativa.

Si fa riferimento a uno studio di marzo 2024 che Open aveva già affrontato in un articolo. Una delle sezioni della ricerca analizza i possibili effetti della proteina Spike, l’antigene che SARS-CoV-2 usa per infettare le cellule, che può provocare l’aggregazione dei globuli rossi.

Va notato che l’infezione da Covid comporta una presenza di proteina Spike nel corpo molto maggiore rispetto a quella dei vaccini. Gli autori dello studio – che è un preprint e non è stato pubblicato su riviste scientifiche – fanno delle supposizioni sugli effetti delle loro dimostrazioni (non riuscite). Ma ciò non è sintomo di una decisione presa dal governo, che infatti non esiste.

Le donazioni di sangue per i vaccinati

Infatti, consultando l’apposita pagina informativa della Croce Rossa giapponese si può constatare che il governo non ha bloccato le donazioni di sangue da parte dei vaccinati.

  • I vaccinati con vaccini a virus inattivato, come Novavax, possono donare dopo 24 ore dalla vaccinazione.
  • Quelli con vaccino a mRNA ed RNA, come Pfizer e Moderna, possono donare dopo 48 ore dalla vaccinazione.
  • Infine, coloro che si vaccinano con vaccini a vettore virale devono attendere sei settimane dall’inoculazione per poter donare il sangue.

Conclusioni

Il governo giapponese non proibirà alle persone vaccinate di donare il sangue. La misura paventata in numerosi post sui social non è stata varata dal governo giapponese e le persone vaccinate contro il Covid possono regolarmente donare il sangue.

Femminicidio di Lorena Quaranta, la Cassazione chiede la valutazione delle attenuanti per lo “stress da Covid” (ildubbio.news)

Nuovo giudizio per l’infermiere accusato 
dell’omicidio, compagno della vittima: per i 
giudici bisogna verificare l'applicabilità 
delle attenuanti. 

E scattano le polemiche

Rese note le motivazioni della Cassazione sul caso del femminicidio di Lorena Quaranta, la studentessa Medicina di 27 anni, originaria di Favara, in provincia di Agrigento, uccisa in una villetta di Furci siculo, nel Messinese, il 31 marzo 2020, nella prima fase della pandemia.

Proprio a un quel particolare periodo si fa riferimento nella decisione della Cassazione, destinata a suscitare polemiche per il richiamo a una condizione di “stress da Covid” che avrebbe influito sull’omicidio.

Per questo femminicidio la Corte d’assise d’appello di Messina ha confermato la condanna all’ergastolo per Antonio De Pace, infermiere calabrese che all’epoca era fidanzato con la studentessa. La Cassazione ha annullato la sentenza limitatamente all’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche con rinvio per nuovo giudizio, solo su questo punto, alla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria.

Secondo i giudici, dopo aver ripercorso tutta la vicenda, “deve stimarsi – scrivono – che i giudici di merito non abbiano compiutamente verificato se, data la specificità del contesto, possa, ed in quale misura, ascriversi all’imputato di non avere “efficacemente tentato di contrastare” lo stato di angoscia del quale era preda e, parallelamente, se la fonte del disagio, evidentemente rappresentata dal sopraggiungere dell’emergenza pandemica; con tutto ciò che essa ha determinato sulla vita di ciascuno e, quindi, anche dei protagonisti della vicenda, e, ancor più, la contingente difficoltà di porvi rimedio costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale”.

Lorena è stata strangolata probabilmente al culmine di una violenta lite scoppiata nella villetta di Furci siculo dove i due fidanzati convivevano. Era stato lo stesso De Pace a chiamare i carabinieri dopo aver tentato il suicidio. Lorena Quaranta, frequentava l’ultimo anno della facoltà di Medicina era prossima alla laurea e sognava di diventare medico.

Le motivazioni della Cassazione hanno sollevato la reazione del centro antiviolenza Una di noi: “La lettura delle motivazioni ci lascia sgomente e fortemente allarmate per la tutela di tutte le donne come Lorena”, scrive l’avvocata Cettina Miasi.

“In questo Paese l’incidenza della pandemia è stata ampiamente ignorata per gli effetti sulla salute mentale delle ragazze e dei ragazzi ma viene presa come attenuante per un femminicidio. La notizia della decisione dei giudici della Cassazione che hanno annullato l’ergastolo dell’assassino di Lorena Quaranta è terribile.

Per la Cassazione non è stato verificato il contesto in cui è avvenuto il femminicidio. Le restrizioni e le paure legati al Covid avrebbero potuto influire sullo stato psichico dell’omicida, il fidanzato Antonio De Pace. Rimango senza parole”, scrive sui social network la deputata del Partito Democratico Michela Di Biase. Dello stesso parere Luana Zanella, capogruppo di AVS alla Camera.

“Sembra impossibile – dice – che una sentenza della Cassazione consideri come attenuante di un femminicidio lo stress da Covid. Così non si abbatterà mai l’infrastruttura ideologica e culturale del patriarcato che alimenta la violenza maschile sulle donne”.

I riformisti del Pd sull’Ucraina hanno sprecato l’ennesima grande occasione per fare politica (linkiesta.it)

di

Male la prima

I dem italiani (eccetto Picierno e Gualmini) hanno votato in maniera differente rispetto ai partiti socialisti europei su un punto specifico della risoluzione che permette a Kyjiv l’uso di armi occidentali contro obiettivi militari in territorio russo (poi comunque approvato nel testo finale).

L’ala liberal del partito avrebbe potuto far sentire la voce della sinistra occidentale anche in Italia, invece si è persa nei soliti giochetti

Alla prima votazione della nuova legislatura europea i deputati del Partito democratico hanno votato in modo diverso dai socialisti spagnoli, francesi, tedeschi, e su un punto molto significativo: quello in cui si afferma che il Parlamento europeo «sostiene fermamente l’eliminazione delle restrizioni all’uso dei sistemi di armi occidentali forniti all’Ucraina contro obiettivi militari sul territorio russo».

Su questo punto (articolo 5gli europarlamentari del Pd hanno votato contro con le eccezioni di Pina Picierno ed Elisabetta Gualmini che si sono astenute, coerentemente con la loro storia.

Poi il Pd (tranne Marco Tarquinio e Cecilia Strada, of course) ha ovviamente votato la risoluzione nel suo complesso, passata a larghissima maggioranza, nella quale si conferma il pieno sostegno all’Ucraina e si formula anche la condanna di Viktor Orbán per la sua non concordata “missione” al Cremlino: dunque i dem hanno finito per approvare anche il punto sul quale avevano votato contro.

Scontate le divisioni nella destra, ma ormai è un classico, con i leghisti su posizioni apertamente anti-ucraine e Fratelli d’Italia e Forza Italia favorevoli al documento. Da notare infine (a proposito di campo largo) che Movimento 5 stelle e Sinistra hanno votato contro: come i “Patrioti” e gli altri amici di Putin.

Ma tornando al Pd, ci sono alcuni questioni su cui riflettere. La prima, lo si è accennato, riguarda l’isolamento all’interno del gruppo dei Socialisti e democratici. Il documento era stato messo a punto con il concorso dalla capogruppo di S&D, la spagnola Iratxe García Pérez, un testo che secondo i dem italiani era «troppo netto» sul punto più importante, quello relativo alle possibilità di colpire le postazioni in territorio russo da cui partono le offensive contro le città ucraine. Di solito la nettezza non è un difetto, anzi. Ma in ogni caso è meglio  privilegiare la sostanza. E infatti il punto vero è questo.

Nella riunione del gruppo europeo di due sere fa e in quella italiana di ieri, più d’uno ha osservato che colpire il territorio russo provocherebbe automaticamente l’allargamento del conflitto. Lucia Annunziata è stata particolarmente impegnata a sostenere questa posizione che è poi anche la linea degli schleiniani (Ruotolo, Corrado, Laureti eccetera).

A quanto viene riferito, nella riunione dell’eurogruppo di martedì sera, il socialdemocratico francese Raphäel Glucksmann, figura emergente nel suo Paese, avrebbe duramente polemizzato con i dem italiani.

Nella riunione di questi ultimi, ieri, c’è stata anche un po’ di tensione – anche qualche «non diciamo cazzate» – che Brando Benifei, tuttora capigruppo anche se per poco, ha cercato di comporre. E qui c’è un altro, e più serio, motivo di riflessione: ma i riformisti, che peraltro non sono pochi, che fine hanno fatto?

Perché hanno lasciato che la delegazione del Pd votasse contro la possibilità di colpire le basi russe (così come chiedono Stati Uniti e Nato e, come si è visto, anche i socialisti europei – tranne i portoghesi – e lo stesso Parlamento europeo)? Perché non hanno dato battaglia? 

La spiegazione che viene fornita dai riformisti è che il voto contrario su quel punto (decisivo) è servito per portare tutto il gruppo a votare la risoluzione finale. Un do ut des. Sarà. Ma pare piuttosto uno scambio da consiglio comunale, un barocchismo da assemblea studentesca, mentre si sta discutendo delle sorti di un popolo sotto attacco. Per il nuovo Pd europeo insomma è stata un’occasione persa di mettersi dalla parte giusta.

Per i riformisti, male la prima, malissimo.